lunedì 30 aprile 2018

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In Friuli Venezia-Giulia sono andati a votare meno del 50 per cento degli elettori (550mila del 1.107.415 degli aventi diritto, dei quali 156.166 iscritti all'anagrafe dei residenti all'estero). Si sono recati ai seggi quasi solo gli elettori di destra. Per il M5S solo i parenti e gli amici dei candidati.

Pochi elettori, pochissimi votanti, eppure questo risultato, anche se non si può sovrapporre esattamente a quello nazionale, indica comunque una tendenza. La quale è il risultato della conventio ad excludendum richiesta da Di Maio alla Lega. Delle barricate ideologiche alla gente non frega nulla, vuole e pretende risultati concreti, immediati. Illudendosi, certo, ma si tratta di un’illusione che pesa in termini di consenso elettorale.


A questo punto ogni prognosi è astratta, l’inaridimento è totale. Sanno bene che non si può adeguare il bilancio ad una politica troppo cara e proibita dalla realtà. S'inventeranno qualcosa prima delle ferie, che scattano al cambio dei palinsesti televisivi.

sabato 28 aprile 2018

Le premesse reali per un accordo di governo


Può capitare, nella foga di una conversazione, d’inciampare sulla coniugazione di un verbo e poi, immediatamente, correggersi. Tuttavia, usare “dasse” per il congiuntivo imperfetto “desse”, rivela una condizione di profondo “disagio” in rapporto alla lingua italiana (*). Ho sentito l’on. Ettore Rosato, diplomato ragioniere, già capogruppo del Partito Democratico alla Camera e attuale Vicepresidente della stessa, ma noto alle cronache soprattutto quale “ideatore” della legge elettorale che porta il suo nome (Rosatellum), affermare senza il minimo sussulto: “avere una legge elettorale che dasse il risultato del voto …”. Ebbene, credo vi siano le premesse reali per un accordo di governo tra Pd e M5S, non sulle convergenze di un programma, ma altresì sulla scorta di un lessico comune.


(*) Trasmissione televisiva Carta bianca del 27 aprile, minuto 16,34.  Curiosa l’espressione di disgusto di Carlo Freccero, in quel momento inquadrato, quando sente lo svarione del Vicepresidente.

giovedì 26 aprile 2018

Lo sfizio d’indovinare



Il lavoro è sempre più residuale, schiavitù “a perdere”, escluso dai benefici dell’aumentata produttività, eppure si troverà sempre il rotto in culo a dire che i salari sono ancora troppo alti (non certo il suo sudatissimo ma pingue stipendio).

Nei talk show e in ogni luogo dove si fabbrica la propaganda ci ricordano che la popolazione invecchia, le nascite crollano, il welfare è in affanno, mentre cresce il divario tra “riforme” promesse e realizzazioni.

La ricetta è sempre la stessa: fare bancomat sulle pensioni e le prestazioni sociali. Se ci fate caso chi parla di queste cose non ha mai lavorato un solo giorno nella sua vita, se non a chiacchiere, e tantomeno sotto padrone.

Tutto ciò, tra l’altro, ha effetti dissolventi sui legami sociali e la solidarietà di classe, cosicché alle vecchie alienazioni e insoddisfazioni se ne aggiungono sempre di nuove e universali per la felicità di giornalisti e sociologi che avranno ben modo di pontificare e guadagnare sulle tensioni sociali e politiche derivanti da questi rapidi mutamenti.

Che la realtà capitalistica presenti problemi di sovracapacità produttiva e di sovraccumulazione che non possono trovare soluzione effettiva e stabile, nonostante tutte le tattiche per stimolare nuovi bisogni, spesso fittizi, e programmate obsolescenze, è faccenda che passa in cavalleria. Per il resto si predica una più equa redistribuzione pur continuando a razzolare sui soliti noti.

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Approssimativi


Di Maio Luigi. Leader del primo partito politico. Nato ad Avellino nel 1986, sceglie dapprima la facoltà d’ingegneria per poi trasferirsi a giurisprudenza, senza completare gli studi. Attività lavorativa: bibitaro allo stadio.

Salvini Matteo. Leader del terzo partito e della prima coalizione. Nato a Milano nel 1973, sceglie dapprima la facoltà di scienze politiche, per poi passare l'anno dopo al corso di laurea in scienze storiche, senza completare gli studi. Attività lavorativa: nessuna. Nel 1985, partecipa a Doppio slalom su Canale 5 e nel 1993, a Il pranzo è servito, all'epoca in onda su Rete 4.

Maria Alberti coniugata Casellati. Presidente del Senato. Nata nel 1946 a Rovigo, si è laureata in diritto canonico e ha praticato come avvocato matrimonialista (sacra rota).

Fico Roberto. Presidente della Camera. Nato a Napoli nel 1974, a 27 anni si laurea in scienze della comunicazione all’università di Trieste (?!) con una tesi sulla canzone neomelodica napoletana. Attività lavorativa: dichiara di aver fatto il manager in un hotel (??) e il dirigente per un tour operator internazionale.


Questi sono i curricula dei principali protagonisti dei due mesi di “consultazioni” trascorsi per la formazione del nuovo governo. Non voglio esprimere giudizi sulla qualità delle persone, magari ottime dal punto di vista umano, e però santo Iddio potremmo pretendere da un paese come l’Italia dei personaggi, da destinare alle più alte cariche istituzionali, con dei profili un po’ meno … approssimativi?

mercoledì 25 aprile 2018

Ogni eccedenza viene intascata da una certa classe


Domenica scorsa avevo accennato all’intenzione di scrivere un post sul nono capitolo del terzo libro de Il Capitale, quello nel quale Marx dimostra – con i famosi numerelli – che la redistribuzione del plusvalore favorisce i produttori ad alta intensità di capitale costante rispetto a quelli ad alta intensità di forza-lavoro.

Ciò significa che la cosiddetta “catena del valore” è in tal modo controllata e dominata da quei paesi a più elevata composizione di capitale costante rispetto a quelli ad alta intensità di lavoro.

Le conseguenze “naturali” di questo processo, attraverso la creazione di catene globali di produzione e di mercato, quindi di estrazione e distribuzione del plusvalore, hanno trasformato decisamente la geografia della produzione e valorizzazione del valore.

Per esempio la Germania è un paese capitalistico più sviluppato e strutturato di altri e come tale si avvantaggia della sua posizione. Stessa cosa vale per l’Italia, pur se in proporzioni minori, nei riguardi della Romania o di altri paesi con strutture produttive a più alta intensità di forza-lavoro. Tuttavia la Germania è il paese europeo che più ha drenato valore da paese come la Polonia, l’Italia, la Grecia, la Spagna, il Portogallo, eccetera.

Tale caratteristica è una determinante della geografia storica del capitalismo, e la lotta per il predominio tecnologico rappresenta uno degli aspetti via via più peculiari dello sviluppo capitalistico, quanto quello, più recente, dell’eliminazione graduale delle barriere doganali.


Dietro le quinte della diplomazia, delle prove di forza, degli enunciati retorici sulla democrazia, si cela una realtà molto più prosaica e concreta. Ovviamente i vantaggi, come già osservava il Grande Vecchio, non vanno ai salariati, bensì ogni “eccedenza viene intascata, come in ogni scambio tra capitale e lavoro, da una certa classe”.

Buon 25 aprile!

martedì 24 aprile 2018

Estetismi contabili


Ogni giorno porta la sua perla (mettiamola così). Sentite questa:

«La riforma Fornero ha preservato la pensione d'anzianità sotto il nome di “pensione anticipata”: le donne possono attualmente accedervi dopo aver contribuito per 42 anni e 3 mesi e gli uomini per 43 anni e 3 mesi. […]. L’obsolescenza di coefficienti così “giovanili” compromette l’equilibrio finanziario del sistema, oltre a procurare iniqui vantaggi a chi ha beneficiato di carriere lavorative non interrotte da periodi di lavoro nero e disoccupazione

Questo garbato e inebriante sillogismo di Sandro Gronchi, presentato dal Sole 24 Ore come uno dei massimi maestri in materia pensionistica e consulente di molti governi, è volto ad allungare di altri 5 anni il periodo di lavoro a chi ha avuto carriere lavorative non interrotte da periodi di lavoro nero e disoccupazione.

È questo genere d’inesausti e rosei personaggi, esteti di statistica ed esperti di tornaconti immediati, che infine decidono delle nostre esistenze, non quelle sognate e commercializzate, bensì quelle reali.


Il voto è solo una presa per il culo, e questo mi pare di averlo già detto.

lunedì 23 aprile 2018

Vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole, e più non dimandare



Nella relazione consegnata dal professor Giacinto della Cananea a Luigi Di Maio, quintesenza del lavoro del comitato di esperti incaricato dal M5S della “analisi scientifica dei programmi” (e sottolineamo “scientifica”, termine che fa sempre grand’effetto di pancia) è messo nero su bianco lo schema di contratto di governo in dieci punti che il Movimento potrebbe siglare con la Lega o con il Pd (o con qualunque altro modulo governativo).

Cominciamo col dire che non c’è menzione del punto più qualificante del programma dei 5 stelle, ossia il celeberrimo “reddito di cittadinanza”. Si ripiega su un più generico e non quantificato salario minimo garantito e un scontato riferimento sulle politiche attive di sostegno al reddito. Pazienza per chi avesse già compilato i famosi moduli per reddito di cittadinanza.

domenica 22 aprile 2018

La scuola non potrà che rifiorire



Avevo intenzione di scrivere un post sul nono capitolo del terzo libro de Il Capitale, quello nel quale Marx dimostra – con i famosi numerelli – che la redistribuzione del plusvalore favorisce i produttori ad alta intensità di capitale costante rispetto a quelli ad alta intensità di forza-lavoro. Ma a chi mai di questi tempi interesserebbe una riflessione su un tema del genere?

E allora seguiamo il tamburo mediatico, ossia la polemica nata in seguito a un articolo di Michele Serra sulle “aggressioni ai professori”.  Serra è accusato, per la sua presa di posizione, di “classismo”. A tale accusa ha replicato con un lungo articolo, questo. Chiama in causa il “mostruoso contesto del chattismo compulsivo” e il Berlusconi di pragmatica, posto che “da un certo punto in poi gli esseri umani sono diventati consumatori da ingozzare, telespettatori da rintronare di spot, gregge da tosare, massa amorfa che ragiona come un bambino di otto anni”.

Tira in ballo anche Marx ed Engels, secondo me del tutto a sproposito, ma perché non farlo, visto che i loro scritti sono alieni al pubblico e si prestano perfettamente a sostegno di qualsiasi tesi e antitesi?

Le solite cose vere, verissime, ma assai superficiali. E per restare sulla realtà visibile, sul piacere di teorizzare e di definire, sarebbe bene anzitutto chiedersi: chi sono i genitori di oggi? Sono quelli che vengono a tavola con il cellulare, che impugnano le posate come fossero badili e forconi; sono quelli che parlano a voce alta, che se non ti scansi ti travolgono e accelerano quando vedono un pedone che si approssima alle strisce e se son costretti a fermarsi lo maledicono. Quelli non fanno la raccolta differenziata, oppure l’interpretano a modo loro, parcheggiano nei posti riservati o in doppia fila e non ne rispettano una in attesa del loro turno. Sono i vicini di casa con la musica a tutto volume, con il tagliaerba alle due del pomeriggio, et similia. E dunque perché i loro figli dovrebbero comportarsi diversamente in famiglia, a scuola, sul lavoro, in società?


venerdì 20 aprile 2018

In questo gioco non si scherza


Se si pensa che a essere in crisi, in Europa e nell’Occidente in genere, siano solo i sedicenti partiti di sinistra variamente denominati, si sbaglia di grosso. La crisi riguarda tutto il sistema della rappresentanza politica, ed è normale e consueto che in simili frangenti ad approfittarne sia la destra più autoritaria.

Citavo, l’8 di aprile, una frase di Brecht che un tempo fu celebre (assieme a tante altre cose dimenticate), e cioè: “Compagni, ricordiamoci dei rapporti di produzione”. Ora i compagni non esistono più, ma i rapporti di produzione si fanno valere ancora, piaccia o no.

E proseguivo coì: “È lo sviluppo reale del capitalismo che ha dato al riformismo un’espressione teoricamente senza scrupoli, è la dinamica delle contraddizioni reali, specialmente il contrasto fra la crescente ricchezza dei pochi e il crescente pauperismo delle classi medie, che condanna il riformismo alla sconfitta”.

Nemo profeta in patria, si sa anche questo. Il capitalismo, osservava quasi due secoli or sono il giovane Marx, appropiandosi di tutti gli aspetti innovati, è proiettato per sua natura, per necessità, a realizzare un’incessante trasformazione del suo mondo. Una necessità che ha i suoi presupposti nel processo economico, nel sistema produttivo-riproduttivo, di accumulazione, nelle nuove condizioni tecnologiche, e dunque nei fattori inerenti le classi sociali e il sistema politico.

Storicamente la borghesia è la prima classe dominante costretta al cambiamento tecnologico. Si tratta di un processo rivoluzionario permanente (questo sì), non nel modo di produzione, bensì nelle forme nelle quali si realizza il risparmio di forza-lavoro (non semplicemente di “lavoro”, asini), e di estorsione di pluslavoro (non immediatamente di “valore aggiunto”, bestie).


In Italia la classe politica (?) e dirigente (??) non trova la convergenza d’interessi che altresì sarebbe necessaria per poter decidere per tempo quando, come e cosa cambiare. Se gli altri competitori si dimostrano più pronti nel gioco del cambiamento, il risultato è lo svantaggio di dover rincorrere con sempre maggior affanno. La rotta del cambiamento è segnata, e in questo gioco il capitalismo non scherza.