Ieri
sera ascoltavo il signor Roberto D’Agostino affermare con enfasi, nella
trasmissione televisiva condotta dalla signora Dietlinde Gruber, che “la verità
non esiste, essa è solo una questione di punti di vista”. È con questo veleno
che insufflano le nostre coscienze, con affermazioni apodittiche di 140
caratteri, di modo che tutto diventa opinione, cazzeggio. È in queste
rappresentazioni ristrette e piene d’ignoranza che si esprime la coscienza
della nostra epoca. Per smentire queste ubbie sarebbe sufficiente fare
riferimento al fatto che la nostra comprensione di un fenomeno naturale, dunque della sua verità, è
provata quando noi riusciamo a riprodurlo, a ricrearlo noi stessi.
Più
complessa la questione quando passiamo da un fenomeno naturale a uno sociale. Qui s’insinua ben più
saldamente la convinzione che “la verità non esiste, è solo una questione di
punti di vista”. E ciò accade perché invece di andare alla radice delle
contraddizioni sociali è interesse della classe dominante, attraverso la sua
ideologia e i suoi corifei che la propagandano, di confondere le cose, di
promuovere un nuovo agnosticismo, nel dire che questo equivale a quello, che la valutazione sulla realtà sociale è, semplicemente,
espressione di punti di vista diversi.
Noi
non concepiamo – sembra voler dire D’Agostino – i nostri concetti come riflesso
delle cose reali, ma le cose reali come riflessi del pensiero, come riflesso di
“punti di vista” soggettivi. Questa concezione ha una valenza pratica: se tutto
è chiacchiera, se la realtà esiste solo in quanto interpretazione, anche il
giudizio sull’attuale sistema sociale, l’ineguaglianza e sfruttamento, anche la
povertà e la fame, insomma tutto diventa opinabile e relativo (*).
La
nostra vita concreta, quella di uomini e donne reali, non può sostenersi di
punti di vista, ma di mezzi materiali. E la nostra libertà può alimentarsi solo
in piccolissima parte di diritti ideali, laddove la maggioranza delle persone,
uguali in diritto, riceve a fronte di grandi sacrifici solo lo stretto
necessario per sopravvivere (quando va bene). E perciò le classi dominanti,
proprio tradendo il loro punto di vista sulle libertà, nel concreto non
rispettano l’eguale diritto della maggioranza di tendere alla libertà e alla
felicità più di quanto lo rispettassero le classi che sfruttavano la schiavitù
e la servitù della gleba.
(*)
Ciò non significa non essere coscienti che ogni conoscenza acquisita è
necessariamente limitata, condizionata dalle circostanze in cui la si è
acquisita; nondimeno sono da respingere le vecchie antinomie di vero e di
falso, di buono e di cattivo, di necessario e di casuale, ecc.. Queste
antinomie hanno soltanto un valore relativo, nel senso che ciò che oggi viene
riconosciuto come vero ha il suo lato falso, e ciò che viene riconosciuto come
falso ha il suo lato che un giorno verrà riconosciuto come vero. Eccetera. Pur tuttavia
è assai diverso dall’affermare che “la verità non esiste, è solo una questione
di punti di vista”.