sabato 31 ottobre 2015

Non può restare senza conseguenze


La Federal Reserve e la Bce, nonché altre banche centrali, mantengono i tassi di interesse vicini allo zero (o anche negativi) e iniettano miliardi di dollari e di euro nei mercati finanziari attraverso acquisti di obbligazioni, il cosiddetto quantitative easing. Le politiche delle banche centrali mondiali e dei principali governi hanno come scopo quello di proteggere e di aumentare la ricchezza dell’élite finanziaria. Il dominio delle banche e della speculazione finanziaria su tutti gli aspetti della vita sociale trova espressione politica nell'erosione dei diritti democratici: il capitale finanziario opera per il dominio, non per la libertà.

La tendenza verso il parassitismo finanziario, il monopolio, la dittatura, la corruzione di tutti i tipi su vasta scala e la guerra non sono semplicemente il risultato di politiche soggettive dei leader politici, bensì l'espressione delle tendenze fondamentali del capitalismo, laddove i caratteri e le contraddizioni fondamentali del capitalismo si esprimono nella loro forma più nuda e cruda. Tant’è che c’è uno stretto legame tra il carattere criminale dell'aristocrazia finanziaria e il carattere criminale della politica estera delle grandi potenze.

giovedì 29 ottobre 2015

[...]


Oggi, sniffando un po’ in internet, è comparsa una frase, scritta una quindicina di giorni or sono da un noto blogger in risposta a un lettore: “mi limito a evitare l'attualità”. Evitare l'attualità è in gran parte l’impegno che si assume chi resiste a ciò che giudica troppo insulso e folle per doversene occupare. Anche perché a considerare e a scrivere di certe cose non si può essere morbidi, e vi sono controindicazioni a riguardo dell’asciutta franchezza con la quale sarebbe necessario definire gli stronzi di turno che s’identificano nel loro ruolo.

Si può rilevare in tale atteggiamento una punta di egotismo, ma va tenuto conto che lo scopo è nel voler scansare le miserie dei tarocchisti, il rifiuto di quella sgradevole umanità deficiente e del suo vocabolario. Contumaci fin quanto si può, tuttavia del presente siamo nostro malgrado testimoni. Per quanto mi riguarda, tramontata da decenni l’ipotesi di un assalto contro l’ordine del mondo, l’attualità mi piace trascriverla per contrasto con ciò che chiamiamo storia, di modo da stemperare l’irritazione e attenuare la noia per lo spettacolo offerto quotidianamente dai sullodati fondi di bidè.

In fin dei conti le marionette della nostra attualità sono così stupide e disgraziate che è inutile aggiungere altro di più ingiurioso in un’epoca che pretende di essere presa seriamente. Chi crede non si tratti di gente stupida ma anzi assai furba, ha torto nel cercare di aggiustare la questione scalciando ciò che è invece limpido. Guardino bene quel che è questa gentaglia decomposta: dalla loro parte non c’è niente, neanche uno straccio di progetto che non sia l’ideologia dei loro padroni, ossia calcolo ragionieristico dello zero virgola qualcosa.






Grandi consumatori di carne viva e morta


Un esempio concreto di quanto possa influire la comunicazione mediatica sui comportamenti sociali si può avere davanti ai banchi di salumi e formaggi in questi giorni. Quella gente che ha vissuto di prosciutto cotto e mortadella rumena, consumati quasi giornalmente, immagino stia tremando come canna al vento. Almeno per qualche giorno, poi riprenderà i suoi abituali consumi dopo aver ascoltato qualche “autorevole” rassicurazione televisiva.

Di solito c’è folla davanti a quel banco del supermercato e invece vi ho trovato solo quattro clienti. Tre hanno acquistato formaggi e l’altro della fesa di tacchino. Non credo sia casuale questo tipo di spesa. Alessandro mi ha sorriso, complice, quando gli ho chiesto due etti di San Daniele affettati bene. E in quei momenti il mio pensiero è andato, inevitabilmente, al dichiarato rischio di cancro allo stomaco per chi consuma insaccati.

mercoledì 28 ottobre 2015

Sicuramente non cancerogeno


Dopo la carne avanti con i formaggi, i quali agirebbero come una droga. Tutta colpa della caseina che, durante la digestione, viene scissa, rilasciando una serie di oppiacei, le caso-morfine. Perciò i pastori della transumanza “viaggiavano” senza sosta.

Le polemiche sui fattori di rischio alimentare sono una manna dal cielo non solo per i media.

Le famigerate poliammine! Nei salumi e nei formaggi, ma anche nella frutta e verdura: mandorle, banane, arance, grano, melanzane, broccoli, cavolfiori, zucchine. Mah, vai a sapere come stanno realmente le cose. Di volta in volta, siamo concentrati a discutere (con quali competenze, poi?) su un solo fattore dietetico (o inquinante). E ciò apre le porte a pratiche alimentari spesso sulla base di dati superficiali e pseudo-scientifici, favorendo quel grande caravanserraglio merceologico del “salutismo”.

C’è invece un elemento sicuramente non cancerogeno che si può coltivare ma che non esiste in natura, perciò non si trova negli alimenti e diviene anzi sempre più raro: il buonsenso. Aggiunto a colazione, pranzo, cena e a merenda il buonsenso ci aiuta a campare meglio, non dà problemi di stipsi e, senza essere la panacea contro ogni “negatività”, può favorire migliori rapporti interpersonali e perfino condominiali.

Il buonsenso – poiché non costa nulla, non si vende e non si compra – sviluppa nei soggetti una controindicazione letale per un’infinità d’interessi spesso contrapposti ma che tutti insieme hanno un solo scopo: fotterci. Perciò è così elevata l’opposizione allo sviluppo e diffusione del buonsenso.

Non per nulla non c’è giornale o tv che ricordi che otto ore di lavoro in fabbrica, a fronte poi di un’elevata disoccupazione, sono contrarie al buon senso. E soprattutto non sono un toccasana per la salute, specie per gli addetti a certe lavorazioni. Otto ore di lavoro hanno un’incidenza peggiorativa sulla qualità della vita e sulla sua quantità almeno quanto le schifezze dell’industria alimentare con cui dobbiamo fare i conti tutti i giorni.


Non credo sia casuale che siamo divisi su tutto, concentrati sulle questioni della salute personale, o su quelle dell’identità e cose consimili. Su tutto il resto, sulle cose davvero importanti, decidono gli altri. Quasi mai usando buon senso.

martedì 27 ottobre 2015

La storia è piena di sorprese

Voi dite che un altro mondo è possibile? Vi chiedo: per farne che?
Dobbiamo chiarirlo prima, poiché se volete farlo simile a questo,
con l'aggiunta di qualche riforma, non ci siamo. Andate da soli.

Robert Kennedy, allora segretario alla giustizia nell’amministrazione del fratello, al ritorno da un viaggio in Asia, raccontò, nel corso dell’annuale banchetto dell’Associated Press, un episodio della sua visita in Indonesia, poi riportato anche dal New York Times il 24 aprile 1962.

Dopo un suo discorso, nel corso di un’affollata riunione di studenti, uno di questi definì gli Stati Uniti d’America un sistema di capitalismo monopolistico. Kennedy affermò di aver risposto così: «Bene, vediamo dunque di chiarirci le idee. Come rappresentante degli Stati Uniti ti prego di spiegarmi che cosa vuoi dire con l’espressione capitalismo monopolistico. Che cos’è che giustifica questa tua definizione, che cosa intendi per capitalismo monopolistico?».

E poiché, proseguì Kennedy, il giovane non rispondeva, soggiunse: «Bene, c’è qualcuno tra coloro che hanno battuto le mani, che hanno applaudito quando questo giovane ha adoperato quella espressione, che sia capace di spiegarmi qual è il significato che voi date all’espressione capitalismo monopolistico?». Nessuno si fece avanti, asserì Kennedy tra gli applausi dei commensali.

Se lo studente indonesiano avesse letto L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, avrebbe saputo certamente rispondere. O gli sarebbe bastato avere letto Marx, il quale già nella sua epoca aveva chiaramente riconosciuto la potente tendenza alla concentrazione e centralizzazione del capitale. Marx è molto citato, soprattutto a sproposito, ma sono davvero pochi coloro che si sono presi la briga di leggerlo di prima mano, quasi nessuno tra gli studenti di oggi.

*

lunedì 26 ottobre 2015

Cent'anni di sopravvivenza


Il tumore del polmone rappresenta la prima causa di morte nei paesi industrializzati. In Italia si stimano 250mila casi ogni anno. Anche tra le donne incide più che quello al seno. Pertanto ne uccide molti di più ciò che respiriamo che il prosciutto e melone. Nel Triveneto si muore di più di cirrosi epatica che di luganega e speck, ma questo non è un buon motivo per abusarne. Anche la polenta pare non sia tra i cibi troppo sani. E attenti anche al metileugenolo, cioè al pesto nella pasta.

Ad ogni modo se si vuole morire sani non ci resta che la bruschetta: sfregare dell’aglio d.o.p. sul pane fatto in casa con farina integrale da coltivazioni biologiche, aggiungere un po’ di passata di pomodoro, quindi olio d’oliva extravergine ottenuto da olive i.g.p. spremute a freddo con le vostre mani. Non abbrustolire, per carità.

Questa sera per cena ho una proletaria soupe aux oignons. Per addensarla aggiungo della farina di riso. Sarà cancerogena, dottore?

*

Durante una festa lagunare, in un’epoca meno triste della nostra, uomini e donne sedettero intorno a una tavola e mangiarono il pranzo che trascrivo qui sotto. I nomi dei piatti sono in francese poiché così voleva l’uso del casato:

Macaroni aux quatre fromages
Soupe à l’oseille
Sole pochée sauce hollandaise
Haricot de mouton à la printanière
Crépes aux épinars
Croutes feuilletées aux moules
Dindon Prince de Soubise
Bouchées Demidoff
Mousse Chantilly ou café
Wiener Strudel

Accompagnati da:

Chateau Yquem 1906
Champagne Mumm brut 1913
Moët & Chandon demi sec 1900
Vin Santo Ricasoli
Romanée Conti
Lachryma Christi
Moscato Fitalia


Non furono segnalate perdite umane.

Le volpi e l’accordo sulle galline


Chi può dire che in questo mondo crudele non c’è mai una buona notizia? I parlamenti e i governi non si prendono cura del pianeta, dei poveri, dei migranti, dei disoccupati e degli esodati, di questo e di quello? Per fortuna ci sono i padroni del mondo a preoccuparsi con quanti euro o dollari dobbiamo campare, dove abitare e che cosa mangiare. Sono gli stessi che pagano lo stipendio a chi ci canta la melodia della crisi senza menzionare mai il capitalismo. Ma vi pare che vi sia ancora bisogno di editorialisti deficienti e della satira per farci ridere, delle pagine culturali per farci pensare?

Quante galline ci devono stare in un metro quadrato d'allevamento? Nove (in Europa), 23 negli Usa. Si possono dare gli ormoni ai maiali (no in Europa, sì negli Usa)? Si possono lavare con il cloro i polli (sì negli Usa, no in Europa)? Ovviamente, i polli, i maiali, i vitelli americani costano meno. E se un governo europeo volesse bloccarli, potrebbe trovarsi sotto accusa davanti ad un collegio arbitrale di tre avvocati.

domenica 25 ottobre 2015

Di che cosa parlano?


Leggendo i saggi e gli articoli di politologi, sociologi, economisti e teologi alla Scalfari, si possono trovare descritte cose come il fatto che 80 individui detengono la metà della ricchezza mondiale. E commenti come questo: il vero scandalo non è la ricchezza ma la povertà. Come se una cosa non fosse strettamente legata all’altra. Oppure altri dati, come i 61 milioni di posti di lavoro e i 1200 miliardi di dollari di redditi persi con questa crisi.

L’ineguaglianza distributiva e gli effetti devastanti delle crisi sono fatti risalire al cattivo funzionamento di questa società dove trionfa la speculazione finanziaria, all’assenza di regole e riforme volte a calmierare gli effetti distruttivi e perversi dell’ordoliberismo (così lo chiama Gallino). Oppure ci si richiama al caos generato inevitabilmente dal “nuovo paradigma economico”, come lo chiama l’ex iscritto al Pci Federico Rampini. Inutile cercare nelle 327 pagine del suo libro la parola capitalismo.

sabato 24 ottobre 2015

99,9984% di probabilità che continueremo da soli


Strano che le prime pagine dei giornali non ne parlino, non ancora almeno, ossia non dedichino articoli rassicuranti e titoli allarmistici all’asteroide 2015 TB145 che passerà il 31 ottobre ad una distanza minima di soli 480mila chilometri, ossia a una distanza a 1,3 volte quella tra la Terra e la Luna.

Si tratta di un proiettile tra 280 e 620 metri di diametro, ad ogni modo un sassolino rispetto a quello che provocò il cratere di Chicxulub. Questo TB 145 è stato scoperto solo il 10 ottobre, e come spiega Paolo Attivissimo, «se questo asteroide fosse stato in rotta di collisione, con un preavviso così modesto non avremmo avuto nessun modo di deviarlo o distruggerlo». Anche perché viaggia a una velocità insolitamente molto elevata anche per questo genere di oggetti: 35 chilometri al secondo.

venerdì 23 ottobre 2015

La dottrina dei misteri




Come ho cercato di mostrare in questo recente post, la deflazione ha come causa principale l’aumentata produttività del lavoro e, di riflesso, la stagnazione o riduzione dei salari, a seguito della nota teoria della “moderazione salariale” che però non si traduce mai in moderazione dello sfruttamento e del profitto.

Se le merci costano meno, risulta più facile venderle. Ecco perché, come nel nostro caso ma più in generale per le merci europee, aumenta l’export e diminuiscono o ristagnano i consumi interni. A conti fatti si tratta di un modo diversamente furbo di svalutare la moneta svalutando in realtà la componente variabile del capitale, alias i salari, pur aumentando lo sfruttamento di essa. In tal caso – dicevo – modificandosi la composizione organica del capitale (minor capitale variabile in rapporto a quello costante) può aumentare la massa del profitto/plusvalore ma diminuisce sempre il saggio del profitto, gettando nel panico i nostri bravi capitalisti.

Dalla caduta progressiva del saggio del profitto (ripeto: non della massa) scaturisce, in ultima analisi, il motivo fondamentale per il quale il capitale decide di uscire dal ciclo produttivo (D-M-D’) per gettarsi nella speculazione finanziaria (D-D’).

Ecco dunque spiegata, sia pure in sintesi e senza tener conto di possibili influenze concorrenti, la causa principale da cui origina il grande “mistero” della deflazione da un lato e dell’euforia dei mercati dall’altro. Euforia sostenuta viepiù dal fatto che sia le monete nazionali e a cascata i valori azionari non hanno alcuna (dico: nessuna) relazione con i valori reali dell’economia. E ciò, presto o tardi, non potrà non avere conseguenze di sommo grado.

*

giovedì 22 ottobre 2015

[...]


Già un’altra volta ho scritto di quando si ricevono dei libri da un libraio antiquario e può succedere di avere qualche sorpresa positiva. Ciò che mi rallegra oggi, dopo una formidabile uscita dai gangheri a causa di una cretina dell’ufficio postale (c’è da sentirsi sempre più stanchi di questo paese), è appunto di aver ricevuti dei libri che avevo scelti due sabati or sono a Roma, e tra questi un volume in cui ho trovato la dedica qui riprodotta.


La dedica è di mano dell’autore, Antonello Pietromarchi, diplomatico ed ex ambasciatore, nonché figlio del più noto Luca Pietromarchi. Come il libro sia finito in una libreria di Corso del Rinascimento lo ignoro. Posso solo supporre che forse V.P. l’ha regalato ad altri, forse non ritenendolo di suo interesse. Ho motivo di ritenere, dall’esame del volume stesso, che esso non sia stato letto e forse nemmeno sfogliato.

Tic toc, tic toc, tic toc ...


A leggere delle miserabili condizioni in cui vivevano i contadini e i proletari francesi nell’ancien régime, così come descritte dettagliatamente e crudamente dal Taine, e per contro a leggere dello sfarzo e dello spreco dell’aristocrazia e dell’alto clero, c’è quasi da non credere che finché ci fu farina con cui sfamare le plebi non successe nulla che potesse turbare i sonni dei tiranni.

I soldati russi rimanevano inchiodati nel fango e nel sudiciume delle trincee, ad obbedire agli ufficiali che li mandavano al massacro contro le mitragliatrici austro-tedesche. Fino a quando, nel terribile inverno dell’inizio del 1917, non gelarono le locomotive di tutta la Russia e i rifornimenti cessarono. Allora i contadini e gli operai russi cominciarono a fare altro.

Le élite borghesi possono stare tranquille, la plebaglia europea, per definirla con Jacques Attali, ha interiorizzato il dogma secondo cui l’enrichissement n’est pas un scandale, seule l’est la pauvreté. Possono continuare a giocare con le parole, con le nostre vite, acquistarle e venderle con il trading computerizzato capace di migliaia di operazioni in un secondo.

Poi arriva il momento in cui, apparentemente all’improvviso, s’inceppa il vecchio movimento. L’evenemenziale – la farina, il gelo, le guerre – trascura la dinamica essenziale. Come nel nostro caso, laddove il furto del tempo di lavoro altrui, su cui poggia l’enrichissement, si presenta come una base miserabile rispetto allo sviluppo cui nel frattempo è giunta la società (*).

Da qui in poi, volenti o ciechi, inizia un capitolo nuovo, un’epoca di sconvolgimenti inediti per dimensione e radicalità. Così come non abbiamo percezione immediata del movimento del pianeta sul quale ci muoviamo, allo stesso modo non possiamo avere cognizione di cosa accade realmente sopra e intorno alle nostre teste finché fissiamo la punta dei piedi.

(*) Se si affrontano le questioni con una visione globale, questo è il tema fondamentale dal quale dipendono tutti gli altri. Altrimenti si continuerà a discutere all'infinito di tasse, tagli ed elemosine. Che è poi ciò a cui puntano le élite: distrarci con le chiacchiere e le soluzioni illusorie.

mercoledì 21 ottobre 2015

Deflazione, disoccupazione, profitti, credenze volgari


Una delle cause della tendenza alla deflazione, non l’unica causa ma la più importante, è l’aumento della produttività del lavoro. Del resto dovrebbe essere abbastanza intuitivo il motivo e dunque alla portata del senso comune, cioè anche dei funzionari al servizio capitale, se non fosse che tale riflessione viene cassata a priori per motivi ideologici.

Poiché lo sviluppo della forza produttiva e la corrispondente composizione superiore del capitale permettono l’attivazione di una quantità sempre più grande di mezzi di produzione con l’utilizzazione di una quantità sempre minore di lavoro, ne deriva che ogni parte aliquota della produzione complessiva, ogni singola merce, ogni quantità determinata della massa complessiva del prodotto, assorbe una percentuale minore di lavoro vivo e contiene inoltre una percentuale minore di lavoro oggettivato (sia nel logoramento del capitale fisso utilizzato quanto nelle materie prime ed ausiliarie impiegate). Ogni singolo prodotto contiene dunque una somma minore di lavoro oggettivato nei mezzi di produzione e di nuovo lavoro aggiunto nel corso della produzione: il suo prezzo di conseguenza diminuisce.

Va del resto scartata ogni ipotesi e credenza volgare che i prezzi siano determinati dall’aggiunta di una più o meno arbitraria aliquota di profitto al valore effettivo delle merci. Per quanto in taluni casi particolari possa succedere e per quanto queste idee sul piano generale siano primitive, pure esse derivano necessariamente dal modo assolutamente falso in cui sono rappresentate nella concorrenza le leggi immanenti della produzione capitalista.

martedì 20 ottobre 2015

Un gastronomo d'altri tempi


Quale maggiore dispetto ci poteva capitare di quello di dover contenere il colesterolo (LDL) entro certi limiti a scanso di gravi e ancor mortali conseguenze. E ciò, per chi è soggetto a ipercolesterolemia, preclude o limita rigidamente il consumo di certe pietanze e soprattutto di condimenti. Devo dire che per quanto mi riguarda rispondo al medico invariabilmente e con garbo: m’impegnerò. Con questo scambio di cortesie siamo entrambi a posto per un anno intero.

Sto leggendo, nei ritagli di tempo in cui non sono alle prese con sociologie più leggere, un ricettario di cucina, scritto, come recita il piatto di copertina, da “un vero signore e un vero scrittore”, nonché, soggiungo, da un medico e clinico come raramente se ne trovano al presente. L’autore, di cui ho letto altre cose e perciò appongo qui un simile giudizio, appartiene al passato quasi remoto essendo morto ottuagenario nel fatidico 1968. Un gastronomo educato, come recita il titolo, le cui ricette e il cui gusto credo proprio non possano incontrarsi con le mode culinarie odierne.

Non cita l’olio extra-vergine e anzi abbonda il burro sfuso e non già in grammi bensì a cucchiaiate, e poi il grasso d’oca caldissimo, salsa di bechamelle, e quindi ostriche, tartufi e datteri di mare,  e ancora fritti e dorature d’ogni genere, un campionario di succulenti intingoli e deliziosi miscugli, fantastiche minestre che un tempo si servivano nelle taverne di Porta Capuana così come alla Reggia di Capodimonte. Con un simile breviario si raggiunge l’estasi e si guadagnano con la sola lettura almeno trenta punti di lipidi vari.

*

Governati dalla stupidità

(Il post è stato "riveduto" alle ore 11.40).

Faccio seguire a quelle di ieri ancora delle considerazioni sul libro di Luciano Gallino. Scrive il sociologo:

[…] senza l’apporto di una dose massiccia di stupidità da parte dei governanti, dei politici, e ahimè di una porzione non piccola di tutti noi, le teorie economiche neoliberali non avrebbero mai potuto affermarsi nella misura sconsiderata che abbiamo sott’occhio.

[…] sul finire degli anni Settanta, la ristretta quota di popolazione che per generazioni aveva subito l’attacco dell’idea e delle politiche di uguaglianza decise che ne aveva abbastanza. Si tratta della classe dei personaggi super-potenti e super-ricchi che controllano la finanza, la politica, i media […]. Essa iniziò quindi una feroce quanto sistematico attacco a qualsiasi cosa avesse attinenza con l’uguaglianza […]. I governi Reagan e Thatcher provvidero a smantellare i sindacati; in Francia un presidente socialista, Mitterrand, si impegnò a fondo per liberalizzare senza limiti i movimenti di capitale e le attività speculative delle banche […].

Secondo le parole di Gallino, non si trattò di un cambio di ciclo del capitalismo dopo la crisi iniziata negli anni Sessanta e divampata nel decennio successivo, bensì di una scelta da parte delle élite, quella di dire basta alle politiche improntate all’uguaglianza. Credo che in questa analisi – se di analisi si tratta – vi sia una incomprensione di fondo di come funzioni non solo segnatamente il capitalismo ma più in generale una formazione sociale. E anche e soprattutto una sottovalutazione delle ragioni strettamente economiche che hanno spinto i governi e la politica a farsi promotori del neoliberismo e a dire basta al welfare che fino ad allora aveva sostenuto il ciclo economico.

lunedì 19 ottobre 2015

La causa principale della “sconfitta politica, sociale, morale”


Scrive Luciano Gallino in apertura della sua ultima fatica, Il denaro, il debito e la doppia crisi spiegati ai nostri nipoti:

«Causa fondamentale della sconfitta dell’uguaglianza è stata, dagli anni Ottanta in poi, la doppia crisi, del capitalismo e del sistema ecologico, quest’ultima strettamente collegata con la prima. La stessa crisi del capitalismo ha molte facce: l’incapacità di vendere tutto quello che produce; la riduzione drastica dei produttori di beni e servizi i quali abbiano reale valore d’uso; il parallelo sviluppo del sistema finanziario al di là di ogni limite … .»

Lasciamo da parte il discorso sull’uguaglianza che riprenderò in chiusura al post e andiamo subito alla “ciccia” della tesi di Gallino, ossia l’incapacità di vendere tutto quello che si produce. Sarà mai una questione di marketing la crisi?

domenica 18 ottobre 2015

"I valori principali della sinistra autentica"


È anche questo un governo dei soliti espedienti di bilancio, dei trucchi in danno a lavoratori e pensionati, delle solite balle e delle consuete illusioni. Del resto, a vedere le folle in coda all’Expo, questo paese o buona parte di esso resta a galla. Confindustria applaude e agli altri va bene così. «Gli italiani sono più felici?», si chiede Scalfari. «No, sicuramente no», risponde. E pare ­– secondo un sondaggio che Scalfari cita – che il consenso a Renzi addirittura si rafforzi. E serviva un sondaggio per decifrare il marketing di questo governo? Se Scalfari invece di vantarsi di non sapere che cos’è internet si fosse affacciato al mio blog venerdì scorso avrebbe avuto la stessa risposta, gratis: “più che una manovra economica si tratta di una manovra politica che ha un unico obiettivo: il consenso in prospettiva delle elezioni”. Una considerazione banale quanto può esserlo la presa d’atto del costituirsi di un blocco sociale trasversale a sostegno del governo.

venerdì 16 ottobre 2015

Fessi


Le analisi e i commenti sulla manovra finanziaria 2016, com’è ovvio, si sprecano. In attesa di leggere ciò che dirà Mario Seminerio (dopo quello che ha già detto nelle scorse settimane), dico la mia per quanto banale possa essere: più che una manovra economica si tratta di una manovra politica che ha un unico obiettivo: il consenso in prospettiva delle elezioni.

Si sono regalati per quest’anno 8.060 euro ai padroni per passare fintamente un lavoratore da un contratto a tempo determinato a uno indeterminato. Ancora soldi i padroni li riceveranno per altri due anni. Dico che si tratta di una finzione poiché con la cancellazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori il padrone può licenziare quando vuole e sotto qualunque “tempo”.

Si sta pensando di fare coriandoli dell’articolo 19 dello stesso Statuto, in modo da introdurre il salario minimo. Bella fregatura per chi lavora. Si dice che il salario minimo esiste in molti paesi. Sì, ma certe forme di sfruttamento esistono solo in Italia (vedi la schiavitù dei voucher), tra l’altro con i salari tra i più bassi dell’area euro. E vorrò vedere il salario minimo applicato al cosiddetto “caporalato”.

Per quanto riguarda la ventilata flessibilità sulle pensioni, si sa che l’Europa matrigna non vuole si tocchino. Per togliere la Tasi, invece, Renzi dice a Bruxelles: “decidiamo noi”.

giovedì 15 ottobre 2015

Che ci fa Brustolon al Quirinale?


Comprendo che vi siano questioni urgenti e importanti cui prestare attenzione, per esempio “l’addio definitivo alla politica” di Veltroni, come titola oggi il Corriere della sera. Ad ogni modo, di tanto in tanto, fa bene alla nostra salute prendere in considerare notizie di minor momento e posizioni più rilassate. Perciò in questo post tratterò brevemente di tale Andrea Brustolon da Belluno. Per chi non lo avesse già frequentato o mai sentito nominare dirò che non si tratta di un cabarettista, né di una figura caratteristica che frequenti gli ormai sparuti bacareti della nostra regione.

30 milioni di ricchi, 7 miliardi di poveri


Come ogni anno il Credit Suisse Research pubblica il suo Global Wealth Report 2015. Provo a farne una sintesi per quanto riguarda alcuni dati di particolare rilievo partendo dall’immagine della piramide qui sotto, quella della ricchezza procapite.

Vediamo subito che la componente più ricca della popolazione adulta, cioè il 10 per cento, detiene l’87,7 per cento della ricchezza del mondo, per mentre il 90 per cento della popolazione possiede solo il 12,3 per cento.

La piramide della ricchezza globale (Global Wealth Pyramid) divide l’umanità in quattro categorie di ricchezza: 3,4 miliardi di adulti con un patrimonio netto di meno di 10mila $; 1 miliardo con un patrimonio netto da 10mila a 100mila $; 349 milioni con un patrimonio netto da 100mila a 1 milione di $; e 34 milioni con un patrimonio netto di più di 1 milione di dollari.


mercoledì 14 ottobre 2015

Vaticini di un noto ubriacone


Sabato scorso, circa 250.000 persone hanno marciato attraverso Berlino per manifestare contro il TTIP (partenariato transatlantico su commercio e investimenti), accordo commerciale (che riguarda anche gli investimenti dei governi e le proprietà intellettuali) tra Usa e Europa. La manifestazione è stata indetta da una coalizione di oltre 30 organizzazioni ambientaliste e dei consumatori, da sindacati e da organizzazioni ecclesiastiche, nonché appoggiata anche dai Verdi e il Partito della Sinistra. Insomma in gran parte da organizzazioni che sognano un capitalismo ecocompatibile ed etico (ma questo è altro discorso).

La prima domanda da porsi sarebbe questa: perché una manifestazione così massiccia nella capitale tedesca e invece in Italia non solo non si manifesta ma i media tacciono la notizia?

Ed infatti, ieri mattina, un ascoltatore di Radiotre chiedeva al giornalista Gian Antonio Stella, commentatore settimanale, per quale motivo la stampa italiana non parli di tale manifestazione di massa. Il giornalista del Corriere rispondeva candidamente di non sapere nulla del TTIP, e, del resto, osservava, non ci si può occupare di tutto. Ad ogni modo, soggiungeva, si sarebbe documentato e avrebbe riferito.

*

martedì 13 ottobre 2015

Un'espressione enogastronomica


Un fatto rimane chiaro di là delle chiacchiere sulla “crescita” e la “ripartenza”: all’interno della divisione internazionale del lavoro non si può dare alcun allargamento della nostra base produttiva, e i segnali che si accompagnano a un flebile sussulto di ciclo vanno raffrontati con i numeri di una disoccupazione che resta sempre ben sopra il 10 per cento e soprattutto con i dati di un’emarginazione spaventosa che non potrà essere riassorbita stante le nuove tecnologie o da un’agricoltura che per decenni è stata sistematicamente penalizzata a favore di quella nord-europea e ora dall’abolizione delle frontiere.

L’Italia è terra di conquista delle multinazionali straniere e cimitero di piccole e medie imprese spazzate via dalla concorrenza più agguerrita del mondo. Sì, è vero, per quantità siamo i maggiori vignagnoli del mondo, ma per quanto riguarda i settori di punta dell’economia mondiale – compreso sviluppo e ricerca – contiamo poco e quel poco in genere è in mani straniere. Per il resto ci si accontenta di ritagliarsi qualche nicchia, come quella agroalimentare o nell’ambito di tecnologie a bassa o al più media rilevanza.

Del resto il rachitismo strutturale e la debolezza della borghesia nostrana sono fatto storico e sono state alla base della forte contraddittorietà che da sempre ha contraddistinto lo sviluppo capitalistico del paese. Persa la possibilità delle svalutazioni competitive della moneta nazionale c’è una sola strada per far funzionare il gioco: abbattere i salari e le tutele. Le diverse fazioni della borghesia nazionale (comprese quelle pro e contro l’euro) sanno bene che questo gioco per durare ha bisogno della politica e dell’informazione. Per controllare la politica ormai bastano gli scontrini dei pasti in trattoria, e l’informazione sappiamo a chi deve rispondere.

Il gregge bruca e mugugna nel suo stazzo.

lunedì 12 ottobre 2015

Pensare con la propria testa


Per sostenere l’economia è necessario aumentare i consumi. Che si tratti di una questione psicologica (propensione al consumo) l’hanno sostenuto diversi imbonitori, da ultimo il ripetente Matteo Renzi. Questo citrullo al cubo vocifera che c’è troppo risparmio (addirittura occultato nelle banche!) e che sarebbe questo il motivo per cui non si spende e spande. Chi risparmia, poi, lo farebbe principalmente per paura.

Chissà perché i poveri cristi, che non hanno paura alcuna di spendere, e che anzi mostrerebbero una smodata propensione al consumo, ancorché voluttuario, non risparmiano nemmeno col coltello alla gola. Anzi, s’indebitano. Chissà perché poi i “risparmi” davvero occulti, al rientro in patria, vengano tassati con la stessa aliquota del reddito da lavoro.

I salariati hanno un solo modo per aumentare i propri consumi, avere più denaro da spendere. Non solo gli ottanta miserabili euro che sono mangiati dalle tariffe più care d’Europa, dall’iva e da altri balzelli. Aumentare i salari però non si può, anzi, come direbbe Scalfari, è necessario ai salariati cedere un po’ di “opulenza” per diventare più competitivi. Sono decenni che si gira intorno a queste cazzate, e però in circolazione non si trova un solo cornuto di politico o di opinionista che abbia il coraggio di dire quante corna tiene.

Chissà come la prenderebbero questi cornuti se si dimostrasse loro – numerelli alla mano ­­– che non c’è nulla di più assurdo che spiegare la diminuzione del saggio del profitto con l’aumento del saggio dei salari (quantunque anche questo fatto possa presentarsi in via eccezionale). Il saggio del profitto diminuisce non perché il lavoro diviene meno produttivo, ma perché la sua produttività aumenta. L’aumento del saggio del plusvalore e la diminuzione del saggio del profitto non sono che forme particolari che costituiscono l’espressione capitalistica della crescente produttività del lavoro.


E però sarebbe tempo perso e fatica sprecata poiché questi asini non sanno nulla dei rapporti che determinano il saggio del profitto. E per il resto non vedo molta gente che voglia pensare con la propria testa e comprendere il come e il perché questa crisi sia la manifestazione superficiale di qualcosa di più profondo: la crisi generale del sistema capitalista che porta con sé il pericolo di una guerra mondiale e la discesa nella barbarie.

giovedì 8 ottobre 2015

Rompere l’incantesimo


La funzione essenziale del sindacato dei lavoratori è di mediare nella compravendita di forza-lavoro. Tolta questa sua funzione, del sindacato non resta nulla, solo scartoffie e stipendi. Pertanto, come per ogni altro diritto e libertà che riguardi gli schiavi salariati, non serve cassare un bel nulla in Costituzione, basta una legge ordinaria che sancisca una nuova situazione di fatto. Il diritto sancito costituzionalmente rimane intonso, quello del “giusto” prezzo e pure quello dello sciopero, ma “regolati” dalla legge. Sappiamo chi fa le leggi.

Lo schiavo se la deve vedere direttamente col suo padrone, a tu per tu con i suoi ricatti, con la sua frusta. A fissare il prezzo della schiavitù pensa il governo, come durante il fascismo. E, del resto, il fascismo, in fondo, che cos’è stato? Non certo solo marcette e parole d’ordine. Il fascismo è una delle forme politiche di cui si veste la democrazia borghese al bisogno. Il fascismo è esistito anche in America, tanto per dire, durante gli anni Trenta (basta leggere Furore di Steinbeck) e anche dopo. Il fascismo è nelle cose prima ancora che nelle idee.

La democrazia è solo una maschera con la quale il potere economico dissimula la sua realtà. L’essenza di questa realtà, comunque ingentilita o inasprita secondo le circostanze, consiste nel dominio del capitale sul lavoro. Lo sfruttamento del lavoratore è il principio su cui ha retto fino ad oggi ogni sistema sociale. Oggi è arrivato il momento in cui anche la mediazione sindacale diventa d’intralcio per l’estorsione del plusvalore e la valorizzazione del capitale.

Non ci possiamo fare nulla col voto. È stato proprio il voto ad illudere di poter cambiare lo stato delle cose. Il potere, che dicono stia nell’urna, non lo controlliamo noi. Prescindendo da ogni altra considerazione, la continua modificazione delle leggi elettorali, serve proprio a questo. Bisogna essere proprio degli sciocchi per non avvedersene. Se il potere appartenesse al popolo non ci farebbero votare nemmeno per eleggere il sindaco e l’assessore alla cultura.


C’è un unico modo per rompere l’incantesimo, non credere più alle favole.

mercoledì 7 ottobre 2015

Le tante Guernica afghane, irachene, siriane, libiche ...


Oggi ricorre il 14° anniversario dell’operazione Enduring Freedom (libertà duratura), e data la durata di tale guerra e i risultati raggiunti il nome più appropriato sarebbe invece Enduring Slaughter. Il massacro continuo di un popolo in uno dei paesi più poveri del mondo, dove la disoccupazione è al 40 per cento e il tasso di povertà è rimasto lo stesso. La disuguaglianza sociale è aumentata così come la cleptocrazia locale che intasca parte del denaro degli aiuti esteri. Queste condizioni sempre più intollerabili hanno costretto molti afghani a fuggire, i quali costituiscono il 13 per cento dei rifugiati che cercano di raggiungere l'Europa, secondi per numero solo a chi fugge dalla Siria.

C’è chi sostiene che tutti gli imperialismi sono uguali, ossia che quello americano non è peggiore di altri. Opinioni. I fatti sono altri: dal bombardamento di civili con il napalm in Vietnam (sono state sganciate una quantità di bombe superiore a quella del secondo conflitto mondiale sulla Germania), e dopo più di cinquanta rovesciamenti di governi eletti democraticamente in tutto il mondo, dopo la miriade d’invasioni di paesi, dopo l'Afghanistan, l'Iraq, la Libia, la Siria, forse qualche dubbio è lecito a proposito dell’imperialismo americano e del fatto che il pianeta sia nel caos.

Tutto è iniziato in Afghanistan, dove i mujaheddin sono stati utilizzati come strumento per attaccare il fianco meridionale dell'Unione Sovietica. Tra l’altro, ma pare sia solo un dettaglio, l’Asia centrale ospita il secondo più grande deposito di riserve accertate di petrolio e di gas naturale del mondo. Poi si è continuato in Cecenia, dove si è alimentata la guerriglia e il terrorismo sostenute da elementi terroristici wahhibisti. Quindi si è passati in Libia, dove la cosiddetta NATO si schierò con i terroristi. Si guardi l'Iraq, in cui l'intervento occidentale ha causato il crollo dello Stato baathista e al suo posto ora ci ritroviamo lo Stato islamico. E che dire di chi esprime preoccupazione perché la Russia ha bombardato il Free Syrian Army? Che cos’è il Free Syrian Army, se non un gruppo di terroristi e assassini?

Va meglio forse quando s’incendiano i campi di cereali in Iraq, si fa cadere l'uranio impoverito su enormi distese di territorio, si armano e finanziano i terroristi, si mitraglia e bombarda un ospedale di MSF com’è successo nei giorni scorsi? Qualche domanda dobbiamo pur porcela sulla natura di questa grande democrazia che si è assunta il ruolo di poliziotto del mondo con diritto insindacabile di vita e di morte. Nessuno dei responsabili dell'uccisione del personale medico e dei pazienti dell’ospedale di Kunduz sarà mai giudicato per crimini di guerra, né tantomeno lo saranno i grandi criminali delle amministrazioni Bush e Obama. E questo anche per il silenzio dell’opinione pubblica occidentale, e per il sostegno incondizionato e menzognero dei media.




martedì 6 ottobre 2015

Meno del canone Rai nelle bollette


Tacere oggi significa essere complici di questo regime, che non nasce ora ma si sta bensì consolidando con l’approvazione di leggi fondamentali per il passaggio alla dittatura commissaria. E però c’è da chiedersi, posto che la stragrande maggioranza delle persone o è distratta da altro oppure si mostra totalmente disinteressata da ciò che accade di così grave, con quali parole comunicare ciò che non trova ascolto e vincere il senso d’impotenza e di frustrazione.

Ciò che sta accadendo in queste settimane ricorda fin troppo da vicino lo snodo fondamentale cui si venne con l’approvazione della legge Acerbo-De Nicola e che vide la convergenza delle varie fazioni borghesi nell’accogliere l’idea che in nome della “stabilità” del sistema fosse necessaria "un po' di dittatura", dunque delle "soluzioni bonapartiste", per dirla con il professore Herfried Münkler, delle cui teorie scrissi oltre cinque anni or sono.


Con ciò non voglio dire che Renzi è un altro Mussolini e che il regime che si va instaurando è il fascismo. Sarebbe troppo puerile e artificioso sostenerlo. La storia è un po’ più fantasiosa nel suo svolgersi, non si ripete mai pedissequamente, e al bisogno trova di volta in volta le sue maschere. E però siamo proprio a un salto di binario e la cosa sembra preoccupare poco, anzi, meno del canone Rai nelle bollette.

domenica 4 ottobre 2015

Pendant



Il rischio è di diventare una democrazia che interessa un 30-40 per cento del paese. Un'ampia maggioranza non se ne interessa più, vive per proprio conto e bada alla sua situazione economica. Il resto è chiacchiera, divertimento, tristezza e musica rock.

Non è un rischio, è la realtà. E, soprattutto, di quale democrazia si tratta? Parlamento illegittimo, di nominati, solo un modo per far carriera, una politica economica decisa altrove, una politica estera inesistente, dei media assolutamente asserviti e al potere politico e a quello economico, e tutte le formiche che faticano e si arrabattano quotidianamente capiscono bene di non contare un cazzo.

La causa principale di tale stato di cose, secondo Scalfari, sarebbe invece Renzi:

c'è grande confusione in questo paese, col risultato che molti e specialmente i giovani si allontano dalla politica, sono indifferenti, leggono poco i giornali, guardano sempre meno la televisione e i "talk show" in particolare, dove il tema pressoché unico è ormai diventato Renzi magari anche per criticarlo ma l'argomento che predomina è sempre lui. E la gente  -  i giovani soprattutto  -  cambia canale o spegne e passa a Internet dove la scelta degli argomenti e degli interlocutori è infinita.

venerdì 2 ottobre 2015

L'inganno sta proprio in questo


Come lo vogliamo chiamare un sistema sociale in cui l’essere umano è considerato merce tra le merci?

*

Ciò che sta accadendo in questi giorni in Senato, non diversamente da quanto è accaduto fin qui e da quanto accadrà poi e dopo ancora, è la conferma di quanto ebbe a dire qualcuno, a conclusione della sua analisi di una data situazione di fatto, a proposito dei parlamenti: sono comitati d’affari della borghesia.

Lo so bene che togliersi dalla testa certe illusioni sulla “democrazia” è difficile quanto togliersi certi residui di quel cattolicesimo che abbiamo succhiato con il latte materno. L’ideologia dominante, che è sempre la falsa coscienza delle classi dominanti, punta proprio su questo, ossia a radicare certe idee. Per quanto se ne possa prendere coscienza e si cerchi di liberarsene, tali idee lasciano tracce persistenti in ognuno di noi. Per quanto le nostre idee e atteggiamenti possano mostrarsi radicali, non lo saranno mai abbastanza fino a quando il nostro punto di vista non diventi irriducibilmente antagonista in rapporto a questo sistema sociale di classe (*).

Credere che Matteo Renzi sia sostanzialmente diverso da un Bersani o anche da un Cuperlo, e viceversa, è un tipico atteggiamento che porta a farsi illusioni, a non comprendere l’essenziale su cui regge il dominio di classe. E dunque i partiti sono tutti uguali? No, l’inganno sta proprio qui. La borghesia è divisa in fazioni in lotta tra loro, non importa si chiamino guelfi e ghibellini o chissà che cosa. I partiti sono diversi tra loro, divisi da interessi e punti di vista particolari, salvo convergere su una questione fondamentale: l’intangibilità dell’attuale sistema di potere economico-sociale.

(*) Anche un punto di vista irriducibilmente antagonista non è ancora di per sé un punto di vista di classe. Ne è solo la necessaria premessa cui può seguire o meno il resto. Vi sono punti di vista irriducibilmente antagonisti, ma solo all’apparenza. Sono contrari al sistema ma ne assumono in realtà una particolare forma di falsa coscienza. È il caso degli anticapitalisti rosso-bruni, dei CasaPound, eccetera. L’ideologia dominante è molto sofisticata nelle sue varianti.


giovedì 1 ottobre 2015

Consigli per la mente


Personaggio assai curioso Henry de Monfreid, dapprima piccolo borghese fallito ma poi straordinario e spregiudicato avventuriero, nonché narratore di talento asciutto, a tratti profondo. Ne traccia un’intrigante biografia Stenio Solinas (Il corsaro nero, Henry de Monfreid l’ultimo avventuriero, Neri Pozza, 2015). Si legge d’un fiato, compresa la nota bibliografica che contiene ogni informazione di cui un lettore avido può aver bisogno.

*

Nei suoi numerosissimi libri, Henry de Monfreid ci offre un quadro di prima mano sulla situazione politica e sociale di un’area cruciale tra Africa e Asia nel periodo che precede la prima guerra mondiale e che si spinge fino alla seconda: Corno d’Africa, Mar Rosso, Yemen, e più segnatamente Gibuti, Somalia, Etiopia e dunque la Dancalia, il triangolo di Afar o depressione di Afar. Quella Dancalia che ha visto la spedizione italiana di Raimondo Franchetti (*), già proprietario dell’omonima villa nei pressi di Treviso, la più bella del Terraglio (la strada che congiunge Mestre a Treviso), poi divenuta sede dello IUAV, quindi sede di una fondazione bancaria e ora non mi è noto quale destino l’attenda. Gli ambienti della villa furono descritti da Canova, Denon e Byron, e Ugo Foscolo pare che proprio qui ebbe l’ispirazione per i suoi Sepolcri. Anch’io, più banalmente e in epoca meno lirica, ho avuto occasione di frequentarla.

*