Per gli aficionados della felice decrescita, oltre al
Rapporto Svimez, segnalo che la grande catena Unilever ha annunciato di aver iniziato a impiegare una nuova
strategia di marketing, quella del cosiddetto "terzo mondo", ma
questa volta in Europa. Non solo Uniliver,
ma anche Nestlé ha adottato la stessa
strategia. Testimonianze eloquenti della crescente disuguaglianza sociale nel
nostro continente.
Il signor Jan Zijderveld, responsabile Unilever per
l'Europa, in un’intervista al Financial Times Deutschland, ha dichiarato senza mezzi termini che la
decisione è stata presa perché “la povertà è tornata in Europa”. Unilever ha già adottato tale strategia
in Grecia e in Spagna, dove la disoccupazione giovanile è rispettivamente al
53,8 per cento e il 52,9 per cento.
Nell’articolo viene detto che tale strategia, nota
come spesa low budget, è stata adottata anche nel Regno Unito. Ed infatti,
secondo un rapporto redatto dall’Institute
for Fiscal Studies (IFS) e l'Istituto
per la ricerca economica (IER), si prevede che gli standard di vita per le
famiglie a basso e medio reddito della Gran Bretagna scenderà drasticamente nei
prossimi otto anni, anche nel caso il paese dovesse uscire dall’attuale
recessione.
Anche in Germania, secondo un report locale, il
divario tra ricchi e poveri si sta allargando, tanto che la quota di ricchezza
totale in mano al 10% della popolazione è passata dal 45% del 1998, al 53% nel
2008 e non sta certo scendendo.
Per l’Italia, il vice presidente per il customer development di Unilever Italia, Paolo Somma, ha
dichiarato: «Oggi sul mercato abbiamo quindi affiancato ai nostri prodotti
premium, prodotti di buono standard qualitativo a prezzi più accessibili e
stiamo modulando i formati affinché l’offerta sia conforme alle nuove necessità
di consumo». Cosa s’intenda per un buono standard poi eventualmente lo si
scopre quando si porta a casa la merce, oppure non lo si scopre affatto. L’intento
dichiarato da Somma è di «evitare che i nostri consumatori possano sentirsi
frustrati dal non potersi permettere ciò che usavano consumare. Il nostro
obiettivo è stato e continuerà a essere quello di integrare l’offerta di
mercato per dare il nostro contributo affinché esso non sia impattato da una
sindrome che definirei di ‘pauperismo’».
La borghesia e i suoi rappresentanti politici e
sindacali, ha ripudiato qualsiasi idea di riforma sociale, impegnata in una
vera e propria guerra di classe per massimizzare l’estorsione di ogni possibile
maggior profitto. I salariati hanno percepito chi glielo sta mettendo in culo,
ma non hanno una strategia, un programma, nulla di decente per condurre una
lotta qualsiasi contro i replicanti del capitale. Sono stati traditi mille
volte e abbandonati da quella che consideravano, a torto, la loro parte
politica.
Non è da escludere, anzi è probabile, che in
un’atmosfera d’irritazione generale, il disoccupato e il precario, il
padroncino disperato e il professionista disagiato, l’intellettuale irrequieto
e ansioso di prestigio sociale, lo studente spostato senza scrupoli di coerenza
e moralità, ieri progressista e domani chissà, e tutta quella serie di
semiproletari che hanno visto naufragare le loro speranze, non decidano, con
l’approfondirsi della crisi, di abbracciare apertamente la reazione. È ciò che
temo e pavento fin dal nome di questo blog.