sabato 30 aprile 2022

Stanno facendo di tutto per sembrarlo


Ieri è proseguita quella che è stata descritta come una “rotta di aprile” e l’indice NASDAQ è sceso di oltre tre punti, portando la perdita totale del mese all’11,69%. È stato il mese peggiore dall’ottobre 2008, quello della crisi finanziaria globale e ha portato il suo calo annuale al 22%. La caduta del NASDAQ ha cancellato oltre 5.000 miliardi di dollari del suo valore di mercato dal record dello scorso novembre.

Non è ancora panico, ma si vedono lampi di tempesta sull’orizzonte (non troppo lontano).

Le cosiddette azioni FAANG, che comprendono Meta (la società madre di Facebook), Apple, Amazon, Netflix e Alphabet (la società madre di Google), hanno perso insieme 1.000 miliardi di dollari di valore di mercato. Le cadute individuali sono significative: Amazon ha registrato una perdita del 27% per l’anno, Apple oltre il 13% (nonostante aumento di fatturato e utili), Netflix è sceso del 49% nel solo mese di aprile (per i motivi divulgati dalla stampa in questi ultimi giorni) e del 68% da inizio anno.

L’indice S&P 500 è sceso per quattro settimane consecutive con una perdita dell’8,8% per aprile. La sua perdita per l’anno, iniziato con l’indice ai massimi storici, è quasi del 14%. Il Dow è sceso del 4,9% ad aprile e quest’anno ha perso quasi il 10%. Entrambi gli indici hanno registrato il loro mese peggiore dal crollo di marzo 2020 all'inizio della pandemia.

Insomma, come scrivevo nei giorni scorsi, siamo sull’orlo di una crisi di nervi, tanto più per la decisione della Federal Reserve statunitense di alzare i tassi d’interesse e iniziare a ridurre le sue disponibilità di attività finanziarie a causa dell’aumento dell’inflazione. Anche la Bce segue la stessa strada di riduzione degli acquisti.

La ragione principale del declino del mercato è l’impennata dell’inflazione, la più sostenuta in quattro decenni, che sta spingendo le banche centrali a inasprire la politica monetaria. Quando l’inflazione era molto bassa, potevano riversare denaro sui mercati senza il timore che ciò avrebbe innescato un aumento dei prezzi.

Queste politiche hanno portato, per esempio, a un aumento del 250% dell’indice MSCIWorld Growth dei mercati azionari nell’ultimo decennio. L’inflazione significa che le condizioni sono cambiate. Non solo l’inflazione, ma anche la recrudescenza della pandemia in Cina, la guerra in Ucraina e altri fattori s’intersecano con i continui problemi nelle catene di approvvigionamento globali. Per una volta vorrei non essere pessimista, ma tutto lascia presagire non si tratti di un semplice temporale bensì del preannuncio di un uragano.

A sorpresa il PIL degli Stati Uniti si è contratto a un tasso annualizzato dell’1,4% nel primo trimestre. L’amministrazione Biden ha liquidato il dato come una “stranezza statistica”. È una stranezza che gli scoppierà in mano a Biden. L’inflazione, che già supera l’8 per cento, sta salendo così rapidamente che la Fed dovrà alzare i tassi a un livello tale da provocare una recessione. Vedremo presto.

Anche nella fabbrica del mondo le cose non vanno bene. Il renminbi è sceso del 4,2% rispetto al dollaro questo mese, un calo record, maggiore di quello del 2015 che ha fatto tremare i mercati globali. Il calo della valuta limita la capacità del governo di adottare misure di stimolo economico. Insomma, le cose vanno male ovunque.

Il tasso inflattivo per la zona euro è del 7,5 per cento fino ad aprile, guidato dall’aumento dei prezzi dell’energia, più 38% e dei prezzi dei prodotti alimentari non trasformati che sono aumentati del 9,2. Questo è solo l’inizio della stagflazione, mentre la preoccupazione maggiore dei nostri amati leader è quella di alimentare la guerra tra USA e Russia con l’invio di armi sempre più distruttive.

Uno degli effetti di un aumento dei tassi d’interesse della Fed, che impatta sulla politica monetaria per il resto del mondo, e di un aumento del valore del dollaro, è quello di mettere a dura prova i paesi più poveri che hanno debiti molto elevati denominati in dollari. A ciò s’aggiungeranno presto gli effetti della crisi alimentare.

Quelli che stanno ai piani alti, se non sono pazzi, stanno facendo di tutto per sembrarlo. 

venerdì 29 aprile 2022

Dove cazzo vogliamo arrivare ?

Se c’è un tizio che mi è antipatico a pelle è Massimo Fini. Tuttavia, anche se manca sempre più la voglia, bisogna in qualche modo rispondere a chi lo accusa di scemenze adducendo pretesti per sottintendere altro.

Non bisogna confondere la Wermacht (esercito tedesco), di cui parla Fini, con le Schutzstaffel o Ss, “un’organizzazione paramilitare del Partito Nazionalsocialista Tedesco (NSDAP) create nella Germania nazista che, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, cominciarono ad operare in tutta l’Europa occupata dai tedeschi”.

Fosse Ardeatine: fatto orribile solo a raccontarlo, non ci piove. Questo dovrebbe dare l’idea che la guerra è ferocia e orrore di per sé, senza bisogno di aggiungervi nulla a favore di questo o contro quello, o tirare in ballo il negazionismo (cè negazionismo per tutti i gusti).

Parlare come fa Fini di “correttezza” o “scorrettezza” degli eserciti è un esercizio puerile che lascia il tempo che trova, poiché è facile trovare fatti e misfatti per sostenere l’una o l’altra tesi.

Non me la sento di dare del criminale al presidente Lyndon Johnson per la strage di MLai. Tuttavia l’origine dell’intervento americano in Vietnam andrebbe studiato da parte di coloro che oggi danno del criminale a Putin con tanta leggerezza.

Non solo, per quasi un decennio, dal 1964 al 1973, gli aerei da guerra americani sganciarono sul territorio del Laos due milioni di tonnellate di bombe, e Johnson ebbe la maggiore responsabilità in questo. Gli USA hanno tappezzato il sud-est asiatico di “farfalline” e altri oggettini che hanno fatto strage soprattutto di bambini.

Tornando al secondo conflitto mondiale, si dà il caso, per esempio, che i prigionieri giapponesi catturati dagli americani nel corso del conflitto furono molto pochi, ed è noto il motivo di tale scarsità, che poi Hollywood e Eastwood hanno teso spacciare per volontà suicida dei nipponici stessi.

I prigionieri dell’Armata rossa catturati dalla Wermacht furono milioni, e molti di essi morirono di stenti già nel tragitto prima dell’internamento. Per contro, molti prigionieri tedeschi e italiani catturati poi dai russi morirono nel lungo tragitto di trasferimento. I partigiani russi non lasciavano scampo ai prigionieri tedeschi, così a parti invertite.

I soldati italiani che gli inglesi affidarono ai francesi in Nordafrica, subirono torture e maltrattamenti indicibili. Assai meglio andò ai prigionieri internati negli Stati Uniti, in Sudafrica, meno bene a quelli concentrati dagli inglesi in Kenia e in India.

Di quali crimini si macchiarono i soldati italiani e le camicie nere in Slovenia e altrove, e prima ancora in Libia e poi in Etiopia? Ci sarà chi tirerà in ballo la demenzialità di certi bombardamenti alleati del 1944-’45, e via di questo passo.

Dove cazzo vogliamo arrivare con queste futili contrapposizioni? Si devono far terminare le guerre, non alimentarne altre!

I Gremlins sono al potere

 

Mario Draghi: è sempre difficile scrivere di un uomo di cui non conosciamo la vita privata e in definitiva anche poco delle sue avventure come contabile all’estero. Quest’uomo che fino a quando abitava a Francoforte sembrava un cavaliere senza macchia e paura, e invece da quando è a Roma la sua armatura mostra dei buchi e il suo cavallo sembra drogato. L’arroganza e il suo evidente cinismo, che rasenta il disprezzo, queste sue colpe piccole e grandi, più o meno psicologiche, contribuiscono visibilmente a donargli uno strano talento: la capacità, qualunque cosa dica e faccia, di provocare fastidio in una parte non trascurabile della popolazione.

*

Sentire i moralisti esprimersi contro la violenza della guerra quando fino a un paio di mesi fa cazzeggiavano compiaciuti di virus e altro. Per violenza s’intende: proiettili sparati contro corpi, feriti sanguinanti, percosse, torture e morte di uomini con o senza urla, bombardamenti e fughe da essi. Insomma tutta la spazzatura ordinaria dei film americani. Non solo nei loro film.

Il personaggio di Al Pacino, che taglia un uomo con una motosega, è diventato un eroe per molti. Scarface di Brian De Palma è una pietra miliare di questo genere di pornografia. Scarface non è diventato un eroe perché era un gangster cubano di Miami che attraverso il crimine raggiunge potere e denaro. Lo è diventato perché l’hanno fatto diventare, perché è stato mostrato come un eroe del nostro tempo, che taglia un uomo con una motosega.

E Bastardi senza gloria del celebratissimo Quentin Tarantino? Un film mediocre, d’accordo, ma che può offrire sani motivi di spettacolare ispirazione. Per esempio laddove i “bastardi” uccidono con mazza da baseball dei soldati tedeschi prigionieri. Per quale motivo li uccidono e a quel modo? Perché sono tedeschi, punto. Un brivido di soddisfatto orrore corre nella schiena dello spettatore.

Sono scene che si sono ripetute nella realtà di recente, con la variante che i soldati prigionieri trucidati non erano tedeschi. Per il momento. Come nei film, lo spettatore di quelle immagini non diventa altro che il voyeur incantato (di piacere o di disgusto) della sofferenza degli altri.

Con i Bush, gli Obama, i Trump e ora con Biden che vuole vincere e Putin che non può perdere, siamo sempre al cinema. Finché una granata o missile non pioverà nel nostro giardino o in sala da pranzo e il confine tra realtà altrui e finzione nostra sarà lacerato. Non è più un’ipotesi tanto remota, eh?

Tranquilli, basterà anche meno di un missile con testata convenzionale: per esempio il razionamento del gas e dell’elettricità. Allora entreremo nel furore dell’evento, perderemo quella placidità gonfia davanti a uno schermo in cui alcuni leoni marini televisivi urlano le loro ragioni.

giovedì 28 aprile 2022

Tulipani

 

Mentre gli eserciti contrapposti radono al suolo le città e i regimi sedicenti democratici ingannano gli ucraini così come tutti gli altri, siedo nel mio (piccolo) giardino e guardo i tulipani finalmente sbocciare. Una dolcezza chiara e straziante è arrivata, come solo la primavera sa portare.

Che cosa possiamo scrivere d’interessante in un periodo come questo in cui il pensiero critico è al minimo storico e il pianeta degli umani continua a suicidarsi?

Di ciò di cui siamo diventati nostro malgrado testimoni, certo. Pur respingendo la malattia del complotto, basterebbe conoscere un minimo di storia per comprendere che l’ordinario delirio degli umani nasce e assume le forme più tragiche dall’abisso in cui abita la stupidità, che diventa qualcosa di ancora più terribile della morte stessa.

Ogni giorno i media ci inondano di notizie fasulle, esagerate e catastrofiche. La tv produce solo le immagini del nostro consenso. Prima eravamo in guerra per via della pandemia, mentre ora non siamo in guerra perché ancora nessuna bomba è caduta su di noi. La banalità di questi mistificatori, che competono a fabbricare l’oscenità del sistema della rappresentazione, ci divora ed è quasi impossibile rimanerne illesi.

Niente e nessuno, né il potere delle leggi o l’interesse dispotico, dovrebbe rendere la vita insopportabile a una persona. Questa situazione suscita da parte nostra frustrazione, sopraffazione, esasperazione, ma non ancora aperta rivolta.

Un tempo i nostri desideri vivevano di politica, mentre oggi non abbiamo più sogni e nulla per resistere alla schiacciante infamia dei furfanti carichi di narcisismo. Che cosa ci è rimasto? Solo la voglia di una giornata che respira, il ricordo di un tempo in cui credevamo potesse cambiare in meglio almeno qualcosa.

I cannoni di aprile e la posta in gioco

 

Ho dedicato nel corso degli anni diversi post alla prima guerra mondiale. In alcuni ho citato un famoso lavoro di Barbara Tuchman, The Guns of August (1962), tradotto anche in italiano in edizione economica e ormai introvabile (su ebay veniva quotato oltre 50 euro). In occasione del centenario della “grande guerra” non è stato ristampato, ed è un fatto questo molto curioso a proposito di “crisi dell’editoria”.

Tuchman ha descritto in dettaglio come gli errori di calcolo, l’onnipresente convinzione in un conflitto breve e vincibile, le manovre tattiche e gli errori accumulati, insomma come le “cancellerie” trascinarono l’Europa, in primis le più giovani generazioni, nel groviglio delle trincee e nel massacro della guerra.

Scrivevo in uno di quei post a riguardo della propaganda di guerra: «La sera del 9 agosto 1914, il generale Joseph Simon Gallieni, pranzando in borghese in un piccolo ristorante parigino, sentì un redattore del quotidiano Temps, che sedeva al tavolo accanto, dire a un commensale: “La informo che il generale Gallieni è appena entrato a Colmar con tremila uomini”. Gallieni si avvicinò all’orecchio del suo amico che sedeva a tavola con lui e gli disse: “Et voilà comment on écrit l’histoire!”».

Quindi scrivevo sulle motivazioni di quel conflitto scoppiato apparentemente quasi per caso: «La lotta per la spartizione del mondo fu la causa principale del conflitto bellico 1914-1918 che costò la vita a milioni di persone, cui s’aggiunse l’epidemia di “spagnola” che falcidiò la popolazione debilitata a causa della guerra, con circa 50 milioni di morti su una popolazione mondiale che era un quarto di quella attuale».

In un altro post, sempre del 2015, vaticinavo:

Una dinamica simile al 1914 la stiamo rivivendo nel conflitto USA-NATO con la Russia. A metà marzo, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha ripetutamente affermato che non avrebbe consentito un conflitto diretto tra Stati Uniti e Russia, perché “questo significherebbe la terza guerra mondiale”. Un mese dopo, questo è esattamente ciò che sta facendo l’amministrazione Biden.

mercoledì 27 aprile 2022

Great resignation e vecchi merletti riformisti

 

Leggo dal blog del liberalismo reale:

«Riqualificare la spesa pubblica è una bella proposizione teorica, sin quando non si toccano i percettori di quella parte di spesa considerata superflua o nociva. Nel momento in cui qualcuno tenta di farlo, ecco spuntare come funghi i sovranisti, populisti, stampatori e ridistributori. Motivo per cui parlare di “riqualificare” la spesa è una rassicurante illusione. La spesa pubblica tende a essere additiva, non sostitutiva».

Se dal lato dei tagli alla spesa pubblica non si può più di tanto, salvo scottarsi i diti con le proteste di strada e alle elezioni, allora sarà il caso di «aumentare la pressione fiscale, magari di tipo patrimoniale». Chiede con perplessità l’analista: «quando la Francia ha un livello di spesa pubblica da paese socialista?». Come si fa a dargli torto, lasciamo a “Mazzarò perfino il sole che tramontava”.

Anche questa è una strada, soggiungo, che porta poco avanti, primo perché finisce per (tar)tassare i soliti noti, mentre la ricchezza cospicua ha molti modi per sfuggire alla rete fiscale, ma soprattutto perché chi governa a livello nazionale e globale sono i rappresentati di Mazzarò, potenti lobby (evito di chiamarle multinazionali) e caste locali.

Il cul de sac classico nel quale si agita il riformismo democratico, indeciso come l’asino di Buridano, per cui raglia una volta per il taglio della spesa e un’altra volta per aumentare le tasse ai “ricchi” (concetto quanto mai vago), strizzando l’occhiolino agli elettori indecisi.

Degagismo

 


Non possiamo dire che Ursula Gertrud
manchi del senso dell’umorismo.

Kiev non decide di questa guerra, tantomeno ha voce in capitolo il popolo ucraino, così come qualsiasi altro popolo europeo. Eh sì, perché siamo in guerra, anche se ancora nessuno s’è preso la briga di comunicarcelo ufficialmente.

Nemmeno Mosca può decidere di porre fine a questa guerra. Anche se la Russia si ritirasse dall’Ucraina, la guerra continuerebbe. In questo momento di stallo nessuna vera trattativa e accordo sono possibili. Come del resto dimostrano gli Accordi di Kiev che i governi ucraini non hanno mai inteso rispettare e che al contrario hanno sabotato fin dal primo momento.

Del resto i motivi di questa guerra, iniziata nel 2014 e preparata ancor prima, sono considerati pretestuosa propaganda russa. Che certo ha la sua parte, ma resta la sostanza storica degli avvenimenti che hanno portato alla situazione attuale.

A fomentare e decidere di questa guerra è Washington. Finalmente la faccenda è chiara a tutti, o almeno dovrebbe esserlo. Il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, ha dichiarato il piano americano: mettere la Russia in condizioni di non nuocere per il futuro. Tradotto significa una cosa sola: annientare la Russia come potenza militare e dunque come nazione indipendente.

C’è un termine, un neologismo mutuato del francese, che esprime bene il concetto alla base di questa strategia: degagismo.

La dichiarazione di Austin ha fatto eco alla dichiarazione dell’ex comandante dell’esercito americano in Europa, Ben Hodges, secondo cui gli Stati Uniti devono mirare a “spezzare la schiena alla Russia”. Non più in servizio attivo, Hodges può dire apertamente ciò che pensano tutti da quelle parti.

In altre parole, l’amministrazione Biden (e chi vi sta dietro) sta guidando consapevolmente la popolazione di Ucraina, Russia, Stati Uniti e del mondo lungo un sentiero dove il rischio di una guerra mondiale diventa un evento da prendere in seria considerazione.

Il vice ministro della Difesa britannico, James Heappey, ha dichiarato che è legittimo per l’Ucraina colpire la Russia e anche farlo con le armi fornite dal Regno Unito. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha messo in guardia sul rischio di un’escalation, affermando che “i rischi ora sono considerevoli”. Lavrov ha concluso: “La NATO, in sostanza, è impegnata in una guerra con la Russia attraverso un procuratore e sta armando quel procuratore. Guerra significa guerra”.

La riunione di ieri a Ramstein-Miesenbach, sede della 435th Air Base Wing e dell’unità di trasporto aereo pesante 86th Airlift Wing, ha proprio questo significato: la partita mondiale è aperta. La partecipazione di Liberia, Marocco, Kenya, Tunisia e altre nazioni che da un punto di vista militare contano meno di zero, ha proprio questo scopo: mostrare solidale uno schieramento il più vasto possibile come segno di forza.

Bisogna tener d’occhio tutta la scacchiera. Con il cambio della guardia in Germania, si è reso finalmente possibile passare al gioco d’attacco, sia sul piano economico che su quello propriamente bellico. Per avere le mani libere contro il nemico principale, la Cina, è necessario per gli USA mettere fuori gioco il pezzo d’appoggio più pregiato su cui può contare Pechino: la Russia di Putin.

martedì 26 aprile 2022

Non è più solo un’ipotesi

 

Secondo la stampa francese, la Russia ha annunciato ieri un cessate il fuoco per consentire l’evacuazione dei civili rinchiusi nel complesso siderurgico Azovstal. Da parte sua, Kiev ha indicato che nessun accordo di cessate il fuoco è stato concluso con Mosca.

Come si esce da questa situazione? Al momento non vi è alcuna prospettiva di reale trattativa tra le parti. Non è rimasto nulla della finzione che gli Stati Uniti e la NATO non siano in guerra con la Russia. Washington punta a indebolire la Russia con le sanzioni e la continuazione del conflitto in Ucraina. Gli obiettivi perseguiti sempre più apertamente dagli Stati Uniti comportano inevitabilmente l’allargamento del conflitto con nuove pretestuose accuse contro la Russia.

Combattere una “guerra calda sul territorio ucraino” è stato un obiettivo centrale della pianificazione statunitense almeno dal colpo di stato ucraino del 2014, e probabilmente fin dalla “rivoluzione arancione” del 2004. La costruzione dell’Ucraina come fortezza USA/NATO contro la Russia ha provocato il risultato desiderato da Washington, in quello che gli strateghi statunitensi progettavano sarebbe diventato l’Afghanistan della Russia.

In Germania e in Francia si cominciano a comprendere i rischi e i danni di questa guerra sporca protratta troppa a lungo. In Italia invece si continua sulla strada della falsificazione storica fino ad arrivare a un’aperta apologia del nazismo ucraino.

Gli apologeti liberal-sinistri sono incapaci di vedere qualsiasi cosa nel contesto storico, sono travolti dalla loro stessa isteria militarista contro la Russia. Stanno portando avanti una campagna d’istigazione, accusando la Russia di crimini di guerra, massacri e genocidi. Questa propaganda mira a creare odio nei confronti dei russi, con sfumature sempre più razziste.

Non si rendono conto di giocare per conto di Washington una guerra sporca ormai fuori controllo, potenzialmente assai pericolosa per il mondo intero, e che presto avrà un impatto devastante per la nostra economia e dunque socialmente. L’Italia è un paese fragilissimo sotto questo aspetto, con un debito pubblico enorme, un sistema produttivo tra i più vulnerabili, una Bce che si appresta a non sostenere più con acquisti massicci le nostre obbligazioni.

Tutto ciò in un quadro europeo e internazionale da far tremare i polsi, con le Borse sull’orlo di una crisi di nervi che non si sa fino a quando potranno dissimulare. Con la Cina, fabbrica del mondo (piaccia o no) alle prese con una ripresa della pandemia, con l’accelerazione dei preparativi USA per la guerra contro la Cina.

Il capo del comando dell’indo-pacifico degli Stati Uniti, l’ammiraglio John Aquilino, che l’anno scorso aveva dichiarato che la guerra contro la Cina è “molto più vicina di quanto molti pensino”, è a capo del più grande comando statunitense, composto da circa 380.000 militari armati di aerei, navi, sottomarini e armi di ultima generazione.

Aquilino, accompagnato dal capo del comando spaziale degli Stati Uniti, il generale James Dickinson, nei giorni scorsi ha fatto visita a Pine Gap, a 20 chilometri a sud-ovest di Alice Springs (Australia), una delle più importanti basi di guerra americane a livello globale.

Il vice capo del Cyber Command degli Stati Uniti, il tenente generale Charles Moore, ha apertamente fatto riferimento alle capacità offensive e a un “vantaggio asimmetrico” per la guerra hi-tech contro la Cina, compreso l’impiego di missili ipersonici a lungo raggio e armi spaziali.

Il patto militare AUKUS dello scorso settembre tra i governi di Stati Uniti, Regno Unito e Australia è stato un passo storico verso il conflitto con la Cina. AUKUS prevede la fornitura di sottomarini d’attacco a lungo raggio a propulsione nucleare all’Australia e la costruzione di basi in Australia per tali sottomarini, compresi quelli provenienti da Stati Uniti e Regno Unito.

La guerra mondiale non è più solo un’ipotesi di studio.


lunedì 25 aprile 2022

Il significato della cooperazione tra nazioni

 

La cooperazione tra URSS e USA durante il secondo conflitto mondiale iniziò nell’ambito del programma Lend-Lease nel novembre 1941, otto mesi dopo il varo del programma e cinque mesi dopo l’inizio delle ostilità sul fronte orientale. Lo stesso Lend-Lease Act, noto anche come US Defense Act, fu formalizzato in legge l’11 marzo 1941 dal presidente Franklin Delano Roosevelt.

domenica 24 aprile 2022

Il nuovo totalitarismo


Il sito web del ministero dellInterno francese ha comunicato i risultati ufficiali dopo lo spoglio di tutte le schede.

Con 18.779.641 voti a suo favore, pari al 58,54%, Emmanuel vince davanti a Marine Le Pen, al 41,46% (13.297.760 voti).

Lastensione è del 28,01% (nel 2017 al 25,44%). Dei 48,7 milioni di elettori registrati, 13,6 milioni non hanno votato. Si avvicina al record che risale al secondo turno delle elezioni presidenziali del 1969 (31,15%), quando si fronteggiarono due candidati della stessa area politica.

Dei 32 milioni di voti espressi, ci sono stati più di 2,2 milioni di schede bianche (4,57% degli elettori registrati) e quasi 791.000 voti non validi (1,62%), per un totale del 6,19%.

Quasi 17 milioni degli aventi diritto di voto si sono astenuti oppure hanno scelto di votare scheda bianca o nulla.

Nel centro di Parigi, tra Les Halles e Place de la Republique, così come in altre città della Francia, ad esempio Caen e Strasburgo, si sono svolte manifestazioni popolari per protestare contro l’elezione di Emmanuel Macron, con slogan anche contro Le Pen. A Strasburgo, hanno sfilato senza incidenti dietro uno striscione che diceva: “Lavoratori, disoccupati, giovani, pensionati, meritiamo di meglio”.



In Francia, come ovunque, ha vinto di nuovo il ricatto, passando di successo in successo fintanto che ne saremo succubi. E ora andranno in scena i presuntuosi latrati di trionfo coi quali i signori democratici accozzati in un sol mucchio si felicitano reciprocamente per gli effetti miracolosi del secondo turno elettorale nell’ultima domenica di aprile.

La grande borghesia sa bene che nei periodi di depressione e di scoraggiamento i suoi schiavi lasciano volentieri stordire la loro paura da quelli che promettono la più apparente armonia di tutta la società e salvo il carrello dei piccoli godimenti, per poi abbandonarsi a gravi dibattiti televisivi sui problemi sociali.

Che altro fare, ti chiedono? Se il rischio è sempre quello di cadere nella brace, avranno buon gioco nel friggerci nella stessa vecchia padella. Perciò è necessario chiamarsene fuori, denunciare la caricatura della democrazia e del suo venerabile travestimento, il dominio puro e insolente della cleptocrazia.

In alternativa ai mostri antidiluviani non ci resta che accettare i nuovi mostri, le illusioni di cui abbiamo bisogno per dissimulare a noi stessi il contenuto grettamente borghese del nostro essere sociale, in attesa della grande tragedia storica che non tarderà secoli a falciare molte teste.

Rispettate le formalità, il nuovo totalitarismo non suscita rivolta e neppure resistenza, ma solo emozioni manipolate dal pornoattivismo dei grandi media. Chi ha vissuto nella disobbedienza facendone una virtù, non può accettare di allinearsi all’ideologia dominante, almeno non più di quanto tale allineamento, obtorto collo, non sia avvenuto col passare degli anni e in forza della rassegnazione per uno stato di cose che meriterebbe risposte sparate non a salve.

Le lezioni presidenziali in Francia (5a repubblica)

 

Circa 48,7 milioni di francesi oggi possono votare per eleggere al secondo turno il presidente della repubblica. Le votazioni sono iniziate ieri nelle Indie occidentali francesi, Guyana (Sud America), Saint-Pierre e Miquelon (arcipelago francese in Nord America) e Polinesia francese (Sud Pacifico). Le elezioni legislative si svolgeranno con un primo turno il 12 giugno e un secondo il 19 giugno 2022. Per la prima volta un QR code comparirà sulla tessera elettorale inviata a tutte le persone iscritte nelle liste elettorali.

Ciascun candidato ammesso alle elezioni presidenziali riceve dallo Stato 200.000 euro di anticipo sul rimborso forfettario delle spese di campagna elettorale. La pubblicazione della lista dei candidati impone ai media l’obbligo di rispettare il principio di correttezza nei confronti dei candidati. Il tempo di parola concesso a ciascuno deve essere proporzionale ai risultati delle elezioni e dei sondaggi precedenti. Tradizionalmente, un dibattito tra i due finalisti al secondo turno è organizzato in televisione.

venerdì 22 aprile 2022

Una particolare combinazione astrale

 

La politica è diventata ormai solo il rutto della politica. La sua inconsistenza e la sua maleducazione sono il reflusso gastrico dell’intelligenza, il represso di ogni discorso sensato. Non si tratta semplicemente di una forma di scorrettezza poiché fa parte di un disegno di devastazione che viene da lontano.

Incarna esattamente ciò che nello slittamento della spettacolarizzazione mediatica mira a dividere, escludere, eliminare. Vive una continua forzatura, dove l’esagerazione rafforza la menzogna di base e legittima il peggio.

Decenni di abusi hanno condotto a questa semplificazione, a quest’assenza di limiti e di vergogna. Volentieri ne prendiamo le distanze per esonerarci dalla colpa di lasciarci possedere, ma poi siamo di nuovo nel gioco dove ogni nostra umiliazione non è pagata.

Quanti si rendono pienamente conto, specie dopo questi ultimi due anni, di come la violazione dei diritti individuali abbia reso permeabile all’abiezione quello che credevamo un regime democratico?

La contaminazione da modelli dispotici, denunciata per diversi decenni dalle democrazie occidentali, è oggi incarnata in piena libertà da governi e parlamenti. Tutto era insopportabile, e ora è anche peggio. Cosa c’è di peggio dell’insopportabile?

Pertanto, se fossimo logici e conseguenti, le condizioni necessarie per dire basta e rovesciare tutto sono soddisfatte. È tempo di rifiutare la nostra schiavitù: niente più nomi, sigle, partiti, mediazioni, accordi. D’ora in poi sono possibili solo atti di rifiuto e di distruzione.

Eppure ciò non accadrà, perché siamo ancora comodi, speranzosi di poterci salvare, ognuno per proprio conto e magari di portare a casa qualcosa. Non durerà a lungo. Ciò che non è accaduto per tanto tempio, può, a un certo punto, succedere in pochi giorni in forza di una particolare combinazione astrale.

Quale arma abbiamo in questo momento?

 

La guerra russo-statunitense in Ucraina ci ha ricordato che il nostro gas e petrolio provengono da regimi autoritari (*). La guerra ci ha anche insegnato che la nostra “sovranità alimentare” è minacciata. Proprio come il Covid ci aveva insegnato che dipendevamo da paesi lontani per i medicinali e le attrezzature mediche.

In breve, la nostra vulnerabilità è venuta in luce e lo sarà sempre di più. Con il cappello in mano andiamo a elemosinare, presso regimi non certo tra i più democratici, qualche bidone di petrolio e un po’ di gas. Se tutto questo fosse preso sul serio, richiederebbe di riconsiderare le politiche decise almeno dal mercato unico europeo del 1992.

Sovranità e reindustrializzazione richiedono la protezione delle nostre industrie dalla concorrenza straniera, ad esempio dalla Cina, ma anche dal grande capitale in generale. Ma è improbabile che i nostri statisti democratici e i loro costosi consulenti vedranno la loro fabbrica trasferirsi in Polonia, posto che non lavorano in fabbrica. È per questo motivo che trovano bellissimo il “libero scambio”.

Avere peso sul nostro destino collettivo richiede il controllo delle principali funzioni economiche, tipo una vera democrazia economica e sociale e un’organizzazione razionale dell’economia, assicurando la subordinazione degli interessi particolari all’interesse generale. Oppure tutto ciò è da considerare troppo bolscevico?

Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, non c’è una sillaba che tratti di questa roba qua. È normale? Pensiamo solo agli stipendi astronomici pubblici e privati dei manager, da ultimo quello di Carlos Tavares, boss di Stellantis. Come s’accorda con la democrazia, con l’equità, la sostenibilità, con il destino collettivo e l’interesse generale?

Lo scrissi ieri, non ci vogliamo rendere conto che una scelta di campo ideologicamente totalitaria è già stata fatta da molto tempo. Sopra le nostre teste, sulla nostra pelle.

Vedere discutere seriamente del nulla è la grande arte di giornalisti ed esperti che entrano in casa nostra non appena accendiamo la tv. Un punto è molto chiaro: la situazione economica, sociale, ecologica e democratica del Paese (di tutti i Paesi) continuerà a deteriorarsi. Quale arma abbiamo in questo momento? Non dare più credito democratico ai “nostri” regimi, considerando per prima cosa che le elezioni sono un trucco, anzi, una frode.

(*) Sul concetto di autoritarismo, chiedere ai 560.000 senzatetto americani censiti ufficialmente (ma sono molti di più), dei quali il 20% sono bambini.

Per esempio, in California, il numero dei decessi tra i senzatetto ha raggiunto numeri record, non solo a causa del Covid. La disponibilità di fentanil, un potente oppioide sintetico che è circa 100 volte più forte della morfina e 50 volte più forte dell’eroina. Gli analoghi del fentanil come il carfentanil possono essere 10.000 volte più forti della morfina.

La California è composta da 58 contee, ma solo una manciata di esse ha contato i morti tra i senzatetto. Nella contea di Los Angeles, mentre la popolazione dei senzatetto è cresciuta del 50% dal 2015 al 2020, le morti per senzatetto sono aumentate di quasi il 200%. Secondo l’Office of the County Coroner-Medical Examiner, nel 2021 la contea ha registrato una media di cinque morti per senzatetto al giorno. Secondo uno studio del Dipartimento della salute pubblica della contea, rispetto alla media generale, i senzatetto hanno 35 volte più probabilità di morire per overdose di droga o alcol, quattro volte più probabilità di morire di malattie cardiache, 16 volte di più probabilità di morire in un incidente d’auto, 14 volte più probabilità di essere assassinati e otto volte più probabilità di suicidio.

Tra il 2018 e il 2020, ci sono state 809 morti per senzatetto nella contea di Alameda. Nella città e nella contea di San Francisco, che ha una popolazione di 875.000 abitanti, ci sono state 331 morti per senzatetto tra marzo 2020 e marzo 2021, più del doppio rispetto agli anni precedenti. La causa più comune di morte è la tossicità acuta da farmaci. Le ferite traumatiche, inclusi omicidio e suicidio, sono state la seconda causa di morte.

giovedì 21 aprile 2022

In lode all’asino

 

«Lettore mio, che non hai nulla di meglio da fare, senza che io te lo giuri puoi credermi che questo [post], come figlio dell’intelletto, avrei voluto che fosse [migliore]. Ma questo, poco importa al nostro racconto: l’essenziale è che la narrazione non si scosti di un punto dalla verità.»

Mentre la notte scorsa con qualche tremito rileggevo il romanzo scritto da un reduce della battaglia di Lepanto, riflettevo su questo dato: cazzo, 4° di minima là fuori. La prossima notte farà anche più freddo. Per fortuna abbiamo ancora un po’ di gas russo che ci riscalda i cuoricini e pure le sacre pudende.

Dei buontemponi vanno a dire in giro che dovremmo rinunciare al gas russo per ripicca. Il signor Putin è diventato un criminale di guerra di punto in bianco, ma già non godeva di simpatie presso certo pubblico. L’accusa di crimini nefandi promana da chi ha generato ogni tipo di guerra ed è fatta propria da utili realisti che in barba all’articolo 11 più bello del mondo ignorano gli effetti prodotti da bombe e altre armi vendute dallItalia a mezzo mondo.

Che tempi, contessa. Da parte mia prendo atto che il signor Putin è l’ultimo statista europeo rimasto in gioco. Dico seriamente, con buone pezze d’appoggio e dopo aver a lungo soppesato i pro e contro e soprattutto il valore di tutti gli altri. Perfino quella vecchia gallina reazionaria della Le Pen rischia di apparire più saggia di Macron, che si appresterà da lunedì prossimo a fare un mazzo così a molti dei suoi elettori, non avendo più nulla da perdere riguardo a loro.

A Putin se non altro va riconosciuto il coraggio di non aver calato le braghe davanti alla protervia degli americani di Washington e di Wall Street. Ha detto niet, ora basta, andate a esportare la vostra democrazia tra le baraccopoli dell’Alabama e della California, ricordando la festa degli incendiari di Watts (1965). La Russia ci darebbe il proprio gas e petrolio quasi gratis se non ci comportassimo da asini bipedi dalla memoria corta.

Come sarebbe un paese governato da degli asini? Non intendo le simpatiche bestie a quattro zampe e orecchie lunghe, ma come apostrofe attribuita comunemente a certe persone. Non serve molta immaginazione quando si tratta di prevedere il peggio, anche perché gli asini al governo li abbiamo avuti, sono ancora lì e non schioderanno.

Don Chisciotte si chiede a riguardo di Sancho se “si ricordava che qualche cavaliere errante avesse portato con sé uno scudiero montato su un asino”; ma nessuno gli viene in mente. Tuttavia decise che lo avrebbe portato con sé, con l’intenzione di fornire al suo scudiero una cavalcatura più onorevole non appena si fosse presentata l’occasione di sottrarre il cavallo al primo cavaliere scortese che avesse incontrato. Chisciotte promise a Sancho il governo di un’isola. Lo scudiero «se ne andava sul suo ciucco come un patriarca, con l’otre e le bisacce, e un gran desiderio di vedersi già fatto governatore dell’isola che il suo padrone gli aveva promesso» (p. 78, tascabili Einaudi).

«Mi raccomando, signor cavaliere errante, che non esca di mente quello che mi ha promesso riguardo all’isola, che io saprò governarla, anche se sarà grande». D’interesse non trascurabile a tale riguardo fu la composita risposta che diede il signore di Quijana, e che lascio al gentile lettore scoprire e godere da sé alla stessa pagina.

Sancho si mostrerà eccellente nell’arte di governare; eccellente, perché saggio e giusto. Senza dubbio consigliato dal suo asino.

L’asino è fedele, testardo e perseverante, abituato a portare pesi, a subire percosse. Da queste umiliazioni, da tutta questa malvagità umana, sa trarre motivi di resistenza, nobiltà e ispirare simpatia. Un paese governato per davvero da degli asini sarebbe dalla parte degli umili.

È un gran danno non poter candidare delle bestie come queste alle prossime elezioni. Vedremo invece candidate e poi elette delle bestie ignoranti e malfide come molte di quelle che da sempre legiferano e ci governano, con una coda di superbia lunghissima.

*

Jeannette Walls è una scrittrice e giornalista statunitense, nata a Phoenix il 21 aprile 1960. Dalla sua autobiografia è stato tratto il film Il castello di vetro. Racconta il lato B di un’America autentica.

Scena: negli anni 1960, in uno squallido alloggio di fortuna, una bambina di circa 6 anni, molto affamata, chiede alla propria madre, una eccentrica pittrice dilettante che sta dipingendo un improbabile capolavoro, di poter mangiare. La madre si volta verso di lei, la fissa per un attimo e poi le risponde con un sorriso: “Preferisci che prepari il cibo che tra un’ora non sarà più, oppure che finisca un quadro che resterà per sempre?”.

Mi è venuto in mente Mario Draghi.

Una scelta di campo è già stata fatta

 

Ancora una volta la Francia si trova a dover scegliere tra un neoliberista e una neofascista. Un’alternativa impossibile. C’è ancora chi sostiene che bisogna scegliere il male minore. Rispetto a cosa? È solo un ricatto che passo dopo passo porta sempre più nel buio. Mi rendo conto che il rischio è alto, ma cedendo continuamente al ricatto si diventa parte di una malattia che non passa.

In Polonia successe la stessa cosa nel 2015. L’alternativa fu tra un neoliberista con un entourage corrottissimo, il presidente uscente Bronislaw Komorowski, di un partito dominato da Jarosław Kaczyski, oppure un ultraconservatore, Andrzej Duda.

Il diritto all’aborto in Polonia è stato ulteriormente ridotto, ora è del tutto vietato, salvo nei casi di stupro o incesto, o quando la salute della donna è in pericolo, ma non è più autorizzato in caso di grave malformazione del feto. Anche nei casi ufficialmente consentiti dalla legge, diventa quasi impossibile trovare un medico disposto a eseguire un simile intervento. La Polonia passa per essere un baluardo contro un altro dispotismo, quello russo, e dunque sul resto si preferisce tacere.

Nel 2010 vinse il partito di Viktor Orbán, in Ungheria. E non lo schiodi più. Orbán si è adoperato soprattutto per ridurre l’imposta sulle società (dal 19 al 9%, l’aliquota più bassa d’Europa), e di aumentare la soglia degli straordinari che i padroni possono richiedere ai propri dipendenti, fino a 400 ore all’anno, o un giorno lavorativo in più alla settimana.

L’Ucraina ha subito una sorte anche peggiore, sia per la forte e tradizionale presenza degli ultraconservatori nazionalisti (che i neonazisti siano un’esigua minoranza parlamentare non significa assolutamente nulla) e sia per l’intervento diretto americano in chiave antirussa, dapprima montando la solita strategia della tensione, poi installando dei governi fantoccio con gente scelta direttamente a Washington (su ciò non vi sono dubbi).

Questi paesi sono classificati come “regimi ibridi”, a metà tra autocrazie e governi liberali (vi includo la Russia, come disclaimer). Tutto era iniziato normalmente: elezioni libere e campagne elettorali nel rispetto degli standard democratici, una sfiducia della popolazione verso la “politica” e la promessa di “ristabilire la sovranità del popolo”. Nessuno inventa più nulla.

La destra cosiddetta populista non sale al potere con colpi di stato (nemmeno Hitler), ma utilizza i meccanismi democratici in modo del tutto tradizionale e legale. Le elezioni sono regolari, ma in quali condizioni si svolgono le campagne elettorali? I media sono interamente nelle mani del potere politico ed economico. Una volta al potere, questa gente non ci mette molto a smantellare le garanzie liberali.

La Francia non è la Polonia o l’Ungheria, non è l’Ucraina. Tutto ciò non accadrà, dicono. E difatti c’è grande mobilitazione, soprattutto mediatica, per non giubilare Macron e far diventare anche lui un semplice marchettaro del rinascimento saudita.

E ciò vale anche per l’Italia? Qui le cose procedono apparentemente in modo più sfumato, ma dei cambiamenti vi sono indubbiamente già stati. Il primo cambiamento è dato dal fatto che non esiste nemmeno una parvenza d’opposizione parlamentare (c’è un parlamento?) e la situazione dello stato di diritto e delle libertà si è deteriorata in modo spettacolare.

Se il voto non paga, qual è l’altra strada? C’è tanta gente affamata di risposte, che s’aspetta che qualcuno avanzi “proposte”, che lanci una parola di speranza, salvo poi rigettarla con un tweet sarcastico, che quanto a un ragionamento non se ne parla proprio. Il problema inizia proprio dal fatto che c’è questo bisogno disperato di qualcuno che dica agli altri che cosa fare, preferibilmente una proposta che giunga non più lunga di un tweet. Non ci vogliamo rendere conto che una scelta di campo ideologicamente totalitaria è già stata fatta da molto tempo.

mercoledì 20 aprile 2022

Nuove grandi scoperte

 


Nella redazione de Il Sole 24ore hanno scoperto la shrinkflation, un po’ in ritardo rispetto ai lettori di questo blog.

C’è anche chi (ma non nomino per cautela), sta scoprendo, poco a poco, che uno dei fattori dell’alto prezzo del gas riguarda proprio la domanda di gas statunitense, come annunciato.

Il 18 aprile 2021 il rublo quotava, in rapporto all’euro, 90,17; il successivo 25 aprile era dato a 89,77. Oggi è a 88,5. Sempre più in default la Russia, in attesa del famoso 4 maggio, quando il default sarà dichiarato ufficialmente. Così dicono i più esperti tra i moltissimi esperti.

Ah, dimenticavo. Sempre ieri sera in tv ho sentito dire che le ferrovie russe sono già in default, mentre da noi il trasporto ferroviario pare sia responsabile “solo” di un quarto del debito pubblico.

Ho grande fiducia negli esperti e nella tempestività delle loro scoperte.

Nessuna fuga

 

Il 20 aprile, cadeva il genetliaco di Adolf Hitler. In tutta la Germania la ricorrenza veniva celebrata con festeggiamenti popolari non inferiori alle maggiori feste liturgiche e laiche. Perfino nell’aprile 1945, pur senza festeggiamenti particolari, per la Germania, ossia ciò che ne rimaneva in quel momento, fu un giorno ufficiale di festa.

Gli elettori tedeschi che votarono per il Partito nazista e per il suo capo nel 1932 e infine nel marzo 1933 (dopo che a Hitler fu consegnato il potere e sotto l’onda emotiva dell’incendio del Reichstag), sapevano bene a chi davano la loro preferenza elettorale. Sullo sfondo della crisi economica, sociale e politica e in ragione di ciò che Hitler e il suo partito si proponevano di realizzare, essi ottennero il 44% dei voti.

Stava tutto scritto nel Mein Kampf, e il suo autore non lo nascondeva nemmeno nei suoi discorsi, tutt’altro. Il suo cavallo di battaglia preferito, del resto cavalcato da tutti i nazionalisti tedeschi (e non solo), era costituito dal racconto sull’iniquo trattato di Versailles del 1919 e dalla “pugnalata alle spalle” subita dall’esercito tedesco nel corso della guerra.

Non erano tutte balle, il trattato di Versailles fu davvero iniquo e imposto in modo vergognoso. Quanto alla “pugnalata alle spalle”, era vero che il nemico non era penetrato in territorio tedesco e la resa dell’esercito, ormai allo stremo non meno che la situazione interna, sembrò determinata da decisioni esterne e contrarie alla volontà delle forze armate tedesche. Così almeno si raccontò poi, dimenticando la rivolta dei marinai della flotta, la guerra civile non solo a Berlino, eccetera.

Alla Germania e ai suoi abitanti serviva un nemico interno verso il quale scaricare le “colpe” della sconfitta e le sue conseguenze. Nella patria di Martin Lutero, Richard Wagner e moltissimi altri, senza aver bisogno di prestiti francesi, come Joseph de Gobineau, non fu difficile per i temi propagandistici del nazionalismo in generale e del nazismo in particolare fare presa.

Come sempre accade, si trattò anche allora di un misto di verità e volgare menzogna, di realismo e fanatismo, e sarebbe un inutile esercizio, almeno qui, soppesare quanto vi fosse dell’uno e dell’altro, quanto poco di una cosa e quanta parte dell’altra. Sia comunque chiaro che si trattò di uno specchio più spesso deformante in senso propagandistico e consolatorio. Sarebbe invece sbagliato credere che solo i nazionalismi e i dispotismi si nutrano di questo tipo di propaganda, di racconto leggendario e autoassolutorio.

Vero, per esempio, che i famigerati protocolli dei cosiddetti Savi di Sion rappresentarono ben altro di un prodotto letterario estemporaneo di qualche funzionario dell’Okhrana. Nondimeno su questa strada potremmo prendere in esame il rapporto tra Puritanesimo e frontiera nell’immaginario americano, laddove si trattava di ricreare sulla Terra la Gerusalemme celeste, edificata attorno alla fede e alla purezza dei suoi abitanti, in primis alla loro natura di “prescelti”.

La mentalità puritana, sviluppatasi in Inghilterra durante il XVI secolo nell’ambito del protestantesimo calvinista e poi esportata nel Nuovo Mondo, che tanta parte ha avuto nella tragica sorte dei nativi, e che nei momenti di crisi avverte con tanta più forza il bisogno di un nemico esterno, siano i nuovi immigrati, i sempiterni comunisti o i musulmani, in un contrasto sul quale definire la propria identità.

I puritani Stati Uniti (ma non solo loro!), in crisi d’identità, applicano uno dei loro sistemi di ricomposizione simbolica più tipici: fomentano una guerra e la raccontano come in occasione della seconda guerra mondiale, un genere di conflitto molto diverso da quelli che seguirono. Salvo poi rendersi conto, più tardi e non sempre con lucida onestà, che il Vietnam non era l’impero giapponese, che l’Ucraina non è l’Afghanistan, luoghi questi e altri ancora da dove è bastato fuggirsene in elicottero.

Insomma, troppo facile e liquidatorio spiegare tutto o quasi dando del matto a Hitler, Stalin, Putin, Trump e a tutti quelli che si è deciso di dipingere come mostri e criminali, veri o solo presunti, trasformando e denotando così per le vie brevi interi periodi storici in un campionario di psicopatologie soggettive di alcuni personaggi poi messi al bando. Nessuno fugge né dal proprio passato né dal futuro.

martedì 19 aprile 2022

Fuori controllo

 

Questa è una guerra mondiale alla quale il mondo intero può assistere in tempo reale. Non è combattuta solo nel conflitto bellico ucraino, ma si concentra sulla diffusione di “notizie” false, esagerate, manipolate. In questo, la Russia ha già perso la partita e la Cina, quando sarà il suo turno, non può vincerla.

Un altro fronte è quello della guerra economica. Anche qui la Russia può solo opporre resistenza e la Cina non potrà vincere ma solo combattere. Non sarà indolore nemmeno per gli USA-NATO. Il collasso del sistema economico mondiale non è un evento né imprevedibile né remoto.

Nei circoli che contano qualche riflessione su queste questioni non sarà certo mancata. Il fatto è che le decisioni politiche sono in mano a personale inaffidabile sotto diversi profili. Se gli Stati Uniti hanno un presidente come Biden, e prima ancora come Trump o Bush, e certi altri personaggi di contorno, mi pare evidente che non si può stare tranquilli.

Se la Francia rischia di avere Le Pen, la Gran Bretagna è in mano a tipi come Boris Johnson, l’Italia a modestissime anime come quelle di Draghi e prima ancora di Conte; se la leadership politica in Germania è quella attuale, se la Bce è Lagarde e la UE è rappresentata da Ursula Leyen, c’è solo da disperare.

Non lo dico per denigrare (basta che aprano bocca per denotarsi da sé), ma una classe dirigente così pusillanime e inadeguata spiega molte delle cose che stanno accadendo (per tacere dei percorsi tipo quelli di Tony Blair, Gerhard Schröder, José Manuel Barroso, François Fillon, Matteo Renzi, ecc.).

Voglio dire che ormai gli eventi bellici, economici e sociali sono fuori controllo di chiunque. Possono prendere una piega oppure un’altra, precipitare, senza che nessuno abbia o trovi forza e volontà per poterne cambiare il corso.

Ecco perché era importante che questa guerra non cominciasse e non fossero creati i presupposti per provocata. E non si vede chi e come possa porvi termine. Certamente non la Russia e Putin invischiati in quella trappola fangosa. Non Zelenskij, prigioniero del suo personaggio e degli oltranzisti ucraini. Non l’opinione pubblica, che è interessata al proprio particulare e inebetita dai media. Non l’UE, che non conta nulla, e Washington è lontana e punta notoriamente a far durare la cosa.

La responsabilità è di tutti, ma soprattutto della UE, che si è sottomessa volentieri a quanto si stava predisponendo e attuando da parte di Washington. Prima ancora è responsabile, causa le sue divisioni interne, di non aver saputo costruire qualcosa di alternativo alla NATO, di non aver stabilito quali sono i suoi reali interessi in politica estera (per tacere dell’ossessione per la concorrenza, del ruolo delle lobby, della gestione della crisi migratoria, con i migranti venduti all’ingrosso, del caos iniziale sui vaccini, la proliferazione normativa e della burocrazia, ecc.).

Non è vero nemmeno che, causa i fatti dell’Ucraina, l’UE si stia ricompattando. È e resterà un instabile agglomerato d’interessi, di posizioni particolaristiche attorno a una moneta comune, un concerto di poteri dove spartirsi soldi e poltrone, trattare concessioni e favori.

Ora le cose stanno sfuggendo sempre più di mano, e anche dal punto di vista economico e sociale temo, come tutti, non si sia ancora visto il peggio.

lunedì 18 aprile 2022

L'acquasanta di Bergoglio


Mi capita di mangiare del capretto o dell’agnello, ovviamente osservando un profondo rispetto per l’animale. La testina d’agnello è una prelibatezza, una leccornìa che pochi sanno apprezzare. La prima volta fu un sardo a indurmi nel fiero pasto di quello che i pugliesi chiamano “capuzzell” e considerano addirittura “l’orgoglio pugliese nel mondo”.

Cadenze infernali dettate dai consumatori chiedono la macellazione di decine di migliaia d’agnelli e capretti per le festività pasquali. In nome della sacrosanta tradizione e religione: mangia il tuo agnello a pasqua. Il macello è l’unico responsabile di questi animali fatti a pezzi che chiamiamo “carne”.

Vendiamo e inviamo armi a mezzo mondo, con le quali mutilare e uccidere bambini come Nycola Nyzhnykovskyi, e però ci facciamo scrupolo di macellare e mangiare del capretto o dell’agnello. Siamo degli strani animali, prodotto delle nostre ipocrisie e credenze, non meno d’innumerevoli contraddizioni.

Francesco non amava gli animali? Prediligeva lupi e uccellini. Non siamo tutti uguali nella sofferenza. Oggi il suo epigono esibisce matrone ucraine e russe. Nella nostra società dell’apparenza e della noia tecnologicamente assistita ogni occasione è buona per alimentare lo spettacolo. E però Ciccio è troppo prevedibile con i suoi mormorii per porre fine alla guerra, la situazione dei rifugiati e ovviamente il solito ordine alle donne di non abortire più.

Prevedibile anche nella sua critica al capitalismo. Sostiene Emilce Cuda, teologa morale argentina, appena nominata nella Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che «Il magistero di Francesco non è pregiudizialmente ostile al mercato. È, invece, radicalmente avverso ai monopoli e agli oligopoli, alla finanziarizzazione dell’economia».

Tante grazie, il capitalismo senza il grande capitale, senza il mercato del credito/debito e il gioco della speculazione, in cui non mi pare estraneo il chiacchieratissimo Istituto per le opere di religione, sarebbe un capitalismo senz’anima, privato della sua essenza.

E ancora: «Gli imprenditori hanno un ruolo centrale nella creazione della ricchezza sana e nella sua giusta distribuzione». Quando mai padroni e rentier hanno sostenuto che i profitti da cui ricavano la loro ricchezza sono ingiusti? Ciò che vorrebbero ridistribuire meglio è la ricchezza in mano ad altri.

È la solita storia: rimproverano al capitalismo più il fatto che esso genera disuguaglianze che non il fatto ch’esso produce i rapporti moderni di produzione che delle disuguaglianze sono la base. E dunque che senso ha dire di non essere pregiudizialmente ostili al mercato? Di quali rapporti sociali è fatto questo cazzo di mercato?

«[...] dal punto di vista culturale e spirituale è l’intera storia della Chiesa che pone questioni di fondo sul rapporto fra l’economia e la società, il sistema industriale e il sistema finanziario, la scarsità delle risorse economiche e la necessità di preservare le risorse ecologiche, il destino dell’uomo nella misura dell’infinito e la transeunte modulazione delle dinamiche fra capitale e organizzazione, tecnologia e lavoro».

Il solito gonfio frasario. Dal punto di vista pratico l’intera storia della Chiesa è intrisa di vicende di potere, estorsione e soprafazione attuate con ogni mezzo. Quanto al destino dell’uomo, non esiste l’uomo astratto, ma uomini e donne che vivono in un determinato ordine sociale, che è appunto quello dominato dalla realtà del mercato capitalistico, dai monopoli e oligopoli, dalla finanziarizzazione dell’economia, dallo sfruttamento della forza- lavoro e delle risorse naturali, dalla lotta per il loro possesso e controllo.

Non c’è cosa più facile che dare una tinta socialistica al cristianesimo, che funge da acquasanta con la quale il prete benedice la rabbia di sfruttati e oppressi. 

domenica 17 aprile 2022

Gratitudine

 


Il suo sacrificio non è stato vano: il 91 per cento dei cittadini europei prova gratitudine verso Gesù, perché è morto quasi 2000 anni fa affinché le persone di oggi possano godersi un weekend più lungo. Il 29 per cento s’è detto “molto grato” a questo ragazzo, mentre 28 per cento “abbastanza grato” e il restante 34 per cento ha risposto che avrebbe preferito che rimandasse la resurrezione almeno al martedì successivo.

È il risultato di una recente indagine dell’istituto di sondaggio europeo Ipsedixit. Secondo l’istituto, il nove per cento che non si gode le vacanze sono i pochi veramente credenti in Europa. Non possono usare i giorni pasquali per rilassarsi poiché la maggior parte di loro saranno impegnati in funzioni religiose.

Per il blog diciottobrumaio quella della resurrezione è una balla delle multinazionali Ferrero e Lindt & Sprüngli.

sabato 16 aprile 2022

Menù di guerra


Scena: il mondo di prima della guerra in Ucraina. Interno di un ristorante molto elegante di Waschington D.C.. Un locale così chic che nei menù non sono riportati i prezzi e dove si presta attenzione per l’igiene, riducendo la probabilità di beccarsi la listeriosi o l’escherichia coli. Ciò non esclude che anche in questo lussuoso ristorante siano serviti alimenti industriali composti d’ingredienti “reidratati” o “ricomposti”, ricchi di additivi, coloranti, esaltatori di sapidità, conservanti e sintetici vari. Non è uno scoop, non sono più i contadini a sfamarci ma gli industriali e andiamo tutti fieri dei nostri “marchi di riferimento”. Nel caso dei locali più raffinati, negli States così come altrove, i piatti sono proposti al cliente con nomi ricercatissimi e in parte misteriosi, preparati e serviti con un’arte squisita.

A un tavolo del ristorante sono seduti Dick Cheney con alcuni suoi stretti collaboratori e consulenti giuridici. Cheney è vicepresidente di Bush jr., il quale nel 2000 vinse le elezioni in Florida per 537 voti, ottenendo complessivamente 271 grandi elettori, uno in più dei 270 richiesti. Seguì un clamoroso e pasticciato riconteggio, a sua volta fermato dalla Corte suprema, che 36 giorni dopo le elezioni, con una decisione molto contestata, sancì la vittoria di Bush contro Al Gore. Il governatore della Florida era Jeb Bush, fratello di uno dei candidati, e la segretaria di Stato locale Katherine Harris, cui spettava di certificare i risultati, era stata co-presidente della campagna di Bush in Florida.

Il maître si avvicina al tavolo per prendere le ordinazioni, suggerendo agli illustri clienti i piatti migliori.

Buonasera signori. Stasera abbiamo il combattente nemico, una persona né prigioniera di guerra né criminale, il che vuol dire che non ha protezione ai sensi della legge.

Abbiamo anche un’interpretazione straordinaria in cui s’inviano i sospetti, senza lasciare traccia, in carceri stranieri di paesi dove è in vigore la tortura.

Dick Cheney: Ah, sembra un piatto squisito.

Maître: Abbiamo anche la baia di Guantanamo che permette di evitare il principio dell’equo processo su una terra che tecnicamente non è territorio americano ma su cui abbiamo il controllo.

E poi abbiamo una fresca e deliziosa interpretazione della legge sui poteri di guerra che dà al ramo esecutivo assoluto potere di attaccare nazioni e popoli ritenuti una possibile minaccia.

Abbiamo ancora la “teoria dell’esecutivo unitario”: qualunque cosa fa il presidente è legale, il che vuol dire fare il cazzo che vi pare.

Allora sentiamo, che cosa ordinate?

Dick Cheney: prendiamo il menù completo. Maître: ottima scelta.

Dal film: Vice – L’uomo nell’ombra, scritto e diretto da Adam McKay (2018). Il film ha vinto l’Oscar per ... il trucco!