lunedì 30 novembre 2020

Bestie!

 

Poco fa stavo leggendo dei commenti in un blog e ho esclamato: oddio, siamo ancora alla diatriba tra pensiero e linguaggio. All’assioma banale che “il pensiero non è possibile se non in forma di linguaggio”. Bestie! La coscienza, tratto specificatamente umano, dove cazzo l’avete dimenticata?

Né i pensieri né il linguaggio formano di per sé un proprio regno, essi sono soltanto la manifestazione della vita reale. Ma senza coscienza, il linguaggio e il pensiero restano a livello del branco.

Dov’è finita la coscienza reale, quella praticata da ciascuno di noi? Il bisogno di stabilire rapporti con individui della collettività, i soli che spingono all’appropriazione ed al perfezionamento di questo strumento, il linguaggio; ed il suo grado di appropriazione e di perfezionamento definisce, insieme alle possibilità reali, anche gli orizzonti e le forme possibili della coscienza reale, pratica, di ciascuno e di tutti.

Al grado zero c’è la coscienza del gregge, niente più che un istinto cosciente, una coscienza puramente animale della natura.

Gli individui appropriandosi del linguaggio si mettono in grado di agire e moltiplicare i loro rapporti entro la formazione sociale e con la natura circostante, e per questa via si allontanano sempre più dalla loro animalità originaria. Oppure vogliamo rimanere alla disputa trita e ritrita se viene prima la maionese e poi la gallina, e viceversa?

Rapporti sociali, dicevo, che denotano un processo che non si dà nel regno animale, un processo essenzialmente umano. La specificità del linguaggio umano consiste nell’essere una forma fondamentale dell’attività umana: attività verbale di pensiero che produce informazione extra-genetica in forma materiale di segno per soddisfare un bisogno essenziale del collettivo: la produzione di quei soliti stramaledetti rapporti sociali. 



Bandierine e pagelline


Continuiamo a piantare le nostre bandierine, ognuno convinto della bontà delle proprie tesi, incuranti della tragedia umana, sociale ed economica. Anche e soprattutto da parte di chi dice di prendersi tanta cura, tanto interesse per i morti di quest’epidemia virale.

Come si fa a confrontare il conto dei morti, quando sappiamo, ed è cosa certa (tempo al tempo), che si tratta di modalità di conteggio anche molto diverse tra paese e paese? Come si fa a confrontare, per milione di abitanti, il numero dei morti della Norvegia con quelli dell’Italia se non per mera curiosità statistica?

E invece sulla base di questi raffronti si vogliono distribuire (sottointendere) pagelle.

La Norvegia ha una popolazione di 5.367.580 (metà della Lombardia) e una densità di 13,93 ab./km2, con la capitale Oslo di 673.469 abitanti, con una densità di 1.483,41 ab./km2; l’Italia conta 60milioni di abitanti con una densità di 199,70 ab./km2; la sola Milano città registra 1.400.000 ab. e una densità di 7.658,58 ab./km2, oltre 5 volte quella di Oslo.

Per non parlare dei diversi flussi di popolazione che va e viene dall’estero, che in materia di pandemia vorrà pur dire qualcosa. Un conto è praticare il lockdown in una situazione di piccole cittadine e villaggi sparsi e distanti l’un l’altro, altra faccenda quando si tratta di aree metropolitane come quelle di Milano, Torino, Napoli, eccetera.

Se raffrontassimo la stima del numero dei morti per 1000 abitanti della grande pestilenza della metà del XIV secolo tra l’Italia e i paesi scandinavi? Improponibile allora così com’è improponibile oggi con la sindrome virale odierna.

Continuiamo a fare raffronti improbabili, illogici, stupidi. 


 

domenica 29 novembre 2020

Engels: scienziato e rivoluzionario



Oltre centocinquant’anni anni dopo, il lavoro di Marx ed Engels ha una rilevanza contemporanea bruciante. Erano molto più lungimiranti degli innumerevoli accademici che hanno riempito intere biblioteche con le loro tentate confutazioni del marxismo.

Mercati finanziari totalmente fuori controllo; guerre commerciali che minacciano di sfociare in una terza guerra mondiale; la distruzione d’intere regioni del mondo da brutali guerre neocoloniali; la progressiva disintegrazione della democrazia nel più importante paese capitalista, gli Stati Uniti (cui segue quella nei paesi europei); una catastrofe ambientale incombente e irreversibile; un livello di disuguaglianza sociale tale che 26 individui possiedono la stessa ricchezza della metà più povera della popolazione globale: tutto ciò conferma che la società borghese, come scrissero Marx ed Engels nel Manifesto del Partito comunista nel 1848, rassomiglia al mago che non riesce più a dominare le potenze degli inferi da lui evocate.

Ciò che distingueva Marx ed Engels da tutti i precedenti socialisti, democratici piccolo-borghesi e altri critici laterali del sistema borghese fu l’intuizione che solo superando la divisione della società in classi si poteva impedire una ricaduta nella barbarie e porre le basi per un diverso sviluppo della civiltà e della cultura umana. E ciò poteva avvenire solo soppiantando per via rivoluzionaria la società borghese.

venerdì 27 novembre 2020

Friedrich Engels, violinista eccelso

 

Suggerisco la lettura dell’articolo dell’ottimo Marcello Musto in occasione del 200° anniversario, che cade domani, della nascita Friedrich Engels, senza il quale non avremmo avuto il Marx che conosciamo.

Pur apprezzando l’articolo, mi sento in disaccordo con Marcello Musto riguardo al suo giudizio, che considero abbastanza tranchant, secondo cui “il metodo dialettico utilizzato da Engels possa aver semplificato e ridotto la complessità teorica e metodologica di Marx”. Spiace dirlo per lAutore di eccellenti lavori, però mi pare un giudizio che ricalca certi insistiti e frettolosi stereotipi.

giovedì 26 novembre 2020

Campioni di cattiva coscienza








Chi arricchisce e chi impoverisce

 

Martedì, il Dow Jones Industrial Average ha raggiunto il record di 30.000 punti, con un aumento di quasi il 70% da marzo. La ricchezza di 650 miliardari statunitensi si è avvicinata a un totale di 4.000 miliardi di dollari, con 1.000 miliardi di crescita da marzo 2020.

Dieci miliardari hanno un patrimonio complessivo di 433 miliardi di dollari e hanno visto aumentare la loro ricchezza di 127 miliardi dall’inizio della pandemia a metà marzo, un aumento del 42%. Questi dieci sono: Jeff Bezos (Amazon), Alice, Rob e Jim Walton (Walmart), Apoorva Mehta (Instacart), John Tyson (Tyson Foods), Stephen Schwarzman (Blackstone), Henry Kravis e George Roberts (KKR) e Steve Feinberg (Cerbero).

La ricchezza di Elon Musk è cresciuta di oltre 100 miliardi dall’inizio della pandemia, da 24,6 miliardi il 18 marzo a 126 miliardi il 24 novembre, con un aumento del 413%, grazie alle sue azioni Tesla (più del PIL del Kenya, oltre 40 mil. ab.). Il suo patrimonio ora supera quello di Bill Gates di Microsoft.

La ricchezza di Jeff Bezos è cresciuta di quasi 70 miliardi, da 113 miliardi il 18 marzo a 182,4 miliardi.

Dan Gilbert, presidente di Quicken Loans, ha visto la sua ricchezza salire a oltre 37 miliardi, da 6,5 miliardi a marzo a 43,9 miliardi il 24 novembre 2020, con un aumento del 575%.

Secondo la Federal Reserve, la distribuzione di 112 trilioni di ricchezza privata totale negli Stati Unit nel secondo trimestre era questa: l’1% più ricco possiede 34,23 trilioni; il 9 per cento ha 43,09 trilioni, la fascia tra il 50-90 per cento si divide il 32,65 trilioni; e il 50% più povero si arrangia con 2,08 trilioni.

L’impennata dei mercati è guidata dall’ampio e senza precedenti intervento della Federal Reserve, che ha garantito che non mancherà di foraggiare il mercato, cioè la sala slot del capitalismo, perché non ci sia alcun calo dei corsi azionari indipendentemente dallo stato dell’economia reale.

Basterebbero questi dati per spiegare anche al più sciocco degli umani che cos’è il capitalismo.

Il capitalismo non è “inciampato” in questa politica. Questo stato di cose è il prodotto di una campagna decennale per abbattere gli standard di vita della classe lavoratrice arricchendo l’oligarchia finanziaria.


mercoledì 25 novembre 2020

Il più grande

 


Morti lo stesso giorno, vorrà pur dire qualcosa.

(Parafrasando Burt Lancaster, Alfredo Berlinghieri, nel film di Bertolucci)

Così parlò Giovanni Dosi


Se nel 1788, anno della sua morte, avessero chiesto a François-Marie Arouet un vaticinio sul futuro della Francia e dell’Europa, è possibile che si sarebbe spinto fino ad ipotizzare una rivoluzione sociale, ma sarebbe rimasto stupito di fronte ai “dettagli” di un sommovimento epocale quale effettivamente avvenne di lì a pochi anni, vale a dire nel periodo 1789-1815.

Se poi nel 1812, durante una gala in un favoloso palazzo, dove Napoleone fu omaggiato dall’imperatore d’Austria, da uno stuolo di reali e di arciduchi genuflessi, qualcuno avesse messo in giro la burla che quell’uomo tanto potente di lì a tre anni sarebbe caduto prigioniero degli inglesi, relegato in un’isoletta nebbiosa nel mezzo dell’Atlantico, alloggiato in una casupola infestata dai sorci (tanto da trovarne un ragguardevole esemplare annidato dentro il suo celebre cappello), avrebbe riso incredula tutta l’Europa.

Se nel 1910, anno della sua scomparsa, avessero chiesto a Lev Tolstòj di pronosticare il futuro della Russia, pur non nutrendo liriche illusioni sul destino del suo paese, forse non si sarebbe spinto ad immaginare le modalità del sovvertimento che travolse l’impero zarista nel 1917, la reazione appoggiata dalle più grandi potenze che seguì la presa del potere da parte dei bolscevichi, la crudezza dell’epidemia influenzale e di quella tifoide che provocarono milioni di morti.

Se infine il 31 dicembre 2019 ci avessero chiesto un pronostico per l’anno venturo, chi avrebbe immaginato quanto è accaduto quest’anno? Quando il futuro diventa realtà notiamo quanto sia difficile raccapezzarci con il presente nonostante tutte le nostre ponderate previsioni. E dunque a che cosa serve studiare ciò che è avvenuto nel passato? A dare un reddito agli storici di professione e profitti agli editori, a trastullarci con ricostruzioni, congetture e falsificazioni?

Ognuno di noi può rispondere a questa inesausta domanda come preferisce, aspettando impaziente di vedere cosa poi davvero accadrà.

Nietzsche, per esempio, diceva che la vitalità non trae giovamento dalla storia; chi vive, se vuole andare avanti, deve dimenticare il suo passato. Questo, a mio avviso, non può essere valido nemmeno sul piano personale. Senza storia ci sentiremmo come se avessimo l’Alzhaimer.  La storia è parte costitutiva essenziale della nostra identità individuale e collettiva. 

*

martedì 24 novembre 2020

L'evaso

 

L’ho cercato e non l’ho trovato. Da principio credevo si fosse intrufolato da qualche altra parte; poi, man mano che lo cercavo senza trovarlo, ho perso la speranza. Perché mai avrebbe dovuto allontanarsi dai suoi fratellini? Forse, furtivamente, se n’è andato con qualcuno: ma con chi e quando? Perché tra gli altri della sua schiatta avrebbero scelto proprio lui? Mi secca quando un mio schiavo evade dal suo ergastolo senza lasciare traccia. Proprio adesso che compiva cent’anni. Quale ingratitudine.

*

lunedì 23 novembre 2020

Non quei figli

 


Quanto può reggere stabilmente un ordine economico e sociale come quello attuale? Non mi riferisco alla “fine” del capitalismo (tema scientifico, non romantico), ma all’esplosione delle sue contraddizioni (*), quelle di un sistema entro il quale i lavoratori esistono per i bisogni di valorizzazione di valori esistenti, invece che, viceversa, la ricchezza materiale esista per i bisogni di sviluppo dei lavoratori.

Nelle condizioni odierne, che sono le più favorevoli ai lavoratori, il rapporto di dipendenza degli stessi al capitale riveste forme tollerabili o, come osservò qualcuno, “comode e liberali “.

domenica 22 novembre 2020

Mattutino

 


Da eroe a merda sotto la suola della scarpa.


Le grandi inchieste di Cazzullo.


Non sanno darsi pace.


Filantropi di tutto il mondo, unitevi!

sabato 21 novembre 2020

Saper sfruttare le occasioni

 

Qual è lo scopo precipuo e assoluto dei capitalisti? L’accumulazione? A leggere il report annuale che l’Unione delle banche svizzere dedica ai miliardari, sembra invece che il loro scopo sia la filantropia.

Filantropia (pubblica e privata), il prezzo della pace sociale, lo stiamo ben vedendo. Fin quando durerà, poi la terapia intensiva per (quasi) tutti.

I report delle banche, i media dei ricchi e potenti, tutto si tiene. Quanto ai politici, che cos’hanno in mente? La loro rielezione, i loro stipendi, che altro? Non è una semplificazione, ma la realtà.

Perché i ricchi fanno sempre più soldi? E perché sono sempre i poveri che non hanno soldi? Questione di merito, suggeriscono dalla regia.

In nessun’altra epoca storica tanta ricchezza fu concentrata in così poche mani. Mai i padroni del mondo hanno avuto a disposizione un numero così elevato di schiavi. Decisamente troppi, ne vorrebbero meno!

Dal 2009 all’inizio del 2020 la ricchezza dei miliardari è quasi triplicata, da 2,8 trilioni di dollari a 8,0 trilioni. Il patrimonio di questi ultra-ricchi negli ultimi mesi ha fatto un ulteriore balzo in avanti: oggi ammonta a oltre 10.000 miliardi di dollari, superando del 15% il record precedente raggiunto alla fine del 2017.

venerdì 20 novembre 2020

Quelli che le mani neanche possono lavarsele

 



Sono stimati in 2,5 milioni i morti l’anno nel mondo per mancanza di acqua o per la sua pessima qualità. I primi ad esserne colpiti sono i bambini sotto i 5 anni. Entro il 2050 metà della popolazione mondiale avrà problemi di scarsità d’acqua.

Eppure diversi studi dimostrano che c’è abbastanza acqua potabile. Perciò non è solo questione di scarsa e ineguale distribuzione geografica della risorsa: è il risultato della gestione più che delle quantità disponibili.

Nell’Africa subsahariana, dove la situazione idrica è grave, le falde acquifere non sono così povere come si potrebbe pensare. Ci sono poche risorse idriche a Las Vegas come a Khartoum, ma nella città del Nevada vi sono molte più risorse economiche. La soluzione, come spesso in questi casi, è una questione di soldi e di come gestirli.

A livello internazionale l’acqua è una potente arma di deterrenza. I paesi che hanno monopolizzato l’acqua non esitano a usarla puramente e semplicemente come un’arma di pressione. Quando c’è già una situazione di tensione, la gestione dell’acqua diventa un perfetto detonatore per esacerbare i conflitti.

Lo sa bene Israele, che tiene i palestinesi per la gola. La siccità in Palestina non ha nulla a che fare con la geografia. Tutta l’acqua viene deviata in territorio israeliano, le condotte la portano agli insediamenti. Inoltre, ai palestinesi è vietato scavare pozzi, devono richiedere un permesso speciale (*). Di conseguenza, sono costretti ad acquistare acqua da Israele a prezzi esorbitanti. A Gaza non hanno più pozzi e sono costretti a comprare l’acqua in bottiglia.

La Cina è in una posizione d’idroegemonia nella sua regione. Da un lato perché possiede il Tibet, soprannominato “la torre dell’acqua dell’Asia” e, dall’altro, grazie alle sue dighe, in particolare sul Mekong. Ciò le consente di esercitare pressioni sui paesi a valle (Thailandia, Vietnam, Cambogia e Birmania). Ma anche sull’India: la Cina controlla la sorgente del Brahmaputra (un fiume essenziale per l’India), situata in Tibet. Nel 2017, nonostante degli accordi, la Cina non ha fornito all’India i dati che aveva sul flusso del fiume a monte, che ha che ha causato inondazioni devastanti.

Il conflitto indo-cinese sui confini è anche questo. Il controllo delle fonti idriche permette a un paese di dimostrare di essere una potenza preponderante nella sua area geografica.

L’Egitto, storicamente aveva il controllo del Nilo, poiché era il paese più potente, anche se era a valle del fiume. Ora l’Etiopia, più a monte, mette in discussione questo status con la mega diga idroelettrica del Rinascimento, completata nel 2019.

Nel 2020, dopo anni di contese, la Turchia ha inghiottito dozzine di villaggi curdi nel sito scelto per fungere da serbatoio per la sua diga di Ilisu, costruita sul fiume Tigri, in territorio turco ma non lontano da quello iracheno. Tra i villaggi scomparsi c’è Hasankeyf, classificato come patrimonio mondiale dell’UNESCO, un gioiello costituito da abitazioni rupestri e siti archeologici, alcuni dei quali risalenti al periodo neolitico. Eppure la Turchia si è sempre rifiutata di cambiare i suoi piani, costringendo 70.000 curdi a trasferirsi.

Non c’è angolo di mondo dove non vi sia un qualche conflitto per lo sfruttamento e la gestione delle risorse naturali. Questo è il risultato, tra l’altro, di un mondo diviso in Stati-

nazione. Un mondo che precipita sempre più in una situazione di conflitto e di caos generale.

(*) I rapporti tra israeliani e palestinesi sono bene esemplificati nel famoso film Il giardino di limoni.


giovedì 19 novembre 2020

Annegati nell'ipocrisia

 

Negare l’evidenza, la gravità e il dramma di questa pandemia, è da sciocchi e da irresponsabili; enfatizzarne taluni aspetti è cinico e gravido di conseguenze.

Qui si tratta delle nostre libertà individuali e collettive messe tra parentesi, in quarantena. Dov’è il dibattito? È annegato nel manicheismo. Non dialoghiamo più, ci imponiamo. Non confrontiamo più i punti di vista, mostriamo un senso di appartenenza; non analizziamo più, sentenziamo.

Il pensiero critico è stato messo in formalina. La dittatura del nuovo ordine morale è spietata. I terroristi del pensiero sono sempre più numerosi, da una parte e dall’altra; certo, non uccidono, eliminano. Se un personaggio moderato come Massimo Cacciari diventa una voce discordante e da silenziare, vuol dire che qualcosa di grave, di enorme, è successo.

Ormai i fronti opposti non sono disposti a fare prigionieri. Il presidente del consiglio parla, poi il ministro, che ha un’idea nuova ogni minuto, twitta. È più facile commentare che prendere decisioni, questo lo so, ma sei stato tu, caro ministro, a volere quelle responsabilità, pur sapendo che sei un dilettante privo di competenze e di cultura.

Un ragionamento serio e misurato sul fenomeno è diventato impossibile, la complessità della realtà, e non solo nel caso della pandemia, è spesso liquidata con una frase dai perlustratori dei siti internet, con una battuta cui far seguire emoticon e sghignazzi.

Ora da casa possiamo ordinare il cibo con un clic e la nostra vita sociale la viviamo sui social, dove si può dire apparentemente tutto quel cazzo che vogliamo. Intanto ci stanno monitorando h 24. È per la nostra sicurezza! Stiamo bene da quando si prendono cura di noi.

Sta a noi mantenere a galla la democrazia prima che affoghi nel sentimentalismo, nella falsa tolleranza, nell’ipocrisia del decoro universale o nel fascismo benevolo e ingannevole. Sta a noi erigere barricate contro l’Impero del Bene e della Curva esponenziale!

Il numero dei ricoveri in terapia intensiva è oggi dogma, come se il problema della saturazione delle terapie intensive nella stagione delle infezioni non fosse il cruccio di ogni anno, soprattutto in regioni come la Lombardia.


Gennaio 2018

Ciò vale anche per il numero dei morti giornaliero. È difficile far passare l’idea che la morte è questione che ci riguarda tutti in ogni momento. Si vive più a lungo, ma alla fine il destino di ognuno è segnato: più sei vecchio e ammalato, meno è distante il traguardo.

Non è in discussione il fatto che l’età media dei deceduti nella tipologia covid è di 82 anni, e però non vogliamo accettare sia un fatto statistico che degli ottuagenari con gravi patologie a carico muoiano a centinaia ogni giorno.

Certo, muore con il covid anche chi è più giovane, in certi casi senza particolari patologie. Ogni morte rattrista, tanto più di persone giovani, ma sul piano statistico è normale che avvenga. Perciò si tratta di un’affezione virale che deve essere valutata seriamente, senza insufficienze ma anche senza isterismi.

Possiamo valutare che da qui alla fine dell’anno le morti annoverate al covid saranno ufficialmente intorno alle 50 - 60.000. Ciò significa che questo numero di morti andrà a sommarsi a tutti i morti che si registrano mediamente in un anno?

Ogni anno muoiono per malattie respiratorie circa 45.000; per malattie cardiocircolatorie circa 240.000. Eccetera. Si tratta di persone prevalentemente anziane. Quanti di questi portatori di gravi morbilità, positivi e iscritti tra i morti covid, sarebbero comunque arrivati a brindare a Capodanno 2021?

Pertanto il numero dei morti che quotidianamente il bollettino indica deceduti per covid dovrà essere necessariamente diluito per tener conto di quelli che comunque nell’arco dell’anno sarebbero morti per altre patologie, se si vuole ottenere una stima seria.

Bisogna tener conto, ed è un’altra faccenda maledettamente seria, anche di coloro che sono deceduti a causa delle mancate e insufficienti cure o per il ritardo con il quale sono stati sottoposti ad intervento chirurgico. Ieri, una fonte autorevole, indicando 100.000 di questi casi con aggravamento e morte per almeno il 10%, calcolava non meno di 10.000 morti. Questi morti a chi li mettiamo in carico?




mercoledì 18 novembre 2020

È vero, non sono morti di fame


Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia (dati all’11 novembre)

Campione

L’analisi si basa su un campione di 41.737 pazienti deceduti e positivi all’infezione da SARSCoV-2 in Italia.

Dati demografici

L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARSCoV-2 è 80 anni (mediana 82, range 0- 109, Range InterQuartile - IQR 74-88). Le donne sono 17.736 (42,5%). L’età mediana dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 è più alta di oltre 30 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione (età mediane: pazienti deceduti 82 anni – pazienti con infezione 48 anni).

Decessi di età inferiore ai 50 anni

All’11 novembre 2020 sono 472, dei 41.737 (1,1%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 109 di questi avevano meno di 40 anni (72 uomini e 37 donne con età compresa tra 0 e 39 anni). Di 31 pazienti di età inferiore ai 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri pazienti, 64 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 14 non avevano diagnosticate patologie di rilievo.

Patologie preesistenti

Questo dato è stato ottenuto da 5234 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche. Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,5 (mediana 3, Deviazione Standard 2,0).

Cardiopatia ischemica 27,7 %;
Fibrillazione atriale 24,2 %;
Scompenso cardiaco 16,4 %;
Insufficienza renale cronica 21,0 %;
Broncopneumopatia cronica ostruttiva 17,1 %;
Insufficienza respiratoria 6,6 ;
Ictus 11,4 %;
Diabete mellito-Tipo 2  29,3 %;
Cancro attivo negli ultimi 5 anni 17,1 %;
Epatopatia cronica 4,7 %;
Demenza 21,9 ;
Dialisi 2,1 %;
HIV 0,2 ;
Malattie autoimmuni 4,3 ;
Ipertensione arteriosa 65,7 %;
Obesità 10,3.


martedì 17 novembre 2020

Sotto il rullo compressore

 

Anche ieri quasi 2.000 morti. Quasi tutti di malattia. Oggi si replica. In attesa dell’estate, quando la curva scenderà verso quote inferiori, per poi risalire dall’autunno, come ogni anno.

Quando arriverà il tuo giorno più corto, sarai fortunato ad avere il covid. In tal modo farai parte del numero di morti citato in prima pagina.

Il sistema industriale della cremazione dei cadaveri e dei resti mortali è sottoposto in questo periodo a uno sforzo produttivo straordinario. Molti credono che la cremazione produca subito delle ceneri, in realtà non è così, poiché esse si ottengono dalla frantumazione, attuata in genere con procedimenti meccanici (rullo), delle ossa che il fuoco non ha quasi per nulla incenerito ma solo calcinato.

A suo tempo chissà come avranno risolto il problema i tedeschi, alle prese con milioni di scheletri. Mah, meglio non porsi questo genere di domande.

La macchina per schiacciare i vivi funziona continuamente, ma anche quella per dimenticare i morti. Così quella della falsificazione/manipolazione che imputa l’inquinamento della terra, degli oceani, dell’aria, del cibo all’avidità dell’uomo. Di quale uomo parlano? L’uomo è un’astrazione. I responsabili di tutto ciò hanno nomi e cognomi.


lunedì 16 novembre 2020

Sfruttamento emotivo a scopo di lucro

 

Non fa invece una grinza il dio che si fa uomo, muore e risorge, ascende al cielo in attesa di giudicare i vivi e morti. E di condannare quelli come me al fuoco eterno.

Ecco come una malattia è diventata oggetto di sfruttamento emotivo sia da parte di cialtroni che la presentano come complotto o castigo divino e sia da parte della totalità di giornali e televisioni con la loro solita arrogante incompetenza e manipolazione di dati e fatti.

Propongo intervista a Liliana Segre allo scopo di tracciare un parallelismo con altra situazione storica.


domenica 15 novembre 2020

Non sta bene

 

«La cosa che stiamo capendo anche questa sera parlando di questo nuovo vaccino è che non sarà comunque risolutivo. Non è che pensiamo di farci il vaccino e poi torniamo alla vita di prima. Questo non accadrà! Tu [Luca Telese], come pensi che potrai resistere per altri tre anni prima di tornare a una specie di normalità?».

Non si tratta di immaginare chissà quali retroscena; è piuttosto evidente che questa donna non sta bene, e purtroppo per lei non si tratta di una sindrome occasionale.


sabato 14 novembre 2020

Quell'anno



Echi dalla curva

Venticinque anni fa, nel 2031, fu introdotto il vaccino universale con il quale possiamo prevenire molte infezioni virali, prime tra tutte quelle cosiddette influenzali. Prima di allora, queste infezioni, in determinate occasioni, avevano provocato delle pandemie con gravi problemi sanitari, costi sociali ed economici rilevantissimi.

L’ultima di queste pandemie, che molti di noi ancora ricordano, fu quella del 2020-21, detta anche Covid-19, dall’anno in cui prese avvio in una regione della Cina per poi trasferirsi in Europa e infine nel resto del mondo, con sorpresa degli “esperti”, che dapprima reputavo l’eventualità del contagio analoga a quella di essere colpiti da un meteorite.

In termini di vittime, la pandemia Covid-19 fu causa di circa 2 milioni di morti, vale a dire, in rapporto alla popolazione mondiale, un centesimo delle vittime di un’altra famosa pandemia, quella del 1918-’20, la quale ebbe a causare 50 milioni di morti su una popolazione di meno di 2 miliardi. Tuttavia fu proprio in quell’occasione pandemica del 2020 che si scatenò il panico a livello mondiale.

Il governo italiano, per primo in Occidente, decretò lo stato di emergenza nazionale; fu costituito un “comitato tecnico scientifico” per le misure sanitarie e di contenimento della epidemia, i cui verbali furono secretati dal governo, come da nostra migliore tradizione. Solo dopo molte pressioni alcuni documenti furono resi pubblici.

Il parossismo emergenziale raggiunse vertici di comicità all’italiana, sanzionando per esempio i coniugi che viaggiassero entrambi nei sedili anteriori della propria auto; vietando la vendita degli assorbenti femminili in determinati giorni, proibendo l’acquisto di matite, quaderni, ecc.. Con l’ausilio di droni si scatenò la caccia ai contravventori che lasciavano la propria abitazione per una passeggiata, fossero pure isolati e in luoghi remoti.

A noi oggi queste cose possono sembrare stravaganti se non folli, tuttavia allora molte persone le vissero seriamente e altre le pretesero.

Come in pandemie simili, la Covid-19 non provocava nella maggioranza dei soggetti colpiti alcun effetto, poiché essi sviluppavano naturalmente una propria immunità. In taluni casi, però, specie in persone molto anziane, il virus produceva sindromi da polmonite interstiziale, molto resistenti e che richiedevano il ricovero in terapia intensiva. Reparti che si rivelarono ben presto insufficienti per dotazioni e personale specializzato.

Gli ospedali, presi d’assalto per il panico, diventarono luoghi d’infezione e diffusione del virus, così come le case di riposo per anziani. L’epidemia aveva un carattere prevalentemente stagionale, ed infatti dopo il picco invernale per molti mesi durante l’estate i contagi crollarono al loro minimo per poi riprendere in modo esponenziale con l’arrivo dell’autunno, la riapertura delle scuole, l’affollamento dei mezzi pubblici e altre circostanze tipiche favorevoli alla diffusione.

Si ripeté la situazione di panico dell’inverno precedente, fomentato dai media, interessati ad aumentare gli ascolti, le vendite, i contatti internet, cui erano legati gli introiti pubblicitari.

Il governo, nella seconda fase dell’epidemia, rinnovò il divieto di uscire dalla propria abitazione se non per motivi di necessità e previa autodichiarazione firmata. Furono chiuse molte attività e anche le scuole. Se nella prima fase della pandemia per molte settimane si discusse sull’utilità delle “mascherine”, in seguito furono rese obbligatorie, assieme al distanziamento fisico, in attesa del vaccino.

Il seguito di quella vicenda è abbastanza noto. Sappiamo quali danni sociali ed economici permanenti essa comportò, sia in termini di debito pubblico e privato, di fallimenti di attività economiche, perdita di posti di lavoro, e così quali effetti ebbe sulla scuola, sulla stessa psicologia di massa, e come ravvisiamo ancor oggi che talune libertà individuali e collettive non furono più integralmente recuperate.


venerdì 13 novembre 2020

Morti a perdere

 


La patologia tumorale più frequente in Italia è quella riferibile al cancro ai polmoni. Il nostro Paese è un malato cronico d’inquinamento atmosferico, cui sono riconducibili circa 60 mila morti ogni anno, vale a dire circa 165 morti ogni giorno.

La notizia è di quattro giorni fa. Ebbene durante tutta la settimana nessuna delle star televisive ne ha parlato.

martedì 10 novembre 2020

Quale comunità?

 

Troppo comodo invocare oggi lo spirito di “comunità”. Ne fanno parte anche i vinti, chi non ha avuto successo nella vita, che passa per essere stato poco meritevole?

In questa emergenza il conto lo paghiamo tutti, rispondono loro. Non è vero. C’è chi paga molto più di altri, e chi ha solo da guadagnarci. Il Covid ha reso i ricchi ancora più ricchi e i poveri ancora più poveri. Tra chi raccoglie più soldi ci sono le grandi scatole televisive e le vendite online.

Sarebbe opportuno che tacessero quelli che condividono dividendi perché vengono licenziati gli “altri”. Quelli che viene prima la logica di bilancio e della privatizzazione dei profitti, che pretendono di farci lavorare sempre di più per guadagnare sempre meno.

Quanto all’inventario degli idioti, non è certamente esaustivo. Arrivati all’oggi, è chiaro e facile essere d’accordo con Zaia, ossia che non bisogna agire come degli irresponsabili, e però bisognerebbe partire da ciò che è stato fatto oppure omesso prima e durante questo pandemonio. Sul come e perché dapprima è stata “purgata” la sanità, e poi su come s’è perso tempo e gettato denaro (i banchi scolastici con le ruote, p.e.).

I comportamenti sociali, anche i più estremi, hanno sempre una loro ragion d’essere, perciò non basta liquidarli nella categoria della stupidità.


Vaccino, una cattiva notizia


Dopo mesi di pandemonio mediatico per via del virus, ieri la notizia del giorno è stata senz’altro quella relativa al vaccino che dovrebbe essere disponibile già nelle prossime settimane.

Non è stata una buona notizia per tutti. Per esempio non per la signora Gruber, basti lespressione mimica e il tono con cui ne ha accennato ieri sera sul finire della trasmissione.

Perché prendo ad esempio la Gruber? Perché molti dei suoi clienti serali ritengono che essa conduca un programma serio e aderente ai fatti, intervistando persone di indubbio spessore politico, scientifico e culturale.

Tirapiedi che definiscono “fatica economica” la disperazione in cui versano molte famiglie soprattutto in questo periodo. Goebbels era uno specialista in questo genere di neologismi.

Alla signora Gruber la cosa che interessa primariamente è il numero che fa riferimento allo share della sera prima, cui sono legati i contratti pubblicitari, quindi il suo cachet personale, il suo prestigio e potere.

Al suo padrone, il signor Cairo, interessano altri due numeri: quello delle spese e quello dell’utile netto. Il suo scopo, legittimo, è quello di ridurre le prime e di aumentare il secondo. Su come raggiunge questi obiettivi è tutt’altro paio di maniche.

Questo genere d’individui non fanno solo parte del sistema, ne rappresentano una componente, magari singolarmente modesta, ma nell’insieme essenziale. Della sorte e delle sofferenze delle persone in carne ed ossa non sanno realmente nulla e niente veramente importa di loro. 



lunedì 9 novembre 2020

Siamo tutti numeri tra gli altri

 


Nemmeno dei circa 500 morti per patologie tumorali che si contano ogni giorno in Italia sappiamo chi sono le vittime. Oppure dobbiamo ritenere che si tratti di patologie minori e ineluttabili?

Anche questo è un numero tra gli altri”; giorno dopo giorno, anno dopo anno, da sempre. Senza che susciti rabbia o quotidiana attenzione, anzi, nemmeno sporadica.

È forse meno devastante l’impatto umano e sociale, il costo sanitario ed economico di quelle centinaia di migliaia di morti per cause tumorali ogni anno?

Basterebbe destinare alla prevenzione di queste patologie una piccola parte delle somme stanziate in questo frangente per prevenire, curare e “ristorare” causa covid, per ottenere l’effetto di una sicura riduzione di quelle malattie e di quelle morti.

Già non è più possibile interrogarsi su queste contraddizioni e ipocrisie, sommersi come siamo dalla canea televisiva degli esperti che ci intimano obbedienza assoluta e cieca. Si è altrimenti bollati di negazionismo e di tradimento verso la salute e il bene comune.


martedì 3 novembre 2020

Un’oligarchia dinamica

 

Scegliere il “male minore” è una necessità ineludibile. È lo stesso argomento utilizzato da decenni in ogni elezione. La destra dovrebbe votare per certa ceffi con la molletta al naso, la sinistra non dovrebbe solo votare, ma farlo con entusiasmo. Poi ci ritroviamo a fare i conti con Salvini o Renzi. Perché votare non è solo un diritto, ma un dovere civico, a prescindere!

Per quanto riguarda le elezioni americane, in che modo un voto a favore di Biden trasferirà il potere dalla borghesia alla classe lavoratrice? Il potere alla classe lavoratrice? Chimere, dobbiamo essere pragmatici, mangiare la solita minestra senza tante storie. Del tutto assente qualsiasi analisi di cosa sia il Partito democratico e gli interessi di classe che rappresenta, al pari, del resto, del Partito repubblicano.

Va bene, mettiamola così, anche se dovremmo invece porre attenzione al fatto che questo sistema è dominato da “un’oligarchia dinamica incentrata sulle grandi ricchezze ma capace di costruire il consenso e farsi legittimare elettoralmente tenendo sotto controllo i meccanismi elettorali” (Luciano Canfora, La democrazia, p. 331).

Non esistono medicine magiche

 

L’inizio del Tardo Antico si può collocare verso la fine del secondo secolo con la prima vera crisi economica dell’Impero, sotto il principato di Commodo (180-192) e dei suoi successori, i Severi.

È in questo periodo che si ha una rivoluzione dei prezzi, cioè un’alta inflazione. Si potrebbe pensare a una crisi di natura monetaria, ed in parte lo è stata. Commodo aveva cercato di mantenere intatto il contenuto d’argento del denarius, e tentato di mantenere a freno i prezzi introducendo un calmiere.

In questo modo le merci sparirono dal mercato. Le buone monete di Commodo non riuscirono a evitare l’inflazione, che aveva altre cause, diverse da quelle della circolazione monetaria.

Infatti la moneta d’argento sarà inflazionata solo dopo il principato di Commodo, ad opera di Settimio Severo. Il denarius in argento passò dalla lega di rame del 25-30%, ad una lega del 50%.

Chi avrebbe scambiato le sue monete d’oro con quelle d’argento con lo stesso rapporto nominle di cambio?

Tuttavia la trasformazione della moneta sotto Settimio Severo fu solo una conseguenza peggiorativa della crisi, ma non fu la causa principale della crisi. Questa, come detto, era già presente sotto Commodo, e derivava dalla peste e dalle guerre dell’età di Marco Aurelio.

lunedì 2 novembre 2020

Sarà frustrante

 

A pagina III del Domenicale si può leggere un interessante articolo del sempre ottimo Gilberto Corbellini: Quando il pericolo stava nel ratto. Ne riporto alcuni stralci:

«Le epidemie di età romana più devastanti, da quella Antonina a quella di Cipriano, durarono per un certo periodo di tempo (dal 165 al 180 la prima, e dal 249 al 279 la seconda), fecero ognuna tra 5 e 8 milioni di morti».

Corbellini non lo dice, ma si trattò almeno del 10% della popolazione dell’Impero, sicuramente nella promiscua popolazione delle metropoli tale percentuale di morti fu molto più alta. Pandemie che durarono tra i 15 e i 30 anni. Noi non ne possiamo più dopo solo 9 mesi, e per una malattia molto meno grave sul piano degli effetti clinici.

È indubbio che il protrarsi di un tale stato di cose per lustri e decenni ebbe nell’Impero ripercussioni economiche e sociali enormi, e deve avere influito in modo duraturo anche sulla psiche delle persone (singolare che Gibbon e altri storici non ne parlino; il Rostovcev vi dedica mezza riga a p. 425 della sua Storia economica, ed. 1953).

Non conosco studi specifici che mettano in relazione quelle catastrofi sociali con lo sviluppo del cristianesimo, ma non possono esservi dubbi che l’aspetto soteriologico di tale religione ebbe a svolgere un ruolo significativo nell’infelice condizione vissuta (*).

Non è un caso che Marco Aurelio cercasse di armonizzare la religione ufficiale con alcune credenze private greco-orientali in dèi morenti che risuscitavano. La speranza e la promessa sono il miglior conforto, come sanno bene preti e politici.

Prosegue Corbellini: «Alla loro estinzione [delle epidemie] concorsero sia lo spopolamento (decessi e fughe dalle città), sia la temporanea immunità di gregge. [...] la peste di Giustiniano, iniziata nel 541-2, che uccise tra i 25 e 100 milioni di individui, si spense in un paio di secoli per motivi demografici, per l’immunità di gregge e, forse, perché anche i ratti diventarono resistenti alla malattia».

Corbellini accenna alla peste nera del Trecento per finire con la famosa Spagnola, a riguardo della quale dice: «l’ipotesi più plausibile per la conclusione della Spagnola è che diminuirono per immunità di gregge i suscettibili e un ceppo meno aggressivo di H1N1 soppiantò quello micidiale, verosimilmente emerso negli ospedali militari francesi nell’agosto del 1918.

Conclude così: «possiamo ora immaginare con maggiore convinzione come finirà la tragedia sanitaria in corso? No. Le misure non farmacologiche (distanziamento, mascherine, eccetera) contribuiscono, con costi sociali ed economici altissimi, a ridurre i danni sanitari, in attesa che vaccini e cure consentano un reciproco adattamento col parassita senza quasi più morti, o che l’immunità di gregge aiuti e che le pressioni selettive premino qualche variante di SARS CoV-2 meno patogena. Fino ad allora sarà frustrante.»


(*) Peter Brown, nel suo Il mondo tardo antico, si limita ad osservare nelle sue numerose pagine dedicate alla religione: "Nel periodo tra il 170 circa e la conversione dell’imperatore Costantino al cristianesimo nel 312 si assiste a un vasto e inquieto fermento religioso" (p. 46). E nella pagina seguente: "Ogni volta che i terremoti, carestie e invasioni barbariche rivelavano l'ira degli dèi, i cristiani venivano selvaggiamente attaccati per aver trascurato quei riti" (cosa peraltro tutta da dimostrare). Nessun accenno alle pestilenze! 

Contrariamente a quanto riporta Wikipedia alla voce "peste antonina", in Ammiano M. non si riscontra alcun riferimento alle epidemie del II e III secolo. Del resto Ammiano scrive la cronaca del V sec..

domenica 1 novembre 2020

Fuori orario

 



Tra l’altro, di solito, di tratta di marito e moglie, di padre e figlia/o, dei famosi “congiunti”. 




Potremo mai dimenticare il sottinteso compiacimento con cui certi giornali, telegiornaliste bisognose e twittaroli ispirati dalla Verità sciorinano i numeri dei contagiati e l’introduzione del lockdown in altri paesi? Chiudere, proibire, scovare, colpire.