martedì 31 marzo 2015

Ridendo


Se ci trovassimo sulla cima di una rupe e dovessimo decidere chi tra Berlusconi e Renzi buttare di sotto, ebbene per quanto mi riguarda butterei di sotto Landini, nonostante sia un uomo per il quale è facile provare naturale e istintiva simpatia. Tuttavia qui le questioni personali devono lasciare il posto alle valutazioni politiche. Insomma, ad ognuno il suo.

Quello che rimprovero a questi esponenti della sinistra, ovviamente per ciò che conta il mio giudizio, è il fatto di non parlare chiaro: nel non voler dire esplicitamente che la riforma sociale trova i suoi limiti oggettivi nell’organizzazione di classe che il capitale esercita sul processo produttivo capitalistico informandone i rapporti sociali.

Se da sempre è negli interessi del capitale che la riforma sociale trova i suoi limiti naturali, ciò è tanto più vero in una fase che ha mutato radicalmente non solo la bilancia dei rapporti di forza tra le classi, ma il terreno stesso dello scontro, basti citare la crisi della rappresentanza politica e il peso spesso irrilevante dei singoli parlamenti e governi nazionali.

Il modello sociale cui guarda Landini e altri dei dintorni, con i richiami alla concertazione tra le cosiddette parti sociali, alle regole di tutela, di controllo statale, eccetera, è un modello di relazioni superato dalla logica delle cose. Il liberismo, prima ancora di essere un’ideologia fatta propria da un’accolta di reazionari, è espressione di quel processo che chiamiamo globalizzazione.

lunedì 30 marzo 2015

Vai a fidarti


Per avere un’idea di quale sia l’influsso esercitato dai media sull’opinione pubblica è interessante citare un episodio, tra i tanti, di allucinazione collettiva che coinvolse l’opinione pubblica europea e americana con dei risvolti davvero comici.

Nel momento in cui le armate tedesche sfondarono le linee francesi, nell’agosto del 1914, in Inghilterra si diffuse una notizia incredibile. Così incredibile che vi cedettero non solo gli inglesi e gli americani, ma anche i tedeschi! Alla fine di agosto si diffuse una voce secondo cui il ritardo di diciassette ore sulla linea Liverpool-Londra del giorno 27, ebbe come causa il trasporto di truppe russe che si diceva fossero sbarcate in Scozia per poi essere inviate in aiuto sul fronte occidentale.

Le truppe russe, segnatamente costituite da cosacchi, si disse che fossero partite da Arcangelo, in Norvegia, dov’erano giunte attraverso il Mare Artico, e avessero poi proseguito su navi di linea per Aberdeen, e dal porto scozzese trasferite ai porti della Manica. Si raccontava, in pieno agosto, che si scrollavano la neve dagli stivali sui marciapiedi della stazione. Naturalmente il segreto più totale circondava tale movimento di truppe, ma c’era gente estremamente attendibile che li aveva visti coi propri occhi i cosacchi, o aveva amici che li avevano veduti.

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Preso atto dei risultati elettorali in Francia? Con le farneticanti previsioni di una vittoria neofascista per un anno ci hanno rotto le scatole. Come solito controcorrente ecco quanto scrivevo un anno fa.

È ancora troppo presto per gli estremismi, almeno fin quando sono garantiti il pagamento di pensioni e stipendi del pubblico impiego, e fino a quando nel complesso l'economia tiene. In Francia, qui, ovunque in Europa.

domenica 29 marzo 2015

Varoufakis, ovvero dell'aria fritta


In due post di questa settimana ho cercato, credo con una certa obiettività, di riportare alcuni misfatti di cui si resero protagonisti gli invasori tedeschi in Belgio nel 1914. Ho riportato anche notizia del cosiddetto Manifesto dei 93 e citato la Dichiarazione dei docenti universitari dell'Impero tedesco con cui il mondo della cultura e dell’istruzione tedesco, praticamente unanime, negava l’evidenza di tali incredibili distruzioni e giustificava le violazioni del diritto internazionale e le atrocità commesse dall’esercito tedesco in nome di un valore supremo che essi chiamano “vittoria”.

Sarebbe oltremodo interessante descrivere quali profitti i tedeschi s’attendessero dalla “vittoria”. E a tal fine bisognerebbe leggere il Memorandum presentato al governo il 2 settembre 1914 da Matthias Erzberger, capo del partito cattolico, politico influentissimo e rapporteur della Commissione degli affari militari. Il famoso Lebensraum hitlerita potrebbe apparire, al confronto, perfino più moderato, e del resto quello di Lebensraum è un concetto ottocentesco caro al noto Karl Haushofer che tanta influenza ebbe sul fanatico di Braunau.

Il popolo tedesco può vantare delle indubbie qualità, dei pregi che specie la breva gente italiana, spesso non a torto, dice d’invidiare. E però tali qualità e pregi del loro carattere nazionale, alcuni peraltro molto esagerati, non valgono nulla a fronte del loro tracotante e orgoglioso autoritarismo e del loro micragnoso filisteismo. Essi vorrebbero imporre la loro visione del mondo e concezione della vita anche agli altri popoli. La storia ha sancito che essi sono sprovvisti di buon senso e misura, per non dire altro. E quando piangono si tratta sempre di lacrime di coccodrillo.

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sabato 28 marzo 2015

Se il lavoro non è una merce per quale motivo si vende e si compra? E perché il suo prezzo cala quando c'è troppa offerta?


Mi risulta oscuro (ma non tanto) il motivo adotto dal segretario della Fiom, Maurizio Landini, per affermare che “il lavoro non dove essere ridotto a merce”. Quale favola più bella agli orecchi dei padroni.

Ma che cos’è la merce? È il prodotto del lavoro, anche se non tutti i prodotti del lavoro umano sono merci. Solo in certe condizioni sociali, infatti, un prodotto si trasforma in merce: queste condizioni storicamente determinate sono rappresentate dai rapporti di produzione mercantili, basati sull’esistenza di lavori effettuati indipendentemente l’uno dall’altro e collegati dallo scambio.

Sia chiaro che la forma mercantile di produzione non s’identifica con il modo di produzione capitalistico: ad esempio, all’interno del modo di produzione antico e poi feudale esistevano già rapporti di mercato (produzione mercantile semplice).

È soltanto con il capitalismo che la produzione mercantile si sviluppa a tal punto da diventare la forma produttiva assoluta e dominante. Nella società capitalistica, infatti, si trasforma in merce non solamente il prodotto del lavoro, ma persino, con buona pace del simpatico e combattivo Landini, la stessa forza-lavoro umana. In questo modo, i rapporti di mercato penetrano fin dentro il processo di produzione diventando i rapporti generali e più frequenti della società.

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venerdì 27 marzo 2015

“L’entusiasmo dei giorni d’agosto”


Se s’impone una scelta fra ingiustizia e disordine, diceva Goethe, il tedesco sceglie l’ingiustizia.

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Quando pensiamo alla distruzione di una biblioteca, può venire in mente quella, mitica quasi, di Alessandria d’Egitto. Altri potrebbero citare la biblioteca descritta in un romanzo poi trasposto in peplum medievale. Più raro venga in mente la biblioteca di Sarajevo. Quando invece pensiamo al rogo doloso di libri ammonticchiati nelle piazze è quasi automatico pensare alle immagini dei falò organizzati negli anni Trenta in Germania. Quei libri eretici furono bruciati dai nazisti, e però dentro alle divise c’erano dei tedeschi. Un popolo che quasi ha stupito per la capacità di risollevarsi dalle distruzioni della seconda guerra, ma forse dovrebbe stupire molto di più che a questa nazione e alle sue classi dirigenti, macchiati dei più gravi crimini contro l’umanità, sia stata data la possibilità di ricostruirsi come grande potenza europea e mondiale, al punto che oggi il loro atteggiamento sprezzante e altero non è in sostanza molto dissimile dal passato.

Ed è per tale motivo che sta riemergendo e diffondendosi nel resto d’Europa e per converso in Germania quel sentimento di ostilità e risentimento fatto di reciproche accuse che già più volte è stato foriero di catastrofi. Non per questo si può tacere di quanto è accaduto in passato più volte, per esempio in un periodo in cui un importante storico berlinese così descriveva il clima emotivo della società tedesca: “L’entusiasmo dei giorni d’agosto del 1914 costituisce per tutti coloro che li hanno vissuti un elemento di altissimo valore, degno di ricordo perenne …..”.

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mercoledì 25 marzo 2015

Uno specchio lontano


La sera del 9 agosto 1914, il generale Joseph Simon Gallieni, pranzando in borghese in un piccolo ristorante parigino,  sentì un redattore del quotidiano Temps, che sedeva al tavolo accanto, dire a un commensale: “La informo che il generale Gallieni è appena entrato a Colmar con tremila uomini”. Gallieni si avvicinò all’orecchio del suo amico che sedeva a tavola con lui e gli disse: “Et voilà comment on écrit  l’histoire!”.

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Ogni guerra porta con sé follie e brutalità soprattutto a danno delle popolazioni civili, ma riguardo alle più efferate brutalità e agli eccidi, alla nostra memoria affiorano dapprima le immagini drammatiche e tragiche dei crimini di cui si è reso responsabile l’imperialismo e il militarismo germanico durante l’ultimo conflitto mondiale.

E dico questo senza voler minimizzare i crimini di altre potenze e assolvere il colonialismo, incluso quello italiano e l’ecatombe provocata dai belgi in Congo. Se leggiamo la biografia di quel generale Gallieni, ci rendiamo conto di quali terribili orchi era capace di partorire la civile Europa anche in tempi recenti. Non va dimenticato che le potenze coloniali, non esclusi gli Usa, a cavallo tra i due secoli si spartirono vaste aree del pianeta.

La lotta per la spartizione del mondo fu la causa principale del conflitto bellico 1914-1918 che costò la vita a milioni di persone, cui s'aggiunse l'epidemia di "spagnola" che falcidiò la popolazione debilitata a causa della guerra, con circa 50 milioni di morti su una popolazione mondiale che era un quarto di quella attuale.

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Viola


Immagino che il nome di Viola Liuzzo non dica nulla. Nemmeno a me che del “dettaglio” storico ho fatto qualcosa di più di un passatempo, nel vano tentativo, ahimè, di difendermi dall’elevato grado di arbitrarietà di cui è oggetto la storia, a cominciare dalle rappresentazioni dell’ideologia vincente e dalle sue celebrazioni politiche. Una piccola “revanche” contro la letargia dell’intelligenza critica cui le pratiche spettacolari ci sottopongono.

Una volta disinnescata la memoria e l’eredità di lotte secolari, diventa molto più difficile esprimere un pensiero antagonista, per non parlare poi di una volontà capace di sovvertire i rapporti di forza che dominano la società. E quando altresì la storia non può essere seppellita, si lavora per renderla inoffensiva. I suoi protagonisti, perseguitati e diffamati in vita, dopo morti diventano icone nel pantheon dell’ipocrisia elitaria, il loro riscatto è la prova che il sistema infine riconoscere i propri errori e sa emendarsi.


La vicenda di Viola Liuzzo è precisamente parte di questo genere di vicende personali e storie collettive che, non potendo essere cancellate, il sistema cerca di canonizzare, avvilendole e svuotandole di sostanza.

Viola, il cui cognome da nubile era Gregg, fu una militante per i diritti civili in Alabama, moglie di Anthony James Liuzzo e madre di cinque figli (Penny, Maria, Tommy, Tony e Sally). Il 25 marzo 1965 venne uccisa a colpi di pistola, mentre si trovava in auto, da alcuni elementi del Ku Klux Klan, vicino a Lowndesboro. Si batteva per il diritto di voto dei neri, un diritto di fatto impossibile da esercitare nella libera e democratica America degli anni Sessanta! Inutile dire che i suoi assassini, pur trattandosi dell’omicidio di una donna bianca, se la cavarono molto a buon mercato. Superfluo anche raccontare il ruolo avuto dall’Fbi.


Oggi, negli Stati Uniti, dove la sua vicenda è fin troppo nota per essere nascosta o dimenticata, Viòla è collocata tra i 40 martiri della lotta dei neri per i diritti civili. Un altro santino da portare in processione in una società dove l’apartheid è un dato di fatto.

martedì 24 marzo 2015

Molto di più


Ieri sera ho ascoltato per qualche minuto, poi ho spento il televisore, un esponente del Pd (non ne sconosco il nome e del resto non è importante distinguerlo dagli altri) secondo il quale il lavoro non è un diritto ma deve essere una dura e quotidiana conquista a denti stretti. Il segretario della Fiom, Landini, dal canto suo ha dichiarato che non è più di “sinistra”. Parole retrodatate .

Qualunque cosa si possa dire della meschinità del presente, le parole sono insufficienti e impotenti. E non c’è nulla che possa suggerirci di andare oltre le parole. E poi se non altro ci sono ragioni anagrafiche, e di dignità. In generale, la dignità nelle nuove generazioni è in eclissi, sono incapaci anche solo di esprimersi con parole appropriate alle situazioni. Di fronte al terrorismo di Stato, tacciono oppure oppongono il solito refrain di luoghi comuni.


Del resto le parole appropriate non si possono nemmeno pronunciare senza incorrere in minacce penali, come dimostra la vicenda di Erri De Luca. Il minimo atto di resistenza concreta, poi, viene perseguito con condanne al carcere pesantissime e assurde. Si vuol stroncare sul nascere ogni forma di resistenza al terrorismo di Stato, uno Stato che ha perso ogni legittimità anche sotto il profilo dei più elementari fondamenti costituzionali. Ecco perché non basta denunciare che la “sinistra” non esiste più, fatto pacifico da decenni. La dinamica delle cose è più avanti. Molto di più.

lunedì 23 marzo 2015

Il cadavere della Grecia e la Pax germanica


Il significato estensivo del termine strozzinaggio, secondo il dizionario, è: pretesa economica eccessiva, fatta da chi approfitta di una situazione favorevole (per lui, ovviamente). Che la Germania e la Francia, tra tutti, abbiano riempito le tasche dei loro banchieri e fabbricanti, mi pare non vi sia più nessuno che lo metta in dubbio. Ne scrivevo in modo dettagliatissimo, almeno per quanto riguarda le spese per armamenti, nel marzo del 2010, anni prima che altri scoprissero l’acqua calda. In un post del luglio successivo, osservavo:

C’è da chiedersi se il popolo greco, segnatamente i lavoratori greci, hanno bisogno di acquistare le merci germaniche, anzitutto i carri armati Leopard e i sottomarini Type 214, acquistati dalla tedesca ThyssenKrupp Marine Systems AG tramite istituti di credito tedeschi.

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Il cadavere della Grecia puzza sempre di più alle narici d’Europa, soprattutto a quelle dei tedeschi. Chi crede che i tedeschi siano cambiati rispetto ai loro nonni e bisnonni, si sbaglia. Essi si sentono incaricati dalla storia di portare ordine, disciplina ed efficienza ai popoli barbari, con quel loro disprezzo, palese o malcelato, soprattutto per i latini, per non dire di noi italiani, camerieri, bagnini, pizzaioli, truffatori, tutti “napoletani”.  

Se un personaggio come Thomas Mann diceva che i tedeschi sono la gente più istruita, più disciplinata, più pacifica della terra, e che perciò essi meritano di essere anche i più potenti, di dominare, di instaurare la “pace germanica” come risultato di “quella che viene definita con piena giustificazione la guerra germanica”, figuriamoci cosa potevano pensare e dire gli altri tedeschi!

E, difatti, nell’agosto 1914, uno scienziato tedesco, sedendo in un caffè ad Aquisgrana, mentre le truppe germaniche bruciavano i villaggi belgi e trucidavano in massa i loro abitanti, ebbe a dire al giornalista americano Irvin Cobb:


“Noi tedeschi siamo la razza più industriosa, più seria, meglio educata d’Europa. La Russia è reazionaria, l’Inghilterra egoista e perfida, la Francia decadente, la Germania è il paese del progresso. La Kultur illuminerà il mondo; e mai più vi saranno guerre dopo di questa.»

domenica 22 marzo 2015

Il futuro della rivoluzione sociale è già qui, asini!


I contributi che l’intellighenzia “de sinistra” offre all’ideologia borghese sono insostituibili per il mantenimento dello status quo quanto quelli che l’intellighenzia “laica” spalma in lode del papato sono essenziali al mantenimento in vita del cattolicesimo. È il turno di Alessandro Gilioli di raccontarci la sua versione della crisi del capitalismo e di come risolverla, lo fa con un lungo intervento nel suo blog dal titolo: Capitalismo, tecnologia e welfare universale.

Scrive Gilioli: “la macchina del capitalismo si inceppa malamente. Senza i consumi, infatti, non funziona”. In dettaglio: “Un precario, per antonomasia, non aiuta la ripresa la consumi. E' questa la contraddizione principale dell'ideologia neoliberista: cercare di rendere i lavoratori flessibili mantenendo i consumatori voraci. Non può funzionare”.

Bravo, non può funzionare all’infinito. E però questo non dipende dalla contraddizione principale dell'ideologia neoliberista, come Gilioli dà da bere ai suoi lettori, poiché prima ancora tale contraddizione principale riguarda un fatto concreto e non solo una concezione  ideologica, ossia concerne la contraddizione su cui poggia il modo di produzione capitalistico. Ma procediamo per gradi.

sabato 21 marzo 2015

[...]


Lo spettacolo ha bisogno di simboli qualificati, lo sappiamo bene. Perché un prete argentino diventi una star è sufficiente vestirlo di bianco e fargli dire qualche banalità sulla povertà. A farci inumidire gli occhi ci pensa la propaganda laica. E vedi mai che dei poveri cristi di tunisini e di turisti in crociera suscitino una qualche forma di empatia com’è stato invece per i martiri della libertà d’espressione europea. Sui morti di Tunisi, prima calerà il sipario e meglio sarà. Soprattutto per il business turistico. L’obiettivo, quello di metterci paura del feroce Saladino, è stato raggiunto. Sui milioni di vittime e di profughi causati dalle guerre del capitalismo non si spende una parola.

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Questa foto eloquente ci dice chi rappresenta il potere economico finanziario in Europa.

venerdì 20 marzo 2015

Quanto ne sappiamo?


L'ultimo abominio in una camera della morte degli Stati Uniti ha avuto luogo nella notte di martedì scorso nello Stato del Missouri, quando a Cecil Clayton, 74 anni, è stato iniettato del pentobarbital, uccidendolo. L’esecuzione è avvenuta nonostante le prove schiaccianti della sua disabilità mentale.

Nel 1972, Clayton stava lavorando in un deposito di legname, quando un pezzo di legno lo ha colpito alla testa. I chirurghi sono stati costretti ad asportare un quinto del suo lobo frontale, l'area del cervello che controlla funzioni psichiche fondamentali. Prima d’allora, come scrive il Washington Post, Clayton era una persona normale, lavorava part-time anche per una casa di cura locale, soprattutto non beveva, cosa di per sé straordinaria negli Stati Uniti, laddove la maggioranza della popolazione adulta, di qualunque classe sociale, assume abitualmente cospicue dosi di alcol.

Perfino compassionevoli

«Tali sono i funesti paralogismi che, se non con chiarezza, confusamente almeno,
fanno gli uomini disposti a' delitti, ne' quali, come abbiam veduto,
l'abuso della religione può piú che la religione medesima.»
(Beccaria, Dei delitti ..., cap. 28)



Ogni ideologia, e con essa ogni religione che dell’ideologia è una componente importante, si manifesta in forme e modi diversi nell’atteggiamento delle persone. Le motivazioni che muovono queste persone sono di carattere ideologico, ma le cause del loro comportamento hanno radici sociali ben più profonde. Orripiliamo alla vista di certe immagini di sgozzamento, ma se andiamo a leggere le cronache di epoche recenti e di quelle un po’ meno recenti, su come avvenivano le esecuzioni capitali, i fanatici tagliagole di oggi potrebbero apparirci perfino compassionevoli nei loro atti pur esecrandi. Quando alle motivazione religiose si sostituiranno delle motivazioni politiche, le atrocità e i gesti d’insensatezza non per questo cesseranno, come del resto lo scontro tra israeliani e palestinesi dimostra, ma anche come ha dimostrato il terrorismo basco o irlandese, quanto è avvenuto nel carcere di Stammheim o nei carceri italiani, oppure come mostra Guantanamo. A riguardo di quest’ultimo, vorrei segnalare l’articolo di Vittorio Lingiardi dal titolo Sofferenza senza confini apparso sull’ultimo Domenicale de Il Sole 24ore.

giovedì 19 marzo 2015

Parliamo di fatti


Siamo distratti dalle opinioni, ma i fatti vanno avanti per conto loro, sempre testardi. E con i fatti intendo, tra l’altro, la nuova corsa agli armamenti. Parliamo dunque di questo genere di fatti, e segnatamente di sommergibili. Ai sommergibili ho dedicato tre post molto divulgativi, giusto quattro anni or sono. In particolare ho posto l’attenzione sull’evoluzione di questo genere di scafi fino al modello tedesco denominato Typo XXI, di cui un esemplare divenne operativo solo nelle ultime settimane di guerra e che può essere considerato l’antesignano delle imbarcazioni convenzionali successive.

mercoledì 18 marzo 2015

Non è adatto a un pubblico televisivo


La puntata di oggi della trasmissione Il tempo e la Storia aveva per tema il taylorismo e il fordismo. Come consulente presente in studio lo storico Lucio Villari, il quale non ha saputo spiegare la differenza tra la prima e la seconda rivoluzione industriale. Secondo lo storico la prima rivoluzione industriale è consistita nella “divisione sociale del lavoro”, ossia nella parcellizzazione del lavoro; la seconda rivoluzione industriale, invece e all’opposto, è consistita nel coinvolgere l’operaio nel processo produttivo complessivo e con ciò nello sviluppare nel lavoratore un interesse per le sorti della produzione e della fabbrica che l’impiega. Lo stesso conduttore del programma, Massimo Bernardini, è dovuto intervenire chiedendo ragguagli. L’esempio che ne è seguito è stata la classica pezza peggio del buco. Ad ogni modo non è questo che m’interessa rilevare.

Lampi di guerra nell'Egeo



Oggi c’è il freccia rossa e il freccia argento (e, per la madonna, anche certi treni per pendolari!) e si stenta a credere che fino a circa 40anni or sono vi fossero ancora delle tratte ferroviarie servite con locomotive a carbone. Tra gli anni sessanta e i primi anni del decennio successivo ho viaggiato in alcuni casi proprio con quei treni trainati da vecchie locomotive a carbone. Nulla di romantico, posso assicurare. La prima volta viaggiai sulla Belluno-Calalzo, subito prima della strage del Vajont, poi anche nell’Italia centrale, per esempio.

D’estate, con i finestrini aperti (l’aria condizionata nei treni non solo non era ancora realtà, ma nemmeno concetto), poteva entrare la caligine fuoriuscita dal fumaiolo del locomotore. Si adagiava calma e silente sui vestiti. D’istinto si soffiava per toglierla, poi si provava con altri metodi empirici e tragici. Credo che in certe condizioni di vento la stessa cosa accadesse ai passeggeri che viaggiavano con i piroscafi alimentati a carbone, in epoche precedenti a quella di cui sto dicendo.

A proposito di piroscafi, ve n’erano che percorrevano, agli inizi del secolo scorso, la tratta tra Venezia e Costantinopoli. Arrivare nell'antica capitale bizantina via mare, cioè ad Istanbul, è emozionante ancor oggi, specie se la traversata dell’Egeo è stata di notte in situazioni di burrasca, come è capitato a me. All’imbocco del Mar di Marmara, oggi come ieri, le navi di una certa stazza imbarcano un pilota locale come guida. Il museo d’arte orientale di Istanbul, pochissimo visitato, merita il viaggio nella città turca già per i suoi giganteschi sarcofagi di Sidone con splendidi bassorilievi.

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martedì 17 marzo 2015

“Su tutta Europa le luci si stanno spegnendo ... "

«Quale che sia la nostra sorte, il 4 agosto 1914 rimarrà memorabile in eterno come uno dei giorni più gloriosi della storia della Germania».

Queste parole venivano pronunciate al Reichstag, con l’enfasi delle grandi decisioni, dal cancelliere Theobald von Bethmann-Hollweg, figlio di Felix, un ufficiale prussiano proveniente da un'importante famiglia di banchieri, e di Isabella Frédérique Louise de Rougemont, anch’essa figlia di banchieri, ma elvetico-francesi (*).

Le truppe tedesche il 2 agosto avevano varcato il confine lussemburghese, l’invasione del Belgio era già iniziata quel 4 agosto, e il giorno prima la dichiarazione di guerra era stata consegnata alla Francia, facendo seguito a quella consegnata alla Russia il 1° di agosto (**). Come aveva previsto Bismarck, un incidente nei Balcani si trasformò in una carneficina internazionale. 

Solo un promo


Oggi volevo scrivere un post avente per tema due formidabili navi da guerra turche costruite nei cantieri inglesi, e poi due navi da guerra tedesche in fuga dalla flotta inglese nel Mediterraneo, due navi della Kaiserliche Marine che diventeranno turche. Navi germaniche ribattezzate turche che poi si batteranno con la potente flotta russa del Mar Nero. Immaginiamoci gli ufficiali e i marinai tedeschi con il fez (ho recuperato una foto).

Il nipote dell’ammiraglio tedesco a capo delle due navi divenute turche fu uno degli assassini di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Una delle due navi avrebbe trasportato la salma di Mustafa Kemal detto Atatürk. Durante lo scontro tra le due navi da guerra tedesche, non ancora divenute turche, con un incrociatore inglese, si trovò a passare un battello passeggerei partito da Venezia e diretto a Costantinopoli. Chi c’era a bordo? No, non mio nonno, non ancora.

Che pasticcio di situazioni e intreccio di vite. La fuga delle due navi da guerra tedesche, la figura barbina dalla flotta inglese, costituirono grave menda sul curriculum di un certo Churchill, bellicoso primo Lord dell’Ammiragliato. Mancò agli inglesi soprattutto d’immaginazione, uno dei fattori essenziali nei “centrali” di partita. E mancò la fortuna (comunque denominata), fattore fondamentale in guerra così come nella vita.


C’è chi sostiene che questo episodio d’esordio della prima guerra mondiale ebbe un impatto dapprima politico e poi strategico sul conflitto. Tanto da determinare il corso della storia russa. La mia opinione è un po’ diversa, ma questo è solo il promo (o trailer, se preferite), il post forse lo scriverò nei prossimi giorni. Più tardi cucinerò ugualmente un post su un tema storico, ma non alla marinara, bensì uno Schlachtplatte alla berlinese. Piano con la salivazione, non è ancora ora di pranzo.

lunedì 16 marzo 2015

«Gli Stati Uniti sono l'unico paese al mondo in cui i bambini sono condannati a morire in carcere»


Negli Stati Uniti d’America ogni anno gli arresti di minori sotto i 15 anni sono almeno 500.000, 120.000 fra i 10 e i 12 anni e 20.000 i minori sotto i 10 anni d'età. Sono stati arrestati bambini di meno di 6 anni. Un bambino o un adolescente può essere ritenuto responsabile di reati e subire la condanna a pene detentive previste per gli adulti e da scontare nelle carceri per adulti. Secondo dati ufficiali, erano 70.792 nel 2010 e 61.423 nel 2011 i minori detenuti, tra i quali 19.014 (2011) nelle prigioni per adulti. Di questi 427 i minori con meno di 13 anni di età, 952 hanno 13 anni, 2.135 hanno 14 anni, 3.967 hanno 15 anni, eccetera.

Secondo l’American Civil Liberties Union, fondata nel 1920 da Roger N. Baldwin, sono 2.570 i minori condannati all’ergastolo senza condizionale ("life imprisonment", detto anche "life punishment"). L'ergastolo senza condizionale non va confuso con pene ugualmente pesanti come, ad esempio, la condanna a più di 100 anni di prigione, che è una pena cumulativa di pene minori, ma con cui si può accedere comunque alla liberazione condizionale, quando si ha scontato quasi metà della pena. Inoltre esiste la condanna all'ergastolo discrezionale, nota come "da 5 anni all'ergastolo", in cui il detenuto resta imprigionato fino a che una commissione non decida altrimenti, senza che il detenuto possa avere diritto alla libertà condizionale [*].

Sui media occidentali non viene spesa una parola di questa barbarie. Il New York Times dello scorso 13 dicembre dà notizia di una sentenza della Corte suprema in cui è stabilito che un minore di 18 anni può essere condannato al carcere a vita senza condizionale, ma solo dopo aver considerato la giovane età come attenuante!!

domenica 15 marzo 2015

L’ultima parola del pensiero razionale


Per quanto si discuta su come uscire dai disastri sociali attuali e da quelli incombenti e irreversibili che riguardano la salute del pianeta, dalla crisi economica così come dagli effetti delle emissioni antropiche, non c’è alcuna evidenza d’inversione di tendenza, di idee e di progetti la cui applicazione trovi poi positivi risultati.

Degli effetti delle emissioni del cosiddetto gas serra si parla almeno dal rapporto delle Accademie americane delle scienze presentato dal presidente Johnson al Congresso nel 1965. Da allora gli studi, le pubblicazioni, i convegni, i protocolli e le grida dall’allarme non si contano. E tuttavia è di questi giorni la notizia che la concentrazione di CO2 aumenta dopo aver segnato il record nel 2013.

La nostra epoca detiene i mezzi tecnici per alterare in via definitiva le condizioni di vita sul pianeta. I ghiacciai fondono, gli oceani acidificano, il livello dei mari aumenta insieme alla concentrazione atmosferica di CO2 e alla temperatura globale, e non si fa nulla per raggiungere un effettivo accordo internazionale sulla immediata e drastica riduzione delle immissioni e dell’inquinamento in generale, per fermare il disboscamento, per limitare le monoculture e l’inaridimento di vaste aree del pianeta.

Tali accordi non sono possibili per l’opposizione di troppi interessi in campo, per la frammentarietà dei poteri, per il carattere dei rapporti tra le diverse nazioni, ma anzitutto perché il modo di produzione capitalistico segue le sue leggi e ogni misura di riforma è semplice placebo.

Oggi siamo giunti al punto in cui non è più possibile risolvere nessun problema senza imboccare la lunga e tortuosa strada della rivoluzione globale. Rivoluzione o morte non è più un’espressione poetica, o un auspicio rivolto in chiave etica al bisogno del cambiamento; essa è diventata una necessità, l’ultima parola del pensiero razionale.

Pertanto, essere razionali oggi significa essere per la rivoluzione. Il resto sono, quando va bene, seghe mentali!


E tuttavia finché abbiamo di che scaldarci quando fa freddo e di che rinfrescarci quando è caldo, garantito il necessario e un po’ di quella che chiamano opulenza, finché avremo rappresentata la nostra e l’altrui vita come un continuo spettacolo, la borghesia può dormire sonni tranquilli. Quando verranno meno queste garanzie e certezze, solo allora esploderà la rabbia, s’impiccheranno ai lampioni alcuni veri furfanti e molti capri espiatori.

La vostra guerra è la nostra guerra



In Egitto sono state emesse 1400 condanne a morte, divenute già esecutive. E tuttavia i leader democratici dell’occidente, il segretario di Stato John Kerry, i maggiori tecnocrati della finanza, tipo Christine Lagarde, hanno partecipato a Sharm el-Sheikh all'apertura di una Conferenza per lo sviluppo economico, impegnandosi a finanziare il regime dittatoriale e sanguinario del generale Abdel Fattah al-Sisi, colui che con un colpo di Stato ebbe a defenestrare l’allora presidente Mohamed Morsi, regolarmente eletto. Dei capi di Stato e di governo dei G-7 c’era solo l’italiano Matteo Renzi.


Tutti in fila per firmare lucrosi contratti con l’Egitto, ben sicuri che il terrore politico garantirà salari bassi e alti profitti (i salari medi sono tra i 1.000 e le 1.700 lire egiziane, vale a dire mediamente sui 150 euro il mese). Gli scioperi operai, soprattutto quelli dei lavoratori del tessile, sono stati repressi con brutalità, nel silenzio assordante dei media occidentali. Una nuova legge approvata dalla giunta di al-Sisi solleva da ogni responsabilità penale i dirigenti delle aziende per qualsiasi cosa dovesse succedere ai lavoratori all’interno delle fabbriche. Le lotte che hanno portato alla sollevazione contro Mubarak nel 2011, sono state già dimenticate. I facinorosi arrestati e condannati. “La vostra guerra è la nostra guerra, e la vostra stabilità è la nostra stabilità”, ha detto Renzi.

sabato 14 marzo 2015

Giornali


Quando la Cina nella seconda metà del XIX secolo aprì obtorto collo all’Occidente, inviò alcuni suoi dignitari a visitare gli Stati Uniti e i paesi europei. Per una strana combinazione di gerarchia e di rifiuti, toccò a un mandarino di classe non elevata e impiegato all’ufficio delle dogane, certo Binchun, mettersi in viaggio verso i paesi dei “diavoli bianchi”. Si recò in undici paesi e visitò città, fabbriche, musei, cantieri navali, ospedali ed entrò in contatto con ogni tipo di persone, dai monarchi alle anime comuni. Rimase stupito dalle città illuminate e non meno dei treni su quali viaggiò decine di volte: “sembra di volare”, scrisse. Prese nota che le macchine potevano migliorare la vita delle persone. Ebbe a considerare che le pompe d’acqua usate per l’irrigazione avrebbero potuto, se usate in Cina, rendere fertili le terre ed evitare la siccità. Ebbe ad annotare anche questo:

«Agli occidentali piace essere puliti, e i loro bagni e gabinetti sono lavati fino a diventare immacolati. L’unico aspetto negativo è che essi gettano giornali e riviste nelle feci, dopo averli letti, e talvolta se ne servono per pulire la lordura. Sembra che non rispettino e non apprezzino quanto vi è scritto.»


(La citazione di Binchun è tratta da: Jung Chang, L’imperatrice Cixi, trad. di Elisabetta Valdré, Longanesi 2015, p. 97).

venerdì 13 marzo 2015

Sempre che ...


Capita spesso di leggere frasi come queste: “la ricetta proposta non è particolarmente originale”, soprattutto “non mette sotto accusa esplicitamente il darwinismo sociale dei conservatori e le politiche fiscali di Bush che hanno favorito l’eccessiva polarizzazione nella distribuzione dei redditi”. E via di questo passo, la musica è sempre la stessa: la crisi è dovuta alla sproporzione nella distribuzione della ricchezza, nella compressione dei redditi della classe media, dunque nelle politiche fiscali che favoriscono capitale e patrimoni.

giovedì 12 marzo 2015

Bisogna avercelo


Immagino che l’attenzione tra ieri e oggi (non più di due giorni, poi annoia) si sia concentrata sull’assoluzione di quel puttaniere che quando era presidente del consiglio dei ministri non sapeva chi fossero le fanciulle che frequentavano il suo lettone, cioè se fossero nipoti di Mubarak o putacaso concubine di al-Zarqawi. Né poteva porsi il problema se la prostituta che gli strofinava l’uccello fosse per caso minorenne, un’emissaria di qualche ambasciata oppure una clandestina. E del resto il servizio di sicurezza, pagato con i soldi nostri, non aveva tra i suoi compiti quello di sapere chi entrasse nell’abitazione del capo del governo. Non quel genere di entrate.


Perché trovare singolare tutto questo in un paese paradossale come il nostro? L’Italia è un paese a sangue caldo, ove ognuno si sente esonerato da responsabilità per ciò che accade (quasi sempre a sua insaputa). Se un puttaniere del genere è riuscito a mobilitare pensieri e sogni di molti milioni di elettori per vent'anni, e se hanno messo a capo del Ministero per le Riforme Costituzionali tale Elena Boschi, una 33enne “cultrice della materia” di diritto commerciale, vuol dire che c’è pieno accordo non solo tra i poteri che contano, ma anche tra coloro che non contano un cazzo. Non perderemo nessuna libertà, alcun diritto, né tantomeno l’onore e il coraggio. Per perdere qualcosa, bisogna avercelo.  

mercoledì 11 marzo 2015

Una lunga strada


Le crisi pongono in evidenza l’essenziale del capitalismo, e ciò vale in questi giorni per la Grecia in modo eclatante. Non ha alcuna importanza che cosa ha deciso il popolo greco lo scorso 25 gennaio con le elezioni, non ha alcun rilievo l’iniziativa del governo ellenico, ciò che conta, assolutamente e unicamente, è ciò che decidono altri, anzitutto il capitale finanziario internazionale. Le politiche di austerità che hanno devastato la Grecia, distruggendo vite e speranze, continueranno senza sosta. Non è la democratura, come dice Scalfari (riferendosi però alla Russia di Putin) e qualche altro, questa è la democrazia borghese, il miglior involucro, com’è noto, per la dittatura del capitale.

C'è stata una campagna di propaganda per ritrarre il popolo greco come un pigro parassita che vive della generosità dei governi europei e delle istituzioni finanziarie disposti a pagare i loro debiti. In realtà, il cosiddetto piano di salvataggio non ha mai avuto lo scopo di aiutare il popolo greco. È stato usato per salvare le banche europee e gli hedge fund. Dei 226,7 miliardi in prestiti concessi dai paesi della zona euro e dal Fondo monetario internazionale, solo l'11 per cento è andato a finanziare direttamente la spesa pubblica greca. Il resto del denaro è stato utilizzato sia per finanziare i pagamenti d’interessi alle banche e evitare una svalutazione dei loro crediti inesigibili.

martedì 10 marzo 2015

Non chiamatela minaccia, e nemmeno provocazione



A proposito di Draghi e del cosiddetto quantitative easing (vedi qui) è presto detto a cosa serve: portare l’inflazione verso il 2 per cento, come dichiarato. Come non dichiarato, il QE serve a svalutare ancor più l’euro, dunque a rendere più a buon mercato le merci europee, anzitutto la merce per eccellenza. Sappiamo bene qual è. In tal modo si tende a favorire l’esportazione, e sfavorire l’importazione riducendo il consumo di prodotti esteri. Con la riduzione del potere d’acquisto dei salari non è detto che una quota maggiore di essi vada in consumi di prodotti europei. E comunque i consumi verranno a contrarsi ulteriormente, anche se si spera vi saranno maggiori investimenti e quindi creazione di salari aggiuntivi. Questo è negli auspici ed è però tutto da verificare, come il Giappone insegna. Chi invece ne trarrà sicuro vantaggio saranno le banche, che potranno impiegare in credito (si spera) o in speculazione (è probabile) le riserve monetarie che il QE libera per mezzo dell’acquisto di titoli detenuti dalle banche. La sostanza, all’osso, è questa.

Da non dimenticare un dettaglio: gli “accomandatari” dell’operazione sono gli Stati, cioè il cetriolo è, ancora e sempre, dietro a noi. Ma non chiamatela minaccia, si chiama: “favorire la crescita”.

*

lunedì 9 marzo 2015

I teorici del flogisto


Oggi leggo sul New York Times quanto ha scritto il 23 febbario Paul Krugman sul tema della disoccupazione e i suoi larghi dintorni, laddove dice che il collegamento tra scolarizzazione e occupazione è un mantra politico, a valere “più dello studio, specializzazione e bravura, è il potere”. Un po’, apparentemente, quanto ho scribacchiato (si parva licet) quattro giorni fa in un post dal titolo: I signori del merito.

Krugman specifica anche di che potere si tratti: un piccolo gruppo di persone che coprono posizioni strategiche ai vertici delle corporation o che siedono in posti chiave della finanza. E tuttavia, come solito, non parla di classi sociali, ma d’indeterminati gruppi di potere. Poi propone le solite cose, tassare i ricchi per elargire elemosine ai poveri cristi, eccetera.

Spero non sia intesa come spocchia, ma questi economisti quando scrivono di queste cose mi ricordano i teorici del flogisto prima di Lavoisier. Anzi, le loro teorie non reggono il confronto con quelle degli economisti classici (*). Per nostra fortuna il nostro Lavoisier per quanto riguarda la critica dell’economia politica l’abbiamo avuto, anche se viene ignorato o citato a sproposito e di terza mano.

Un'altra storia


Le celebrazioni per il 50° anniversario della marcia da Selma a Montgomery, con la presenza del noto criminale di guerra George W. Bush e altri cento membri del congresso, dovrebbero far riflettere sul grado di mistificazione raggiunto nelle nostre società, un livello che non ha nulla da invidiare a quello raggiunto dai regimi dittatoriali del Novecento. E che gli Stati Uniti siano un paese governato da un’élite razzista e reazionaria non è una novità.

Quel giorno, il 7 Marzo 1965, centinaia di manifestanti per i diritti civili che chiedevano il diritto di voto (poveri illusi) sono stati selvaggiamente picchiati dalla polizia mentre tentavano nella loro marcia di attraversare l’Edmund Pettus Bridge a Selma, in Alabama, per dirigersi verso la capitale dello stato, Montgomery. Anche se il pestaggio non raggiunse le vette di brutalità di Genova 2001, si trattò di un episodio di violenza poliziesca che ebbe molta risonanza mediatica.

domenica 8 marzo 2015

È convinto


Scalfari scrive oggi che Renzi, nel suo viaggio a Mosca, avrebbe accennato a Putin, tra l’altro e a proposito della situazione ucraina, “ad una soluzione del tipo Alto Adige per le province russofone dell'Ucraina e poi ha cambiato argomento chiedendo a Putin ….”. Eccetera. Evidentemente Scalfari non ha letto i 13 punti dell’accordo del 12 febbraio scorso, la maggior parte dei quali era presente anche nel precedente protocollo del 5 settembre, ufficializzato in un memorandum del 19 settembre. Evidentemente non sa nulla del cosiddetto Minsk-due, ma non è il solo nella stampa e nei media italiani.

Se avesse preso visione del Minsk-due, non avrebbe scritto che Renzi ha accennato a Putin una soluzione tipo Alto-Adige, poiché Putin avrebbe riso alle lacrime.  Nel Minsk-due si va ben oltre un’autonomia regionale analoga a quella altoatesina. È prevista, oltre a una larga autonomia amministrativa, con compartecipazione alla nomina di dirigenti degli organi giudiziari delle regioni, l’autodeterminazione linguistica, e altre cose ancora, perfino la creazione di formazioni di milizia popolare autonome!


Scalfari pensa seriamente che Renzi abbia qualcosa da insegnare o anche semplicemente da dire al “dittatore” Putin sull’Ucraina e su tanto altro? E, in riferimento al prologo del suo editoriale, pensa davvero che la situazione democratica in Italia sia migliore di quella russa? Magari è pure convinto che anche l’informazione lo sia!

sabato 7 marzo 2015

"Non potete immaginare a che punto è satanico”


Immaginiamoci di vedere Putin (non quello di oggi, ma quello che Time eleggeva personaggio dell’anno nel 2007) sfilare a un corteo funebre, in divisa militare, a bordo di una decapottabile, tra due ali di folla vestita a lutto e in silenziosa reverenza. E tutto ciò immaginiamocelo non a Mosca ma a Washington. L’uniforme indossata da zar Putin non è quella dell’esercito russo, ma di quello americano. Al suo fianco il vicepresidente degli Stati Uniti, ora divenuto presidente poiché nel feretro che stanno accompagnando c’è il corpo del defunto presidente. Più che una visione di fantapolitica si tratta di un’allucinazione, vero?

venerdì 6 marzo 2015

Né la Bibbia e né il Corano


Quando s’abbattono le statue di Akhenaton, quelle degli imperatori romani, oggi quelle di Lenin e di Saddam, lo scopo non è solo quello di rimuovere i simboli del passato regime. La distruzione delle immagini, o il rogo di libri, rientra nella lotta per l’informazione. Il silenzio è la condanna all’oblio.

I simboli e i testi di una data cultura sono la materializzazione di un sistema di comunicazione che svolge una determinata funzione di orientamento sociale. Selezionare immagini e testi che possono essere ricordati e quelli che devono essere distrutti e dimenticati, ma anche produrre e mettere in circolazione testi disinformati, inquinati e sostitutivi, equivale a controllare il flusso della vita sociale.

Quello della lotta ideologica è un aspetto importate della lotta per il potere e il dominio (*). Spesso, specie in passato, ha assunto le forme della disputa religiosa. Quasi tredici secoli or sono l’imperatore bizantino Leone III Isaurico pubblicò il suo celebre editto contro il culto delle immagini. Tale provvedimento possiamo attribuirlo a una data lettura e interpretazione delle scritture sacre, e tuttavia il suo scopo era anzitutto politico e va dunque inquadrato in quel contesto storico.

giovedì 5 marzo 2015

I signori del merito


Le persone che fanno parte delle élite venali e politiche, spesso imparentate tra di loro, possiedono idee molto nette e avanzate sul principio d’uguaglianza: concedono che tutti gli uomini sono stati creati uguali (questa è l’espressione che usarono gli schiavisti americani nella loro Dichiarazione). Del resto è tutta gente che si dichiara democratica, convinta che le persone hanno diritti inalienabili, che esistono leggi e istituzioni per la tutela di tali diritti.

Essi sono anche convinti che la loro posizione sociale, il loro successo, sia stato acquisito per merito. L’idea meritocratica è molto diffusa presso questi ceti sociali, e siccome l’ideologia è sempre l’ideologia delle classi dominanti, questa idea ha fatto presa in ogni classe sociale. Da essa nasce il convincimento delle élite di essere speciali. Sentono la loro ricchezza, sono consapevoli della loro posizione. Non lo vanno a dire in giro, e tra di loro è semplicemente tacito. Solo l’invidia sociale dei mediocri può mettere in dubbio il loro merito.

Se avessi mille euro al mese ...


Scrivo poco su argomenti d’attualità, ancora meno sui temi della polemica corrente. Nessuna spocchia, credo, ma semplicemente la constatazione che si tratta, sempre e comunque, di un dibattito falsato già in premessa. Passo subito ad un esempio concreto, di modo da far comprendere qual è la differenza tra una posizione di “sinistra” e una posizione di “destra”. Perché non è vero che certe posizioni non sono di parte, specie quelle che si ammantano di un’aura di obiettività insindacabile e statisticamente inoppugnabile. È gente che vuole cogliere fiori in tutte le aiuole.

Prendiamo la questione delle pensioni e della sostenibilità della cosiddetta previdenza pubblica. Tutti sappiamo di quali vantaggi ha goduto chi è andato in pensione con il sistema di conteggio detto “retributivo” rispetto a coloro il cui calcolo pensionistico viene fatto solo con il contributivo; poi viene la questione dell’età pensionabile e via discorrendo. In aggiunta i ben noti privilegi di certe categorie sociali, e come tutto questo abbia creato dei forti squilibri nella bilancia previdenziale, tanto che si è dovuto por mano per via legislativa più volte al sistema delle pensioni.

Vediamo però come le riforme adottate si trasformano e dividono di volta in volta, come del resto l’odierna riforma del lavoro, in mucchietti di cose buone o passabili, e in mucchi di sterco.

mercoledì 4 marzo 2015

Storia di un amore


Ci si può innamorare di un eunuco? Eccome, anche a una donna può capitare. Si può avere un’attrazione sensuale per chiunque, perfino per un personaggio mitologico (vedi Teresa d'Ávila), tanto meglio se è per un eunuco in carne e ossa, pur sprovvisto del corredo completo. E di una storia d’innamoramento tra una giovane donna e un eunuco, con epilogo singolare, dirò tra poco, dopo qualche riga su un interessante libretto, curato da Alessandra Brezzi, Note per un dono segreto, il viaggio in Italia di Shan Shili, che offre le impressioni di prima mano della moglie di uno dei primi diplomatici cinesi, Qian Xun.

martedì 3 marzo 2015

Quattro cose dette così ...


Il riformismo si pone obiettivi illusori, e ciò vale anche per il sindacato. Anche le rare organizzazioni sindacali che si pongono in un ruolo antagonista rispetto al capitale, sono il mezzo per realizzare la legge capitalistica del salario, cioè la vendita della forza lavoro al prezzo di mercato. Vero che il sindacato sfrutta le congiunture del mercato (in ciò la sua funzione principale), ma esse stesse sono condizionate dallo stadio in cui è giunto lo sviluppo della produzione e dall’offerta di forza lavoro. Due aspetti, dunque, che il sindacato non può controllare. Pertanto essi non possono mutare la legge dei salari, e nel migliore dei casi possono mantenere lo sfruttamento capitalistico nei limiti che considerano “normali” (le “normali” otto ore, per esempio, ecc.).

Né i sindacati possono ingerirsi nella parte tecnica della produzione e nei volumi produttivi, quindi sui modi e i livelli in cui avviene lo sfruttamento. È la necessità propria dello sviluppo capitalistico, nel tentativo di aumentare o mantenere il saggio del profitto, che sprona il singolo capitalista a miglioramenti tecnici. La posizione del singolo lavoratore è invece opposta, poiché ogni trasformazione tecnica peggiora la situazione immediata deprezzando la forza lavoro, e rendendo spesso il lavoro più monotono e ripetitivo. E ciò è in contraddizione col fatto che la classe operaia nel suo complesso, al pari di quella capitalistica sebbene per motivi opposti, ha interesse al progresso tecnico e tecnologico perché ciò coincide inevitabilmente con la sua emancipazione.