Molti, moltissimi, un Paese così volgarmente confessionale, così bigottamente cattolico, se lo meritano. Anzi, questo liquame clericale lo sentono come la loro fonte di sostentamento e non sono mai sazi. Più gliele danno a bere e più ne ingurgitano soddisfatti: gaudium magnum. Come Molière, anche Bergoglio è morto sul palco. E però la commedia continua, grottesca. A quei pochi che non si assoggettano, non resta, impotenti, che pagare per la messa in scena di queste stronzate medievali con guardie armate di alabarde.
Il gesuita argentino, austero e intransigente mediatore durante gli anni sudamericani, l’hanno trasformato postumo in un Che Guevara della Chiesa cattolica. Un giornale l’ha definito addirittura “aperto al marxismo”, dimenticando le posizioni molto conservatrici. Anche se, rispetto ai suoi predecessori, l’inflessibile Ratzinger e l’ineffabile Giovanni Paolo II, Jorge Mario Bergoglio sembrava vagamente un uomo di “sinistra”, ma si trattava solo di un’illusione ottica, di un problema di scala.
I commentatori hanno generosamente riconosciuto al defunto Papa il merito di aver difeso i migranti e di aver messo in guardia dalle conseguenze del cambiamento climatico. Ma abbiamo bisogno di un papa per questo? Ovviamente no. Che senso ha essere il Papa per dire certe sciocchezze che potresti tranquillamente sentire al bar sotto casa? Perché è questa la sensazione che proviamo (almeno alcuni di noi) ogni volta che esaminiamo le affermazioni di questo papa o dei suoi predecessori: la banalità del loro pensiero.
Restiamo sempre delusi dalla piattezza dei pensieri di coloro che ci vengono presentati come grandi intellettuali, menti brillanti, di volta in volta esperti di questo e di quello, il cui unico talento è quello di maneggiare abilmente il linguaggio per affascinarci con le loro belle parole su vecchie idee ammuffite che risalgono al Medioevo. Poi, non c’è niente di più sopravvalutato di un papa, ossia di un uomo che nella vita ha sempre pensato e fatto da prete.
Ogni volta che cambiano papa, chi ci crede spera che sia più moderno e un po’ meno reazionario dei predecessori. E ogni volta si torna subito coi piedi per terra: un papa non può che essere un conservatore, aggrappato ai suoi dogmi e alle sue convinzioni da prete. La conclusione è che, dietro una comunicazione moderna molto efficace, anche questo papa non ha portato nulla di nuovo nella terra dello Spirito Santo. Né c’era da aspettarselo.
Quanto al prossimo pontefice sovrano, l’unica domanda, se proprio vogliamo porcela, è quale nuova strategia comunicativa adotterà per farci ingoiare sempre le stesse vecchie cose, dandoci l’illusione di essere moderni.
Per ricordarci i valori dell’ex capo della Chiesa, ecco una panoramica delle rancide dichiarazioni da lui pronunciate durante il suo regno. Innanzitutto sull’omosessualità. Si dice che Jorge Mario si sia opposto alla criminalizzazione dell’omosessualità. L’ex Papa è stato molto chiaro: essere gay non è sano e consigliava una diagnosi precoce: “Quando si manifesta fin dall’infanzia, ci sono tante cose da fare con la psichiatria, per vedere come stanno le cose”, professava ex cathedra nel 2018, di ritorno dall’Irlanda.
Di sfuggita, condannava il “lobbying gay”. E ancora una volta, la risposta è attenuata perché era destinata alla stampa. Nei corridoi del suo regno, non esitava a scatenarsi. Come durante una conferenza episcopale dove invitò i suoi vescovi a non accogliere nei seminari religiosi persone apertamente omosessuali, ritenendo che ci fossero già troppa “frociaggine”. In tal modo aggirando con nonchalance la spinosa questione del celibato ecclesiastico.
La Chiesa è sempre pronta a giudicare ciò che succede nei pantaloni degli altri, ma detesta quando la gente ficca il naso nei suoi.
E se al Papa non piacciono gli omosessuali, quanto all’altra metà della Luna, non è stato meno esplicito. Soprattutto per quanto riguarda le donne che si rifiutano di essere semplicemente madri. Chi diavolo gli ha dato questa immagine di “papa femminista”, lui che ha definito il femminismo “machismo con la gonna”?.
Deve questa reputazione alla decisione di nominare alcune donne nella Commissione Teologica Internazionale nel 2014? Subito dopo la loro nomina le definì “fragole sulla torta”. Allo stesso tempo, è meglio essere una “fragola” che una “zitella”, cosa che lui stesso ha messo in chiaro nel 2013, invitando tutte le donne a diventare madri.
Che dire dell’aborto? Va da sé che un Papa, con la scusa del “rispetto per la vita”, non sia d’accordo. Ma altra cosa è definire quella sull’aborto una “legge criminale”. Nessuno ha fiatato sugli alti Colli, ovviamente. Poi Bergoglio non ha potuto fare a meno di aggiungere che i medici che lo praticano sono degli “assassini su commissione” (da un discorso pronunciato in Belgio lo scorso anno). Risulta che qualcuno abbia preso posizione?
Quindi, da dove deriva questa immagine del “papa moderno”? Su quasi tutte le principali questioni Jorge Bergoglio si è schierato con conservatori e reazionari. Donne prete? Un “no” categorico. Preti sposati? Ancora “no”, o al limite, in “angoli remoti come l’Amazzonia”.
Nel 2016 definì come un’assurdità le possibili dimissioni del cardinale Barbarin, che per anni aveva coperto un prete pedofilo: “Pensate con la vostra testa e non lasciatevi trasportare dai venti di sinistra che hanno orchestrato tutta questa faccenda”, consigliò ai suoi seguaci. In definitiva, di progressista, aveva solo gli accessori: un iPad e 1,8 milioni di follower su X.