Oltre al coronavirus e alle sue infinite varianti, della controversia sulla fornitura dei vaccini e la crisi di governo, mai formalizzata, sussistono altre realtà che riguardano decine di migliaia di posti di lavoro e l’economia in generale, ossia quella sfera d’interessi
e attività che ci consente ogni giorno di fruire delle necessarie vettovaglie e di vari supplementi di “ristoro” (*).
Sabato è entrata in vigore la fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e PSA Group, il
produttore francese di Peugeot, Opel e altri importanti marchi automobilistici europei,
dando vita al nuovo gigante automobilistico globale Stellantis NV, società per azioni di
diritto olandese (chissà perché ...).
La fusione da 43 miliardi di euro, annunciata nel 2019, avrà conseguenze di vasta portata
in tutto il settore automobilistico. Stellantis diventa la quarta casa automobilistica per
volume di vendite, superando General Motors e Ford e dietro solo a Volkswagen, Toyota e
l’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi. In termini di utili operativi, è al terzo posto.
Stellantis impiega 409.500 dipendenti, con attività in 29 paesi di tutti i continenti.
John Elkann, erede della dinastia Agnelli, fungerà da presidente e l’ex CEO di Fiat
Chrysler (FCA), Mike Manley, guiderà le operazioni dell’azienda in Nord America. L’ex
CEO del gruppo PSA, Carlos Tavares, specialista di “turnaround” e taglio dei costi, sarà
l’amministratore delegato di Stellantis.
La costituzione di Stellantis segue il processo di concentrazione (legge universale e
fondamentale dello sviluppo del capitalismo) e d’integrazione globale industriale-
finanziario (che garantisce, nella lotta concorrenziale e in termini di costi, una maggiore
stabilità al saggio di profitto), ed è anche segno del prolungato declino del dominio
industriale americano, e ciò non potrà che avere importanti implicazioni geopolitiche (**).
I ministri di Italia e Francia, Stefano Patuanelli e Bruno Le Maire, si sono
congratulati per l’avvenuta fusione e il “rafforzamento della leadership industriale
dell’Europa”. Con una differenza tra Francia e Italia: i tre maggiori proprietari di Stellantis
saranno Exor, la holding della famiglia Agnelli (14,4 per cento), la famiglia francese
Peugeot (7,2%) e lo stato francese (6,2%), Dongfeng Motor Corporation, azienda cinese con
sede a Wuhan (5,6%). L’Italia, in quanto tale, non è azionista della nuova multinazionale,
in attesa delle solite geremiadi in caso, probabile e non solo eventuale, di tagli alla
produzione e all’occupazione.
(*) Per avere un’idea dei rapporti di forza nell’ambito di una società di molluschi come
l’attuale, e per contro di un pugno di personaggi perlopiù anonimi che contano realmente
(si parla tanto genericamente di élite), basta fare un esempio: quanti sanno chi è Fiona
Clare Cicconi? Forse nemmeno molti lavoratori FCA lo sanno, figuriamoci gli altri. Già
chief human resources officer di AstraZeneca fino al 2020 e da questo mese chief people
officer di Google, è anche uno dei direttori di Stellantis, nonché la rappresentante dei
lavoratori scelta da Elkann (senza consultare i sindacati, che contano nulla).
(**) Sia Ford che GM, da parte loro, sono state costrette a ritirarsi e ridimensionare la loro
presenza globale negli ultimi anni, tagliando migliaia di posti di lavoro all’estero. Ford ha
annunciato proprio questo mese che avrebbe staccato la spina ai suoi stabilimenti
brasiliani, e s’ipotizza che potrebbe essere sul punto di lasciare l’India. GM ha annunciato
l’anno scorso che stava uscendo da Australia, Nuova Zelanda e Thailandia.