venerdì 16 maggio 2025

L'abuso di un diritto

 

Nel suo saggio L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, Lenin scrive che l’imperialismo non è una “politica” arbitraria che può essere sostituita da un’altra, ma che deriva inevitabilmente dalle contraddizioni oggettive del capitalismo.

La sinistra, che è diventata da decenni qualcosa di indefinito e di indefinibile, non tiene più conto di questo come di altri specifici assunti della tradizione teorica marxista. E ciò malgrado sia sotto gli occhi di tutti il fatto che è in atto una lotta sempre più aspra tra i grandi Stati-nazione per il controllo dei mercati, delle materie prime, degli snodi strategici di transito dei flussi mercantili, insomma una lotta per la supremazia economica e tecnologica.

Dunque si tratta dei processi generali di accumulazione e riproduzione del capitale, i quali possono essere compresi solo a livello dell’economia globale. E tali processi s’inseriscono nel quadro delle politiche di potenza degli Stati-nazione, vale a dire nel quadro degli equilibri internazionali. Tali equilibri sono entrati in una fase di crisi storica.

Il processo di valorizzazione, circolazione e riproduzione del capitale, arrivato a un certo stadio del suo sviluppo, non può procedere oltre se non con il ricorso alla guerra. Ciò è avvenuto già due volte nella prima metà del secolo scorso, ed ora lo stesso groviglio di contraddizioni irrisolte e irrisolvibili nell’ambito capitalistico si ripropone e sta portando a un conflitto su scala globale che dovrà decidere nuovi equilibri e rapporti di forza.

Nel suo classico saggio storico Assalto al potere mondiale. La Germania nella guerra 1914-1918 (Griff nach der Weltmacht, 1961), Fritz Fischer (certamente non un marxista) dimostrò dettagliatamente che gli obiettivi bellici tedeschi erano profondamente radicati “negli interessi industriali-capitalistici, agrari e commerciali d’oltremare”. Fischer ha anche dimostrato che Hitler perseguì in gran parte gli stessi obiettivi durante la Seconda guerra mondiale (basta leggere il Mein Kampf).

Le due guerre mondiali sono state espressione delle inevitabili contraddizioni del sistema imperialista, basato sulla lotta per colonie, materie prime, mercati e regioni strategiche del mondo. Gli interessi del capitale non sono stati violati, ma imposti nel modo più brutale, con enormi profitti per le banche, l’industria bellica e i monopoli delle esportazioni.

La classe dirigente tedesca non ha mai accettato di dover fare i conti con il fatto di dover assumere un ruolo di secondo piano sul piano economico e militare. È stato un lavoro meticoloso di decenni, fino alla riunificazione e al consolidamento sociale ed economico interno. Ora, come ho già scritto ben prima delle dichiarazioni belliciste del nuovo cancelliere, si passa al riarmo guardando di nuovo verso Est.

Già nel 2014, il governo di Angela Merkel richiese che la Germania tornasse a svolgere un ruolo militare commisurato al suo peso economico. Un documento strategico, che fungeva da modello per la politica estera del governo, rivendicava un “ruolo di leadership” internazionale per la Germania.

Questa strategia viene messa in pratica nella guerra in Ucraina, che il governo tedesco ha sostenuto finora con aiuti militari per un totale di 28 miliardi di euro. L’imperialismo tedesco sta di nuovo avanzando nella stessa direzione della Prima e della Seconda guerra mondiale. La sinistra liberale e variamente pacifista non se ne rende conto (o finge, che è lo stesso), presa com’è da questioni “politiche” di più grande momento. Certo, come i loro elettori anche questi politicanti hanno il diritto di non capire nulla di ciò che realmente accade intorno a loro, tuttavia non è il caso che abusino di questo diritto.

Nell’analisi di Lenin l’imperialismo e le guerre non nascono da irrazionali manie di Stato, ma dalla logica interna del capitalismo globale. Rispetto al potere del capitale finanziario odierno, ai tempi di Lenin tale potere era ancora agli albori. E il legame tra potere statale, oligarchia finanziaria e guerra imperialista non è mai stato così evidente come oggi.

Quando Lenin scrisse il suo libro (1917), c’era un solo miliardario al mondo: il magnate del petrolio John D. Rockefeller. Oggi di miliardari ce ne sono 2.800, molti dei quali vantano fortune a due o tre cifre miliardarie. Tuttavia, la causa della guerra e del militarismo non riguarda solo l’entità della ricchezza accumulata, ma il parassitismo finanziario su cui si basa.

Il debito pubblico degli Stati Uniti, che nel 1980 ammontava a poco meno di 1.000 miliardi di dollari, è ora salito a 36.000 miliardi di dollari. Negli ultimi quattro anni, l’aumento ha raggiunto i 10.000 miliardi di dollari. Solo circa il 15% del denaro circolante attraverso le istituzioni finanziarie statunitensi confluisce in nuovi investimenti aziendali, mentre il restante 85% è destinato a investimenti già esistenti. L’aumento del prezzo delle azioni e di altri titoli ha poco a che fare con il processo produttivo reale. Questa enorme montagna di debito sta minando la fiducia nel dollaro e quindi nel sistema finanziario internazionale.

L’imperialismo americano sta cercando di uscire da questa situazione di stallo facendo leva sulla propria superiorità militare, scientifica e tecnologica. Donald Trump incarna la dittatura dell’oligarchia finanziaria americana, non meno dei suoi predecessori. Con delle differenze, certo, non solo di forma. Reagisce in modo scomposto ai problemi per i quali non esiste una soluzione progressista nel quadro del capitalismo.

Trump sta cercando di ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti attraverso dazi che stanno strangolando l’economia globale, e cerca di tappare il buco nel bilancio tagliando i programmi sociali. Rivendica Panama, Canada e Groenlandia e sta preparando, di là delle più apparenti schermaglie, una guerra contro la Cina. Altro che “isolazionismo”.

Da parte loro, i Democratici americani non stanno facendo nulla di concreto per opporsi a Trump perché anche loro rappresentano gli interessi di Wall Street, così come del resto tutti i partiti politici italiani ed europei rappresentano gli interessi dell’oligarchia del denaro.

mercoledì 14 maggio 2025

Il miglior acquisto

Massimo Cacciari, dolendosi di questa destra fascista e cripto-fascista, costituita prevalentemente da cretini, che accusa di aver infranto le regole del gioco con i loro logori riflessi psicologici, sostiene che non esistono intellettuali di destra e di sinistra, bensì l’intellettuale, per essere tale, deve porsi al di sopra della contesa. Una neutralità critica? È un ossimoro. Come dei leali combattenti? Quale puro distillato! Che dire, per esempio, degli specialisti di assurdità religiose? Per non parlare degli specialisti della guerra in Ucraina, degli esperti della violenza contemporanea e tacere di quelli che si sbizzarrirono durante il Covid-19! Tuttavia, posso comprendere lo stato d’animo del Filosofo televisivo alle prese con un mondo inesorabile e ridotto allo scontro tra amici e nemici.

Gli intellettuali sono scomparsi. Sembra di essere tornati agli anni Settanta, quando “scomparivano” in Argentina e Cile. Si sono eclissati o si sono estinti? Nel primo caso, in futuro non servirà inviarli al confino, soprattutto perché ogni loro passione è spenta e perciò mancheranno le motivazioni per una condanna. Nel secondo caso, nessuno se n’è accorto.

P.S. Ho notizia sicura che all’ultimo Salone del libro di Torino il signor Alessandro Giuli, probabilmente nel suo umore migliore, ha acquistato la nova edizione delle opere complete di Marx ed Engels. Mi chiedo: ma che se ne fa di quei volumi uno come lui? Che ingenuità perentoria la mia: farà colpo quando riceve amici e camerati. Nel bene o nel male, sarà il miglior acquisto della sua vita.

martedì 13 maggio 2025

La “cosa bianca”

 

Viviamo in un’epoca meravigliosa, lo dico davvero. Quando mai le plebi hanno avuto la possibilità di accedere a notizie ed immagini come oggi, apparentemente senza filtri, e la possibilità di ognuno di noi di scrivere nella fantastica rete di internet quasi quello che gli pare e piace?

In questa Babele di comunicazione e messaggi, di spettacolo senza soste, un semplice fazzoletto di carta usato può trasformarsi in qualunque cosa, facendoci dimenticare il resto.

Nello scorso fine settimana, il presidente francese Emmanuel Macron, accompagnato dal neo-cancelliere tedesco Friedrich Merz e dai primi ministri britannico e polacco Keir Starmer e Donald Tusk, si è recato a Kiev per incontrare il dittatore locale, Volodymyr Zelensky. Il viaggio è stato effettuato in treno, e già questo fatto crea il clima adatto: siamo in missione per conto della Pace e della Democrazia.

Questo viaggio avrebbe potuto attirare l’attenzione in modi diversi. E però si dice che i teorici della cospirazione hanno preferito invece concentrarsi su un video girato a bordo del treno dai giornalisti dell’AFP. Il filmato mostra Macron, Merz e Starmer che stanno seduti a briscola in una cabina lussuosamente arredata che ti fa bestemmiare pensando a certi nostri treni pendolari.

Macron ha addirittura abbandonato giacca e cravatta, optando per una felpa con cappuccio, il travestimento perfetto per uno statista che vuole mostrare di essere in azione. Lontani i tempi in cui Chamberlain usava l’ombrello. Ebbene, i nostri investigatori del web, scavando sempre più a fondo negli abissi della stupidità, hanno trovato qualcosa.

Qualcosa che dimostra che il presidente francese non è altro che un rettile venuto sulla Terra per annientarci? Osservate attentamente: sul bel tavolo verniciato, accanto ai fascicoli ordinatamente sistemati in piccole cartelle, c’è una “cosa bianca”, che Macron si affretta ad afferrare per tenerla lontana dalle telecamere.

Ma chi è che fomenta questo cervellotico complottismo? E qui si entra nella sfera del contro- complottismo, che altro non è che l’altra faccia della medaglia complottista. I russi! Hanno creato Storm-1516, un sistema di disinformazione ben oliato che si attiva alla minima accusa fantasiosa. L’Eliseo ha diffuso un messaggio su X: “La disinformazione arriva fino a far passare un semplice fazzoletto per una [bustina di] droga”.

Chi sono i rettiliani, Red Ronnie che imita Crozza oppure ...? Vai a saperlo.

L’oligarchia occidentale puntava a creare il suo lebensraum economico, finanziario e politico ad Est, sennonché ha trovato sulla sua strada due ostacoli: dapprima la Russia di Putin, e ora, ahinoi, il venir meno di una parte fondamentale del blocco imperialista, ossia una fazione della borghesia yankee che si disinteressa dell’Europa e guarda invece prioritariamente all’Asia.

Che dite, tutto un po’ troppo semplice e molto fantapolitico, alla Steven Bannon? Si può credere ciò che si vuole, ma voi intanto zoomate su quella “cosa bianca”.

lunedì 12 maggio 2025

La pace cartaginese della UE

 

Se Putin cederà all’ultimatum di Zelens’kyj e dei suoi complici europei (che minacciano ulteriori sanzioni), ossia una lunga tregua, commetterà un grave errore. La tregua e delle viscose trattative serviranno solo all’Ucraina per tirare il fiato, riorganizzarsi militarmente e recuperare maggior sostegno mediatico.

Ciò ricorda Napoleone che, inizialmente vincitore sul campo, accettò una tregua nel 1813, ma dopo qualche mese ne pagò le conseguenze. Che furono fatali. Le tregue e gli armistizi servono solo a chi sta perdendo (*).

Il fattore tempo è a favore di Mosca. La concessione di una tregua ribalterebbe la situazione, gli imperialisti europei recupererebbero spazio di manovra e nuovi pretesti mediatici. La richiesta di tregua e di “pace” avviene nello stesso momento in cui è in atto un piano UE per destabilizzare i Balcani (**).

La strategia dei delinquenti della UE è sempre la stessa: indebolire le potenze primarie, elevare e rafforzare le potenze secondarie. La differenza tra la strategia della UE e quella del Terzo Reich è solo formale, non sostanziale. L’assunto può sembrare una esagerazione solo agli ingenui e a gente in malafede. Del resto sono gli stessi complici di Netanyahu nel genocidio palestinese.

Zelens’kyj non accetterà mai il piano di pace di Mosca. Le contraddizioni fondamentali che stanno in radice al conflitto, non possono essere risolte se non con la sconfitta del dittatore ucraino e della sua cricca. Francia, Germania e Gran Bretagna, che gli soffiano alle spalle, non vogliono la pace se non dopo aver destabilizzato Putin, fatto della Russia uno spezzatino e messo le mani sulle sue risorse minerarie.

La Russia ha proposto che l’Ucraina venga a colloqui diretti a Istanbul il 15 maggio, senza alcuna precondizione. Putin deve tener fermo il punto e non dire, come ha fatto, che nel corso di queste eventuali trattative si possa concordare un cessate il fuoco. Ha già commesso un errore strategico una prima volta, togliendo l’assedio a Kiev, un secondo errore sarebbe imperdonabile.

(*) Nel 1813, tra Napoleone e Metternich si aprirono trattative a Praga, su concezioni e posizioni inconciliabili sull’ordine europeo. Tale tregua, concessa da Napoleone, consentì il formarsi di una coalizione antifrancese più formidabile e determinata di quelle che Napoleone aveva fino ad allora affrontato. Venne l’autunno, gli alleati della coalizione antifrancese negarono un incontro con Napoleone, con la motivazione del tutto formale che i termini dell’armistizio erano scaduti dal giorno precedente, e perciò s’apprestarono a combattere. Per Napoleone, la brillante campagna della primavera precedente, cui seguì la tregua, si chiudeva infine con la sconfitta autunnale di Lipsia.

(**) Piano che include una “rivoluzione colorata” in Serbia guidata da una ONG, un’escalation del conflitto tra la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina e il governo centrale della Bosnia e un’alleanza militare tra Croazia, membro della NATO, Albania e Kosovo.

domenica 11 maggio 2025

Le nostre stupide giornate di lavoro

 

«La stagione dei dividendi entra nel vivo e si prepara a scrivere una pagina importante per Piazza Affari. Il dividend-day è il 19 maggio: oltre 40 società del listino milanese distribuiranno cedole per 15 miliardi di euro. Tra i dividendi già distribuiti ad aprile, gli acconti dello scorso novembre e i prossimi vari appuntamenti, il 2025 vedrà una distribuzione complessiva di 41 miliardi, sugli utili generati nel 2024; un aumento del 13% rispetto allo scorso anno.»

Questo, come scrive il Sole 24 ore di oggi, per quanto riguarda i dividendi azionari del listino milanese. Gli amministratori delegati, dopo aver riempito le proprie tasche, trasferiscono quanto più possibile del cosiddetto valore aggiunto ai propri azionisti. Come si diceva una volta: “estorcono plusvalore” come mai prima, a spese del cervello, dei muscoli e dell’anima dei loro schiavi, che non di rado muoiono sul lavoro.

L’aspetto peggiore sono i riacquisti di azioni. Normalmente un’azienda riceve denaro dai suoi azionisti. Si fa esattamente l’opposto, riacquistando le proprie azioni. L’obiettivo? Aumentare i prezzi: meno azioni delle società ci sono in circolazione, più sale il rendimento di ciascuna.

Poi c’è tutto il resto, a cui aggiungere ancora le cedole del debito pubblico pagate nel 2024, per un ammontare complessivo di oltre 85 miliardi. Sia chiaro, solo una parte di quei miliardi finiscono nelle tasche degli italiani che hanno investito in titoli di Stato, il resto finisce all’estero, così come una parte dei ricavi cedolari in titoli europei e di altri Paesi sono incassati in Italia.

Insomma, a leggere questi numeri si può pensare che l’Italia sia economicamente un paese in salute. Cosa che del resto è vera, almeno per quelle persone che possono investire almeno una parte dei loro cospicui risparmi in azioni, obbligazioni e altre fonti di reddito speculativo, non ultimo l’investimento immobiliare (con valori sempre in crescita).

Si strangolano coltivatori, allevatori e fornitori, per che cosa? Per gli azionisti 80enni che, tra un pisolino e l’altro, acquistano immobili o azioni. Quanti miliardi di euro di ricchezza detenuta dagli anziani sono stati trasmessi ai loro figli negli ultimi decenni, e quanta ricchezza liquida e immobiliare sarà ancora trasmessa ai loro eredi nei prossimi anni? Data la relativa diffusione della ricchezza si tratta di un trasferimento di ricchezza imponente, il più grande della storia (con imposte ridicole, esenzioni e detrazioni, senza un’aliquota progressiva per ciò che l’erede riceve in eredità nel corso della sua vita). Non solo per quanto riguarda l’Italia: le società europee del XXI secolo sono tornate ad essere società di eredi.

In una società in cui l’eredità pesa più del lavoro nella costituzione della ricchezza, il meccanismo ereditario plasma un ordine sociale in cui le fortune più grandi sono riservate agli individui provenienti da famiglie benestanti. Altri possono, grazie ai loro sforzi, al merito, o a raccomandazioni in cambio di fedeltà, ottenere buoni posti e stipendi, ma è impossibile per loro raggiungere le posizioni più elevate in termini di ricchezza.

Un fenomeno assai trascurato dalle statistiche e dalla pubblicistica, che è sinonimo di blocco della mobilità sociale. Va poi rilevato che posizione di ricchezza e posizione sociale spesso procedono di pari passo. A ciò poi si aggiungono le politiche fiscali e gli incentivi (leggi bonus) per quei “poveracci” che possono beneficiarne per i loro giardini, la ristrutturazione di ville e villini a spese dei molti che sono tosati alla fonte. Tutto legale, per carità. Ma se pensate che vi sia incompatibilità tra privilegi e uguaglianza di opportunità vuol dire che non siete abbastanza liberali, o non siete abbastanza quel cazzo che volete. Sicuramente passate per essere dei comunisti, di questi tempi la feccia dell’umanità.

Come meravigliarsi se dividendi e rendite alimentano un risentimento degli esclusi che si palesa nel voto elettorale (compresa una aliquota di astenuti)? Il voto incazzato di quelli che non possono permettersi il fuoristrada e un cane di grossa taglia che mangia chili di crocchette al giorno. Di quelli che: “i soldi che la vita mi deve!”. Tutti vogliono essere ricchi, felici di avere tutti i doveri, se questo significa avere tutti i diritti.

Se la sinistra è diventata destra, meglio l’originale della fotocopia, si dice. Paradossalmente in tal modo il voto degli scontenti, che reclamano la condivisione della ricchezza, e quello dei contenti, che puntano a mantenere le posizioni acquisite e anzi a un’ancor maggiore contentezza, si coagula. Il voto è l’essenza di questo tipo di democrazia.