Nel prossimo decennio l’auto elettrica diventerà una realtà
dominante. Se lo dicono tedeschi e cinesi, bisogna crederci. L'industria
automobilistica (e tutto ciò che gira intorno ad essa) subirà radicali trasformazioni, con nuovi
profili professionali e nuove tipologie di servizio. Una rivoluzione
industriale ed economica come non se ne vedevano da tempo. Tuttavia bisogna
valutare il capitalismo per ciò che esso è, non per ciò che i suoi apologeti
sostengono esso sia.
Lo scarto tre la creazione di nuovi posti di lavoro e
la perdita di quelli attuali sarà in Europa e negli Stati Uniti nell’ordine
delle centinaia di migliaia di posti di lavoro nei più vari settori. Sul piano
della tenuta sociale e per altro verso della spesa pubblica ciò non sarà senza
conseguenze rilevantissime. La rivolta dei gilet gialli non va enfatizzata, e
tuttavia essa rappresenta un esempio di ciò che potrà avvenire su scala continentale
e in modo ancor più marcato. E, come solito, i partiti dell’ordine incasseranno
consenso.
Inoltre, non è più come nel bel tempo antico, quando
bastavano quote relativamente modeste di capitale per dare avvio a nuove
produzioni; oggi la composizione tecnica del capitale richiede investimenti
imponenti a fronte dei quali le quote di capitale variabile diventano proporzionalmente
quasi risibili. Si punterà a un aumento dello sfruttamento e a una riduzione dei
salari perché l’estrazione di plusvalore relativo è un dettato di pragmatica,
ma la contraddizione immanente non sarà scalfita da queste tradizionali misure
di controtendenza. A farne le spese, saranno le altre sfere della produzione e
dei servizi, che si vedranno erodere quote di plusvalore, così com’è già
avvenuto nel recente passato a favore dei colossi dell’elettronica e della
grande distribuzione.
Per quanto riguarda l’Italia, è fuori dei grandi
giochi, non da oggi. I settori industriali della componentistica dovranno
adeguarsi, e lo faranno soprattutto a spese dei soliti noti, mentre i governi
che nel frattempo si succederanno faranno ciò che hanno sempre fatto, ossia
discutere di questioni “filosofiche”.