lunedì 31 agosto 2015

Perché correre rischi? Zitti !!


Da un lato la recessione e il crollo dei consumi, dall’altro le misure di austerità che significano salari reali in ribasso e taglio della spesa sociale, aumento della disoccupazione e del precariato, del disagio sociale e delle povertà. Possibile non si colga la contraddizione? A sentire gli esperti, cause e rimedi sono sempre quelli. Ne vediamo gli effetti.

Per fortuna che c’è Renzi con le sue ricette. Via le tasse sulla casa, sia quelle con tre vani e pure quelle con giardini pensili e vista Colosseo. L’ho scritto credo una decina di volte, per avere un gettito sicuro (altro che “lotta all’evasione”) c’è un modo al quale nessuno si può sottrarre: elevare le aliquote sulle successioni e donazioni, abbassare le franchigie sulle stesse. L’Italia è tra i paesi occidentali con le più basse aliquote.

Possibile che con una tassazione tra le più elevate del mondo proprio le imposte sulle successioni e donazioni siano le più basse? Chiaro che si tratti di una scelta, ossia quella di proteggere le fasce di reddito più alte e con una ricchezza immobiliare sopra la media. La seguente tabella è eloquente:


Per le donazioni le imposte sono analoghe a quelle per la successione.


domenica 30 agosto 2015

Il gioco sporco


L’antica muraglia cinese non è servita a impedire l’invasione mongola, e prima ancora il Vallo di Adriano non ha potuto impedire alle tribù di quella che diventerà la Scozia di superarlo; né ha retto il più famoso dei muri, quello di Berlino. Questo per dire che migranti e rifugiati odierni sono da paragonare agli antichi invasori? Ma non scherziamo. Solo per dire che le barriere artificiali non hanno mai fermato le migrazioni quando a spingerle è lo stato di necessità.

Migranti e rifugiati sono diventati un problema la cui causa ce la raccontiamo tra noi, ma non viene mai ammessa ufficialmente. In Libia, prima che Gheddafi fosse rovesciato, vivevano due milioni di lavoratori stranieri che ora in gran parte – leggo – vagano sul posto. Senza contare i disastri provocati sulla popolazione dalla guerra. A chi è venuto in mente di scatenare una tragedia del genere, quale tribunale internazionale si occuperà mai di questi terroristi internazionali? Eppure i loro nomi sono ben noti e stampati sulle prime pagine di tutti i giornali.

venerdì 28 agosto 2015

Dove tutto è subordinato


Ogni giorno la cronaca ci racconta di nuove violenze e altre centinaia di cadaveri alla deriva nel Mediterraneo, per non dire del macabro ritrovamento in Austria. Senza cibo e acqua, stipati in condizioni sanitarie intollerabili; famiglie con bambini piccoli costrette ad attraversare centinaia di chilometri a piedi e poi in mare; polizia con i manganelli e gas lacrimogeni contro dei migranti inermi; barriere di filo spinato e misure di sicurezza per respingere migranti e profughi con la forza.

Questa la realtà. Chi ha creato e continua a mantenere le situazioni che causano questo esodo non sta muovendo un dito per rimuoverle o almeno mitigarle. Ragioni di dominio sopravanzano le più elementari ragioni umanitarie. Ad accollarsi questa tragedia è l’Europa, colpevole direttamente solo in parte. Sotto accusa i trafficanti di esseri umani, come se anch’essi non fossero il prodotto di quelle stesse situazioni di guerra e di miseria che portano questi disperati a rischiare la vita. Quindi la disputa sui confini e la distribuzione dei rifugiati pro quota, con la Germania che sceglie di tenersi i siriani e agli altri lasciare gli “scarti”.

giovedì 27 agosto 2015

Verrebbe da ridere anche a noi


È molto divertente osservare come le opinioni mutino facilmente sui motivi della crisi e cioè secondo i fenomeni congiunturali del momento. Si spiegano per esempio tali fenomeni in base alle variazioni del tasso d’interesse e simili, invece di spiegare i fenomeni del mercato del denaro partendo, al contrario, dalle condizioni della produzione.

C’è chi crede che basti individuare i rapporti quantitativi per possedere la chiave di lettura dei problemi, dimenticando però che questi rapporti quantitativi corrispondono a condizioni qualitative. In altri termini, nella realtà economica non si fronteggiano soltanto aggregati di valore. E qui il discorso riguarda il senso totale del movimento, e non è il caso di complicarsi la vita.

Si potrebbe poi ridere e dolersi dei rimedi cervellotici di volta in volta proposti, ma del resto fare dei desideri la realtà, ossia innestare delle illusioni, è diventato un lavoro preciso degli specialisti e non si può pretendere dicano che l’epoca del capitalismo progressivo è finita e siamo in piena involuzione. E poi il tema francamente sta diventando monotono, anche perché quando si scende a livello degli stupidi si rischia di essere battuti dalla loro insuperabile esperienza.


*

Contratti a sfruttamento crescente


“Nel mese di luglio il saldo occupazionale tra assunzioni e cessazioni ha registrato un più 135.417 lavoratori. Disaggregando i dati, però – sostiene il presidente Commissione Lavoro della Camera – quello che si ricava è che, per quanto riguarda il tempo indeterminato, il numero dei nuovi assunti si equivale a quello dei licenziati:137.826 a 137.779, con una differenza positiva di soli 47 lavoratori”.

47, morto che parla. Non solo in senso figurato. Il paradosso, apparente, è il caporalato e che si arrivi a occultare i cadaveri dei braccianti morti di fatica e di caldo nei campi. La globalizzazione e lo sfruttamento nelle forme dell’antica schiavitù coesistono in un paese in gran parte e per molti aspetti premoderno. Un paese a macchia di leopardo (si perdoni l’abusata espressione), dove a fronte di un certo benessere, strappato spesso con i denti e che ancora resiste in alcune fasce sociali, c’è una povertà diffusa che si vede poco solo perché si vergogna.

mercoledì 26 agosto 2015

Perché gli operai sono piuttosto frugali


Vedo di scrivere in modo semplice affinché anche chi ha studiato economia all’università e ne è uscito irrimediabilmente segnato possa comprendere qualcosa e forse tornargli utile (si sa mai).

La crisi in cui si dibatte il capitalismo appare anzitutto come crisi dei consumi ossia come espressione di “sottoconsumo” o “sovrapproduzione di merci”. Ciò significa semplicemente una cosa, e cioè che la società nel suo insieme ha consumato meno di quanto si è prodotto. E però una cosa è chiara: poiché le crisi nel loro susseguirsi periodico sono un prodotto della società capitalistica, la loro causa va ricercata nel carattere stesso del capitale. Gli economisti borghesi da quest’orecchio non ci sentono, poiché cercare la causa delle crisi nel carattere stesso del capitale, e non invece come piace loro nella circolazione, significherebbe mettere in luce anzitutto il rapporto di sfruttamento tra capitale e lavoro.

La prima cosa che salta agli occhi consiste nel fatto che se fosse possibile ampliare il consumo della produzione capitalistica a piacere non vi sarebbe alcuna “sovrapproduzione di merci”. E dunque la prima domanda da porsi è: per quale motivo non è possibile ampliarne il consumo? A ciò la pseudo-scienza economica borghese ha tentato di trovare risposta in varie epoche e con le più fantastiche invenzioni teoriche, fino ad arrivare alla più risibile che va sotto il nome di J.M.Keynes, il quale imputava il ristagno nei consumi a un fattore psicologico: la scarsa propensione psicologica al consumo!

martedì 25 agosto 2015

Correre bendati con una fiamma accesa


Pechino taglia i tassi e torna l’euforia. Tutto bene? Manco per niente, durerà quanto durerà, cioè fino al prossimo crollo. Non per via di questo e di quello, non fondamentalmente per i motivi che ci vengono sciorinati da sempre. Scambiare gli effetti (crisi finanziaria e crollo delle borse) con le cause (l’accumulazione capitalistica e la sua contraddizione fondamentale), porta a dimenticare un fatto elementare che peraltro anche la più prosaica delle evidenze conferma: lo sviluppo del capitalismo può avvenire solo attraverso successivi momenti di crisi (*).

Il drammatico crollo dei mercati azionari di ieri, preannunciato nei giorni e settimane precedenti da sinistri scricchiolii, quasi tutti originatisi in Cina, segna la sconfitta epocale della tecnocrazia monopartitica di Pechino, sin qui considerata quasi onnisciente.

Alla stregua di Phastdio si potrebbe dire che il drammatico crollo dei mercati azionari del 2008 segnava la sconfitta epocale dell’oligarchia finanziaria statunitense, o cose del genere.

Secondo questo punto di vista, la crisi più che un fatto economico verrebbe da dire che è il risultato di un certo assetto politico e della sua dottrina economica, come se le contraddizioni da cui muove il capitalismo, compreso ovviamente quello cinese, potessero essere regolate sulla scorta di più o meno accorte manovre monetarie.

Dai francobolli ai derivati


Ogni qualvolta crollano gli indici borsistici, dopo essere stati gonfiati a dismisura per mesi e anzi per anni, scoppia il panico. Per rappresentarci la situazione, i giornali pubblicano foto di operatori di borsa disperati, stralunati, increduli e perfino a mani giunte invocanti un miracolo. Eppure se sono molti a perdere interessi e capitale, altri hanno guadagnato assai. Dove sono finiti dunque quei soldi? A chi dovesse rispondere esattamente invierò in premio due caramelle alla menta da ciucciare lentamente.

 Ciò che meraviglia è questa messa in scena della meraviglia stessa, lo stupore come fossimo di fronte a un fenomeno imprevisto e imprevedibile. Eppure la Borsa, nella sua essenza, funziona come una catena di sant’Antonio. Se poi vi stanno in culo i santi basta richiamare lo schema Ponzi. Questi, italiano trasferitosi in America, aveva cominciato le sue operazioni sfruttando i tassi di cambio. Non delle monete ma sul prezzo dei francobolli! Un geniale mascalzone, senz’altro. Se poi avete inclinazioni anglofone, potete chiamarlo schema Madoff. In buona sostanza si tratta della stessa puzza: francobolli, bulbi di tulipano, azioni e obbligazioni. Quello che conta non è il valore, ma il prezzo.

La pseudo-scienza economica, accademica e pubblicistica, non ha alcun interesse a fare chiarezza tra questi due concetti, valore e prezzo, e la loro concreta formazione e dinamica, del resto come per tutte le altre categorie economiche. Non è casuale che vi sia più chiarezza e trasparenza nella cabala che nell’economia.

lunedì 24 agosto 2015

Poi si vedrà per le altre


Piove. Gli alberghi e i buchi in affitto immagino siano pieni; le pizzerie e ristoranti lo saranno tra poco. Si coglieranno commenti contrastanti, ilari o preoccupati: la Juve ha perso in casa. I bimbi sono contenti sulle giostrine, i più grandicelli rompono le balle ai babbi, le mamme sognano a prezzo pieno davanti alle vetrine allestite autunno-inverno. Ancora qualche giorno, al massimo un paio di settimane, e questo circo chiuderà per fine stagione, con tanti saluti al mare e all’ombrellone (si perdoni la rima). Gli schiavi dopo gli svaghi torneranno sotto la cura del proprio bastone, a quel lavoro del cazzo cui seguirà il “tempo libero”.

Si tornerà a chiacchierare di pensioni, di quarta settimana, di scuola, di crollo delle Borse, di quanto sono gialli i cinesi, di governo in bilico ed ectoplasmi parlamentari. Cacciari dalla Gruber dirà, trattenendo una risata a stento, di aver previsto tutto negli anni Sessanta. Seminerio scriverà, in tal caso senza traccia d’ironia, che le contraddizioni del capitalismo sono un problema di giusti equilibri, insomma di buona amministrazione. Tout se tient, sentenzierò annoiando a mia volta la solita dozzina di lettori.

domenica 23 agosto 2015

I veri e semplici cittadini interessati siamo noi


In margine all'appello a supporto del governo di “semplici cittadini interessati alle sorti dal Paese”, pubblicato ieri dal Corriere della sera, e contrariamente ai canoni comunicativi della cosiddetta “piramide rovesciata”, prendo il discorso alla larga, parlando d’informazione. Per una volta non della solita televisione, bensì di quella che un tempo – e oggi sempre meno  – si chiamava “carta stampata”.

*

Quale grado di autonomia può avere un quotidiano, ossia a chi risponde? Alla proprietà, non c’è dubbio, essendo quella editoriale, dal punto di vista economico, un’attività industriale come un’altra (*). Sennonché l’informazione incide in modo decisivo nella formazione della cosiddetta opinione pubblica, e dunque è chiaro il motivo politico sul perché un’attività economica con bilanci perennemente in rosso interessi tanto i capitani coraggiosi dell’imprenditoria e della finanza, ma anche, per fare un esempio di rilievo, la Chiesa cattolica e altri gruppi di potere e di pressione.

L’informazione è un ganglio vitale di questo sistema dominato da “un’oligarchia dinamica incentrata sulle grandi ricchezze ma capace di costruire il consenso e farsi legittimare elettoralmente tenendo sotto controllo i meccanismi elettorali” (Luciano Canfora, La democrazia, p. 331).

sabato 22 agosto 2015

Il dubbio di Amleto


“... o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli.”

Siamo imbrigliati nell’appassionante dibattito sui funerali kitsch di uno dei tanti benefattori del made in Italy per dare troppo peso alle stragi di civili e alla distruzione di memorie storiche nel vicino oriente, così come l’ammazzamento nel Mediterraneo di migliaia di uomini, donne e bambini fa meno notizia dell’apertura del campionato di calcio. Siamo tutti come dei sonnambuli.

A cominciare dall’ONU la cui azione politicamente non ha rilievo, e interviene con la sua agenzia per i rifugiati e cioè solo dal lato dell’assistenza. Vorrei sapere quanti dei bagnati in spiaggia ma anche dei deputati del parlamento saprebbero di primo acchito indicare – senza chiedere l’aiutino – il nome esatto dell’attuale segretario delle Nazioni Unite.

Proprio l’ONU segnala che ci sono più rifugiati nel mondo oggi che in qualsiasi altro periodo del dopoguerra. Il numero è impressionante: si contano quasi 60 milioni di persone sfollate con la forza. Si tratta di quasi tre volte il numero registrato appena un decennio prima. Su scala globale, ogni 122 persone c’è un rifugiato o in cerca di asilo. La maggioranza (51 per cento) dei rifugiati sono sotto i 18 anni.

venerdì 21 agosto 2015

Le lancette


Si prenda il caso di un paese povero, ma anche non poverissimo e però con diversi e notori problemi di natura strutturale e di atteggiamento levantino della sua classe dominante. Facciamolo entrare in un’unione economica e monetaria dove i rapporti di scambio con le economie dei paesi più forti dell’unione siano molto sbilanciati, e dove la valuta di riferimento – con la quale avvengono ovviamente tutti i pagamenti – sia sostanzialmente quella del paese più forte.

Si concedano a tale paese cospicui crediti – tramite le banche e operatori privati dei paesi più forti dell’unione – per acquistare merci d’importazione, quali automobili, carri armati, caramelle e tutto ciò che si può desiderare, mettendo peraltro in ginocchio, schiacciati dalla concorrenza, quei pochi settori merceologici che quello stesso povero paese fino allora poteva vantare, per esempio per quanto riguarda l’artigianato, la pesca e finanche quel poco di agricoltura.

Dopo un po’ di anni, i crediti concessi a questo disgraziato paese – che per l’innanzi hanno reso ottimi interessi alle banche creditrici e funto da volano alle esportazioni dei paesi forti, permesso alla borghesia locale di prosperare e d’illudere un popolo, e di decantare sui media del continente le magnifiche e progressive sorti di quel paese già povero – paiono sempre più inesigibili.

giovedì 20 agosto 2015

L'insolubile crisi, le solite cose


Sette anni dopo il crollo di Wall Street, lontani dall’aver recuperato i livelli produttivi ed occupazionali precedenti, stanno crescendo i segnali di una nuova depressione con raffreddamento delle esportazioni e bassi consumi, caduta dei listini borsistici e crollo dei prezzi delle materie prime. Il tutto nel quadro di una guerra dei cambi, di pressioni deflazionistiche e nel mentre le banche centrali immettono quantità enormi di liquidità acquistando della semplice spazzatura.

C’è una gara ad indovinare dove avrà luogo l’innesco del prossimo tracollo finanziario, e la mitica Cina e le cosiddette economie “emergenti” sono indicati come i candidati più probabili. Dalla Cina arrivano notizie quotidiane sui suoi affanni, e Pechino ha dato garanzie verbali che cerca solo una correzione modesta nel suo tasso di cambio. Vedremo.

Per quanto riguarda le economie emergenti di America Latina, Europa dell'Est, Asia e Africa, esse si trovano ad affrontare enormi deflussi di capitale dai loro mercati azionari e obbligazionari, il precipitare delle valute, e per converso vedono aumentare i loro oneri di debito aggravati dal rialzo del dollaro e dal crollo del prezzo delle materie prime.

Dal canto loro Europa e Giappone sono impantanati in una recessione di cui non si vede fine, anzi, le previsioni di crescita saranno presto smentite dai fatti. Quanto al “recupero” degli Stati Uniti, a guardar bene i numeri (il crollo delle vendite di Wal-Mart mi pare eloquente), si sta dimostrando di essere al tempo stesso fragile e chimerico. Pertanto nessuno può far nulla per evitare il nuovo incendio e per impedire che si propaghi a livello globale. Per quanto riguarda l’economia capitalistica sono ancora gli dèi a decidere.

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mercoledì 19 agosto 2015

Prosecco, speck e scorreggia libera.


Possiamo ben immaginare Renzi Matteo al telefono supplice di una visita della Merkel all’Expo. Almeno per qualche foto insieme, mentre trincano Prosecco e ingollano speck. Il tempo di caricare viveri di conforto nel cofano della mercedes che la riaccompagna all’aeroporto. Al resto ha pensato l’ufficio stampa di Palazzo Chigi. Viene così in luce, alla lettura dei giornali, che la Merkel avrebbe dichiarato solennemente di tutto e di più. Sulla stampa tedesca non ha rilievo la toccata e fuga milanese della cancelliera. In realtà la Merkel si è limitata a due sole parole intercalate da una virgola pronunciate a bocca piena: “Ja, gut”.

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Una terza opzione non c’è


Bisogna essere in totale malafede – oppure dei cretini – per non capire con quanta malafede la Germania abbia agito in questi tre lustri in Europa. Già in epoca non ancora troppo sospetta, ossia all’inizio del 2010, elencai, anche se solo per un determinato settore merceologico, cioè quello della fornitura di armamenti, il gioco sporco della Germania verso la Grecia. E ciò che vale per questa specifica ragione di scambio vale anche per tutto il resto e per tutti i paesi europei verso i quali, forte della sua struttura economica, la Germania realizza una non piccola parte del suo enorme surplus.

In sintesi, la Germania sapeva bene quello che faceva, ossia forniva corda e sapone all’impiccato. Lo sapevano benissimo le banche tedesche attraverso le quali fu erogato il credito che un piccolo e povero paese come la Grecia non avrebbe, già nel breve periodo, potuto onorare a fronte di acquisti cervellotici. E lo sapeva anche la Francia, se è per questo.


martedì 18 agosto 2015

Al cubo


Un tempo quando si diceva che il mondo è impazzito era un modo per significare che l’ordine delle cose veniva scosso nei suoi tradizionali fondamenti e consolidate abitudini a causa dalle più varie e in certi casi discutibili innovazioni. Poi pensava il senso pratico ed estetico a far selezione delle novità, e dunque si faceva l’abitudine a ciò che in un primo momento era parso così strano ed insolito. Una volta assimilata, la novità attendeva a sua vota di essere superata e sostituita da altra “stranezza” ancora. È anche per tali motivi che dapprima abbiamo lasciato le caverne e poi non indossiamo più le sottogonne di crinolina.

A riguardo dell’abbigliamento, pensiamo ai maglioni a girocollo che sostituirono massicciamente le camicie. Ebbene furono una novità soprattutto negli anni 1960-'70, e oggi un capo di vestiario simile lo parta quasi esclusivamente – e forse non a caso – un noto farmacologo. Nelle spiagge, ricordiamo come il bikini fu percepito all’inizio quale azzardo, ma vedere oggi un costume a pezzo intero è quasi una rarità. Per non dire dei cappotti, largamente sostituiti dai piumini, e non troppo frequente è anche l’uso della gonna. Eccetera.

lunedì 17 agosto 2015

Aveva ragione Stalin


Anche se non ce ne rendiamo sempre conto, quando guardiamo la tv o leggiamo un giornale, c'è in questo semplice e quotidiano atto uno squilibrio di potere immediato, nel senso che telespettatori e lettori non sono in grado di verificare ciò che viene detto e scritto, tanto più se il loro atteggiamento è passivo e acritico rispetto alle notizie. Sul peso che esse hanno o possono avere nella formazione della cosiddetta opinione pubblica, ossia sul giudizio che viene a formarsi rispetto a un certo fatto, mi pare non sia il caso d’insistere. Né abbiamo esatta cognizione su come viene selezionato il flusso di informazioni, né su chi controlla le nostre comunicazioni.

Per quanto riguarda le notizie sui temi economici non siamo messi meglio di quelle che riguardano la politica estera, sulla quale abbiamo in generale un atteggiamento che definire asettico, rispetto alle notizie di casa nostra, è un eufemismo. E tuttavia nessuno potrebbe negare il flusso massiccio di notizie economiche che quotidianamente ci sommergono. E con esse i dati su questo e quello. Tuttavia è sulla qualità e la correlazione di quelle notizie che bisognerebbe indagare, per non dire poi dei fin troppi interessati e sempre “autorevoli” commenti che le accompagnano.

domenica 16 agosto 2015

Manager da spiaggia


Questa mattina s’apriva uno squarcio tra le nubi, ad est, per cui si poteva stare al sole. Le nubi però non si sono mai diradate del tutto e a mezzogiorno è caduta qualche goccia. Sennonché tra la battigia e il mio ombrellone s’è piazzato, di buonora, un tipo con la testa rasata e oblunga, in bermuda a fioroni, con le cuffie ficcate negli orecchi e il suo smartphone. Per un’oretta ci ha tenuto compagnia con un flusso ininterrotto di notizie su amministratori, banche, fidi, tassi, somme rotonde, spese per le pulizie e consulenti. Non si sa naturalmente con chi parlasse e se effettivamente fosse in comunicazione con qualcuno. Nemmeno con l’iPod a tutto volume si riusciva ad attutire la fastidiosa logorrea punteggiata di anglismi, alcuni d'improbabile attinenza.

A sentirlo (e non potevi evitarlo) sembrava proprio uno dei tanti manager che dormono poco, si svegliano presto e portano il peso dell’umanità sulle proprie spalle, salvo venire a spiaggiarsi in riva all’Adriatico frequentato da proletari sempre meno agiati e piccoli evasori esagitati. Finalmente è arrivata sua moglie, con una bandana gypsy, piazzandosi solo due ombrelloni più in là. La diretta telefonica del manager ha avuto subito termine con un lapidario: “Ci sentiamo, ciao”. Dopo di che la recita teatrale, su altri argomenti, è ricominciata trovando una spalla nei vicini d’ombrellone.

L'inviata del TG3 e l'operaio dell'Elettrolux


La nota multinazionale Kraft, quella delle sottilette per intenderci, s’è fusa con il colosso americano Heinz Co, poco noto qui da noi ma un’istituzione nelle tavole degli americani. E subito sono stati annunciati 2500 licenziamenti nel Nord America. L’affare è stato orchestrato da Warren Buffett Berkshire Hathaway.

Il produttore di computer cinese Lenovo ha annunciato 3200 licenziamenti concentrati alla Motorola Mobility, società già acquisita da Google e ora ceduta a Lenovo. A sua volta Motorola Mobility ha annunciato 5000 licenziamenti nella sua sede centrale di Libertyville (Chicago). Altri trecento dipendenti perderanno il posto di lavoro con la chiusura della filiale della società a Plantation, Florida. Avranno più tempo per godersi il clima e la spiaggia.

Il produttore di smartphone HTC ha annunciato che tagliarà 2250 posti di lavoro, ossia il 15 per cento della sua forza lavoro globale, entro la fine dell'anno. L'azienda sta cercando di tagliare i costi del 35 per cento. Non gli stipendi dei massimi dirigenti però.

sabato 15 agosto 2015

Buon ferragosto, schiavi


Dichiara la ministra Lorenzin da poco mamma di due gemelli:

Il tema della denatalità va visto come questione culturale, sociale ed economica. Un Paese come il nostro con una media di 1,3 figli per donna rischia uno svuotamento che già tra vent'anni non ci permetterà di affrontare il welfare. Bisogna prendere consapevolezza del problema e cominciare ad affrontarlo in modo concreto …

Troppo tardi. Questo problema andava affrontato, per le incombenze di rito, molti anni or sono, almeno due o tre decadi indietro. E tuttavia non sarà seriamente affrontato né oggi e nemmeno domani. La Lorenzin questo problema non lo avverte di suo, avrà la colf e la bambinaia, e del resto lei non conta un cazzo e la sua “consapevolezza” vale quanto un condom bucato.

Come ogni altro problema, anche questo andrebbe affrontato da un punto di vista scientifico, incominciando col dire – citando Marx – che una legge demografica astratta esiste soltanto per piante e animali, ma per quanto riguarda la società umana non esiste una presunta “legge naturale” della popolazione. È la domanda di lavoro, in ultima analisi, che determina l’incremento o la diminuzione della popolazione “operosa”.


venerdì 14 agosto 2015

L'estasy per i momenti di crisi politica


Alla vigilia di ferragosto cosa c’è di meglio di un trip come questo, sull’astensionismo elettorale di oltre ottant’anni fa? Roba che l’“ecstasy killer” passa per monacolina.

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La grande affermazione elettorale della formazione völkisch di Hitler, nelle elezioni anticipate improvvidamente convocate il 14 settembre 1930 da Heinrich Bruning nella speranza di ottenere un parlamento più malleabile, fu possibile grazie a una combinazione di eventi tra i quali la diminuzione degli astenuti non ebbe un ruolo marginale. Infatti, nel 1928 aveva partecipato al voto il 75,6 degli iscritti nelle liste, mentre nel 1930 i votanti furono l’81,9 per cento, cioè quasi due milioni e mezzo di votanti in più. Inoltre il corpo elettorale dal 1928 al 1930 crebbe di 2.700.000 unità, ossia giovani che votavano per la prima volta.

giovedì 13 agosto 2015

Nella condizione che conosciamo bene


Il Fondatore di Repubblica risponde al Fustigatore di Solgenitsyn "soprattutto per ringraziarlo per le parole di amicizia e di stima, che contraccambia con identici sentimenti", il quale a sua volta aveva risposto al Fondatore "in uno sforzo di dialogo, nuovo segno della loro amicizia". La forma ha la sua importanza, nonostante i tempi e anzi in ragione di questi. E che a occuparsi a tutta pagina di certi temi siano dei nonagenari, non privi d’influenza, è pure un segno dei tempi.

Infatti, uno dei due parla di legge elettorale Acerbo, che fu applicata per la prima e ultima volta il 6 aprile 1924, ossia esattamente il giorno stesso in cui egli nacque. L’altro, ebbe ad affermare che “il GUF era in effetti un vero e proprio vivaio di energie intellettuali antifasciste”. E che un’articolazione del Partito Nazionale Fascista, cui si aderiva provenendo dalla Gioventù italiana del littorio, fosse un “vivaio antifascista”, pur vestendo orgogliosi, come il Fondatore e il Fustigatore, la divisa con i pantaloni a sbuffo alto e la camicia nera, è cosa diventata di senso comune, soprattutto dal dopoguerra.

mercoledì 12 agosto 2015

Come se l'autore ...


“[…] come se l’autore avesse improvvisamente cessato
di aver fiducia nell’intelligenza e nella pazienza del lettore.”

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Prima che la notizia la divulghi Renzi con un suo hashtag contro il decadentismo che non aiuta la “crescita”, segnalo che oggi cade il 60° anniversario della morte di Thomas Mann.

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“Quando nel 1901 apparvero I Buddenbrook [Verfall einer Familie: Decadenza di una famiglia], l’aristocrazia mercantile era ben lungi dal prevedere il suo rapido declino, credeva forse di avere altri settecento anni davanti a sé”. Così scriveva Cesare Cases nell’Introduzione al romanzo di Mann. Qualche pagina dopo: “Nulla permette di supporre che l’autore di questo libro creda nella fine dei valori borghesi, nemmeno in una fine di fatto, e non di diritto, a opera degli Hagenström”, cioè dei nuovi padroni del civico numero 4 della Mengstraße.

Si deve credere, come già ebbe a suggerire Giuseppe Tomasi, che il processo storico proceda come “una lenta sostituzione di ceti” che infine lascia “tutto com’è”? La ragione profonda non è analizzata e viene colta solo in superficie. Fu già Marx a porla in chiaro con una riflessione su cui anche troppi marxisti o sedicenti tali hanno fatto finta di nulla:

[…] in tutte le rivoluzioni finora avvenute non è mai stato toccato il tipo dell’attività, e si è trattato soltanto di un’altra distribuzione di questa attività, di una nuova distribuzione del lavoro ad altre persone […].

Per converso di una nuova distribuzione del potere. Sempre nell’Ideologia tedesca, nel secondo capitolo, scrive:

Ne consegue che tutte le lotte nell’ambito dello Stato, la lotta fra democrazia, aristocrazia e monarchia, la lotta per il diritto di voto, ecc. ecc., altro non sono che le forme illusorie nelle quali vengono condotte le lotte reali delle diverse classi […].


martedì 11 agosto 2015

Terra incognita


Non si sa se ridere o disperarsi quando, con cadenza mensile, vengono commentati i dati sulla trasformazione dei contratti che vedono aumentare quelli a tempo indeterminato. Il contratto a tempo indeterminato, di fatto, non esiste più, nemmeno per i vecchi contratti. Il licenziamento senza reintegro diventa possibile per la totalità dei dipendenti nelle aziende quando queste, dopo l’entrata in vigore del Jobs Act, salgono sopra la quota dei 15 dipendenti (comma 3 dell’articolo 1 del decreto 23/2015 attuativo del Jobs Act). Negli altri casi, laddove le nuove assunzioni non comportino il superamento della soglia dei 15 dipendenti, avviene la stessa cosa, ossia non c’è mai reintegro in caso di licenziamento, salvo il giudice stabilisca che il licenziamento è discriminatorio (articolo 9, comma 1, del decreto 23/2015). Non solo, il nuovo contratto prevede un indennizzo più basso per le imprese sotto i 15 dipendenti in caso di licenziamento illegittimo. In buona sostanza in un modo o nell’altro possono licenziare a prescindere dal tipo di contratto e liquidare il lavoratore licenziato illegittimamente  (!!) con poche migliaia di euro.

Tutto ciò per effetto di una legge voluta e approvata dal Partito democratico, sia dalla sua componente maggioritaria e sia dai cosiddetti “dissidenti”. E ciò la dice lunga su tante cose che riguardano la società italiana, e non solo sulla natura di quel partito.

*

domenica 9 agosto 2015

Peppone e le vacanze proletarie


A Luigi, che ha la pazienza di chi legge fino in fondo.

Questa è l’epoca della sovrabbondanza. Non per tutti, sappiamo. Ed è anche l’epoca della sovrabbondanza di significati. Ogni oggetto della nostra riflessione è sovraccaricato d’interpretazioni. E fin troppo spesso accade di doverci occupare più delle innumerevoli interpretazioni degli interpreti che non delle cose stesse.

Se chiedessimo a delle persone, anche selezionate e inclini a un atteggiamento diacronico, di spiegare in che cosa consista la “dittatura del proletariato”, tema peraltro improbabile anche in stagioni meno afose, riceveremmo giudizi connotati di forte negatività se non altro perché il termine “dittatura” evoca spontanea idiosincrasia. E però non ci si aspetti, quanto al concetto nella sua determinazione propriamente teorica, di raccogliere chissà quali cogenti risposte.

È difficile revocare in dubbio l’idea, davvero coriacea, che la nostra società occidentale non sia esattamente quale essa ama rappresentarsi, ossia un ordinamento improntato a sostanziale libertà e retto con i crismi della democrazia. Del resto, chi potrebbe negare che non siano tutelati i diritti fondamentali dell’uomo? Nessun uomo può metterne in catene un altro se non per motivi di legge, né può costringerlo a qualsiasi cosa contro la sua volontà.

sabato 8 agosto 2015

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Riconosco fondamentalmente due tipi di persone: quelle che stimo, e le altre. Tra quelle che stimo, vi sono le persone che stimo molto e quelle che stimo lo stesso. Tra le persone che si stimano molto non c’è bisogno di pensarla allo stesso modo su tutto. Però su alcune cose importanti, anche non dette, i sentimenti fanno esattamente lo stesso percorso. Su questo si fonda il rapporto di stima. Si stima, almeno per quanto mi riguarda, anzitutto e inscindibilmente l’intelligenza e l’onestà. Due qualità riconoscibili anche a distanza. Perciò si può voler bene e stimare persone che non si sono mai conosciute direttamente, appartenenti ad altre storie.

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L’ultima persona che ho stimato molto tra quelle conosciute direttamente, l’ultima persona amica a me e alla mia famiglia, non c’è più da quasi trent’anni. Proprio di questi giorni caldi d’estate decideva che poteva bastare. Più volte in questi anni, rimproverandomi e straziandomi, ho pensato a che cosa avrei potuto fare per evitare ciò che è successo. Tuttavia dovevo, credo di non dirlo per assolvermi, rispettare la sua vita privata, non mettermi in mezzo a faccende troppo intime. Certe decisioni si prendono in solitudine e vanno rispettate.

venerdì 7 agosto 2015

Immobili


Possiamo pensare ciò che vogliamo, ma la realtà ci scavalca e ci lascia senza parole, senza fiato. Qui non si tratta solo della rottura di armonia con l’ambiente storico circostante, di un’irrazionalità dalle spiegazioni pseudo-pratiche, ma siamo in corrispondenza di una condizione sociale e ideologica ben precisa. Ciò significa essenzialmente che la società dominante, la putrescente società del capitale, ha saputo a tutti i livelli della realtà difendere e anzi promuovere la sua logica mercantile molto meglio di quelli che credevano di poterla controllare e indirizzare.

Siamo imbucati in una grande crisi, i segni ci sono tutti, abbondanti. Si tratta dell’esistente e delle sue diverse forme di accettazione. Non c’è più un luogo nel pianeta dove sia possibile esprimere le possibilità non solo di un cambiamento ma anche più semplicemente di conservare ciò che ci è stato trasmesso, poiché non esiste più un luogo dove prevalga la ragione sull’interesse privato più sordido e patologico. Siamo immobilizzati dentro questa merda e non ne veniamo più fuori.



giovedì 6 agosto 2015

Sacrifici minimi


Per arrivare a Conegliano, sia per la statale da Treviso, la famigerata Pontebbana, sia per la non meno trafficata provinciale di Montebelluna per chi proviene da Bassano o da Vicenza, c’è da attraversare il Ponte della Priula, laddove le due strade si congiungono. Qualche chilometro più avanti c’è il paesotto di Sussegana, noto alle cronache nazionali perché vi ha sede uno degli stabilimenti della Elettrolux e non già per le apparizioni di Bianca di Collalto e relativo castello distrutto nel 1917-‘18.

L’antica Zoppas, poi Zanussi e ora la svedese Elettrrolux, fabbrica di elettrodomestici (“produzione bianca”), dopo le vicende recenti e reiterate connesse alla minaccia di chiusura (sono sempre in ballo 250 esuberi), torna in questi giorni alla ribalta. Ora la multinazionale, il “gigante del freddo”, produce a ritmi sostenuti, tanto è vero che i suoi 1.100 dipendenti sono passati dal contratto di solidarietà di 6 ore a 8 ore, e anzi fanno gli straordinari e lavorando 6 ore anche il sabato. Tutto ciò sarebbe merito non degli operai ma del nuovo modello di frigorifero, il Cairo.

... ma presto


“Forse non domani, forse non fra tre mesi da oggi, ma presto”.

Così ha detto il presidente Barack Obama, premio Nobel per la pace, ieri in un discorso tenuto presso l'American University di Washington, DC..

Parlava di guerra. Chi dà il diritto a quest’uomo, a questo capo di Stato, di minacciare guerra e fare la guerra e favorire il terrorismo e la destabilizzazione in tutto il mondo?

E tutto ciò è fatto in nome della libertà, della democrazia, dei più alti principi e naturalmente degli interessi nazionali degli Stati Uniti d’America.

Oggi la minaccia di guerra è rivolta all’Iran, se il Congresso degli Usa non dovesse ratificare gli accordi sottoscritti sul nucleare. E dunque non è l’Iran a minacciare guerra, ma a decidere se ci sarà un conflitto tra gli Usa e l’Iran – una guerra di proporzione sicuramente non limitate – sarà un voto del parlamento americano (*).

In opposizione ai falchi che chiedono un'azione militare statunitense unilaterale contro l’Iran, inclusi quasi tutti i membri repubblicani del Congresso, una parte dei democratici, il governo israeliano e influenti organizzazioni filo-israeliane negli Stati Uniti, non meno che la frazione della borghesia a capo il Wall Street Journal, Obama ha inquadrato la sua risposta sotto il profilo storico-diplomatico, dichiarando che tale accordo va inteso come un impegno della diplomazia a trovare una risoluzione pacifica alle controversie internazionali, e all’uopo ha citato e invocando quasi un discorso di John F. Kennedy pronunciato presso la stessa Università nel 1963.


mercoledì 5 agosto 2015

Bloody Mary


Quella che segue è una lettura adatta al momento stagionale e può favorire l’abbiocco già dopo le prime due righe e mezza. Perciò è sconsigliata a chi sia alla guida di pattini, gommoni, natanti in genere, ma anche tagliaerba sui campi di golf. È vietata la diffusione con mezzi sonori.

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È fatto quotidiano la sopravvalutazione della funzione della coscienza umana e il credere, conseguentemente, di poter risolvere, da un punto di vista soggettivo-volontaristico, la dialettica necessità/libertà a favore di quest’ultimo termine. E non sono pochi quelli che mettono in dubbio la possibilità delle scienze sociali di consentire una conoscenza oggettiva, ossia la scientificità delle scienze sociali e dunque, facendo di ogni erba un fascio, anche del materialismo storico.

Questa sfiducia nelle scienze sociali è motivata dai palesi fallimenti di queste scienze, anzitutto dall’economia che non riesce a rendere ragione di ciò che accade se non ex post. Per quanto riguarda invece il materialismo storico in generale la sfiducia nasce da un sostanziale pregiudizio cui ha notevolmente contribuito da un lato la lotta ideologica e le tensioni sociali del Novecento, e dall’altro – quando va di lusso – un’esegesi di quarta mano (*).

Godi più che puoi, figliol prodigo


Anche se nel dibattito pubblico (quello finto gestito dai media) non se ne parla, le cose ci dicono chiaro che tra meno di una generazione l’Italia sarà un paese dove sopravvive una popolazione prevalentemente di poveri, in una situazione di forte disgregazione e conflittualità sociale. Per povertà s’intende quella vera, non quella cosiddetta relativa. Chi avrà un lavoro e ad ogni modo un reddito attorno ai mille euro il mese potrà ritenersi baciato dalla fortuna (chiamiamola così).

Gli attuali quarantenni, posto che abbiano maturato quasi mezzo secolo di contributi, avranno una pensione calcolata interamente con il contributivo e abbattuta dai coefficienti sulla “speranza di vita” (come in Blade Runner), salvo altri abbellimenti alla Monti-Fornero. I ventenni di oggi, posto che trovino un lavoro, con i chiari di luna che si profilano sia nel pubblico che nel privato, saranno chiamati a lavoretti sempre più precari e dequalificati, in qualunque modo vengano poi definiti i loro contratti.

martedì 4 agosto 2015

Make-up


Barak Obama, che tra meno di un anno e mezzo lascerà la stanza ovale, ha annunciato che gli Usa diminuiranno l’emissione di CO2 del 32% rispetto a quelle del 2005. Bravo. Sennonché non da subito, gli incentivi per rottamare le vecchie centrali a carbone, sviluppare solare ed eolico, e altre belle cose così, partono solo dal 2018 e i limiti entrano in vigore nel 2022, cioè quando Barak Obama sarà solo un ricordo. Con il prezzo del petrolio che crolla e il gas che te lo danno gratis è questo un annuncio alla Renzi. Senza contare che se vince un repubblicano …



E però il clima sta cambiando rapidamente, quali che siano le cause principali e quelle secondarie o collaterali. La produzione dell’olio di palma ha un impatto devastante nella deforestazione, e tuttavia nel XXI secolo non esiste nulla che possa fermare la fame di profitti dell’industria che impiega questa materia prima (non solo quella dolciaria). È un fatto incontestabile che per motivi di profitto si possano – del tutto legalmente, of course – innescare processi irreversibili della natura e tali da mettere a rischio l’umanità. Questo strano tipo di democrazia si chiama capitalismo.

Se volete


Meno di quattrocento famiglie sono i finanziatori di quasi la metà del denaro raccolto nella campagna presidenziale 2016, una concentrazione di donatori politici che non ha precedenti in epoca moderna.

Così scriveva il NYT il primo d’agosto. Interessante anche il titolo dell’articolo.

Più di 50 persone fisiche hanno sborsato almeno un milione di dollari a testa a sostegno dei candidati alla presidenza, scrive il Washington Post. Anche in questo caso è eloquente il titolo dell’articolo, il quale prosegue con altri dettagli sulle cifre raccolte.

La maggior parte di questo denaro è stato canalizzato attraverso i cosiddetti PAC, i comitati di azione politica nominalmente indipendenti, legalizzati dalla Corte suprema nel 2010.

lunedì 3 agosto 2015

Al sugo di bischero


Certe "ricette" di sedicenti comunisti m’inducono a un breve intervento a chiarimento. Quando si ha a che fare con simili questioni è necessario un approccio scientifico, altrimenti si alimenta la poesia del luogo comune e, peggio ancora, si offre un facile bersaglio alle forme mentali più reazionarie per vantare cappotto su Marx, il marxismo, il comunismo e simili.

Una delle questioni che appassionano maggiormente la cosiddetta “sinistra” e il movimentismo sociale di ogni tendenza riguarda la contraddizione fra il carattere privato dell’appropriazione e quello sociale della produzione. C’è chi attribuisce senz’altro una valenza positiva alla socializzazione del processo di produzione poiché essa segnerebbe un progresso della storia verso il socialismo o comunque una società più giusta, equa, eccetera.

Time reborn


Il Domenicale de Il Sole 24 ore ultimamente non presentava per me quasi alcun interesse. Invece nel numero di ieri c’è materia di cui godere. Anzitutto l’articolo di prima a firma di Alvar González-Palacios, uomo di cultura a tutto tondo, straordinario conoscitore dell’arte (anche se non calca gli studi televisivi) e sicuramente il maggior esperto di arti decorative in circolazione (anche se ultimamente come collezionista guarda con interesse all’Oriente). Indeciso tra Parigi e Roma, alla fine decise per quest’ultima e andò ad abitare in un appartamento di palazzo Caetani, già abitato dalla penultima discendente della famiglia, cioè Lelia Caetani, figlia del compositore Roffredo Caetani, e consorte di Hubert Howard (*).

Ipocrisie


Oltre la metà della popolazione più giovane non ha un lavoro o ne ha uno di assai precario e malpagato. Per loro non c’è né presente e nemmeno futuro. Come nel romanzo di Buzzati, aspettano il nulla. Credo che questa situazione, sorella di una crisi ideale profonda, spieghi a sufficienza il perché masse consistenti di giovani facciano un uso smodato di alcol e di droghe. Si chiudono le discoteche ma non si chiude con questo sistema sociale, anzi, non viene nemmeno messo in discussione.


domenica 2 agosto 2015

Ferie


L’editoriale odierno di Eugenio Scalfari è aria rifritta, anche se evoca il fatto “che siamo ad un punto di svolta, ad un mutamento strutturale economico, sociale, politico in tutto il mondo che ci circonda”. Oh bella, la borghesia d’antan sta prendendo atto che il futuro è già qui, che loro sono morti e una grande rivoluzione è in atto. Come corollario, si fa per dire, la questione sociale. Solo qualche decennio or sono sembrava risolta per sempre, e invece risorge e si fa sempre più aspra.

Poi il richiamo di Scalfari alla lettera di Saviano, ma né l’uno e nemmeno l’altro hanno qualcosa di concreto da proporre. E, del resto, quale persona sana di mente investirebbe un euro in un territorio dominato (nel senso letterale del termine) da bande criminali e da una classe dirigente premoderna e predatrice? Tacendo del resto perché sennò si passa per leghisti.


                                                                                                                    
 (Musei Capitolini)

Conta nulla che milioni di persone s’incamminino sulle autostrade per qualche giorno di ferie. C’è denaro in circolazione, venti milioni di schiavi salariati in qualche modo riescono ancora a sfangarla. E questo fa dire a quel poveretto di Tronti che Marx sbagliava, non aumenta la proletarizzazione ma l’imborghesimento. Quello di Tronti, rimasto fermo ai parametri di valutazione dell’Ottocento, è un credito intellettuale abusato e in malafede.

Ciò che abbaglia è che i ricchi diventino sempre più ricchi (e non sarebbe questo in sé il problema) e per contro aumentino i poveri diventando sempre più poveri (ed è appunto questa la questione). E a proposito di Scalfari, dunque dei Caracciolo, per avere uno spaccato del classismo del bel tempo antico, quel classismo che l’ipocrisia d’oggi dissimula, è utile, quale passatempo estivo, il libretto di Marella Caracciolo vedova Agnelli, La signora Gocà (la signora non è lei, è il fratello Carlo). Anche perché vi si può apprezzare la differenza tra vacanze vere e quella pausa tra un periodo di schiavitù e un altro che chiamiamo ferie.








                                                                                                                       

sabato 1 agosto 2015

Non ce ne rendiamo più conto


L’abolizione del famigerato art. 18, e dunque la libertà padronale di licenziare a bischero sciolto, doveva favorire l’occupazione. Quindici miliardi di sgravi contributivi triennali sulle assunzioni a tempo indeterminato fatte nel 2015 dovevano essere il toccasana per la “crescita”, almeno secondo le dichiarazioni. “Le aziende non hanno più scuse per non assumere”, ricordate?

Nell’aprile del 2008 lavoravano 23,2 milioni di persone, oggi sono 22milioni 297mia. I disoccupati erano 1,7 milioni, quasi la metà dei 3,2 milioni attuali. Senza dire che il numero degli occupati non è crollato ulteriormente per il semplice motivo che la riforma Fornero ne ha tenuti inchiodati, sia nel pubblico e sia nel privato, centinaia di migliaia.

Il Fondo monetario internazionale ha avvertito che per riportare in Italia il tasso di disoccupazione ai livelli pre-crisi ci vorranno almeno 20 anni. Bugia colossale, come rilevavo in un post di qualche giorno fa. L’occupazione è destinata a scendere, in modo irrefrenabile. Nemmeno se i salari precipitassero a livelli asiatici l’occupazione segnerebbe sostanziali aumenti.

La dinamica di questa crisi sortisce dalle stesse contraddizioni delle altre crisi, e tuttavia per taluni suoi aspetti essa risulta qualitativamente assai diversa da quelle tradizionali, come credo di aver dimostrato in questo post. Perciò insisto nel dire che si tratta di una crisi epocale.

Altra cosa di cui bisogna tener conto, di là dell'enfasi predicatoria sulla crisi intese come gherminelle passeggere della finanza e delle banche, è che un posto di lavoro non è solo occupazione, e il salario è molto di più del suo accredito sul conto corrente. La disoccupazione non è solo mancanza di lavoro: è veleno. Nessuna elemosina e reddito di cittadinanza può dare dignità a gente che aspetta il nulla.

È su questi fatti, su questi numeri, che si misura il fallimento, anzitutto sul piano sociale, di questo sistema. E dunque questo non segna solo il fallimento del neoliberismo ma anche di tutte le idee politiche che credono che questo sistema possa essere riformato.



Crème de la crème


Giungono le solite notizie a confermare che siamo ben inoltrati in una nuova epoca buia, oppure che non ne siamo mai usciti. Ripeto, non se ne può uscire, non per vie ordinarie e, anzi, temo ormai nemmeno per le straordinarie. È così e basta. 

A Roma non si paga la Tares, cioè la tassa sui rifiuti, per centinaia di milioni. E se è per questo l’Ici fu evasa per oltre cento milioni, e l’Imu non avrà sorte migliore. E non credo che in certe altre città le cose vadano in modo molto diverso. A Roma, come mi capita di verificare in ogni occasione, il biglietto dell’autobus non lo oblitera nessuno, tranne i turisti. Sono abbonati.

Stamane ho provato a spiegare a un signore molto anziano come si possa non pagare, e farla franca, una contravvenzione stradale o una qualsiasi somma dovuta ad un ente pubblico. Poveretto, appariva stordito e incredulo. Appartiene ad un’altra epoca, a un altro mondo.

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Anche quest’anno i cento con lode sono il quadruplo in Puglia rispetto al Piemonte. E ficcano i soliti commenti. Ieri mattina una insegnate, a Radiotre, affermava caparbia che tali differenze sono dovute al fatto che nelle regioni meridionali, essendo più ampio l’abbandono scolastico, c’è una maggiore scrematura (così l’ha chiamata) e gli studenti che frequentano le superiori sono dunque quelli più motivati. Poco dopo, nel caso gli ascoltatori non si fossero divertiti abbastanza con il sociologismo da strapazzo, ecco la presidente dello Invalsi addurre, in modo più sommesso, lo stesso identico motivo, oltre al fatto, doveva ammettere, che i criteri di valutazione non sono omogenei.


Ora si capisce bene perché tutta Europa ci invidia la classe dirigente del Sud (e non solo quella).