mercoledì 2 marzo 2011

Ancora chiacchiere e distintivo per i media



Il 22 febbraio sulla questione libica scrivevo: «i “rivoltosi”, da soli, al massimo possono servire il tè o prendere un barcone per l'Italia».
Dopo 10 giorni di chiacchiere e di grandi balle anche i grandi media stanno scoprendo che i rivoltosi libici sono poca cosa e che Gheddafi è tutt’altro che finito. Quindi, come scrivevo ieri, ci si sta predisponendo per un intervento diretto, senza il quale Gheddafi resterebbe dov’è ancora a lungo.
La portaerei Enterprise e di due navi d'assalto anfibio complete di elicotteri, la Kearsarge e la Ponce, stanno prendendo posizioni nel sud-ovest del Mediterraneo. La Gran Bretagna  ha messo in posizione una fregata e un cacciatorpediniere al largo della costa libica. Il capo dello SM della difesa inglese, generale Sir David Richards, sta predisponendo piani per le operazioni di terra. Naturalmente la scusa sarà quella che le truppe servono a proteggere i corridoi per convogliare gli aiuti umanitari in Libia attraverso la Tunisia e l'Egitto e tutto il solito repertorio di balle di cui la screditatissima Onu è capace. La Francia infatti aspetta l’Onu per l’iniziativa. La no-fly zone è un'opzione imprescindibile in tale quadro, ma tutt’altro che semplice da attuare. L’Italia è afona e farà da maggiordomo di servizio.
Sintomatica e divertente la candida dichiarazione del ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle: «L'impressione che si tratti di un intervento militare non deve emergere in nessun caso». Diamo quindi una notizia: già una settimana fa la Germania ha inviato tre unità da guerra con 600 soldati a bordo al largo della Libia e alcuni giorni or sono due Transall tedeschi sono partiti da Creta per la Libia, apparentemente per salvare tecnici europei dell’istallazione petrolifera di Al-Nafoura, ma unità di paracadutisti addestrati per operazioni di infiltrazione dietro le linee si sono uniti a Creta ai Transall.
Come ho scritto più volte ciò che conta sono i datteri libici. La BASF, controllata Wintershall, ha investito due miliardi di dollari in Libia, ed è diventato il più grande produttore di petrolio straniero in Libia. Quindi la Simmens, eccetera. Anche la Germania sta quindi giocando un ruolo attivo nella contesa con gli altri predoni.
Gli unici che sembrano contrari all’intervento armato sono i russi e i turchi. I primi per bocca di Dmitry Rogozin, ambasciatore presso la Nato, hanno chiarito: «Se qualcuno a Washington è in cerca di una guerra lampo in Libia commette un errore grave perché qualsiasi uso della forza militare al di fuori della zona di responsabilità della Nato sarà considerata una violazione del diritto internazionale». Il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, ha invece detto che un attacco è “assurdo”. Tuttavia resta in piedi la risoluzione 1970 dell’Onu, adottata dal Consiglio di sicurezza sulla base dei report dei media! Questa servirà da foraggio per quello che verrà.
Ci sono rapporti secondo cui Tripoli avrebbe inviato un convoglio di aiuti come un ramo d'ulivo a Bengasi controllata dai ribelli, compresi cibo e forniture mediche. Gheddafi avrebbe anche nominato Bouzaid Dordah, il capo dei servizi segreti, come mediatore con i leader dell'opposizione, un’offerta che è stata respinta.
Dice il vescovo di Tripoli Giovanni Martinelli che Gheddafi «da buon beduino, non è un tipo che si arrende. Piuttosto si fa ammazzare». Lo stile dei preti è inconfondibile.
Tutto è ancora in alto mare, anche se la sorte di Gheddafi sembra ormai segnata a livello internazionale. L'esercito libico non è del resto abbastanza forte per poter colmare un'eventuale vuoto di potere. Serve un'asso nella manica, o sarà guerra. Nel fine settimana probabilmente le decisioni che potrebbero cambiare il corso degli eventi.

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