Se
ci trovassimo sulla cima di una rupe e dovessimo decidere chi tra Berlusconi e
Renzi buttare di sotto, ebbene per quanto mi riguarda butterei di sotto
Landini, nonostante sia un uomo per il quale è facile provare naturale e
istintiva simpatia. Tuttavia qui le questioni personali devono lasciare il
posto alle valutazioni politiche. Insomma, ad ognuno il suo.
Quello
che rimprovero a questi esponenti della sinistra, ovviamente per ciò che conta
il mio giudizio, è il fatto di non parlare chiaro: nel non voler dire
esplicitamente che la riforma sociale trova i suoi limiti oggettivi
nell’organizzazione di classe che il capitale esercita sul processo produttivo
capitalistico informandone i rapporti sociali.
Se
da sempre è negli interessi del capitale che la riforma sociale trova i suoi
limiti naturali, ciò è tanto più vero in una fase che ha mutato radicalmente
non solo la bilancia dei rapporti di forza tra le classi, ma il terreno stesso
dello scontro, basti citare la crisi della rappresentanza politica e il peso
spesso irrilevante dei singoli parlamenti e governi nazionali.
Il
modello sociale cui guarda Landini e altri dei dintorni, con i richiami alla
concertazione tra le cosiddette parti sociali, alle regole di tutela, di
controllo statale, eccetera, è un modello di relazioni superato dalla logica
delle cose. Il liberismo, prima ancora di essere un’ideologia fatta propria da un’accolta
di reazionari, è espressione di quel processo che chiamiamo globalizzazione.