Le cronache giudiziarie di questi giorni si riferiscono ad alcuni personaggi i cui nomi ricorrono anche per le opere del Giubileo del 2000. Da parte di alcuni esponenti del mondo politico si sostiene che le opere previste per quell'evento furono per buona parte realizzate. Non è così. Infatti l'85% delle opere inizialmente previste per il Giubileo a Roma non è stato realizzato, ed è quanto risulta dall'analisi dei documenti ufficiali (decreti ministeriali, delibere della commissione per Roma capitale e relazioni al Parlamento). All'epoca furono stanziati 2.578 miliardi di lire per il Giubileo per il Comune di Roma, 2.200 dei quali riguardavano opere inizialmente programmate e non realizzate. Bruscolini.
Eccone alcune:
1. linea metropolitana C: 1.500 miliardi;
2. tram Aurelia - Stazione Termini: 141 miliardi;
3. Archeotram: 72 miliardi;
4. passante viario nord-ovest: 91 miliardi;
5. depurazione del Tevere: 40 miliardi,
6. passante dei laghi: 30 miliardi.
Si tratta di opere strutturali che avrebbero inciso in particolare sulla mobilità che, a tutt’oggi, dopo la malavita politica, è il maggior problema della Capitale. Nel corso del tempo questi investimenti sono stati in tutto o in parte definanziati o trasferiti su altre voci di bilancio, dando luogo ai soliti finanziamenti a favore delle varie cricche, non ultima quella vaticana. Solo così possono dire che la maggior parte dei finanziamenti sono stati impegnati e le opere realizzate.
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Bei tempi quelli in cui la Lega tuonava contro il canone Rai. Oggi si adeguano al magna magna. Il solito Zaia auspica di trattenere in sede locale parte del canone Rai, al fine anche di sostenere l'emittenza locale e la Rai regionale: “Senza le televisioni locali, non possiamo parlare con i cittadini, soprattutto delle notizie del territorio”. Senza le Tv locali non possono completare l’opera di infinocchiamento dei padani: al presidente della regione Veneto dovrebbe essere noto che le emissioni regionali della Rai usufruiscono già dei proventi del canone/imposta.
Nel forum gestito dalla signora Isabella Bossi Fedrigotti sul Corriere (attualmente sospeso perché la signora è in “viaggio”) c’è un post di tale “nonnapapera” che dice:
una cosa positiva portataci dalla crisi economica? leggo che a causa della crisi è diminuito del 25 % il consumo di droghe....non so come fanno a calcolare queste cose , ma se è vero allora qualcosa di buono è venuto fuori anche dalla crisi....
Risponde stringata la signora I.B.F.:
Se è vero... Ciao, Isabella.
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A due passi da casa mia abita un autista di camion (trasporti internazionali: partenza domenica sera e ritorno venerdì) il quale ultimamente ha fruito di sei mesi di ferie arretrate (anni che non le faceva), al termine delle quali, all’età di quasi sessant’anni, è stato messo in cassa integrazione facendogli capire di trovarsi un altro posto di lavoro. A questo vicino di casa ho raccontato quanto scrive “nonnapapera”. Il suo commento è stato un po’ diverso da quello espresso da I.B.F., pur sintetico anch’esso ma anche tutto in punta ex art. 724 c.p..
La borghesia, quella che ragiona, si sta rendendo conto che cancellando il passato, ossia quei principi sui quali si basa la moderna società industriale, si sta cancellando il futuro, mettendosi nelle mani del fascismo (non più in orbace, ma in cashmere, come ho scritto nei giorni scorsi).
Quell'avanguardismo ultraliberista di cui Piero Ostellino è corifeo dalle colonne del Corriere: «la vittoria dell' “individualismo metodologico”, che riconduce le dinamiche sociali all'Individuo, ponendolo al centro, rispetto a quell'astrazione ideologica chiamata collettività».
Il gioco è sempre lo stesso, ed è facile poiché contrabbanda i diritti della democrazia liberale, cioè il riconoscimento e la tutela legale dei diritti fondamentali della persona e del lavoro (che con sprezzo Ostellino liquida come banali “garanzie”), a nient’altro che a una difesa corporativa, anzi, peggio, a un rigurgito di “nostalgici del marxismo-leninismo”, “degli eredi del verticalismo sindacale”.
Un ricatto vecchio come il cucco quello fondato sull’idea che il potere terroristico delle burocrazie staliniste abbia rappresentato effettivamente il movimento rivoluzionario. Ad una menzogna totalitaria si vuole rispondere con un’altra menzogna assoluta, cioè con un’ideologia che sta ritagliando tutto il reale sul suo modello.
Ho già scritto che il ricatto della multinazionale Fiat è stato nello stesso momento una prova di forza e un bluff, quest’ultimo reale e vincente, giocato su più tavoli: in primis a Pomigliano e a Tychy. La Fiom ha ottenuto apparentemente un buon risultato, ma in realtà, per sua colpa, ha perso nel momento in cui ha detto agli operai di andare a votare in massa per il referendum. Il voto, in questi casi, nasconde sempre l’inganno. Tuttavia pensa Ostellino che per quei 1673 NO di Pomigliano sia stato facile porre in gioco le esistenze proprie e dei loro cari, ossia mettere sul piatto della bilancia l’unico lavoro, il solo reddito che permette di non piombare nella disperazione più nera? E quindi di mandare a dire ai fascisti in cashmere e agli ideologi manigoldi che gli operai di Pomigliano non sono dei pezzenti disposti a lavorare in condizioni premoderne, laddove lo schiavo è schiavo e basta?
In tale quadro vanno ben considerate le minacce – vere o verosimili che esse siano –di Barroso riassunte da John Monks, segretario generale dello European Trade Union Congress (ETUC), in un'intervista all'EU Observer il 14 giugno: "Ho avuto una discussione con Barroso lo scorso venerdì", ha detto Monks, "su che cosa si può fare per la Grecia, la Spagna, il Portogallo e il resto, e il suo messaggio è stato brusco: 'Guarda, se non applicano questi pacchetti d'austerità, quei paesi potrebbero virtualmente sparire nella forma democratica in cui li conosciamo. Non hanno scelta, prendere o lasciare'…”.
Il rientro dal debito e la manovra europea sconvolge i giochi romani (e non solo), perciò prepariamoci al peggio.
Scrive Piero Ostellino sul Corriere del 19 giugno:
Le mogli scelgono fra le decine di prodotti allineati sugli scaffali del supermercato; che sono il simbolo delle nostre libertà di scelta come consumatori, ma anche di quelle politiche come cittadini. Nei Paesi del «socialismo reale», alle scarse opportunità di scelta del consumatore corrispondeva la carenza di libertà politiche del cittadino. Si affacciano sulle vetrine dei negozi e hanno solo da fare i conti con la propria (alta) capacità d' acquisto».
Pertanto l’unità di misura principe delle “libertà” politiche sarebbe data dalle “libertà” di scelta nell’emporio capitalistico delle merci, dalla loro abbondanza, come se a decidere dei “bisogni” fossero i “consumatori”. Come se un diverso modo di produrre e consumare, di per sé e come dimostrerebbe l’esperienza del «socialismo reale», dovesse necessariamente riflettersi in una “carenza di libertà politiche del cittadino”.
Questo dovrebbe dare l’idea che il «socialismo reale» è fallito laddove il capitalismo è più forte, cioè nella produzione e distribuzione di una grandissima quantità di merci, quindi di scelta. Ed infatti non esiste, incontestabilmente, un sistema economico più capace e dinamico del capitalismo per quanto riguarda l’offerta di merci. È su tale truismo che si basa l’”analisi” di Ostellino, sulla presa d’atto di un fenomeno nel suo riscontro “oggettivo”, nella vita reale, come se vi fosse stata da parte delle autorità sovietiche la volontà di tenere a stecchetto i propri concittadini, quella brutalità perversa di non soddisfare abbastanza i bisogni del consumatore, poiché una più ampia “libertà” di scelta di beni avrebbe comportato, come diretta conseguenza e secondo l’assunto del signor Piero, una maggiore autonomia politica e quindi un pericolo per il potere oligarchico.
E, per parare qualsiasi tentativo di mettere in dubbio tale assunto, Ostellino mette le mani avanti:
«Nei Paesi del «socialismo reale», la capacità d’acquisto l’aveva solo la nomenklatura nei suoi spacci, perché non dipendeva dai quattrini - che sono una opportunità per chiunque abbia doti, meriti, discernimento, fortuna in una «società aperta» - ma era connaturata al potere politico di una «società chiusa».
Pertanto, secondo Ostellino, “la capacità d’acquisto”, che va di pari passo con le “nostre libertà politiche come cittadini” è prerogativa di “chiunque abbia doti, meriti, discernimento, fortuna in una società aperta”. Per società aperta egli intende la società dove domina la volontà del denaro. Per le doti e i meriti non è chiaro cosa intenda, ma si può immaginare che ciò debba tradursi, nella migliore tradizione liberale, nella capacità di abnegazione al lavoro, al sacrificio e al risparmio. Si tratta di una vecchia cantilena che ci racconta come almeno due terzi della popolazione nelle società capitalisticamente più sviluppate e i quattro quinti in quelle meno, altro non sia composta che da persone con scarse doti, priva di meriti essenziali e di discernimento, ma soprattutto di “fortuna”, cioè di denaro. Ciò nonostante si tratta proprio di quelle persone che lavorano in fabbrica, nei campi, nelle miniere, come domestici del signor Piero, e senza le quali, i signori della sua classe sociale, dovrebbero, quanto meno, darsi veramente daffare, poiché alle loro qualità non è sufficiente che faccia premio la sola virtù. Essi hanno perciò la necessità di comandare, di far valere la loro “capacità d’acquisto” rispetto a chi di tale “capacità” è sprovvisto, quindi verso coloro che per “incapacità”, cioè per bisogno, per sopravvivere, debbono accettare le condizioni imposte dalla virtuosa classe sociale degli Ostellino. Ed infatti è questo il solo modo per produrre tempo libero per la classe dei Pierini mediante la trasformazione in tempo di lavoro del tempo di vita dei salariati. In cambio, questi ultimi, avranno l’acceso, limitato naturalmente alle loro “capacità”, al paradiso del consumo e relativa ideologia di sostegno.
Ma chi sarebbero coloro che obiettano a siffatte verità stampate (e ben remunerate) in centinaia di migliaia di copie dal signor Piero Ostellino?
Uomini sensibili al potere invece che alle libertà. Disprezzano l’uomo della strada, che non saprebbe quali sono i suoi interessi perché «condizionato» dalla tv di Berlusconi e dai «persuasori occulti» della pubblicità. Sono per una società eterodiretta contro il mercato, il luogo dello spontaneismo sociale e delle libertà individuali. Si dicono liberali per non dire quello che sono: collettivisti, dirigisti, autoritari. Non sono democratici, ma reazionari.
Gli operai, per esempio, sempre a rompere la minchia per l’amianto, il pvc, le vernici, il cromo e simili stronzate; i braccianti di Rosarno che pretendono semplicemente condizioni di vita non subumane, gli edili che per far dispetto al datore di lavoro si precipitano apposta giù dalle impalcature. E i milioni di lavoratori precari che chiedono garanzie e diritti, come quelli che lavorano sulle navi da crociera per 20 settimane consecutive senza un giorno di riposo, con orari massacranti e una paga da fame. Tutta gente che disprezza ciò che scrive Ostellino e ciò che fa Berlusconi, e allo stesso modo disprezzano gli evasori, i magliari, gli sfruttatori, e il blocco sociale che a vario titolo si sente e si trova d’accordo con loro.
A Toronto una bionda al seguito di Berlusconi – titola la Repubblica. E' una avvenente ex collaboratrice della Polverini: fa parte del gruppo ristretto che accompagna Berlusconi. Ha 28 anni. La delegazione italiana: "Ha chiesto di fare un’esperienza internazionale".
Di che tipo d’esperienza internazionale si tratti, non è stato chiarito. Non è del resto necessario dato il contesto.
Qualcuno, tra i comuni mortali, può sostenere di conoscere la verità su Portella della Ginestra? Sì, la banda Giuliano, e poi …?
Piazza Fontana, i neofascisti, i servizi deviati (da cosa?), ma di preciso …?
Piazza della Loggia e treno Italicus, idem.
È stato tutto opera di un gruppo di fanatici di provincia coperti e coadiuvati da qualche ufficialetto dei servizi italiani?
E la strage alla stazione di Bologna? Fioravanti e la Mambro. Sì, buonanotte.
E Ustica? I francesi, ma chi e perché? Uno straccio di prova, per favore.
E poi Enrico Mattei, il Sifar, Argo 16, il banchiere Calvi, Falcone e Borsellino, gli attentati del 1993, ecc.. Per non dire di Aldo Moro.
Questo a dimostrazione che non esistono servizi deviati e no, Stato e Antistato. Non nel senso che vorrebbero farci credere. Eppure a questa gentaglia, ministri, presidenti di questo e quello, diamo ancora fiducia, li votiamo e li ascoltiamo in Tv, deliziati di ogni menzogna e del successivo aggiornamento, soprattutto noncuranti dell’apposizione del segreto di Stato. In attesa della prossima mossa.
P.S. : In un incontro con i leader sindacali europei l'11 giugno, il Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso ha di fatto minacciato i paesi membri dell'UE di colpi di stato militari e di fascismo se non riuscissero ad applicare le misure di austerità massiccia richieste per salvare le banche.
Le minacce di Barroso sono state riassunte da John Monks, segretario generale dello European Trade Union Congress (ETUC), in un'intervista all'EU Observer il 14 giugno. "Ho avuto una discussione con Barroso lo scorso venerdì", ha detto Monks, "su che cosa si può fare per la Grecia, la Spagna, il Portogallo e il resto, e il suo messaggio è stato brusco: 'Guarda, se non applicano questi pacchetti d'austerità, quei paesi potrebbero virtualmente sparire nella forma democratica in cui li conosciamo. Non hanno scelta, prendere o lasciare'… Ci ha sbigottiti con una visione apocalittica delle democrazie europee al collasso a causa dell'indebitamento".
Mi sbrodolo un po’ con una citazione dal mio post di ieri:
Il ricatto della multinazionale Fiat è stato nello stesso momento una prova di forza e un bluff. Quest’ultimo reale e vincente. La Fiom ha ottenuto apparentemente un buon risultato, ma in realtà, per sua colpa, ha perso nel momento in cui ha detto agli operai di andare a votare in massa per il referendum. Il voto, in questi casi, nasconde sempre l’inganno. La Fiom avrebbe dovuto sabotare il referendum, perché fallisse: margini "democratici" a fronte del diktat di Marchionne non ce ne sono e solo la sconfitta del referendum avrebbe significato la sconfitta di Fiat.
Scrive oggi Mario Tronti sul manifesto:
Quel referendum in quel modo, sotto quelle condizioni, come ricatto sulla vita, sull’esistenza delle persone, non andava accettato. Era dovere di tutta la CGIL, era dovere di tutto il partito democratico, mettersi di traverso.
Quel referendum era politicamente illegittimo. Era finalizzato a mettere gli operai contro la loro organizzazione e a mettere gli operai contro altri operai. Esito questo ancora presente, se dovessero emergere reali pericoli per l’occupazione.
E fin qui va bene. Ma ha esordito dicendo:
Hanno commesso un errore [i padroni], e una volta tanto hanno perso. Non era solo Marchionne. E non ha perso solo lui.
Ed è qui che, secondo me, Tronti sbaglia: l’aver accettato quel referendum è già una sconfitta per la Fiom e la GCIL tutta, com'egli stesso ammette; e allora mi chiedo: "dov'è la vittoria?". Non parliamo del PD che è già da decenni oltre (come PCI-PDS), cioè dalla parte delle “compatibilità”, con i padroni. Infatti Bersani sostiene lo stesso principio affermato dalla Marcegaglia: i tempi sono quelli che sono e non possiamo creare complicazioni al capitale. O questa minestra o salti dalla finestra. O disoccupato o schiavo-schiavo: tertium non datur.
Tronti poi sostiene che la manifestazione del PD contro la manovra governativa è riuscita bene, salvo sottolineare che non andava fatta al Palalottomatica (il nome è già di per sé eloquente) ma a Pomigliano.
Questa richiesta, tale auspicio, pur giusto e ovvio, non tiene conto della natura vera del PD, un partito, progressista quanto si vuole, ma della borghesia e per la borghesia. Finché non usciremo da questo equivoco saranno solo botte in testa. E non dovrei essere io a rammentarlo a Tronti.
Il ricatto della multinazionale Fiat è stato nello stesso momento una prova di forza e un bluff. Quest’ultimo reale e vincente. La Fiom ha ottenuto apparentemente un buon risultato, ma in realtà, per sua colpa, ha perso nel momento in cui ha detto agli operai di andare a votare in massa per il referendum. Il voto, in questi casi, nasconde sempre l’inganno. La Fiom avrebbe dovuto sabotare il referendum, perché fallisse: margini "democratici" a fronte del diktat di Marchionne non ce ne sono e solo la sconfitta del referendum avrebbe significato la sconfitta di Fiat.
La Fiat ha ora il pretesto di lavorare con chi ci sta, quindi di operare una ristrutturazione forte che liquidi tutto ciò che non serve ai suoi piani. Che non erano (non avevano motivo di essere) quelli di portare la produzione della Panda dalla Polonia nel Sud d’Italia, visti i record di produttività, cioè di sfruttamento (cinque volte quelli italiani per un salario che è meno della metà), realizzati con gli schiavi di Tychy.
Ma a Tychy il sindacato teme di perdere la produzione della Panda e anche quella della nuova Topolino (quest’ultima effettivamente con destinazione Serbia, ma in Polonia andrebbe la produzione della Lancia Y di Termini Imerese). Questo prova che il ricatto, condito di bluff, è giocato su più tavoli e a livello strategico (multipolare) e non solo tattico, come fanno i sindacati nazionali che non provano nemmeno a trovare un coordinamento almeno su scala europea.
Su il manifesto si canta vittoria, titolando: Per chi sona la campana. Per i più deboli suona, come sempre. Domani uscirà un articolo di Mario Tronti sul “ritorno della soggettività operaia”. Il solito fumo.
Il lavoro ammala e uccide. Soprattutto quello in fabbrica e nei cantieri. Sono dati di fatto, non ipotesi o chiacchiere. Bersani e D’Alema lo ignorano, del resto loro hanno fatto l’università, poi uno di loro è riuscito perfino a laurearsi in filosofia. Grazie a questi studi sanno che lavorare stanca. Il lavoro vero, naturalmente. Quindi hanno scelto la politica. L’impegno, come lo chiamano loro. Anzi, un impiego, non un lavoro, molto ben remunerato.
Quando un lavoratore muore sul lavoro, loro al massimo potrebbero mandare alla sua famiglia un telegramma di condoglianze. Ma non fanno neanche questo. Esula dalle competenze. Ne hanno altre. Per esempio dire alla Fiat che l’accordo, ovvero il diktat della Fiat stessa, va rispettato. Prevede, tra l’altro, la cassazione del diritto di sciopero. Cosicché se dovesse capitare un qualche incidente dove degli operai ci rimettono la vita, invece di proclamare uno sciopero contro le condizioni di lavoro, si potrà sempre proclamare un’ora di straordinario da devolvere alle famiglie degli “sfortunati” deceduti.
Tutto questo si chiama “governabilità della forza-lavoro”. Quindi la Fiat manda a dire: “Lavoreremo con le parti sindacali che si sono assunte la responsabilità dell'accordo”. Lavoreranno? Possiamo immaginarceli Angeletti, Bonanni, Sacconi e Marchionne in catena a lavorare? Dopo le prime otto ore si darebbero malati. D’Alema e Bersani irreperibili.
Il federalismo fiscale si tradurrà ben presto nel “ritorno ai Comuni del potere fiscale, nel loro comparto naturale di competenza: immobiliare e territoriale". Tradotto significa che l’ICI non si chiamerà più così, ma IMU (imposta municipale unificata). Il cetriolo è unico, appunto, ma più grosso perché riguarderà anche l’aumento delle tariffe dei servizi comunali.
Del resto cosa aspettarci da Umberto Bossi, uno che, diplomato per corrispondenza con Radio Elettra, dichiarava di essersi laureto in medicina e chirurgia e usciva di casa al mattino dicendo alla moglie che andava a fare il medico?
“Gigliola Guidali, la prima moglie del segretario leghista che raccontò in un' intervista di aver chiesto la separazione dopo aver scoperto che Umberto usciva tutte le mattine di casa con la valigetta del dottore ("ciao amore, vado in ospedale") senza essersi mai laureato … “, Gian Antonio Stella, Corriere dell’11-11-2004.
"Bugiardo e fannullone. Uno che a 35 anni non aveva mai lavorato, si faceva mantenere agli studi dai genitori e mi raccontò una clamorosa bugia, facendomi credere che si era laureato. Ecco com' era il Bossi che ho sposato". Parola di Gigliola Guidali, ex moglie del leader della Lega nord Umberto Bossi. "Lo sposai – racconta l' ex consorte di Bossi a Oggi – perché mi aveva fatto montagne di promesse. Non ne ha mai mantenuta nessuna. Lui è fatto così. E' un inguaribile incoerente, uno che dice di voler fare una cosa e invece fa esattamente il contrario. Non mi sono pentita di averlo lasciato, anche se ha avuto tanto successo in politica. Non mi potevo fidare di lui. E come me, nessuno dei nostri amici di allora" (la repubblica, 19-10-1994).
"Mi aspetto che se c'è un sì la Fiat manderà avanti senza meno il suo progetto", ha detto il segretario del Pd Pierluigi Bersani al termine della direzione nazionale. "Siamo davanti a un passaggio molto, molto delicato", ha sottolineato, "rispetto i lavoratori e voglio credere che anche a Fiat si riferirà a quell'accordo. Perchè se i lavoratori dicono sì, è un sì a quel che dice la Fiat". Quanto ai timori che l'intesa apra una breccia destinata ad allargarsi, Bersani ha frenato. "L'investimento deve essere incoraggiato, ma non se ne faccia troppo sbrigativamente un modello", ha ribadito.
D’Alema precisa: "quell'accordo contiene alcuni punti discutibili che non possono diventare principi di carattere generale". Norme contrattuali anticostituzionali diventano così “punti discutibili”. Discutibile il diritto di sciopero, di malattia, di riposo, ecc.. Non chiediamoci più nulla sulla deriva e del perché gli operai preferiscono la Lega e la costituzione di De Gasperi-Togliatti-Nenni è andata a farsi fottere.
Per quanto la fabbrica di Pomigliano presenti aspetti controversi (assenteismo, infiltrazioni camorristiche, ecc.), questo accordo non doveva passare tale e quale. Eugenio Scalfari, che non si è ancora venduto il cervello e non è meno liberale di Bersani e D’Alema, scrive:
E poi l'evento di Pomigliano è un caso particolare. Eccezionale. Comunque siamo per il contratto aziendale. Caso per caso. Produttività. Lavorare di più, guadagnare di meno. Ma non ci staranno. Invece ci staranno. Ci vorranno i carabinieri. Ma quali carabinieri? Basterà dire la verità: o così oppure delocalizziamo. Spostiamo la produzione in Cina, o in Corea, magari in Indonesia. Ma vorremmo favorirvi, voi delle tante Pomigliano d'Italia. Però mangiate questa minestra perché i cinesi costano molto meno di voi [l'articolo è qui].
Non solo questo accordo passerà, ma è la prova generale per farlo poi debuttare alla grande in ogni realtà industriale, gradualmente.
Produzione autoveicoli nel mondo, dati 2009 su fonte Interantional Organization of motor vehicle manufacturers e altri:
Usa -34%; Giappone -32%; Germania -34%; UK –34%; Russia -60%; Francia -20%; Italia -18; Spagna -15%; Canada -29%; Turchia -24; Polonia -7; Rep. Ceca +3%; India +13%; Cina +48%.
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Si sta tenendo un referendum per togliere contrattualmente ai lavoratori il diritto di sciopero. È un referendum in violazione della costituzione. Non s’è udito alcun alto monito e nemmeno quelli un po’ meno alti, tipo il liberale Bersani.
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Marx aveva previsto tutto, suo e nostro malgrado:
Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta.
Tanto per dire.
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Barak Obama vuole rifinanziare il fondo per le bonifiche ambientali introducendo una tassa sull’inquinamento a carico dei produttori. In regime di monopolio i produttori non faranno altro che scaricare gli aumenti sui …...?
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Panoramica Tv sul raduno leghista: facce volitive e accese, avvezze all’agone pontidese con polenta e salamelle; sul palco la solita teoria di teste da Nobel.
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Immaginiamoci un gruppo di mammiferi di un'altra specie, riunito per es. ad Agadir, per decidere se la specie homo sapiens debba continuare ad esistere oppure no. Ci girerebbero un po' le palle, vero?
Potrà non interesse i più distratti, ma la notizia c’è. A fine anno i derivati raggiungeranno 615 trilioni di dollari, circa 10 volte il Pil mondiale. E si tratta solo di derivati. Un nuovo terremoto bancario è alle porte; per le banche più grandi, quelle che non possono fallire, interverranno gli Stati, cioè coloro che lavorano e pagano le tasse, noi che paghiamo tutto.
Sento dire ancora di un doppio euro, uno per i paesi forti e l’altro per i porci del Mediterraneo. Chi spara queste balle non ha capito un cazzo. Innanzitutto non ha capito a cosa serve l’euro, ma soprattutto non ha capito a chi serve: la Germania, vera padrona d’Europa, la quale non può permettersi la creazione di una moneta parallela, cioè in grado di svalutarsi e far diventare meno competitive le merci tedesche.
Da notare che le manovre economiche, cosiddette, vengono definite dal Tesoro e Palazzo Grazioli in stretta relazione con Bruxelles e Francoforte, oltre che con Parigi e Berlino (la “cornice europea”), quindi con il Quirinale che ne viene “informato”. Presto sentiremo parlare del “trasferimento di responsabilità politica tra Stati nazionali e istituzioni comuni”. A noi resterà Ballarò e la Padania mentre al Sud stanno ancora aspettando “il ritorno dello Stato”.
Mettere le pezze la culo al sistema. Le soluzioni se non sono tratte dallo stesso cespo vengono comunque dallo stesso orto. È questo il senso del lucido editoriale di Scalfari pubblicato oggi. Questa gente non ha mai in testa un’alternativa (del resto sono tutte brave persone che vivono alla giornata, tra lavoro e affanni) ma solo un escamotage per rinviare la resa dei conti. Questa volta, l’ennesima per la verità, si può riassumere così: far pagare le tasse anche agli evasori, cioè ai ricchi. Un inedito.
Marx ed Engels hanno scritto nella Sacra famiglia: «se l'uomo è formato dalle circostanze, allora bisogna formare le circostanze umanamente». Niente di più chiaro, niente di più eloquente, niente di più ricco di senso. Non avevo ancora trent'anni quando, per la prima volta, lessi quelle parole. Furono, per così dire, la mia via di Damasco. Capii che mi sarebbe stato impossibile tracciare una rotta per la mia vita al di fuori di quel principio e che solo un socialismo integralmente inteso (dunque, il comunismo) avrebbe potuto soddisfare i miei aneliti di giustizia sociale. Molti anni più tardi, in una intervista con Bernard Pivot, che voleva sapere perché continuassi a essere comunista dopo gli errori, i disastri e i crimini del sistema sovietico, risposi che, essendo un comunista «ormonale», mi era impossibile avere delle idee diverse: gli ormoni avevano deciso. La spiegazione è più seria di quanto sembri: e forse si capisce meglio se dico che, in qualche modo, ha un equivalente nel «non possumus» biblico. Recentemente, suscitando lo scandalo di certi compagni dediti alla più canonica ortodossia, ho osato scrivere che il socialismo - e a maggior ragione il comunismo - è uno stato dello spirito. Continuo a pensarlo. E la realtà si incarica giorno dopo giorno di darmi ragione. da «Comunista a chi?» numero speciale del «manifesto» 17 dicembre 2009
* * *
Il più onesto necrologio è quello dell'Osservatore Romano ed è un vero peccato mortale che José non possa leggerlo: «Saramago è stato dunque un uomo e un intellettuale di nessuna ammissione metafisica, fino all'ultimo inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materialismo storico, alias marxismo».
"Andremo a disturbare anche i protagonisti del più colossale scudo-imbroglio - dice l'ex ministro prodiano - se gli evasori avessero pagato il giusto con 105 miliardi avremmo fatto due manovre. Ma il governo li premia esentandoli dal redditometro".
Giusto. Ma dov’erano i parlamentari del PD che per ben due volte, grazie alla loro fondamentale assenza, hanno dato il via libera al “più colossale scudo-imbroglio”?
L’ex ministro prodiano, come lo chiama la Repubblica, perché a suo tempo ha accettato il “cuneo” di otto miliardi a favore di tanti evasori e ai salariati e pensionati l’aumento, invece, delle tasse?
La perdita di consenso, di fiducia, il fallimento del PD è tutto qui, nel dire una cosa e fare esattamente l’opposto. Ieri e oggi.
Poi, tra gli applausi, continua: "Ma quante volte dobbiamo dirci liberali prima di toccare un petroliere?”
Ecco un altro punto cruciale, sono liberali. Come i padroni.
Domani un post dove José Saramago spiega perché lui, di contro e tenacemente, si definiva comunista.
Se Bersani fosse il segretario di un partito di sinistra, semplicemente di sinistra, sarebbe andato dagli operai di Pomigliano a dire loro che il referendum sul diritto di sciopero e di malattia non si deve fare perché è un atto fascista. Poi avrebbe dovuto pubblicamente invitare Fassino, Veltroni e gente così a lasciare il partito, per incompatibilità.
Tutto questo se Bersani fosse il segretario di un partito di sinistra, semplicemente di sinistra. Il problema è che il PD non è un partito di sinistra, è un partito di moderati quando non di reazionari. Sì, reazionari.
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Un altro moderato, Vittorio Agnoletto, a latere della sentenza che condanna ad una pena simbolica uno dei maggiori responsabili degli atti squadristici avvenuti a Genova nel 2001 ad opera delle “forze dell’ordine”, dichiara che ora “giustizia è fatta”.
Il condannato, peraltro, resta al suo posto.
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A nessuno interessa un cazzo, comunque segnalo che la Turchia ha dichiarato di “congelare” gli accordi militari con Israele (ad Ankara leggono il mio blog!). Nel contempo gli sgherri turchi hanno arrestato dieci militanti del Pkk tornati pacificamente in patria.
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La Romania, dopo aver sperimentato la schiavitù modello Ceauşescu, apprezza ora il modello Fondo monetario internazionale: per avere un prestito ha tagliato di un quarto gli stipendi statali, del 15% le pensioni e vedrà ridotti di 200mila i dipendenti pubblici entro il 2011. I salari viaggiano sui 300 euro e da una crescita del Pil del 6% nel 2003-2008 si è arrivati a un -13 nel 2009.
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Non si deve fare promozione della Nutella, perché a mangiarne mezzo chilo al giorno potrebbe far male alla salute. Lavorare nove ore al giorno in fonderia invece ti allunga la vita. Ancor di più se fai i turni e lavori il sabato.
Dall'anno prossimo via un treno su due per i pendolari regionali. In compenso raddoppiano i voli di stato per i ministri (da 28 a 37 milioni).
Sembra (ripeto: sembra), invece, che salti l'aumento della soglia di invalidità dal 74% all'85% sbandierato da Tremonti in lungo e in largo. Si tratta di 260 euro mensili date alle persone disabili che sono spesso disoccupate e hanno un reddito bassissimo (circa 6mila pensioni).
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Sembra che il Vaticano intenda mettere ordine nel proprio patrimonio immobiliare, sugli attici e le case date in uso alle persone meno abbienti, tipo Bertolaso Guido o Vespa Bruno. Quest’ultimo assicura che paga il fitto. Nessun dubbio che abbia le carte a posto, così come non ci sono dubbi della sua onesta obiettività quando parla e scrive del suo proprietario di casa.
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Dopo due mesi la più grande potenza mondiale non è stata in grado di fermare la fuoriuscita di greggio che sta inquinando il mare e le coste di tre o quattro dei suoi stati. Del resto da un paese dove si mangia così male non c’è da aspettarsi nulla di buono.
Forse a qualcuno dei frequentatori di questo blog il post di ieri sarà sembrato un tantino “audace”. Ma anche il post del 10 giugno dal titolo Il fascismo non marcia più in orbace, sarà sembrato un poco esagerato. Forse.
Ieri, l’editoriale de il manifesto era a firma di Marco Revelli. Il docente torinese scriveva a proposito del ricatto a base di minacce del dott. Marchionne:
Se fossimo in una condizione di normalità, il dilemma che si trova di fronte oggi la Fiom a Pomigliano sarebbe risolto in partenza. Essa non può sottoscrivere l'accordo proposto da Marchionne per il semplice fatto che vi si chiede la liquidazione di diritti indisponibili. Diritti che nessun sindacato potrebbe «negoziare», per il semplice fatto che non gli appartengono. Diritti che nessuno, neppure i titolari diretti, può alienare, perché costitutivi di una civiltà giuridica che trascende le parti sociali e gli individui.
Già, i diritti. Ma in questo stato di cose i diritti sono una finzione, la fictio juris di cui parla Marx: «Lo schiavo romano era legato al suo proprietario da catene; l’operaio salariato lo è al suo da invisibili fili. L’apparenza della sua autonomia è mantenuta dal continuo mutare dei padroni individuali e dalla fictio juris del contratto (Il Capitale, I, cap. XXI)».
Tutti ‘sti difensori della costituzione che ne piangono lo stravolgimento sono francamente patetici. Di quale costituzione parlano?
In generale è una costituzione dove a quasi ogni articolo, laddove al primo comma è stabilito un principio, un diritto, un dovere e quella roba lì, poi segue un secondo comma che nei fatti è una marcia indietro, una rimarchevole limitazione, un rinvio ad altre leggi di fatto revocatorie del diritto stesso.
Che dire di una costituzione che proclama la repubblica fondata sul lavoro, ma che di fatto tace sulle condizioni in cui tale lavoro si svolge, laddove il lavoro non solo non è un diritto tutelato, ma viene regolato, quando è regolato, da una miriade di contratti fatti a misura del padrone? E quei mille e passa disgraziati che di lavoro, ufficialmente, muoiono ogni anno? Le migliaia di invalidi che non raggiungendo l'85% dell'invalidità (non basta l'amputazione di un braccio!) non hanno diritto a pensione? E del caporalato e del lavoro nero? Forse sono tutelati concretamente dalla costituzione e dalle relative leggi?
Prendiamo l'art. 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Ebbene, secondo i padroni e i loro funzionari governativi, anche un salario di poche centinaia di euro (quello che viene dato ai cassaintegrati, ai precari, ai parasubordinati, ecc.) è un salario sufficiente per l'operaio (per i manager invece si parla di milioni di euro). Anzi, lamentano che sia ancora troppo elevato, non competitivo con i salari polacchi o cinesi. E così anche per i redditi da pensione: 500 o 700 euro al mese sono considerati sufficienti ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Libera da cosa? Se non è libera dal bisogno non è realmente libera e tantomeno dignitosa.
Prosegue l'art. 36: La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Che cazzo significa, se non che i vari Marchionne possono fare quello che vogliono? Ci voleva tanto a stabilire che non può superare in ogni caso le otto ore?
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività (art. 53) ma ciò non toglie che le società di capitali dichiarano un cazzo e la borghesia evade alla grande. La Marcegaglia queste cose le sa, perciò gli vien da ridere quando una sprovveduta padroncina fa la proposta di abolire l'art. 75 (divieto di referendum in materia fiscale).
Insomma, si tratta di una costituzione che tratta in modo indipendente le questioni relative alla distribuzione della ricchezza da un lato e il modo di produrla dall'altro, quando è di palmare evidenza che tali questioni fanno parte di uno stesso rapporto.
L’articolo 11, invece, dice che l’Italia ripudia la guerra. Ed infatti mandiamo migliaia di giovani (altrimenti disoccupati) a cinquemila chilometri da casa, dove è in corso un conflitto non dichiarato ma bensì combattuto da nove anni e laddove questi giovani trovano la morte dilaniati dalle bombe. Tanto non sono figli della borghesia: per evitarlo hanno sospeso, cioè abolito, il servizio di leva.
E l’articolo 21? Ti consente di scrivere che Berlusconi è un fesso dove nessuno ti caga, ma in televisione e sui giornali puoi dire e scrivere solo quello che dice Berlusconi, la Confindustria e i partiti, compresi quelli che fingono di fare l’opposizione a Berlusconi ma poi votano le sue leggi oppure disertano il parlamento per farle passare.
Nonostante la costituzione, abbiamo avuto decenni di stragi con coinvolgimento degli apparati dello stato, quindi l’impunità, gli omissis, l’apposizione del segreto di stato e tante altre cose che sappiamo.
E non parliamo poi dell’articolo 7, quindi del finanziamento alle scuole clericali, del diritto allo studio, ecc..
Con o senza la costituzione i padroni e i partiti fanno comunque quello che vogliono, semmai in suo nome si fanno la guerra tra di loro. E se per caso, per via referendaria, si riesce ad abrogare qualche legge (finanziamento partiti, nucleare), trovano subito il cetriolo giusto per mettercelo in culo. A noi non resta che lavorare e pagare, senza amnistie e scudi fiscali.
È chiaro che la cosa giusta da fare è aspettare: l'economia dev'essere forte abbastanza da consentire alle banche centrali di usare la politica monetaria per compensare le contrazioni dell'attività economica innescate dall'austerità di bilancio. Ma no: i falchi del deficit esigono tagli in un momento in cui il tasso di disoccupazione nella zona euro rimane su livelli preoccupantemente alti e in molte nazioni i tassi d'interesse sono prossimi allo zero.
La crisi fiscale degli Stati non consente politiche economiche espansive, anzi, impone tagli di bilancio per ridurre il deficit; ma dall’altro lato queste politiche di riduzione e di tagli deprimono ulteriormente l’economia. Si tratta di una spirale dalla quale non si sa come uscire. Il processo di accumulazione subisce un ulteriore freno e si tenta di contenere la caduta del saggio del profitto aumentando il supersfruttamento (esemplare quanto sta succedendo a Pomigliano, ma non solo), nella “esternalizzazione”, nella manodopera a basso costo, si abbandona la produzione per la speculazione, ma i problemi restano e la deindustrializzazione e la disoccupazione non potranno che aumentare.
È finita un’epoca e le ristrutturazioni, le operazioni di cosmesi, non bastano a rimettere in moto il ciclo di accumulazione a livelli decenti. Non potranno che aumentare le tensioni internazionali, la lotta per il controllo delle risorse e dei mercati, così come le tensioni interne, sociali, finora contenute con un largo ricorso alla spesa pubblica.
Negli anni Trenta se ne uscì nel modo che conosciamo.
(Adnkronos/Aki) -Gli americani hanno scoperto in Afghanistan un vero e proprio tesoro di giacimenti minerari che potrebbe risollevare dalle ceneri la dissestata economia del paese e addirittura cambiare le sorti della guerra in corso. E' quanto rivelano autorevoli fonti governative Usa, citate dal quotidiano americano 'New York Times'.
Il Sole 24ore – Le ricchezze minerarie per un valore stimato mille miliardi di dollari scoperte nel sottosuolo dell'Afghanistan potrebbero determinare profondi cambiamenti negli equilibri geopolitici afghani e influire direttamente sull'andamento del conflitto. Lo sfruttamento dei giacimenti di litio e di altri minerali preziosi richiederà massicci investimenti nelle attività estrattive ma anche nelle infrastrutture (soprattutto strade) che determinerebbero un rapido sviluppo dell'Afghanistan, possibile però solo in condizioni di pace.
Non sanno più cosa inventarsi per giustificare una guerra che dura da un decennio e che non possono vincere. Ed infatti il giornale della Confindustria così prosegue:
Lo scenario più ottimistico potrebbe vedere accelerato il processo di negoziato tra il governo afghano e gli insorti sulla base della necessità e dell'interesse comune a sfruttare le risorse del sottosuolo. Il coinvolgimento dei Paesi vicini e soprattutto di India e Pakistan, che garantirebbe lo sbocco al mare dei minerali estratti in Afghanistan, offrirebbe l'opportunità di coagulare interessi diversi accomunati dal profitti garantiti dai giacimenti.
Scusate, ma ci avete rotto il cazzo per nove anni con Osama bin-Laden e adesso per un po’ di litio siete pronti a sotterrare l’ascia di guerra, della “guerra perpetua”? E i Richard Holbrooke e Robert Gates (Iran-Contra) che fanno parte del gabinetto Obama, li sostituiranno con dei minatori? O con dei manager della BP!