mercoledì 31 luglio 2019

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Oliviero Toscani può ispirare per diversi e giustificati motivi un’immediata e franca antipatia; tuttavia mi aspettavo di leggere, nei circuiti obbligati del "disappunto", almeno qualche cenno di protesta verbale per la sentenza che lo vede condannato per aver pronunciato, a riguardo della religione cristiana, delle considerazioni che fotografano nient’altro che la realtà di una favola arcaica. Troppo presi a inseguire falene.

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Come i gabbiani seguono i pescherecci, così certi giornalisti seguono il mucido. La sinistra più stupida del mondo porterà la Lega oltre il 40 per cento.

Praedica Verbum




Nel deserto attuale, i vari Cacciari, Ferrara, ecc., che si credono i più svegli del mazzo, vorrebbero usare il cristianesimo, segnatamente il cattolicesimo, a difesa di quei valori di cui si spendono tante parole. In mancanza d’altro, Cacciari vorrebbe “integrare” il “meticciato” sotto il segno della vergine Maria; gli altri vorrebbero, all’opposto e rosario alla mano, respingere tutto ciò che i loro occhietti non percepiscono di colore genuinamente bianco.

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Segnalo, al riguardo, l’intervista del prof. Massimo Cacciari all’Osservatore Romano, che lo presenta come “una sorta di Giovanni Battista inquieto e sempre pronto ad accendersi di una santa ira che non risparmia nessuno”. Cacciari individua nella Chiesa cattolica il “fertilizzante” che può ridare vigore all’Europa e farla uscire dalla sua crisi. A partire dai “professori di religione nelle scuole”, che devono “evidenziare senza chiacchiere, senza spiegazioni, il Verbum. […] Predicare il Verbo può avere, secondo me, effetti politici enormi ancora oggi come li ha avuti in passato. Questa parola indubitabilmente ha formato da due millenni l’Europa”.

Così parlò il Giovanni Battista della Laguna, il Sainte-Beuve di Porto Marghera. E fanculo milioni di persone che sono morte uccise e torturate in nome e per conto della Dei Verbum.

Qual è il risultato di questa crisi, e come si risponde ad essa?

“[…] oggi in regioni cattoliche come il Veneto nessuno più segue quello che gli dice Santa Romana Chiesa. Una forza politica può dare un’immagine di sé conservatrice, ma se la dà la Chiesa è spacciata. Alla riforma devi rispondere con la tua riforma, alla crisi rispondi con i santi, rispondi con San Francesco, con Sant’Ignazio, non puoi rispondere difendendo etiche e basta”.

Ciò che Cacciari non dice è che non crediamo più in un destino comune, e siamo al fallimento perché fallita è l’idea che sia possibile un cambiamento reale. Ma con le parabole evangeliche, pasti gratis e “positivo meticciamento” invocato da Cacciari come la strada da seguire, si resta in ginocchio, anzi, a novanta gradi

lunedì 29 luglio 2019

Ipocrisie



Ha destato ovvio clamore e indignazione la foto che ritrae l’indagato con la benda sugli occhi. Il carabiniere responsabile del fatto sarà, dicono, trasferito di sede. Così potrà beccarsi, secondo legge, l’indennità e la diaria di trasferimento. E le prossime volte eviterà le foto.

Non ricordo altrettanto clamore e indignazione quando ad essere sottoposti a pesantissime torture fisiche e finte fucilazioni erano altre persone; quando veniva dato il “colpo di grazia” a persone che si erano già arrese, come nel caso di Mara Cagol o di Prospero Gallinari (il quale sopravvisse menomato); quando si organizzavano premeditate stragi come nel caso di via Fracchia a Genova, o si sparava con il mitra alle spalle del ventenne Walter Alasia mentre tentava la fuga. Né mi pare ancor oggi vi sia generale indignazione per una forma di grave tortura fisica e psicologica, quella indotta dall’articolo 41 bis. Se eccepite che si tratta di casi relativi a terroristi e mafiosi, allora evitate di citare l’articolo tal dei tali della Costituzione solo quando vi torna comodo.


domenica 28 luglio 2019

Paranoie

Non ero spesso d’accordo su ciò che veniva detto nella trasmissione radiofonica I conti della belva, ma togliere spazio a chi contraddice la vulgata, alla fine dei conti torna sempre controproducente. E poi Giannino, diciamocelo, riesce pure simpatico.

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Il poeta (*) Anna Achmatova,

«attribuiva le sue disgrazie alla paranoia di Stalin. Quando me ne parlò a Oxford, aggiunse che a suo parere eravamo stati noi, lei e io, senza saperlo e per il semplice fatto di esserci incontrati, a provocare la guerra fredda e a cambiare così la storia dell’umanità. Proprio così, alla lettera: ne era assolutamente convinta, come testimonia Amanda Haight nel suo libro, e vedeva in se stessa e in me due personaggi della storia mondiale, scelti dal destino per dare inizio a un conflitto cosmico […].

Si parlò del suo viaggio in Italia, l’anno prima, per ricevere il premio Taormina. Al suo ritorno, mi raccontò, alcuni funzionari della polizia segreta sovietica erano andati a trovarla per chiederle le sue impressioni di Roma: aveva notato atteggiamenti antisovietici da parte di qualche scrittore, si era incontrata con fuoriusciti russi? Lei aveva risposto che Roma le era sembrata una città in cui il paganesimo era ancora in guerra col cristianesimo. “Di che guerra si tratta” le avevano chiesto. “C’entrano gli Stati Uniti?”» (Isaiah Berlin, Impressioni personali Adelphi, pp. 237-38).

(*) Anna detestava la parola “poetessa” (ibidem, p. 217).

Il primo uomo: un partenopeo, ovviamente


Sto leggendo un bel libro, scritto bene, cioè chiaro e concreto, utile a tutti ma doveroso per i ragazzi di ogni età. L’ha scritto Patrizia Caraveo, astronoma di fama e ottima divulgatrice, con il titolo Conquistati dalla Luna, pubblicato da Raffaello Cortina Editore, ben illustrato a colori.

Racconta, tra l’altro, di una gigantesca burla ordita da un giornalista del New York Sun nell’agosto del 1835. A idearla fu Richard Adams Locke, discendente del filosofo John Locke. Non ci si dovrà stupire, leggendo, di quanto credulone fosse il pubblico d'allora. Pensate a chi è dato credito oggi: agli economisti, agli omeopati e novax, agli psicanalisti, e perfino a chi nega l’allunaggio degli astronauti di ben sei missioni. Per tacere di ministri e tirapiedi dei media.

Parla anche del ruolo avuto da Pulcinella (proprio lui in carne e ossa) e dal direttore dell’Osservatorio di Capodimonte, Ernesto Capocci, il quale scrisse la Relazione del Primo viaggio alla Luna (1857), precursore di Verne. Tutto prese il via dalle osservazioni astronomiche che con il suo telescopio stava conducendo Sir John Herschel, napoletanizzato Ercel, lo scopritore di Urano, il terzo pianeta del sistema per diametro. Era una Napoli, anche culturalmente, molto diversa dall’attuale.

Insomma, se non v’è venuto il desiderio di leggerlo vuol dire che siete aridi di sentimento e di curiosità.

P.S. : con tutto il rispetto per John Herschel, va notato che la sorella, Caroline Herschel, come astronoma non fu da meno.

venerdì 26 luglio 2019

Un uomo eccezionalmente impermeabile


Da molto tempo mi ripromettevo di leggere una biografia di Marx scritta da un certo autore. Ho colmato la lacuna. Devo dire che da parte mia vi era un certo pregiudizio verso questo famoso e brillante pubblicista “old english” ma di origini lettoni. Nel leggere il suo lavoro m'accorgo che si tratta di un'opera imperdibile e che mi ha finalmente aperto gli occhi su Marx.  Darò conto in sintesi di un paio d’esempi che a mio avviso dimostrano il valore e l'onestà intellettuale con la quale l’autore in questione ha trattato l’argomento. Il primo, riguarda il carattere e l’indole di Marx, il secondo, il chiarimento di ciò che sta alla base dell’opera più importante di Marx.

Scrive l’autore che Marx

“rimase quasi del tutto indifferente davanti all’ambiente che lo circondava, vivendo racchiuso nel proprio mondo, in gran parte tedesco, che era costituito dalla sua famiglia da un gruppetto di amici intimi e di compagni di lotta politica.  Incontrò pochi inglesi, senza capirli e senza curarsi di loro né del loro modo di vivere. Era un uomo eccezionalmente impermeabile all’influenza dell’ambiente, vedeva quasi unicamente ciò che era stampato nei giornali o nei libri e fino alla morte fu relativamente ignaro del modo in cui la gente viveva attorno a lui o dello sfondo sociale e naturale di questo modo di vivere (p. 15).

È sufficiente citare il cap. 23 de Il Capitale, quasi interamente dedicato alla situazione della classe operaia in Inghilterra, segnatamente alla condizione di brutale sfruttamento, soprattutto riguardo i bambini e le donne, nelle fabbriche inglesi. Famosi i suoi dati ufficiali tratti dai “libri azzurri” redatti dagli ispettori di fabbrica inglesi. Marx descrive la situazione in Inghilterra dal 1846 al 1866 con riguardo agli “strati mal pagati della classe operaia industriale britannica”; “La popolazione nomade”; gli “Effetti delle crisi sulla parte meglio pagata della classe operaia”; “Il proletariato agricolo della Gran Bretagna e Irlanda”. Solo per citare.

Che Marx fosse poi in privato indifferente a ciò che vedeva intorno a lui è smentito, per esempio, dagli episodi che sono raccontati da Yvonne Kapp nella sua biografia di Eleanor, la figlia di Marx. Inoltre Marx abitò a lungo nel quartiere di Soho, perciò gli era impossibile, anche volendo, ignorare la situazione e dunque le condizioni generali di vita del proletariato e sottoproletario londinese. Erano, in effetti, le condizioni di stentata sopravvivenza alle quali era sottoposto lui stesso e la sua famiglia.

giovedì 25 luglio 2019

Ballons d'essai


Le applicazioni tecnologiche sono sempre state il fattore decisivo dello sviluppo delle forze produttive, ma negli ultimi decenni le innovazioni indotte dalla scienza e dalla tecnologia stanno creando le condizioni per una rivoluzione sociale e culturale di proporzioni inedite, tanto da rendere realistica e cogente la prospettiva di un’automazione totale delle produzioni fondamentali e dei processi correlati, salvo un piccolo numero di operazioni nell’agricoltura, nella pesca, nei servizi e in particolari attività industriali. E ciò spiega, tra l’altro, lo spostamento accelerato della forza-lavoro dai settori produttivi a quelli non produttivi e ai servizi.

Tale rivoluzione scientifica e tecnologica fa concreta la possibilità di sostituire l’antica divisione del lavoro con un’organizzazione cosciente di cooperazione umana, i cui termini ovviamente non possono essere decisi a priori e a tavolino, ma è evidente che si tratterebbe anzitutto di superare, per quanto possibile, il solco tra forze intellettuali di produzione e manodopera, tra attività fisiche e mentali, ove ciascuno e tutti possano affermarsi attraverso una capacità creativa. Eccetera.

mercoledì 24 luglio 2019

Che mestizia



Quest’anno cade il trentesimo del Muro. Finiva la guerra fredda e nasceva un mondo nuovo, almeno questo volevano farci credere.

Non che credessi fosse accaduto ieri, ma tale pensiero mi ha dato un po’ di vertigine e condotto a una riflessione assolutamente inedita e originale: cazzo, come passa il tempo! Del resto sono trascorsi quasi sessant’anni da quando i russi mandarono Gagarin nello spazio, evento che francamente non ricordo abbia suscitato allora in me alcuna emozione. Poi vennero i film russi del disgelo, trasmessi il lunedì sera dall’unico canale Rai. Grazie, Fiat.

Nikita Sergeevič Chruščëv aveva denunciato lo stalinismo, tolto Stalin dal mausoleo sulla Piazza Rossa, liquidato il GULag, ed era impegnato, scriveva l’Unità, a promuovere la coesistenza pacifica e l’apertura al mondo di un socialismo fatto di libertà e di nuove tecnologie, di progresso scientifico e di utilità collettive. Erano gli anni dei “non allineati”: Tito, Nasser, Zhou Enlai (anzi, Ciù En-lai), Nehru, Sukarno.

L’adolescenza pulsava e la Venier, un donnone che insegnava francese, si raccomandava di stringere le “e”. Non sapevamo come sarebbero andate le cose della vita, e sarebbero potute andare assai peggio, ingabbiati ognuno nella sua ridotta ideologica, a combattere una sfida con molte incognite. Ognuno conosce la somma delle conferme e delle sconfitte proprie. Dalla storia non si esce se non da morti.

Ora, invece, me ne sto qui davanti al televisore mentre dei cretini retribuiti annunciano un’intervista a tal Casaleggio.  


Bretton Woods e l'irrisolta contraddizione


Nel luglio di 75 anni fa, si concludeva la conferenza di Bretton Woods. I partecipanti, i rappresentanti delle potenze alleate ancora impegnati nelle fasi finali della guerra contro Germania e Giappone, erano perfettamente consapevoli che nelle loro deliberazioni era in gioco un nuovo ordine economico e la sopravvivenza del capitalismo. Infatti, quella conferenza avrebbe svolto un ruolo chiave nel gettare le basi per il ristabilimento dell'economia mondiale dopo la devastazione di due guerre mondiali e la Grande Depressione degli anni '30, aprendo così la strada per il boom postbellico (*).

Gli Stati Uniti, le cui capacità industriali erano cresciute nel corso della guerra a tal punto che nel 1945 rappresentavano circa il 35% della produzione mondiale, furono in grado di usare la loro forza economica per ricostruire il capitalismo mondiale. Non lo fecero per altruismo, ma perché la stabilizzazione del capitalismo in Europa e in Asia si adattava agli interessi americani. Se l’Europa e il resto del mondo fossero stati riportati alle condizioni degli anni Trenta, l'economia americana, dipendente dall'espansione del mercato mondiale, avrebbe dovuto affrontare un disastro anche più grave di quello vissuto nel decennio precedente.

martedì 23 luglio 2019

Il sosia di Salvini



L’ho già detto, abbiamo la sinistra più stupida del mondo e per quanto riguarda il PD s’è già detto fin troppo e non è il caso di soffermarci nei pressi di un cadavere in putrefazione, specie con questo caldo. Ciò vale anche per il Movimento cinque stelle che ancora morto non è ma mostra evidenti segni di decomposizione. Lo stato di grazia è finito, le prossime elezioni politiche confermeranno. Fedeli al M5S resteranno coloro che prendono strade secondarie per non versare oboli al concessionario autostradale Benettón.

Quindi la Lega, che è al momento l’unico partito capace di vita propria. Pertanto non chiediamoci perché continui a raggranellare consensi. Che Salvini non sia un nuovo Mussolini (la cabarettistica vicenda russa ne è una conferma) ma anzi un uccelletto di passo, l’hanno capito tutti tranne gli orfani naturali della sinistra di cui sopra che pensano sia un serial killer di migranti. Possono convincersi di aver ragione e sfinirsi di vignette e twitter, ma la realtà è questa e il rischio di tanto movimento è quello, com’è noto, di diventare ciechi.

Veniamo dunque al concreto, e cioè all’autonomia amministrativa chiesta da Lombardia e Veneto.  Della Lombardia non ho il “polso”, ma credo di avere quello della situazione in Veneto. Come ho già scritto di recente, al Veneto l’autonomia amministrativa concessa da Roma non basta. Sarà un primo passo per ottenere di più, ossia un’autonomia completa (sarà mantenuta la bandiera, a latere di quella veneta). Sarà una lunga marcia, ma da queste parti sanno essere testardamente pragmatici e pazienti.

Nonostante Zaia faccia mostra di puntare i piedi, porterà a casa quel che gli viene offerto, se ci sarà qualcosa da portare a casa in questa legislatura. E qui sta il punto vero di tutto il bailamme. Salvini più che le comiche russe deve temere le baruffe venete. Sa bene che deve stare molto attento, poiché il Veneto già una volta ha girato le spalle alla Lega e comunque di Salvini si fa presto a trovare un sosia.


lunedì 22 luglio 2019

La peculiare istituzione


Quando leggo un saggio di politologi anglosassoni, mi si presenta alla mente un’immagine stereotipata (ma non troppo), dove l’autore, in piedi o seduto, ha un grosso bicchiere di cristallo in mano dove galleggiano, in un liquido ambrato che promette delizia, dei cubetti di ghiaccio. Altri, con lo stesso bicchiere, sorseggiano e chiacchierano accanto a lui. Sono tutti maschi, bianchi, elegantemente casual, istruiti, pragmatici, alcuni alteri e altri affabili (per quanto lo consenta il PhD). Un tempo fumavano tabacco odoroso con la pipa, o lunghi sigari. Ora non usa più. Di che cosa parlano quando non esprimono giudizi taglienti sul collega assente o non elogiano se stessi? Parlano per aforismi, apotegmi e altre citazioni di piccoli e grandi autori di cui hanno letto le opere o anche solo annusate. Costruiscono paludate simmetrie e asimmetrie tra un autore e l’altro, ma la loro specialità consiste nel tracciare analogie tra il presente e le epoche antecedenti, certi che “la prova di una buona teoria è data dalla sua capacità di spiegare il passato, perché solo in tal caso possiamo fidarci su ciò che può dirci sul futuro” [*].

Peccato che omettano di evocare nelle loro concettose e indubbiamente accattivanti ricostruzioni i maledetti rapporti sociali, segnatamente quei rapporti che stanno alla base di ogni società, ossia quelli di produzione. Come se le società storiche vivessero sospese in un iperuranio fatto di rapporti eminentemente politici, militari, religiosi e tra le élite, come se già Don Chisciotte – per citare Marx ­– non avesse scontato l'errore di ritenere la cavalleria errante egualmente compatibile con tutte le forme economiche della società.

A proposito di citazioni marxiane, non c’è uno di questi gentleman che non si prenda la libertà di trattare Marx come una delle loro stesse maschere. Pensano che Marx facesse lo stesso uso che loro fanno abitualmente delle citazioni tratte da un autore: smozzicate frasi raccolte dai più variegati contesti per dimostrare questa o quella tesi che torna comoda in quel momento ma che potrebbe trovare interpretazione opposta anche solo la sera dopo per un diverso auditorio.

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domenica 21 luglio 2019

Riflessioni lunatiche


I primi successi spaziali sovietici, a cominciare dal lancio dello Sputnik nel 1957 e culminati nel primo uomo nello spazio, Gagarin, nel 1961, furono visti dagli Usa come una minaccia mortale. I missili che potevano mettere in orbita i satelliti avrebbero potuto trasportare armi atomiche. Questo timore reale era presente non solo presso l’opinione pubblica. Ricordiamo che Kennedy fece una campagna per la presidenza, nel 1960, basata sul "divario missilistico" con l'Unione Sovietica.

Kennedy e il suo vicepresidente, Lyndon Johnson, che ha continuato il programma spaziale dopo il 22 novembre 1963, erano interessati esclusivamente ai benefici politici e strategici della sfida spaziale con l'URSS. La Luna era una priorità per ragioni di pura supremazia, non avendo nulla a che fare con il carattere storico dello sforzo o il suo significato scientifico. Nel post precedente ho riportato in tal senso le parole inequivocabili di Kennedy.

Il paradosso del programma Apollo fu che lo stesso imperativo politico che lo aveva lanciato – il conflitto della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica – creò le condizioni per la sua fine. Gli enormi risultati tecnologici furono continuamente subordinati agli scopi della guerra e della distruzione.

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venerdì 19 luglio 2019

20 luglio 1969: un'impresa incredibile


È noto che non fu una questione di sovranità, vuota, esercitata dall’Inghilterra sugli ampi territori americani il motivo che portò allo scontro con i propri coloni. Finché si trattò di coloni che trovavano un vantaggio evidente nella coltivazione della terra, essi accettarono di sottostare alla madrepatria, ma quando con il normale progresso della società una parte consistente del capitale fu impiegato nella manifattura, il monopolio inglese diventò insostenibile.

Ci volle la miopia del ministro delle finanze inglese George Grenville (1712-1770) per provocare il casus belli che portò alla guerra e alla dichiarazione d’indipendenza: l’Inghilterra non si accontentò di ottenere i normali vantaggi che le derivavano dal commercio in esclusiva, ma volle anche il ricavato delle entrate delle pubbliche imposte nordamericane.

Uno dei principi supremi della Costituzione inglese, alias l'insieme delle leggi e dei principi attraverso cui il Regno Unito era governato, prescriveva che nessun inglese poteva essere obbligato a pagare delle tasse imposte da persone che non fossero i suoi personali rappresentanti. Che gli abitanti delle colonie fossero inglesi, non lo metteva in dubbio nessuno, ma essi non avevano alcun rappresentante nel Parlamento di Londra, dunque Londra non aveva alcun titolo per esercitare il diritto di tassazione sui coloni. Principio discutibile quanto si vuole, ma anche il diritto di sovranità su una colonia è contraddistinto da una natura assai originale che è pericoloso indagare.

Ciò che poi ed infine fece vincere la guerra agli indipendentisti americani fu il tempestivo arrivo della flotta francese al largo di Yorktown, fatto che costrinse i britannici alla capitolazione. Dopodiché gli yankee abbandonarono il loro alleato per negoziare un accordo con gli emissari del nemico, estendendo i confini a ovest del fiume Mississipi [1].

giovedì 18 luglio 2019

Un’operazione ideologica



La foto del ragazzino che porta con sé dei libri sotto gli occhi dei poliziotti sembra sia stata scattata da Cecilia Fabiano. Quel ragazzino, del quale con troppa noncuranza è stato pubblicato nome e cognome, viene simpatico non solo per i libri che tiene in mano, ma per come viene guardato dalla poliziotta. Ha nessuna importanza se quella foto sia stata “suggerita”, il valore di quella foto è dato dal fatto che essa sia verosimile, così come la celeberrima foto del legionario scattata a Cerro Muriano e attribuita a Robert Capa, sulla cui “spontaneità” sono stati avanzati più volte dei dubbi.

Nessuno può dire se un giorno a quel ragazzino, diventato adulto, verrà assegnato il premio Nobel per qualche suo merito e talento. Ciò che conterà davvero è che quel ragazzino, diventato adulto, arrivi a essere un brav’uomo, nel senso più genuino del termine, dunque non una persona che vive d’espedienti, respinta e in una condizione di discriminazione.

Non è con la propaganda dei buoni sentimenti pelosi, né tantomeno con gli atti di forza, che si affronta il problema dei rom e sinti che vivono ai margini della società. In generale la loro posizione e condizione costituisce indubbiamente un problema sociale, e non solo nei periodi di crisi, e chi lo nega fa solo un’operazione ideologica e strumentale al pari di Salvini che ne fa una di segno opposto per acchiappare facile consenso.

mercoledì 17 luglio 2019

Il viaggio segreto




Spesso si tende a dimenticare che gli uomini d’inflessibile energia cerebrale, di ambizione incoercibile, sono soggetti alla stessa legge degli altri uomini, e che dopo aver raggiunto il successo e i relativi vantaggi tendono a perdere inevitabilmente energia e volontà d’azione, sospirando altro che le gioie del compiacimento e del riposo.

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Subito dopo la campagna di Russia (*), Napoleone poteva contare ancora su 110.000 soldati e 30.000 cavalleggeri. Da Mosca aveva ordinato lui stesso la leva di nuove “coorti” che gli avevano già reso 80.000 uomini. Aveva ordinato la leva straordinaria di 137.000 uomini e stava progettando una leva finale che gli avrebbe fornito sulla carta un nuovo esercito di 650.000. Aveva ancora copiose guarnigioni nelle fortezze della Vistola, dell’Elba e dell’Oder, la cui forza era intatta. Ma le sue truppe erano inesperte o esauste, i quadri intermedi dissolti, i suoi generali satolli di titoli e onorificenze, insomma riluttanti, l’equipaggiamento difettoso. Del resto non si era mai preso cura di migliorare l’armamento: il fucile in dotazione era ancora quello del 1777, l’artiglieria non la più moderna.

Delle centinaia di biografie dedicate a Bonaparte, quasi nessuna racconta il rocambolesco rientro dell’Imperatore da Mosca a Parigi (**). I dettagli di questo viaggio segreto sono stati conservati nelle memorie di Caulaincourt, duca di Vicenza (***). Questi, essendo stato ambasciatore in Russia e avendo goduto dell’intimità dello zar Alessandro, conosceva bene sia l’animo russo che le minacce del clima locale. Più di una volta aveva messo in guardia Napoleone contro questo pericolo durante la campagna di Russia. È noto che Napoleone si fecce beffe di tali raccomandazioni e arrivato al Cremlino nel settembre del 1812, trovando che gli orologi ticchettavano ancora tranquillamente e il clima mite, si volse a Caulaincourt in tono canzonatorio: “Ebbene, signor duca, che ne è del vostro clima russo? È mite come un giorno di settembre a Fontainebleau”.

martedì 16 luglio 2019

Non è popolare dirlo


Nel suo editoriale di ieri, Il doppio volto del Paese, il prof. Ernesto Galli della Loggia chiudeva così:

E’ per l’appunto questa incapacità di pensare per il Mezzogiorno una qualunque prospettiva di rinascita — che peraltro i 5Stelle condividono con l’intero ceto politico nazionale e locale — unitamente alla rassegnazione che sembra essersi impadronita della grande massa degli elettori meridionali, sono questi due fattori che non solo spiegano ma in certo senso giustificano il progetto dell’«autonomia rafforzata» portata avanti da alcune regioni del Nord. […] Un progetto dal significato schiettamente separatista (magari, si può anche crederlo, contro le intenzioni dei suoi stessi promotori) il quale non potrà che aggravare la crisi di quell’idea d’Italia unita che a tanti di noi è ancora cara.

Eh no, non si può credere che tale progetto sia contro le intenzioni dei suoi stessi promotori. I suoi promotori vorrebbero, se potessero, spingersi ben oltre il progetto dell’«autonomia rafforzata», vorrebbero insomma far parte dell’Europa migliore e non della fascia dei Tropici. E non mi riferisco a “frange estremiste” della Lega o della Liga Veneta, ma a un comune sentire. Scrive Galli che in tal senso è “eloquente il comune degrado ambientale, il comune e capillare strapotere della delinquenza, la comune latitanza e incapacità delle amministrazioni locali e infine la tragica mancanza di prospettive” che vede sullo stesso piano Roma e gran parte del Mezzogiorno. Dimentica Galli, o meglio omette di dire, che non si tratta solo di “rassegnazione della grande massa degli elettori meridionali”, ma proprio di insipienza e menefreghismo della stragrande maggioranza dei suoi abitanti per tutto ciò che li affligge. Non è popolare dirlo, ma va detto.

domenica 14 luglio 2019

Un mondo di splendidi tutti



Scrive Norma Rangeri sul suo giornale, il Manifesto:

Grillo, Di Maio e company non sanno che farsene della carta stampata, andare in edicola è una vecchia usanza che non capiscono. Anzi, se tutto il settore soffre di una crisi da malato terminale, se siamo un paese avvelenato da potentati e concentrazioni editoriali, se la società ha un tasso di analfabetismo spaventoso, loro sono tranquilli, indifferenti. Li avete mai sentiti parlare di un libro, anche per sbaglio, in televisione?

In questo paese spaventosamente analfabeta e ventriloquo c’è più gente che firma e presenta libri di quella che li legge effettivamente. Non c’è nessuno che non abbia un manoscritto nel cassetto. E per quanto riguarda chi i libri li compra e magari li legge, c’è da chiedersi chi sia oggi il lettore medio e che cosa legga.

Fatta questa premessa, è del tutto naturale che un paese inchiodato alla propria ignoranza, incline all’ingiuria gratuita, all’agitazione rabbiosa e alla genuflessione tartufesca, si senta attratto verso forme di qualunquismo cialtrone e accarezzi nostalgie fasciste, esplicite o dissimulate.

Non c’è più niente da ridere pur essendo difficile rimanere seri quando vedi ministri in mutande, ma ciò vale anche per le grandi scimmie mediatiche con la toga di pubblici ministeri, per i saccenti economisti e politologi che prevedono tutto col senno di poi. Non credono in nulla se non nel potere della propria immagine, nell’adulazione e ovviamente nei soldi. In fondo quel mondo di tenie non è diverso dalla politica e la politica non è diversa da quelli che la votano.


L’hanno dimenticato



Sono immigrati clandestini, si fanno chiamare gilets noirs, un paio di giorni or sono circa 700 di loro hanno occupato il Pantheon a Parigi.

“Denunciamo un sistema che crea migranti privi di documenti e promettiamo di rimanere nel Pantheon”, hanno detto, “jusqu’à ce que le dernier d’entre nous ait des papiers et pour que celles et ceux qui viendront après aient la liberté de rester”. Dunque non chiedono solo regolarizzazione per loro, ma anche per coloro che arriveranno dopo di loro. Del resto, se Parigi ha concesso la cittadinanza onoraria a Carola Rackete, perché non concedere almeno quella ordinaria a loro?

La polizia li ha caricati e ne ha arrestati a decine. “La France est un État de droit”, ha detto il primo ministro Edouard Philippe. Mica come l’Italia.

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Lo stesso giorno, in tutti gli Stati Uniti, vi sono state dimostrazioni in occasione della “Light for liberty”. Contro l'amministrazione Trump e con l'obiettivo di porre fine alla detenzione di immigrati, il cui trattamento è disciplinato dall'Accordo di Flores. Medici e avvocati hanno visitato questi centri. Una di questi, Elizabeth McLaughlin, ha dichiarato: ““We spoke for about an hour and it was really upsetting. She saw babies that were listeless and unresponsive. She saw teenage mothers who had gotten no medical attention, and a preemie baby born in Mexico who had not been given any medical attention and was in a dirty onesie”.

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Assistiamo a una guerra tra chi è a favore e chi è contro l’immigrazione, tra chi vorrebbe regolarla ma non sa come, o s’illude di poterlo fare, e chi invece vorrebbe impedirla con muri e misure di polizia. Lo squilibrio tra lo sviluppo di alcuni paesi e il sottosviluppo di molti altri è stato troppo a lungo trascurato. Del resto lo squilibrio è nella logica degli Stati nazionali e nelle leggi del sistema economico capitalistico: non c’è capitalismo senza squilibrio, poiché esso è alla base del suo modo di svilupparsi. L’ha messo in luce Marx, molti l’hanno dimenticato. E non c’è riformismo che tenga.


sabato 13 luglio 2019

Schiavisti di tutto il mondo, unitevi


C'è ancora chi ragiona con la propria testa, o almeno ci prova, e non con quella di Mantellini & C. Sedersi a tavola e almeno ogni tanto chiedersi: ma chi cazzo ha prodotto questo bendidio e in quali condizioni? E invece la fotina con Macbook e l'articolo di Internazionale, altre foto di un mondo asettico e idilliaco, e ancora altre supercazzole a corredo. Il mondo dei clienti di Repubblica, il giornale della sinistra politica più intelligente del mondo.


giovedì 11 luglio 2019

La grande migrazione non è metaforica




In Nigeria (il paese africano più popolato) nel 2014 il tasso di natalità era di 5,6 figli per donna (6,5 nel 1990). Di questo passo, la popolazione nigeriana passerà dai 183 milioni del 2015 ai 410 del 2050. La Nigeria sarà il terzo paese più popolato dopo Cina e India. Tendenza attuale: i migranti arrivati in Italia nella prima metà del 2017 erano soprattutto nigeriani (17 per cento). Non credo che verranno in Italia e in Europa per un paio di mesi a raccogliere mirtilli e altri frutti di bosco.

Una donna africana ha in media 4,7 figli, contro una media europea di 1,6. Gli africani sono il 17 per cento della popolazione mondiale. Con i tassi di crescita attuali in ottant’anni gli africani saranno il 48 per cento della popolazione mondiale.

Questi problemi vanno affrontati da un punto di vista realistico, statistico e demografico, non emotivo e metaforico, che è l'atteggiamento tipico delle anime belle.

martedì 9 luglio 2019

Lo sa anche Cacciari


«[…] tutti sanno che soltanto per il Lombardo-Veneto per tenere insieme i nostri servizi e la nostra economia da qui al 2020 saranno necessarie 70mila persone. Lo sanno tutti quelli che conoscono le cose, lo sa anche Salvini».

Così parlò il professor Massimo Cacciari, per l’ennesima volta. Non so che cosa sappia in sproposito il ministro Salvini. Quello che vedono e sanno i veneti è questo:

1. può essere benissimo che da qui all’anno prossimo servano 70mila persone per tenere insieme i nostri “servizi”, ma si tratta d’ingegneri, tecnici specializzati, medici, infermieri professionali, eccetera;

2. ci sono già centinaia di migliaia d’immigrati che ricoprono generalmente qualifiche e mansioni più basse: tutta gente onesta, che lavora sodo e spesso per quattro schèi. Anche il mercato di questa forza-lavoro è ormai saturo (i campanelli alle reception delle aziende suonano in continuazione). Poi ce ne sono decine di migliaia, quasi tutti “irregolari”, cioè clandestini, che non si sa bene che cosa facciano (dico così per brevità).

All’uopo, invito il professor Cacciari, quando si trova dalle nostre parti, a farsi un giro per via Piave a Mestre, o all’Arcella a Padova, ecc. ecc.. E visto che quegli spacciatori, ladri, prosseneti, biscazzieri, non ce li possiamo togliere dalle scatole, suggerisca, per una volta almeno, che cosa farne in concreto.

In attesa di cortese riscontro, i veneti, nella loro maggioranza, sanno per chi votare. Sarebbero disposti a votare anche per Belzebù in persona. Lo sa anche Cacciari.

Lezioncine tratte dalla vicenda del signor Alonso Quijano



In una nota alla fine del primo capitolo del Capitale, l'autore osserva:

«Colgo l'occasione per confutare brevemente l'obiezione che mi è stata fatta da un foglio tedesco-americano quando è apparso il mio scritto Zur Kritik der politischen Oekonomie, 1859. Essa diceva che la mia opinione che un modo di produzione determinato, e i rapporti di produzione che ogni volta gli corrispondono, in breve "che la struttura economica della società è la base reale su cui si eleva una sovrastruttura giuridica e politica, alla quale corrispondono forme di coscienza sociale determinate", che "il modo di produzione della vita materiale [materiell] sia in genere condizione del processo politico e spirituale della vita" – che tutto questo sia certamente esatto per il mondo d'oggi dove dominano gli interessi materiali, ma che non lo sia né per il medioevo, dove domina il cattolicesimo, né per Atene e Roma, dove domina la politica. In primo luogo ci si stupisce che a qualcuno piaccia presupporre che siano ancora persone all'oscuro di questi luoghi comuni, a tutti ben noti, sul medioevo e sul mondo antico. Chiaro è che né il medioevo poteva vivere del cattolicesimo né il mondo antico della politica. Le modalità in cui essi si procuravano da vivere spiegano viceversa perché era lì la politica, qui il cattolicesimo, a giocare il ruolo  principale. Basta del resto anche poca dimestichezza per esempio con la storia della Roma repubblicana per sapere che la storia della proprietà fondiaria ne costituisce la storia arcana. D'altra parte già Don Chisciotte ha scontato l'errore di ritenere la cavalleria errante egualmente compatibile con tutte le forme economiche della società» (MEOC, XXXI, p. 93).

lunedì 8 luglio 2019

Un gelo che nessun sole poteva sciogliere



A proposito di cambiamenti climatici, rectius, di effetto serra, non va dimenticato che anche in passato non se la passavano troppo bene, anche se a causa dell’effetto climatico opposto, cioè per il freddo intensissimo, e ciò in epoche dove le carestie falcidiavano e le possibilità di riscaldarsi non erano certo quelle odierne.

*

La fitta nebbia che impedì al capitano Forbes di lasciare Harwich con la nave Erebus per portare lord Castlereagh sul continente, fu “the prelude to great frost of 1813-1814 winch attained such intensity that sheep were roasted upon the surface of the River Thames” (Harold Nicolson, The Congress of Vienna, Constable & Co., London, 1946, p. 63).

E quel “great frost of 1813-1814” fu a sua volta il preludio di ciò che accadde nel 1816 in Europa a seguito dell’eruzione del Tambora, quando nevicò e ghiacciò anche in piena estate. In Gran Bretagna e in Francia vi furono rivolte per il cibo e i magazzini di grano vennero saccheggiati. Per questo motivo in Svizzera il governo fu costretto a dichiarare un'emergenza nazionale.

Sempre lord Castlereagh [*], ministro degli esteri britannico, nel suo viaggio per raggiungere Basilea, ebbe a scrivere a sua moglie il 15 gennaio 1814: “Carissima Emma, io e Robinson [**], abbiamo visto poco più dei quattro vetri della carrozza coperti da un gelo che nessun sole potrebbe sciogliere [no sun could dissolve], cosicché siamo stati davvero prigionieri per giorni e notti in una casa di ghiaccio, da cui venivamo occasionalmente spostati in una sudicia stanza annerita che puzza di fumo di tabacco o di qualcosa di peggio”.

[*] Robert Stewart Castlereagh fu il principale diplomatico britannico al Congresso di Vienna. Scrisse ampiamente il trattato di Chaumont sul quale si basarono poi le determinazioni del congresso di Vienna. Il trattato di Chaumont, anche se non entrò in vigore perché respinto da Napoleone, un uomo che da tempo aveva perso il senso della realtà, divenne la pietra angolare dell'alleanza europea che costituì l'equilibrio del potere per decenni. Castlereagh fu anche leader della Camera dei Comuni britannica nel governo di lord Liverpool dal 1812 fino al suo suicidio (1822).

[**] Frederick John Robinson, primo conte di Ripon fino al 1827 e conosciuto come visconte Goderich, fu nominato da Castlereagh sottosegretario presso l'Ufficio di Guerra nel maggio 1809. Quando Castlereagh si dimise, Robinson si dimise a sua volta. Nel giugno del 1810 accettò l'incarico di membro del consiglio dell'Ammiragliato. Nel 1814 Robinson sposò lady Sarah Albinia Louisa Hobart (1793-1867), figlia del IV conte di Buckinghamshire e cugina di primo grado alla moglie di Castlereagh. In seguito Robinson divenne cancelliere dello Scacchiere e poi premier.


domenica 7 luglio 2019

Non vogliono sentire che i loro giorni sono contati


Bosch ha registrato oltre 47 miliardi di euro di vendite solo lo scorso anno e impiega 237.000 persone in tutto il mondo. Con le auto elettriche basterà un singolo dipendente ogni dieci, poiché i motori elettrici sono costituiti da meno elementi rispetto a quelli a combustione interna e la loro produzione è molto più semplice. L'industria più importante della Germania non è l'unica ad affrontare enormi sconvolgimenti, la digitalizzazione sta già rendendo certe attività superflue in tutta l'economia. Questo scrive anche la FAZ.

Ford sta eliminando 5400 posti di lavoro, Volkswagen 7000, il gruppo di prodotti chimici BASF 3000, Bayer, Siemens, Thyssenkrupp e ora anche Deutsche Bank progettano tagli di posti di lavoro. Questa tendenza assume sempre maggiore velocità. La tendenza del saggio di profitto al declino deriva inesorabilmente dallo sviluppo delle forze produttive. Sebbene la teoria del valore di Marx sia contestata da qualche buontempone, tipo Toni Negri che a suo tempo ha teorizzato di “trarre valore dalla circolazione”, ogni capitalista comprende che la redditività dipende dal lavoro non pagato ai propri schiavi. 

giovedì 4 luglio 2019

Oltre Marx, in fondo a destra


Può sembrare paradossale, ma lo sdoganamento della destra nazional-populista deve di più alla crisi del riformismo e a quella di una certa “sinistra” che non all’avvento del berlusconismo, poiché data, per quanto riguarda l’Italia, ancor prima della famosa “discesa in campo”. Del resto come non ricordare, per citare un esempio molto noto, l’Eugenio Scalfari che faceva “la barba al profeta”, dando una mano non certo involontaria al trionfante craxismo? E che il craxismo sia stato per molti motivi l’antesignano del berlusconismo non è cosa nuova a sapersi, e non solo perché tolse falce e martello dal proprio simbolo e si fece promotore del “socialismo tricolore”. Non vi fu in quegli anni esponente politico di primo piano più anticomunista di Craxi, al quale successe appunto Berlusconi. Così come non vi fu corrente culturale più antimarxista di quella proveniente da certa nuova sinistra sessantottina e postmoderna che giudicava totalitario Marx e apriva a Nietzsche, Heidegger, Wittgenstein, Carl Schmitt, Ernst Jünger e persino a Evola (come riescano a leggerlo resterà per me un mistero).

mercoledì 3 luglio 2019

Regressi


La massa dei proletari può sopravvivere e riprodursi solo lavorando in cambio di un salario, oppure non lavorando e mantenendosi con sussidi statali o con espedienti illegali di vario genere.

L’avvento delle nuove tecnologie e il perfezionamento delle tecniche di produzione, ossia l’aumentata produttività del lavoro, comporta una riduzione massiccia della domanda di forza-lavoro in quasi tutti i settori della produzione e in seguito anche nei più diversi settori dei servizi. Non si assiste solo a un incremento del tradizionale esercito industriale di riserva, ma il fenomeno riguarda una disoccupazione cronica di massa che solo certe misure, quali la riduzione dell’orario di lavoro, riescono a mitigare temporaneamente.

Per quanto riguarda i sussidi statali e altre forme di welfare, essi vanno a gravare sempre più sul debito pubblico statale e tendono a erodere, attraverso l’imposizione fiscale, quote sempre maggiori di plusvalore, a danno soprattutto degli operatori economici più piccoli e che meno si possono difendere da tali “attacchi” trasferendo le proprie sedi fiscali nei “paradisi”, oppure rincarando il prezzo delle proprie merci e servizi.