giovedì 31 ottobre 2019

Buoni o cattivi



Riesco ancora a stupirmi su come sia possibile trasmettere nella tv pubblica un documentario, della durata di circa un’ora, riguardante il crollo della borsa di New York dell’ottobre 1929 e la crisi economica e sociale che ne seguì, senza mai pronunciare la parola “capitalismo” (*). Ecco che la storia non è più il prodotto dall’azione di forze oggettive, ma ogni evento viene collocato sotto il segno del miracolo o della catastrofe, dell’azione degli individui di volta in volta buoni o cattivi. Buoni investitori, cattivi speculatori; Herbert Hoover all’inferno e Franklin D. Roosevelt in paradiso.

Dal  momento che i responsabili di questi programmi televisivi, così come gli storici ed economisti intervistati, non posso essere accusati di non conoscere che cos’è la censura, né di essere incapaci di distinguere ciò che è semplicemente falsificazione, si deve dedurre che questa gente è entrata in una sorta di orbita autonoma, vorrei dire autistica, e senza imbarazzo vuol stabilire che la società capitalistica è in grado di superare le proprie contraddizioni ed è il solo sistema praticabile. Vedremo ancora per quanto e a quali costi.


Il programma si chiude con una citazione dell’economista borghese John Kenneth Galbraith: “Nessuno fu responsabile del grande crollo di Wall Street, nessuno manovrò la speculazione che lo precedette, entrambi furono il prodotto della libera scelta e della libera decisione di migliaia di individui; questi non furono condotti al macello, vi furono spinti dalla latente follia che ha sempre travolto la gente presa dall’idea di diventare ricchissima”.

L'approccio "scientifico" borghese alle contraddizioni proprie del sistema (non solo di quelle economiche) funziona così. In tal modo la crisi perde il carattere capitalistico, oggettivo, per assumerne uno soggettivo, “umano”: non è il modo di produzione capitalistico che contiene in sé le cause dello squilibrio, ma la psiche umana, la volubilità degli attori sulla scena del mercato, e perciò non si tratta di cambiare sistema economico, ma di cambiare la testa degli uomini!


(*) Dal sogno all'incubo. America 1929, Rai Storia.


mercoledì 30 ottobre 2019

Sulla dissipazione di "capitale"



No, non ho acquistato il libro, e non solo per il prezzo eccessivo in rapporto al mio interesse per l’argomento trattato, ma perché ho potuto soddisfare la mia curiosità consultandolo in rete (nell’edizione napoletana del 1771).

Non bisogna lasciarsi trarre in inganno dal titolo, si tratta altresì di un trattato di medicina generale tradotto dal francese, nel quale si descrivono le malattie, non solo comuni, e i relativi rimedi. La strada è lunga ma in fine al libro si arriva dove si parla “del delitto di Onan”, non solo di quello maschile ma finanche di quello femminile, che l’autore chiama “onania Inglese”, che dà luogo, tra l’altro, a nanismo e problemi alla “spina dorsale” e “ineguaglianze di struttura”.

Non mancano riferimenti all’”infame” pratica del lesbismo, troppo comune tra le donne della Roma antica, “Ma non per questo il pericolo è minor in ciò di quello, che negli altri modi della polluzione, e le conseguenze ne sono egualmente terribili”. Te pareva, nuove sofferenze si mascherano sotto antichi piaceri.

Naturalmente e più in generale viene richiamato il ruolo di attenzione che debbono prestare “Padri e Madri” per quel che si fa nei “più rimoti angoli della casa”. Precisamente “quell'attenzione che discuopre la tana del cervo sfuggito di sotto agli occhi di tutti , il quale non è difficile a prenderlo quando vivamente si voglia”.

Noi sappiamo, dice l’autore passando alla pratica maschile, “da Galeno che Diogene lasciavasi commettendone il medesimo delitto”. E poi si dilunga nel descrivere “le dannose conseguenze per la perdita di questo umore”. E però, dice il medico scrittore, non si tratta tanto “della quantità della evacuazione”, ma nella maniera in cui avviene tale “dispersione di capitale”. Lo chiama proprio così, in alternativa, l’”umore”, scusandosene: “mi si permetta ancora questa espressione, che il mio soggetto le licenze di tal sorta autorizza”.

“Una quantità troppo considerabile di seme – prosegue il dottor Tissot – nel natural vaso sparso mette de' mali molto noiosi; ma essi son ben più grandi, quando la stessa quantità resti dissipata co' modi alla natura contrari. Gli accidenti, che quelli provano, onde con un naturale accoppiamento le proprie forze distruggono; son terribili quelli poi, che la volontaria polluzione seco mena, sono d'assai più spaventevoli”.

Leggere le descrizioni dei sintomi e dei rimedi è di buon godimento per chi vuole scansare le dissipanti polluzioni, volontarie e no, della politica politicante.

martedì 29 ottobre 2019

Ciò che poteva essere e non è stato


La storia non si fa con i “sé”, ma questi aiutano a capire quanto la storia sia capricciosa sgualdrina (*). Non avvertendo alcun afflato per la sorte di partiti e movimenti politici che non sono in grado di comprendere e affrontare la nuova realtà se non dal lato della sua spettacolarizzazione, e non dovendomi occupare di questioni di urgente momento come la messa al bando della “d” eufonica, da alcuni giorni rifletto su un fatto storico che mi era noto ma al quale non avevo dato il peso che esso indubbiamente merita per le gigantesche e tremende conseguenze prodotte nel secolo scorso, la cui eco giunge inesorabile fino a noi e scavalcherà le nostre caduche esistenze.

I nomi di Lenin e di Trotsky sarebbero oggi noti solo a una ristretta cerchia di cultori della storia del socialismo rivoluzionario russo. Quello di Stalin sarebbe sconosciuto a tutti. Nell’ottobre del 1917, secondo il calendario vigente in loco, a Pietrogrado non sarebbe avvenuto nulla di particolarmente significativo. E così di seguito, tanto che il XX secolo avrebbe avuto uno svolgimento del tutto diverso da com’è stato in realtà “sé” però la dirigenza politica, militare, amministrativa della Russia zarista avesse approntato un decente equipaggiamento per il proprio esercito prima di avventurarsi in una guerra europea che poteva scoppiare in ogni momento e era già largamente preventivata (anche se non attesa in quel preciso momento). Una guerra combattuta modernamente e i cui ammaestramenti sul piano tattico e logistico erano stati messi in luce nel corso dalle guerre balcaniche recenti, se non già anticipati nel conflitto russo nipponico del decennio precedente.

lunedì 28 ottobre 2019

Nostra signora dell’arte contemporanea


Sul Domenicale c’è un articolo che promuove un libro a firma di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, presidente della omonima Fondazione, ente no-profit nato con lo scopo di far conoscere al pubblico le attuali tendenze dell'arte contemporanea, ponendosi come osservatorio sulle più interessanti avanguardie.

L’articolo del Domenicale dal titolo I collezionisti ci dicono chi sono e cosa amano, in realtà dice poco a riguardo della dottoressa Patrizia Sandretto Locanin. E allora indago da me, dato che la mia curiosità per collezionisti e mecenati della forma contemporanea della bellezza diventa morbosa specie nelle domeniche d'autunno, e nonostante ciò che di epocale accade in Umbria in queste ore, anzi, a maggior ragione.

Una bellezza che non è la scelta del meglio compiuta dal gusto, ma la decisione di considerare meglio ciò che s’impone alla visione di un pubblico il cui sguardo è stato addomesticato ad accettare con nonchalance le grottesche banalità e l’insignificante mediocrità. In caso contrario s'è tacciati quantomeno d'essere ignoranti. Sovrano della situazione è l'esperto, il critico, il mecenate, che spiega oscuramente ciò che non ha motivo di essere spiegato, cosicché da un’opera all’altra si va dallo stesso allo stesso, nel medesimo poetante eloquio barocco.

domenica 27 ottobre 2019

Te la do io l'Amazzonia

(Il post è stato in seguito riveduto)


L'Amazzonia è diventata un passepartout non solo per parlare del cambiamento climatico, ma anche per inzupparci la questione del celibato ecclesiastico. Trattarne la questione separatamente e specificatamente sarebbe stato poco gesuitico.

Travolti dall'inevitabile destino, ossia dagli scandali sessuali (uno degli ultimi riguarda un prete della diocesi di Padova che per sbaglio ha postato foto hard nella chat dei bambini cresimandi – compresa la foto del suo pene in erezione che non si sa bene a chi volesse spedirla) e preoccupati dal crollo delle cosiddette “vocazioni”, i vertici ecclesiastici vogliono correre ai ripari, rendendo potabile oggi ciò che era ufficialmente negato e condannato fino a ieri: il prete sposato non sarà più un tabù. O meglio, non lo sarà più il diacono sposato che diventa prete. A ricalco del sillogismo per cui le sarde salate infine tolgono la sete, al prete è fatto divieto di sposarsi; ma siccome ogni prete deve dapprima, anche solo per pochi mesi, essere diacono, come tale gli sarà lecito sposarsi. Il passo successivo sarà nelle cose che matureranno.

La realtà è diversa, quella dei preti sposati è pratica assai diffusa, quindi quella annunciata dal cosiddetto Sinodo sull'Amazzonia (?!)  è una proposta tardiva e ipocrita.

L’obiettivo, dicono i sepolcri imbiancati, “non è di per sé l'abolizione del celibato, ma una soluzione per la scarsità di preti nel mondo”. Il celibato ecclesiastico non sarà abolito, ma diventerà col tempo facoltativo, almeno per la base della piramide gerarchica cattolica. Si comincerà con i diaconi già sposati e in certe particolari situazioni, ossia potranno essere ordinati sacerdoti a ogni effetto "uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile".

venerdì 25 ottobre 2019

Un volubile astrologo


Per la stragrande maggioranza degli italiani adulti di oggi, il nome di David Lloyd George (1863 – 1945) non rammenterà nulla e del resto va a demerito del conte di Dwyfor di non essere stato né un celebrato tennista né una rockstar, e invece dapprima un cancelliere dello Scacchiere e poi, in anni davvero cruciali, Primo ministro (1916 – 1922).

È quanto mai interessante, almeno per me e presumo per qualche lettore del blog, il giudizio che Lloyd George espresse nelle sue Memorie di guerra a riguardo di un personaggio che ebbe modo di conoscere direttamente e in delicati frangenti, ossia a riguardo di J.M. Keynes, barone di Tilton, universalmente noto più per sentito dire che per la voluminosa quanto mitologica Teoria Generale. Del resto, come ebbero a sostenere Marx ed Engels, “La diminuzione, la più equa distribuzione ecc. delle imposte, è la banale riforma borghese”.

Scrive Lloyd George:

«Keynes si mostrava ancora più allarmante nel gravissimo documento che aveva preparato per noi. Pur facendo le più ottimistiche previsioni riguardo alle nostre possibilità di collocare prestiti in America, noi avremmo potuto arrivare alla fine dell’anno finanziario, cioè al 31 marzo 1915, a condizione che i nostri impegni non fossero cresciuti per nuove ordinazioni (egli non faceva cenno delle ordinazioni date da noi di munizioni per fucili e per parti di macchine) ma, dopo di ciò, si sarebbe scatenato il diluvio a meno che non si fosse venuti alla conclusione della pace. E aggiungeva: “… noi dobbiamo poter fa ciò senza produrre una catastrofe nel corrente anno finanziario purché la pace ci metta in una posizione tale da poter cancellare l’inflazionismo subito dopo. Altrimenti la spesa dei mesi successivi renderà le nostre difficoltà insopportabili. Questo ci lascia comprendere il significato dell’inflazionismo e le conseguenze che ne dipendono”.»

Pertanto, secondo Keynes, nel settembre 1915 all’impero britannico non restavano che sei mesi di vita belligerante, prima dell’inevitabile catastrofe finanziaria provocata da una gigantesca inflazione.

giovedì 24 ottobre 2019

Bisognerà avvertire il ministro degli Esteri



Stavo leggendo il primo volume delle Memorie di guerra di Lloyd George nell’unica traduzione italiana, cioè quella del 1933 della Mondadori, quando tra le pagine 64 e 65 compare il ritratto fotografico del “Conte Enrico Metternich, ambasciatore tedesco a Londra(1901-1912)”.  Qualcosa non mi torna. Per fortuna c’è internet, cioè il catalogo della Deutsche Nationalbibliothek, e non ci si scomoda nella consultazione di polverosi dizionari biografici. Infatti, a parte l’italianizzazione del nome Heinrich (o l'ipocoristico Heiko) in Enrico, uso maldestro in quegli anni ma poi anche in seguito, si tratta di un evidente errore poiché l’ambasciatore tedesco a Londra tra il 1901-1912 era non già Enrico (Heinrich) Metternich ma bensì Paul Wolff Metternich (1853 – 1934), figlio di Levin Wilhelm Anton Walburg Marie Hubert conte Wolff Metternich zur Gracht (1811 – 1869), un uomo che evidentemente non amava la sintesi, e della sua seconda moglie Josephne Maximiliane contessa Hompesch-Bollheim (1823 – 1858).

mercoledì 23 ottobre 2019

Antonio Polito, uomo di fede


Scrive Antonio Polito sul Corriere della Sera:

Ma è pur vero che fin dall’atto di nascita della Repubblica il mistero la avvolge. I risultati del referendum istituzionale si fecero aspettare così tanto, e sembrarono a lungo così incerti, che i monarchici attribuirono a sicuri brogli la loro sconfitta. E si deve solo al senso di responsabilità di Umberto II, il «re di maggio», (e a chi lo consigliò) se fece le valige e andò in esilio, senza cercare lo scontro.

Quando parliamo di notizie farlocche, sarebbe bene tener conto di quante di queste sono distribuite dai grandi giornali e dai loro più quotati opinionisti. Il brano sopra è solo un esempio tratto tra i tanti che quotidianamente ci passano davanti agli occhi. Di quale senso di responsabilità monarchica va cianciando Polito? Umberto II fece quanto possibile e minacciò di tutto pur di rimanere aggrappato al trono, dando retta soprattutto a coloro che lo consigliavano in tal senso. Antonio Polito farebbe bene a ripassare la storia di quel periodo, se ha scritto quella cosa in buona fede.

martedì 22 ottobre 2019

Ideologie della crisi


Durante l’annual meeting del FMI del 15-19 ottobre (in realtà una riunione semestrale), l'ex governatore della Bank of England (BoE), Mervyn King, ha affermato a chiare lettere che il “sistema finanziario globale, attenendosi alla nuova ortodossia della politica monetaria e fingendo di aver reso sicuro il sistema bancario, si sta dirigendo come un sonnambulo verso una devastante crisi finanziaria” con “conseguenze devastanti per il sistema di mercato democratico”.

Quindi: “Nessuno può dubitare che stiamo vivendo ancora una volta un periodo di turbolenze politiche. Ma non c’è stato un confronto sulle idee di fondo della politica economica [But there has been no comparable questioning of the basic ideas underpinning economic policy.]. Ciò deve cambiare”.

Facile osservare che le “idee” del capitale, cioè di chi investe per trarre profitto e non per fare della beneficienza, sono da sempre le stesse e non possono cambiare. Né, di conseguenza, possono mutare gli orizzonti ideologici di coloro che sostengono il sistema.

*

lunedì 21 ottobre 2019

Se si intendeva questo, bisognava dirlo


“Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni” (*).

Questa celebre frase, scritta da Marx, viene citata ad ogni piè sospinto soprattutto da coloro che non si sono mai presi la briga di leggere il testo dal quale essa è tratta, ossia la Critica al Programma di Gotha (1875), un pamphlet che dice ben altro che delle frasi ad effetto. Anzi, quest’opera fu redatta da Marx proprio contro le frasi ad effetto di Lassalle, dunque fu un’analisi delle carenze linguistiche e metodologiche del Programma, che Marx condusse con severità e senza riguardi e che per il lettore costituisce un vero godimento anche sotto l’aspetto letterario (**).

C’è chi ritiene che Marx per questa frase abbia tratto spunto dagli Atti degli apostoli (4, 35).

domenica 20 ottobre 2019

La pantegana disinvolta


Alcune azioni intraprese dalle autorità finanziarie statunitensi nelle ultime settimane indicano che gli Stati Uniti risponderanno a un'incombente recessione economica globale fornendo, ancora una volta, quantità illimitate di liquidità ai mercati finanziari.

Infatti, dopo analoghe operazioni avvenute nel mese di settembre, quando la Federal Reserve ha iniettato 200 miliardi di dollari di liquidità in tre distinti interventi, mercoledì scorso, la Fed ha avviato un'operazione, della durata di alcuni mesi, per acquistare mensilmente circa 60 miliardi di $ in buoni del tesoro in risposta ai forti picchi dei tassi di interesse nei mercati overnight. Il giorno seguente, in un'azione separata, la Federal Reserve di New York ha iniettato $ 104,15 miliardi nei mercati finanziari per aumentare la liquidità.

In un articolo di Business Insider Italia si legge che “la Fed di New York ha comunicato che le richieste di liquidità da parte di soggetti finanziari erano state pari a 61,55 miliardi di dollari, un +35% in un giorno rispetto ai 45,5 miliardi del 10 ottobre”. Nello stesso articolo si parla anche dello spregiudicato desk d’investimento Deutsche Bank negli Usa, e del fatto che la banca “ha ammesso che la metà dei tagli occupazionali annunciati (circa 9mila persone) andranno a colpire la casa madre in Germania, sintomo che la situazione è divenuta tale da far riporre ogni residuo scrupolo di natura politica riguardo la natura e l’entità della crisi in atto. Della serie, la canna del gas non è poi così lontana”.

giovedì 17 ottobre 2019

La metafora


      Pronto, parlo con il sior Toni, l’idraulico?
      Chi parla?
      Sono la siora Tal dei Tali, quartieri alti, ricorda?
      Ostia se me la ricordo [quella che mi voleva pagare con la carta di credito e mi ha fatto do cojoni sul contrasto d’interessi, che ci ho capito un casso, con rispetto parlando].
      Tornando a casa ho trovato l’appartamento allagato, un tubo che perde o che so … .
      Mi spiace siora, ma per questa e la prossima settimana ho tutte alluvioni urgenti come la sua, mi chiami fra quindici giorni, dopo allovin.
      Vuole schersare, ci ho l’acqua ai calcagni, dio latte!
      Stia calma, siora, telefoni al governo, sono specialisti in emergense, sarà estratta a sorte per lotteria, potrebbe vincere un gommone con i remi, oppure un F-35 …
      Mi prende in giro?
      La vita xe una metafora, siora, dia retta al governo.

mercoledì 16 ottobre 2019

La causa delle crisi finanziarie


Ci risiamo. Ricordate i famigerati subprime? Le banche statunitensi concedevano mutui per la casa (subprime) a persone che non avevano un reddito sufficiente per poi far fronte alle rate, gonfiando così il mercato immobiliare e quello dei mutui che venivano cartolarizzati, cioè impacchettati in titoli finanziari, CDO (Collateralized Debt Obligation), che nel caso specifico avevano tranche con un sottostante di bassissimo merito creditizio, poi venduti sul mercato finanziario.

Oggi abbiamo a che fare con i leveraged loans, ossia prestiti erogati a imprese già molto indebitate e generalmente classificate sotto il livello d’investimento. Come i subprime anche i leveraged loans vengono cartolarizzati e impacchettati in titoli finanziari: CLO (Collateralized Loan Obligations). In buona sostanza i CLO sono strumenti di debito emessi su un portafoglio con varie attività, diverse l’una dall’altra, composte da obbligazioni, titoli di vario tipo, ecc.. Hanno oggi un volume di mercato di 1.400 miliardi di dollari, dimensioni simili a quelle del settore dei subprime nel 2007 (1.300 miliardi).

martedì 15 ottobre 2019

Riflessioni demografiche



Perché siamo un Paese che fa sempre meno figli?

La risposta è, ovviamente, articolata. La compongono ragioni biologiche (calo drastico della fertilità maschile), ragioni sociologiche (diminuzione del numero delle donne in età fertile causa invecchiamento della popolazione), ragioni politiche (mancanza di adeguati programmi di sostegno alle famiglie). Detto ciò, dobbiamo essere onesti con noi stessi. Abbiamo compiuto 50 anni, smettiamola di lamentarci e di raccontarci favole della buona notte. Un ceto politico irresponsabile e la concentrazione di spermatozoi nel nostro seme non bastano a spiegare l’entità di questa ecatombe bianca. E nemmeno sono sufficienti la precarietà del lavoro o i servizi carenti. Il pragmatismo qui non spiega niente. La parte più amara di questa verità è che il calo demografico in Italia — e in Occidente — non accade per ragioni materiali e contingenti. Nessuna analisi delle nostre condizioni di vita materiale giustifica la nostra infecondità generazionale. La controprova è semplice. Basta voltarsi indietro: i nostri padri e le nostre madri nacquero, numerosi, sotto le bombe. La nostra infecondità, il nostro braccino corto con la vita, va imputata, invece, principalmente, a ragioni culturali e — mi si permetta il parolone, non a caso desueto — a ragioni «spirituali».

Così parlò, dalle colonne del Corriere della Sera, Antonio Scurati.

Conseguentemente, dovremmo desumere che quando le nostre nonne e bisnonne sfornavano mediamente 7-10 figli, lo facevano principalmente per “ragioni culturali” e – mi si permetta di riprendere il parolone di Scurati – per ragioni «spirituali».

*

Posto che vi sono ragioni anche di tipo culturale, provasse Antonio Scurati a mantenere tre o quattro figli in età scolare con lo stipendio di operaio, d'infermiere e finanche d'insegnante. E con quali prospettive per quei figli? Non potremmo nemmeno mandarli ad arare i campi, visto che ormai anche i trattori sono senza pilota e assistiti da GPS.

lunedì 14 ottobre 2019

Totalitarismi democratici



Il libro di Aram Mattioli, Mondi perduti, edito quest’anno per i tipi della Einaudi, descrive e documenta come la più grande democrazia del mondo ebbe a pianificare e attuare, tra deportazioni e sistematici massacri, una politica di etnocidio a danno dei “selvaggi” per rieducarli e farne dei “buoni americani”.

Il libro è dedicato alla memoria di Lucy Pretty Eagle, che in realtà si chiamava Take the Tail, una bambina lakota nata due anni prima della battaglia di Little Bighorn. Nel novembre del 1883 i funzionari governativi la sottrassero ai genitori, che vivevano nella riserva di Rosebud, per portarla nella lontana Indian Industrial School di Carlisle, in Pennsylvania. Come migliaia gli altri bambini indiani dalla fine dell’Ottocento, anche lei avrebbe dovuto essere “americanizzata” e radicalmente rieducata. Già cagionevole di salute, all’arrivo in collegio incomincio a stare così male che il 9 marzo 1884 morì. Fu la trentaduesima di centonovanta bambini indiani che, tra il 1879 e il 1905, vennero sepolti nel cimitero di questo collegio modello. Take the Tail aveva solo 10 anni.

sabato 12 ottobre 2019

[...]




Cara signora Jane, sapesse quanta chimica ci vuole per un rosso così.

*


Metà di tutte le emissioni da combustibili fossili e cemento dal 1751 ad oggi sono state prodotte dal 1990 ad oggi. Alla faccia di Kyoto e del capitalismo sostenibile.

martedì 8 ottobre 2019

Ne pagherà il prezzo



Ancora qualche riga sulla polemichetta innescata dalla reductio ad unum tra nazismo e comunismo, incentrata sul concetto storicamente fuorviante di “totalitarismo”. Tanto più fuorviante in un’epoca che è la meno adatta ad offrire un giudizio onesto su sé stessa: i suoi retori umanisti sono troppo impegnati nella conservazione dell’ordine vigente e a presentare se stessi come incarnazione della razionalità e del bene.

Se l’epoca stessa si rivela spiritualmente povera e disillusa, disperata e disorientata, è allora inevitabile e comprensibile che ci si sforzi di far apparire pericolosa ogni prospettiva di radicale cambiamento. Parafrasando la celebre locuzione extra ecclesiam nulla salus, i diaconi del “libero mercato” minacciano l’inferno del “totalitarismo” perché è su un tappeto di cadaveri che si procede spediti verso il sole dell’avvenire (viceversa il capitalismo s’è affermato su scala globale mettendo in atto i detti evangelici).

Eh sì, perché il comunismo è diabolico inganno: la profezia di un mondo perfetto porta dritti al totalitarismo, ai grandi cimiteri sotto la luna. È ciò che è accaduto indubitabilmente nel corso del secolo scorso. Il male è in radice, affatto nell’idea stessa del comunismo. Così ci raccontano.

lunedì 7 ottobre 2019

Non firmò


Dalle dichiarazioni rilasciate negli ultimi 41 anni alla stampa o per confidenze fatte ad amici, parenti o semplici occasionali conoscenti, risulta che nel 1978 una buona parte degli italiani adulti o anche solo adolescenti fossero a conoscenza del luogo dove si trovava detenuto l’onorevole Aldo Moro. Da ultimo si rilevano le dichiarazioni testimoniali della signora Vittoria Michitto, classe 1928, messe a verbale da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera.

Per i più giovani, i quali non sapessero quale ruolo ricoprisse allora Vittoria Michitto, ovvero donna Vittoria, notifico che ella era la moglie dell’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone. Con il marito e la famiglia risiedeva presso il palazzo del Quirinale. Dichiara oggi la signora in riferimento alla prigionia di Aldo Moro:

«Arrivò una lettera anonima, indirizzata a me, che segnalava il covo brigatista. La portai al ministero dell'Interno. La ignorarono. Quando la chiesi indietro, mi dissero che era sparita. E le Br lo uccisero poche ore prima che Giovanni firmasse la grazia per una terrorista malata che non aveva sparso sangue, Paola Besuschio».

Sentita questa testimonianza, il verbalizzante, ovvero Aldo Cazzullo, non ha trovato nulla da eccepire.

domenica 6 ottobre 2019

Un'epoca di scarabocchi


C’è chi sperimenta “ingredienti scovati nei mercatini multietnici” e adora “il midollo alla plancia con fave e cioccolato”, e invece chi come me si accontenta di una gallinella patavina in umido ai funghi campagnoli, innaffiata con bianco superiore dei Colli Berici e accompagnata da un’imperdibile recensione di Alvar González-Palacios sul Domenicale di oggi. Costa così poco godersi il meglio senza farsi spennare da Carlo (Cracco) e Camilla al Duomo, ingurgitando “creme di peperoni al latte di cocco, caviale di melanzane, polvere di olive, cappesante marinate con blue tea e ibisco, crema di avocato, yuzu, estratto di mela verde e wasabi” (Domenicale, p. 37, per credere).

Nell’articolo in prima pagina, González-Palacios  recensisce un libro fotografico dedicato alle dimore di John Richardson, critico d’arte scomparso nel marzo scorso, già disegnatore di stoffe e noto al secolo per aver scritto una monumentale biografia di Pablo Picasso. Un tipo non simpatico, ammette González-Palacios, che “portava con prepotenza le rovine di un’antica bellezza”. Richardson fu amico, molto intimo, di Douglas Cooper, storico e critico d’arte, collezionista di roba cubista. Questi, a sua volta, fu amico di Picasso, ed ebbe l’onestà e la franchezza di giudicare le opere degli ultimi anni dell’artista andaluso come degli “incoerenti scarabocchi”.

González-Palacios scrive che quando incontrava Douglas Cooper si sentiva “squillare una sorta di campanello d’allarme, uno sguardo elusivo inquietante che faceva sorgere, malgrado l’ammirazione per le sue frasi piene di brio e di savoir faire, un richiamo alla prudenza”. Cooper invitò González-Palacios a “passare un weekend con lui e il suo young friend, rather gifted (come definì Richardson in modo leggermente incomprensibile)”.

Per chi ama l’orrido, González-Palacios soggiunge: “Incontrai Richardson ormai da solo a Firenze. Era ospite di un mio buon amico il quale dopo qualche tempo mi disse che si era un po’ pentito di aver invitato il giovane rather gifted: la domestica si era lamentata delle frequenti macchie di sangue che trovava nel letto”.

Nello scorrere via e nel disperdersi di ogni elemento del bello, l’imbruttimento di tutto è stato senz’altro il prezzo inevitabile che in un'epoca di scarabocchi abbiamo dovuto pagare in cambio del caviale di melanzane.

sabato 5 ottobre 2019

Anniversari



Ricorre in questi giorni il 70° anniversario della proclamazione della Repubblica popolare cinese. La lotta contro l’imperialismo occidentale e nipponico consentì l’unificazione del paese, la rivoluzione sociale sollevò le condizioni di vita della popolazione ed eliminò gran parte di ciò che era culturalmente e socialmente arretrato. Ciò posto, resta da spiegare come e perché i sogni e le aspirazioni dei lavoratori cinesi per un futuro socialista abbiano portato infine al vicolo cieco del capitalismo.

I livelli inediti e miracolistici della crescita economica cinese degli ultimi tre decenni hanno provocato un abisso sociale tra gli oligarchi miliardari e le masse di lavoratori e contadini cinesi (centinaia di milioni) che lottano per sopravvivere in un ordine sociale dominato dal profitto e dalla più feroce competizione.

La domanda più generale che ci dobbiamo porre è: perché le rivoluzioni del secolo scorso, soprattutto in Russia e Cina, si sono concluse con la vittoria del capitalismo?

In entrambi i casi la risposta più frequente riguarda l'emergere e il consolidarsi di una burocrazia di partito, sia nell'Unione Sovietica e sia in Cina, che giustificava il proprio potere e i suoi privilegi sulla base della prospettiva nazionalista del socialismo. In effetti, in paesi con uno sviluppo capitalista tardivo non si sarebbero potute soddisfare né le aspirazioni democratiche della borghesia né, dall’altro lato, le istanze sociali delle masse.

Con la guerra di Corea, Mao fu costretto, dal blocco economico degli Stati Uniti e dalla minaccia diretta di guerra, a nazionalizzare le compagnie straniere e nazionali, che stavano sabotando lo sforzo bellico, e istituire una pianificazione economico-burocratica lungo le linee guida dell'Unione Sovietica. La proprietà veniva nazionalizzata e la pianificazione economica stabilita, ma nel nuovo Stato la classe operaia era privata di qualsiasi voce politica e di diritti democratici.

La prospettiva di Mao di una Cina autosufficiente portò rapidamente in un vicolo cieco. Come risultato di tale programma, basato su una prospettiva antimarxiana, il regime maoista passò da una crisi all'altra: dal catastrofico Grande Balzo in avanti degli anni 1950 alla contesa sino-sovietica e alla disastrosa rivoluzione culturale degli anni 1960.

Deng Xiaoping, a sua volta, fu autore di politiche a favore del mercato e di restaurazione della grande proprietà privata, portò avanti la logica del riavvicinamento di Mao con il presidente americano Richard Nixon del 1972. La riforma di Deng coincise con il rapido sviluppo della produzione globalizzata, guidata dagli Stati Uniti, laddove gli investimenti stranieri si riversarono nel paese per sfruttare le infrastrutture e l'industria di base e una forza-lavoro rigidamente irreggimentata e a costi bassissimi.

Nel suo discorso celebrativo, Xi vanta gli indubbi successi della Cina, rende omaggio ai rivoluzionari maoisti ed evoca il suo sogno di riportare il paese alla grandezza e al ruolo internazionale che gli compete. L'ascesa economica della Cina, tuttavia, la mette faccia a faccia con l'ordine mondiale imperialista dominato dagli Stati Uniti, che sono fermamente intenzionati a usare tutti i mezzi a loro disposizione, compresi quelli militari, per impedire alla Cina di sfidare la loro egemonia globale.