Una serie di ricche pietanze quelle offerte oggi dal Sole 24 ore, non solo per quanto
riguarda il suo inserto culturale, ma anche perché un suo giornalista rendiconta di essere
stato ospite “a tavola con Elsa Fornero”. A pagina 10, con richiamo in prima, c’è un lungo
articolo-intervista di Paolo Bricco dal titolo succulento: “La povertà, il ruolo delle élite e le
sfide del progetto Draghi”.
Ne sarebbe bastata mezza porzione fosse stata un’intervista vera, in realtà sono prevalentemente considerazioni a bagnomaria del Bricco stesso, con qualche
frase della ex ministra a guarnire un piatto che non sa di niente.
Bricco racconta che l’arredamento della casa è spartano, “lontanissimo dal gusto del lusso
culturalmente démodé”. Quindi si accomoda in cucina da Elsa Fornero, “accontentandosi”
di un risotto preparato dalla padrona di casa. La signora intanto armeggia con “un
pentolino per scaldare il brodo di carne”.
Tutto l’articolo è improntato ad esaltare semplicità e sobrietà della ex ministra del Lavoro,
tanto che anche il giudizio sul risotto è parsimonioso: “buono e saporito il giusto”.
A seguire la padrona di casa cucina un uovo, che aggiunge all’insalata, dunque metà uovo
a testa. Bricco non si lascia sfuggire l’analogia, cita in chiusa la famosa mela a metà (in
realtà pare si trattasse di una pera, ma non sottilizziamo), che Einaudi offrì a un suo ospite.
Bricco è generoso come ospite quanto come apologeta, mette in tavola il suo vino:
“Barbaresco della cantina Produttori del Barbaresco, annata 2012, e Amarone di Masi del
2015”. Scelta impeccabile quando il tema del discorrere è la “povertà” (degli altri).
Elsa racconta della sua famiglia, nel canavese, “non povera”. Figlia di un guardiano di un
poligono dell’esercito e proprietario di un podere, frequenta ragioneria a Torino. Nessun
accenno alla scacchiera su cui gioca l’esistenza quotidiana dei comuni mortali, o allusione
sulla speranza di promozione sociale e di una carriera garantita fino alla pensione.
Figuriamoci, simili meschinità non sono mai state nei pensieri di Elsa, che già allora
sfuggiva alla diatriba del merito e del demerito con il suo impegno, che le consentì di
sentirsi accolta e valorizzata all’università.
Ricama ancora il suo ospite che l’incompetenza oggi s’è fusa con “la credenza che si possa
governare senza l’ausilio dei numeri e della matematica”. Ha ragione: quando l’aria è
ammorbata, gli appestati dettano legge. Tuttavia non darei in mano la lista della spesa
sociale a chi misura tutto nel mero calcolo ragionieristico di uova e insalate.
Elsa Fornero, in base alla sua esperienza familiare, di università e di moglie di un ex
direttore del Sole 24 ore, s’è fatta l’idea che esistono i forti e i deboli, i ricchi e i poveri, i
furbi e gli altri. Dubito però sappia esattamente che cosa significa passare la propria vita in
una fabbrica o in un ufficio a guadagnare il denaro del mese che non basta, e quali
condizioni producono insoddisfatti, risentiti e frustrati di un destino che questo sistema
perpetua e che avrebbero desiderato diverso e non solo generoso di gadget.
Conosce i numeri, Elsa, meno la carne e il sangue che rappresentano nella realtà. Possiamo
comprendere che una riforma delle pensioni andava fatta, e che quella che porta il nome della ministra non fu perfetta, così come nessuna riforma può esserlo e accontentare tutti.
Qui però si tratta d’altro: dell’insopportabile predominanza degli interessi di un sistema
sociale che non riesce più a ingannare come gli riusciva un tempo.