venerdì 26 luglio 2024

Pappagalli e bolle

 

Dicono che l’Europa sarebbe obsoleta e la nostra Internet non sarebbe nulla senza le innovazioni dello Zio Sam (s’è visto la settimana scorsa). Per le innovazioni c’è l’ossessione attuale: l’intelligenza artificiale. Lo dimostrano i colossali investimenti effettuati nel corso del 2024, ovvero 200 miliardi di dollari per i quattro colossi Amazon, Microsoft, Google e Meta, con un aumento del 180% rispetto al 2019.

E che cosa importa se ricercatori di vaglia mettono pubblicamente in dubbio la reale rilevanza di questi strumenti? Invece secondo i guru della Silicon Valley e i loro leccapiedi, le IA (ce n’è più d’una) dovrebbero creare un mondo migliore gestendo compiti che noi poveri esseri umani non siamo in grado di svolgere da soli. Sono in realtà solo strumenti che emettono frasi casuali basate su probabilità algoritmiche. Pappagalli stocastici.

Un’eccitazione ingiustificata? Vedremo. Passano gli anni e le promesse che sono state fatte, come quella di sostituire gli esseri umani e quasi tutte le professioni (molto poco i “mestieri”), o di diventare super-intelligenti, sembrano piuttosto vuote e gli ultimi progressi, anche se restano spettacolari, non sembrano convergere in questa direzione.

Le IA accessibili al pubblico sono, per il momento, lungi dal lasciarci senza lavoro perché possono essere più veloci ma non necessariamente più affidabili. Casi comici sono già stati raccontati, quando l’IA inventa letteralmente un fatto presentandolo come verità assoluta. Avendo risucchiato tutti i dati disponibili, comprese le sciocchezze, ora si alimentano a vicenda di quella roba lì.

Ecco dunque la comparsa di articoli fasulli generati con metodi algoritmici. L’obiettivo: plagiare parti di articoli già pubblicati cambiando qualche parola qua e là, come pigri studenti che copiano interi brani da Wikipedia per la loro tesina. Ma usare un dizionario dei sinonimi alla cieca, la maggior parte delle volte finisce con scoppi di risate. Così un “tumore al cervello” si trasforma in un “tumore dello spirito”, un “infarto” diventa un “attacco cardiaco” (non sono la stessa cosa) e una “insufficienza renale” non equivale a “delusione renale”.

Nulla d’inventato in questo repertorio della comicità: un’immagine che doveva rappresentare una pompa cardiaca è diventata un dispositivo venduto da un negozio online e destinato a identificare le perdite d’acqua! E queste frodi interessano soprattutto gli articoli pubblicati dalle riviste scientifiche. Resta che un ministro non ha bisogno della IA come ghostwriter per i suoi strafalcioni.

Gli evangelisti di questo fenomeno sono soprattutto gli amministratori delegati di tutte quelle start-up che hanno interessi finanziari nel promettere la luna per attirare capitali attraverso la raccolta di fondi. E naturalmente broker e speculatori piccoli e grandi. Il 25 giugno scorso la stregonesca banca d’investimento Goldman Sachs ha pubblicato una nota venata di preoccupazione e dal titolo evocativo: “IA generativa: troppa spesa per troppo poco beneficio?”. Un mese prima, The Economist aveva espresso preoccupazione per questo “eccesso d’investimenti” poco giustificato.

Stiamo assistendo ancora una volta ad una “bolla tecnologica” come accadde alla fine degli anni Novanta con l’avvento di Internet (Dot-com Bubble), poi ancora nel 2012 con il boom dei social network? In questi due casi, i massicci investimenti dovuti all’entusiasmo attorno a questi nuovi strumenti avevano portato, tra l’altro, a massicci piani di partenza, poi a chiusure improvvise e alla bastonatura di decine di milioni di sprovveduti sovraeccitati (la maggior parte delle persone non può permettersi speculazioni rischiose).

Una buona percentuale delle aziende create nel settore dell’IA e che stanno acquisendo milioni di dollari di investimenti, non esisteranno tra 5 anni o non avranno l’importanza attuale. Ci sono semplicemente troppe aziende che fanno troppe cose simili e verranno fagocitate dai grandi attori monopolistici.

È come con la mania dei famosi bulbi di tulipani: nonostante la scarsità sia uno strumento potente nell’arsenale del venditore (non diversamente dalla complessità, che tende a essere l’equivalente dell’IA), una volta acquisito il bulbo, l’input è quello di scambiarlo di nuovo, e quindi il potenziale di guadagno è in realtà solo nella capacità di rivenderlo, a un prezzo gonfiato, a un altro acquirente, proprio come molte start-up che sono in grado di generare denaro, per i loro fondatori, solo attraverso la cessione della propria attività.

Lo spazio economico e applicativo dell’intelligenza artificiale è troppo vasto per essere una sola gigantesca bolla. I suoi sostenitori sono sempre pronti a dire che l’intelligenza artificiale è la nuova internet, una nuova architettura fondamentale per la tecnologia, e, se è vero, non c’è modo che possa essere una sola enorme bolla. Tuttavia è nella natura stessa del mercato che le bolle siano ovunque intorno a noi. Il fatto è che non c’è modo di far tornare una bolla nella schiuma nell’acqua saponata: soffi e soffi e o ti scoppia in faccia, o sopravvive abbastanza a lungo da fluttuare attraverso la stanza. E però poi inevitabilmente scoppia.

giovedì 25 luglio 2024

Il discorso del criminale sionista

 

Di seguito alcuni ampi stralci del discorso tenuto ieri dal Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu davanti alle due Camere del Congresso degli Stati Uniti riunite (testo così come diffuso dal suo ufficio).

Netanyahu a Washington ha trovato un pubblico che non può più trovare nel suo paese, come in molti altri. È infatti oggetto di una richiesta di mandato d’arresto da parte della procura della Corte penale internazionale dell’Aia per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il Primo ministro israeliano ha trovato, soprattutto sui banchi repubblicani, un pubblico che è rimasto in piedi per 52 minuti, pronto ad offrirgli quasi cinquanta ovazioni.

*

Signore e signori,
gli uomini e le donne dell'IDF provengono da ogni angolo della società israeliana, da ogni etnia, da ogni colore, da ogni credo, di sinistra e di destra, religiosi e laici. Tutti sono permeati dallo spirito indomito dei Maccabei, i leggendari guerrieri ebrei dell'antichità [...].

Amici miei,
sconfiggere i nostri nemici brutali richiede sia coraggio che chiarezza. La chiarezza inizia conoscendo la differenza tra il bene e il male. Eppure, incredibilmente, molti manifestanti anti-Israele, molti scelgono di stare con il male. Stanno con Hamas. Stanno con stupratori e assassini. Stanno con persone che sono entrate nei kibbutz, in una casa, i genitori hanno nascosto i bambini, i due neonati, in soffitta, in una soffitta segreta. Hanno assassinato la famiglia, i genitori, hanno trovato il chiavistello segreto della soffitta nascosta e poi hanno assassinato i neonati. Questi manifestanti stanno con loro. Dovrebbero vergognarsi di sé stessi [...].

Abbiamo appreso di recente dal Direttore dell’intelligence nazionale degli Stati Uniti che l’Iran sta finanziando e promuovendo proteste anti-israeliane in America. Vogliono sconvolgere l’America. Quindi questi dimostranti hanno bruciato bandiere americane persino il 4 luglio [...].

Per quasi quattromila anni, la terra di Israele è stata la patria del popolo ebraico. È sempre stata la nostra casa; sarà sempre la nostra casa.

L’antisemitismo è l’odio più antico del mondo. Per secoli, il massacro degli ebrei è sempre stato preceduto da accuse selvagge. Siamo stati accusati di tutto, dall’avvelenamento dei pozzi alla diffusione di pestilenze, all’uso del sangue di bambini massacrati per preparare le matzos di Pesach. Queste assurde bugie antisemite hanno portato a persecuzioni, omicidi di massa e, infine, al peggior genocidio della storia, l’Olocausto.

Ora, proprio come per secoli sono state rivolte menzogne maligne al popolo ebraico, ora vengono rivolte menzogne maligne allo Stato ebraico. No, no. Non applaudire. Ascoltate. Le calunnie oltraggiose che dipingono Israele come razzista e genocida sono pensate per delegittimare Israele, demonizzare lo Stato ebraico e demonizzare gli ebrei ovunque. E non c’è da stupirsi, non c’è da stupirsi che abbiamo assistito a un’impennata spaventosa dell’antisemitismo in America e nel mondo.

E non fatevi ingannare quando le accuse di omicidio volontario contro lo Stato ebraico provengono da persone che indossano eleganti tuniche di seta e parlano con toni altisonanti di legge e giustizia.

Ecco un esempio: il procuratore della Corte penale internazionale ha vergognosamente accusato Israele di aver deliberatamente fatto morire di fame la popolazione di Gaza. Questa è una totale assurdità. È una totale invenzione. Israele ha permesso a più di 40.000 camion di aiuti di entrare a Gaza. Sono mezzo milione di tonnellate di cibo, e sono più di 3.000 calorie per ogni uomo, donna e bambino a Gaza. Se ci sono palestinesi a Gaza che non ricevono abbastanza cibo, non è perché Israele lo sta bloccando, è perché Hamas lo sta rubando.

Tanto per quella bugia, ma eccone un’altra: il procuratore della CPI accusa Israele di aver deliberatamente preso di mira i civili. Di cosa diavolo sta parlando? L’IDF ha lanciato milioni di volantini, inviato milioni di messaggi di testo, fatto centinaia di migliaia di telefonate per mettere i civili palestinesi fuori pericolo. Ma allo stesso tempo, Hamas fa tutto ciò che è in suo potere per mettere i civili palestinesi in pericolo. Lanciano razzi dalle scuole, dagli ospedali, dalle moschee. Sparano persino ai loro stessi cittadini quando cercano di lasciare la zona di guerra. Un alto funzionario di Hamas, Fathi Hamad, si vantava – ascoltate questo – si vantava che le donne e i bambini palestinesi eccellono nell’essere scudi umani. Le sue parole: “eccellono nell’essere scudi umani”. Che mostruoso male.

Per Israele, ogni morte di civile è una tragedia. Per Hamas, è una strategia. Vogliono davvero che i civili palestinesi muoiano, così Israele verrà diffamato dai media internazionali e pressato a porre fine alla guerra prima che sia vinta.

Ecco perché, nonostante tutte le bugie che hai sentito, la guerra a Gaza ha uno dei rapporti più bassi tra combattenti e vittime non combattenti nella storia della guerra urbana. E vuoi sapere dove è più basso a Gaza? È più basso a Rafah. A Rafah. Ricordate cosa hanno detto così tante persone? Se Israele entra a Rafah, ci saranno migliaia, forse anche decine di migliaia di civili uccisi. Bene, la settimana scorsa sono andato a Rafah. Ho visitato le nostre truppe mentre finivano di combattere i battaglioni terroristici rimanenti di Hamas. Ho chiesto al comandante lì, “Quanti terroristi hai eliminato a Rafah?”. Mi ha dato un numero esatto: 1.203. Gli ho chiesto, “Quanti civili sono stati uccisi?”. Ha detto, “Primo Ministro, praticamente nessuno. Con l’eccezione di un singolo incidente, in cui le schegge di una bomba hanno colpito un deposito di armi di Hamas e ucciso involontariamente due dozzine di persone, la risposta è praticamente nessuno”. Volete sapere perché? Perché Israele ha salvato i civili dai pericoli, cosa che la gente diceva che non saremmo mai riusciti a fare, ma ce l’abbiamo fatta.

Il presidente Biden e io ci conosciamo da oltre quarant’anni. Voglio ringraziarlo per mezzo secolo di amicizia con Israele e per essere, come dice lui, un orgoglioso sionista. In realtà, dice lui, un orgoglioso sionista irlandese americano.

Voglio ringraziare il Presidente Trump per la sua leadership nel mediare gli storici Accordi di Abramo. Come gli americani, gli israeliani sono stati sollevati dal fatto che il Presidente Trump sia uscito sano e salvo da quel vile attacco contro di lui, vile attacco alla democrazia americana. Non c’è spazio per la violenza politica nelle democrazie.

Voglio anche ringraziare il Presidente Trump per tutto ciò che ha fatto per Israele, dal riconoscimento della sovranità di Israele sulle alture del Golan, all’affrontare l’aggressione dell’Iran, al riconoscimento di Gerusalemme come nostra capitale e allo spostamento dell’ambasciata americana lì. Quella è Gerusalemme, la nostra capitale eterna che non sarà mai più divisa.

*

Al Jazeera ha riferito martedì che 89 palestinesi sono stati uccisi e 329 feriti in tutta la Striscia di Gaza mentre Israele ha lanciato un nuovo assalto alla città di Khan Younis, a circa sette miglia dal confine meridionale dell’enclave. Al Jazeera ha aggiunto che ci sono altri 68 dispersi sotto le macerie degli attacchi.

I carri armati israeliani sono rientrati a Khan Younis lunedì nel terzo assalto alla città e 70 palestinesi sono stati uccisi. L’agenzia Reuters ha riferito, “I palestinesi sono stati uccisi da salve di carri armati nella città di Bani Suhaila e in altre città che costeggiano il lato orientale di Khan Younis, con l’area bombardata anche dall’aria”, secondo i medici di Gaza.

Il ministero della Salute di Gaza ha riferito che tra i morti c’erano diverse donne e bambini e che almeno altre 200 persone erano rimaste ferite. Secondo la formula dello Stato sionista, il massacro di Khan Younis è stato giustificato perché l’intelligence israeliana ha affermato che i militanti stavano lanciando razzi dalla zona e che Hamas stava tentando di riorganizzarsi lì.

Tuttavia, le autorità palestinesi hanno affermato che nelle aree prese di mira vivevano 400.000 persone e decine di famiglie avevano iniziato ad abbandonare le loro case, ma non avevano avuto abbastanza tempo per abbandonare la zona prima che iniziassero gli attacchi aerei.

Questo uno spaccato della lotta al terrorismo da parte delle Waffen Ss sioniste il giorno prima del discorso del loro comandante in capo davanti ai suoi complici di Washington.

mercoledì 24 luglio 2024

La noia

 

La giustizia sociale non è diventata altro che un vecchio sogno sopravvalutato, la sinistra ex riformista ed ex tutto si è resa ridicola, veniamo sempre più espropriati delle nostre libertà diventate discutibili, dei nostri diritti divenuti effimeri, dei nostri desideri ormai dimenticati. Quanto abbiamo perso nel gioco della vita, dove abbiamo parcheggiato la materia umana?

La nostra società è arrivata a un punto tale di leninismo (la famosa “cuoca”) che abbiamo un ministro della cultura analfabeta e un ministro della giustizia che passa il tempo a leggere libri che non può comprendere. Che cosa dovremmo pensare di questi essere umani fin troppo umani? Si comprende come la noia possa prendere il sopravvento.

Possiamo liberare il mondo da questa noia infinita che ci avvolge come la materia oscura di cui tutti parlano ma della quale nessuno sa precisamente nulla? Uscire da questa noia è quindi un progetto politico? Sintonizzarsi sul grande “gioco della vita”, rivolgersi interamente all’esigenza di libertà e viverla senza freni, come una sfida febbrile rivolta all’esistenza stessa.

Vivere intensamente, come gli innamorati che reinventano l’amore folle. Un progetto politico che appartiene al passato, almeno per ciò che mi riguarda. Restare in vita sembra essere questo l’unico vero progetto politico nella noia organizzata del mondo. Tutto ciò che c’era di virtù negli umani sembra essere scomparso. È una verità diventata fatti di cronaca televisiva.

martedì 23 luglio 2024

L’UE ha un’origine nazionalsocialista?

 

Un Paese abitato sempre più da vecchi. Da schiavi chini sotto il sole a piombo per consentire a noi di pagare una bottiglia di passata di pomodoro a soli due euro, che però sono pur sempre quattromila lire. Un Paese le cui industrie e le società di fornitura più importanti sono proprietà di multinazionali estere. Un libero mercato che è soltanto il liberò arbitrio dei cartelli di taglieggiarci.

Ma anche un Paese di cosche di concessionari pubblici (acqua, spiagge, strade, cave, ecc.), lobby di tassinari, di disinvolti attori delle libere professioni e mestieri, e insomma di chiunque possa agire con la prepotenza legale e imporre il proprio dazio. Un debito pubblico gigantesco che non si vede come possa essere risanato. Dunque non è solo colpa della UE.

E però la sopravvalutazione dell’euro come tassa e l’omissione di informazioni essenziali su che cosa s’andava incontro aderendo alla moneta unica sono fatti. E le nostre “autorità” a eseguire pedissequamente gli ordini provenienti dalle cattedrali della fede neoliberale.

I burattinai del processo di “liberalizzazione” sono più occulti degli avatar della UE, del tutto indifferenti ed estranei alla produttività naturale dei paesi e agli interessi permanenti dei popoli interessati. Un’economia che non agisce secondo la gerarchia dei bisogni, ma nel culto dell’esportazione e dell’accumulazione, una vasta pompa aspirante di profitti da reinvestire nella speculazione.

A ben vedere non si è trattato infine dell’Europa di Spinelli e simili. Già durante la guerra mondiale, constatato il moribondo liberalismo prebellico, si era sviluppata l’idea generale di una “comunità europea” la cui costituzione era stata ritardata dagli “ostacoli idioti” e da altre “assurdità” del periodo tra le due guerre.

Si scontrano allora due concezioni di Europa: quella celebre di Aristide Briand, di una “Unione Europea” in forma federale, e all’opposto la concezione nazionalsocialista di una Unione Europea totalitaria. Non ci siamo fatti mancare niente anche in questo caso.

Nel 1942 è Raimund Schulz, ex direttore di una grande azienda aeronautica, a teorizzare (Il grande spazio economico europeo) che la visione liberale del mondo come un’unica grande area di libero scambio è stata minata dalla guerra e che una riorganizzazione deve essere intrapresa sulla base di grandi blocchi, definiti secondo criteri storici e geografici. Così concepisce la costituzione di un unico grande spazio in Europa, “necessariamente totalitario”, che inglobi tutte le “piccole vecchie autarchie” e le smantelli.

“Il vero crimine di Versailles è stato quello di aver sacrificato l’Europa”. La guerra ha permesso di delineare “un sogno futuro: l’unione doganale europea”, per fare del “mercato europeo un commercio interno”. Questa nozione di “comunità europea” non nascondeva la visione di un’intera costruzione europea organizzata a vantaggio della Germania. La differenza è di metodo: l’Europa manterrà l’economia gestita, la cui esperienza tedesca dimostra la sua superiorità rispetto all’economia liberale.

Sostituite “necessariamente totalitario” con “necessariamente democratico” e si tratta a grandi linee dello stesso schema di progetto unitario europeo così come s’è realizzato.

Che cosa si proponeva il modello nazista? Dopo la guerra la Germania farà progressi nell’organizzazione del mercato europeo. Di fronte all’America e all’Asia formerà un “grande spazio europeo”, i cui naturali complementi saranno l’Africa e la Russia europea. La Germania si dedicherà prima alla colonizzazione dell’Est, poi al continente africano, che sarà sfruttato a beneficio della comunità europea. Non ci sarà una chiusura ermetica degli scambi tra i tre “grandi spazi”, ma ciascuno avrà una vita economica propria e indirizzata.

Questo spazio economico sarebbe strutturato attraverso la definizione di un piano generale per la produzione europea, la stabilizzazione dei prezzi, l’unione doganale e la creazione di un grande organismo di compensazione centrale (antesignano della BCE), eccetera.

Anche i governi emigranti di Francia, Belgio e Paesi Bassi avevano le loro idee sul futuro europeo, e appunto il 21 ottobre 1943 firmarono un accordo finanziario per la “costituzione di un blocco economico, preludio a una politica di blocco che comprenda le nazioni che rappresentano la civiltà occidentale”. Tuttavia, durante la guerra, coloro che diffusero il progetto europeo più elaborato appartenevano al campo collaborazionista.

Gaston Riou, radicale, pacifista e un europeo convinto, figura non proprio di secondo piano all’epoca, optava per una forma federativa dell’Europa che implicava l’abbandono della sovranità: è necessario costituire “non una società delle nazioni d’Europa, ma un Reich d’Europa, gli Stati Uniti d’Europa, un vero Stato con unità doganale, monetaria, diplomatica, militare e navale”. Mi pare di aver letto qualcosa di simile recentemente sul Sole 24ore a firma di un ex presidente del consiglio.

La delusione provata di fronte all’inerzia parlamentare sulla questione europea nel periodo tra le due guerre, porta Riou a sostenere che “Ci sono altre forme possibili di democrazia oltre al parlamentarismo”. È noto l’anticomunismo di Riou, il suo odio per la Russia “eterna e imperialista”. In ogni caso, nella sua proposta non siamo lontani dalla specializzazione auspicata dal modello hitleriano: una Germania per l’industriale pesante, una Francia agricola, un’Italia artigianale e turistica, verrebbe da dire ... pastorale.

Riou, celebrando Enrico IV, “morto martire dell’idea europea”, invocava “un’Europa costituita come Repubblica o Impero, o in qualsiasi cosa che formi un organico – e all’interno del quale regnerà la pace”, chiedendo la creazione di “tre o quattro spazi economici”. Non è priva di contraddizione la sua idea: l’organizzazione economica dell’Europa deve bilanciare libertà e dirigismo, ma il suo commercio deve essere posto sotto il segno del libero scambio.

Anche altri propagandarono in quegli anni bellici l’idea di una doppia Europa, quella della potenza e quella del cavallo da tiro, un’Europa industriale del Nord-Ovest e un’Europa agricola del Sud e del Centro che dovevano essere unificate in particolare attraverso la diffusione del progresso tecnologico. Qualunque cosa ciò volesse dire.

Marcel Déat, già ministro e politico francese di lungo corso, dichiarerà nel mezzo del secondo conflitto mondiale: “La rivoluzione nazionalsocialista racchiude al suo interno una tale forza di rinnovamento economico e sociale che perfino una Waterloo non la fermerà”. La sua idea è di escludere Gran Bretagna (tutte le sue defezioni, in particolare il suo rifiuto di creare un comitato britannico per l’Unione doganale europea) e l’Unione Sovietica (per ovvi motivi) e propugna l’unione di ventisette nazioni europee: “Nostro dovere e via della salvezza è l’Unione Europea”.

Dagli albori del ‘900, in mezzo secolo di studi e pubblicazioni, queste molte “manine” devote all’idea dell’Unione Europea, come altri leader di associazioni europeiste, hanno fatto di più per portarla avanti rispetto a molti degli “statisti” che in seguito hanno occupato politicamente la scena in modo più ostentato.

All’epoca, non sono tutti per l’Unione Europea, la destra è paladina di un nazionalismo e regionalismo che vede nelle idee europeiste una minaccia contro l’unità nazionale e contro lo status quo. In Italia il dibattito più che marginale è clandestino (verrà ripreso molto dopo da degli spostati neonazisti). Non per la destra francese, con una visione sentimentale, radicata nella storia delle province francesi, la quale ispira un primo movimento negli ambienti tradizionalisti attorno al maresciallo Philippe Pétain. Altri si rendono consapevoli che questo schema rischia di offrire opportunità di annessione a Hitler in nome della storia e dei presunti diritti della razza.

La seconda guerra mondiale aveva accentuato il divario delineato negli anni Trenta all’interno delle associazioni europeiste tra due modelli di unione europea. C’è chi credeva di riconoscere il suo modello di Europa regionalizzata e integrata nel progetto di Hitler e chi, invece, affermava la linea liberale.

È in tale contesto storico che vanno lette le metamorfosi in cui si è evoluta l’idea europeista e le forme oggettive che poi ha assunto la sua costruzione, dalle molteplici proprietà e determinazioni, ma fondamentalmente elitaria, tecnocratica e di carattere irrimediabilmente antidemocratico. L’aspetto fondamentale di questi progetti e modelli di costruzione dell’unità europea è che essi in ogni caso avevano lo scopo di mantenere ben saldi i rapporti sociali di produzione capitalistici.

Su questo punto non c’è da farsi alcuna illusione, l’Europa unita è l’Europa del grande capitale e della sua classe sfruttatrice. Ciò non toglie che essa, pur dovendo affermare e favorire le condizioni di valorizzazione dei singoli capitali, deve tener conto anche degli interessi contrastanti degli Stati nazionali che la compongono, che a loro volta devono tener conto degli interessi contrastanti di tutte le classi sociali, strati, o ceti che vivono nel loro territorio.

È proprio questa contraddizione, data dalla concorrenza tra gli Stati nazionali, il loro conflitto tra interessi diversi, che minaccia l’Unione Europea. Non tanto oggi, ma quando una grave crisi finanziaria finirà per inghiottire molte illusioni sull’Eldorado capitalistico e le sue soluzioni tecnologiche. 

Death of a president

La politica è sangue e merda (cit.).
Spesso è più luna che laltro.

Joe Biden, lo zombie più famoso d’America. A chi interessa il suo caso dopo 48 ore dalla annunciata rinunzia? Neanche fosse Celestino V. I capibastone del Partito democratico hanno recuperato le chiavi della macchina del nonno, che ora potrà essere messo sotto naftalina in una RSA di lusso.

E però si tratta sempre del presidente della prima potenza mondiale, forse anche della prima potenza militare della Via Lattea. Vai a sapere in queste classifiche. Biden sembrava convinto di incarnare la migliore opzione dei democratici per le elezioni presidenziali. Va detto che l’ex numero due di Obama è comunque riuscito nell’impresa di rimuovere Donald Trump dalla Casa Bianca. E questo mi pare nessuno l’abbia ricordato. Ingratitudine.

Ma il tempo passa, la vista si affievolisce, la memoria si indebolisce. E in meno di un trimestre, l’affascinante anziano si è trasformato in un vecchio affetto da demenza senile. Che comunque fino a gennaio prossimo avrà una delle chiavi della famosa valigetta. E di qui a sei mesi tante cose possono succedere. Lo dico per scrupolo: al vecchio Willy Loman, oltre alle chiavi dell’auto, toglietegli anche quelle dell’Apocalisse.

Riavvolgiamo l’ultimo nastro di Biden. 27 giugno 2024, set della CNN. Joe intende chiudere le saracinesche ai calunniatori. Di certo non è più giovanissimo, ha ottantuno anni, ma chi pensa che questo possa essere un ostacolo alla sua rielezione venga a dirglielo in faccia. E però fin in dai primi minuti – davanti a un Donald Trump in gran spolvero – il presidente sprofonda: incoerenze, vuoti di memoria, parole disordinate ... Uno shock per i molti del suo entourage e dei suoi grandi supporter che da tempo fingevano di non vedere lo stato del presidente. Alla fine del dibattito, nessuno poteva negare che il suo ritiro dalla sfida di novembre fosse necessario.

Il giorno successivo, il rispettabilissimo New York Times, organo ufficioso dei democratici, ha mostrato i denti titolando: “Per servire il Paese, il presidente Biden deve abbandonare la corsa”. Biden non sarebbe altro che “l’ombra di un leader” dopo aver “fallito il test”. Il più grande servizio pubblico che possa rendere oggi è togliersi dalle balle, spiegava il giornale.

L’8 luglio, sempre il New York Times spinge per il licenziamento rivelando che un medico specializzato nella malattia di Parkinson, Kevin Cannard, ha visitato la Casa Bianca otto volte in otto mesi. L’équipe del presidente nega categoricamente: il vecchio ha visto un neurologo solo tre volte in tre anni e le visite del medico erano legate al trattamento di altre persone. Queste smentite hanno lo stesso sapore di quelle di Nixon.

Qualche settimana dopo, Joe torna sulla brace. Un’intervista sulla ABC che sembra un test di prontezza mentale. Kaput. In un articolo pubblicato sempre sul New York Times, anche quella faccia di gomma di George Clooney, fedele sostenitore dei democratici e già protagonista di una campagna di raccolta fondi per Biden, gli chiede di dimettersi perché “l’unica battaglia che non può vincere è quella contro il tempo”. Ce ne ricorderemo.

A pugnalare il cadavere, ci penserà quel Nobel per la pace che risponde al nome di Barack Hussein Obama. Biden gli offre il petto: “Signore e signori, presidente Putin”, dice rivolto a Volodymyr Zelenskyj al vertice della NATO a Washington l’11 luglio. Non è semplicemente un lapsus, è una diagnosi fatale. Chi può ancora immaginare Biden come leader della guerra contro la Russia e in prospettiva contro la Cina?


Donald Trump, come tutti sappiamo, il 13 luglio diventa il messia della destra cristiana (e non solo). Per coincidenza, lo stesso giorno, Joe Biden è risultato positivo al Covid-19. È la terza volta che lo becca. Per l’opinione pubblica ciò dimostra innegabilmente che il suo sistema immunitario è fragile e rafforza l’idea che non sia in buone condizioni di salute. Un paziente di fronte al Donald Trump sopravvissuto per volere di dio.

Non c’è più partita. Il 18 luglio, ci pensa il Washington Post, giornale dei lavoratori americani. Nessuno trattiene più i colpi. Fuoco a volontà. La democrazia americana è fatta di denaro, il polmone di una campagna elettorale. Chiudere il rubinetto del denaro è il modo per metterti fuori gioco. Joe/Willy consegna le chiavi.