domenica 1 marzo 2020

Ogni soluzione è già in noi



Come con il coronavirus, che fino a quando è rimasto ristretto al focolaio cinese ci ha visto altezzosi e unanimi scagliarci contro i ritardi comunicativi dei mandarini rossi, anche per ciò che riguarda la situazione finanziaria globale il nostro interesse è marginale e di pochi, almeno fino a quando gli effetti della crisi non avranno un’impennata televisiva.

Allora twitteremo le nostre rette considerazioni sull’arida materia puntando il dito e anzi il pugno contro linfingardaggine della politica. Proprio come con il coronavirus, sospesi tra il raffreddore e la peste nera, sentendoci tutti dottori non mancheremo di proporre rimedi e terapie della felicità, sopravanzando chiunque con una geniale e inedita battuta di spirito. Il segnale deve essere chiaro: dopo il panico, abbiamo bisogno di positività, di rassicurare e di rallegrare, mascherine accoglienti e amuchina gel-aloe come se fosse antani.

*

Il crollo delle Borse, come avevo evidenziato mercoledì scorso, è continuato per tutta la settimana, la peggiore dalla crisi finanziaria del 2008.

A Wall Street, il Dow Jones è sceso di 588 punti in apertura e dopo una giornata di oscillazioni, ha chiuso in ribasso di 357 punti, ovvero -1,39 per cento, dopo un’impennata negli ultimi 20 minuti di negoziazione.

La velocità di caduta può essere apprezzata confrontando l’indice del DJ, che aveva raggiunto il massimo storico mercoledì dell’altra settimana, con 29.500 punti, e ieri l’altro, quando è sprofondato a 25.400, ossia circa il 14 per cento in meno nelle ultime settimane di febbraio.

Oltre che la crisi del 2008, un tonfo del genere ricorda anche quello dell'ottobre 1987.

L’indice VIX, che misura la volatilità del mercato azionario (ossia l’indice S&P 500, che è sceso del 12 per cento, con circa 3,4 trilioni di dollari di valore cancellati) ed è considerato il termometro della paura di Wall Street, ha toccato venerdì anche i 47-48 punti, laddove la soglia di 30 è considerata critica.

Un altro indicatore della tensione sui mercati e dei suoi effetti sull’economia reale è il continuo calo del rendimento dei titoli del Tesoro USA a 10 anni, che venerdì ha raggiunto un nuovo minimo. Per quanto riguarda il nostrano spread siamo abituati all’altalena e la cosa non fa testo.

La caduta di venerdì ha avuto un break a seguito di una dichiarazione del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, che si è detto pronto a intervenire con un ulteriore taglio dei tassi di interesse, e dunque con altro denaro a prezzi stracciati. Ma anche questo effetto ha avuto vita breve.

È quasi certo che la Fed taglierà i tassi d’interesse, di almeno 0,25 e forse 0,50 punti, nella riunione prevista per questo mese, o forse anche prima. Ma oltre a fornire una potenziale spinta a breve termine alla speculazione, qualsiasi riduzione dei tassi avrà un effetto più simbolico che utile poiché troppo interconnesse sono le situazioni a livello globale con la faccenda del coronavirus. E non si tratta solo di una caduta di domanda, ma anche di un arresto di produzione.

La caduta di Wall Street ha fatto seguito a una svendita nei mercati asiatici ed europei, che sono stati tutti in calo di almeno il 10 per cento nell’ultima settimana. L’indice Stoxx Europe 600, che riguarda la quasi totalità della capitalizzazione del mercato azionario europeo, è sceso venerdì del 3,5 per cento, mentre i mercati giapponese, sudcoreano e australiano hanno chiuso tutti in calo di oltre il 3 per cento.

Ogni tempesta finanziaria ha le sue peculiarità, ma questa mostra caratteristiche che indicano che i meccanismi che hanno sostenuto finora il mercato azionario si stanno rapidamente guastando, e le misure monetarie non possono fare nulla per garantire la ripresa della produzione e il ripristino delle catene di approvvigionamento globali interrotte dalla diffusione del coronavirus.

Le stesse misure adottate dalle banche centrali dopo la crisi del 2008, la fornitura di moneta quasi gratis, pur assicurando l’ascesa dei mercati finanziari, hanno creato le condizioni per un altro disastro, radicato nell’aumento del debito pubblico e di quello delle imprese. Non per nulla, e ciò ci riguarda direttamente, le cosiddette obbligazioni spazzatura, con rating BBB, sono solo una tacca sopra lo stato di spazzatura.

Ciò significa che la recessione, che è già in atto, potrebbe scatenare una crisi finanziaria più grave di quella di un decennio fa.

2 commenti:

  1. Colgo l'occasione per sottolineare la contraddizione più smaccata ed evidente in circolazione in questo momento storico.
    Quella che riempie le bocche e le penne di chi minaccia scenari finanziari apocalittici e nello stesso talk show si affanna a ridurre l'epidemia del coronavirus a poco più di un'influenza.
    La prima potenza industriale al mondo è ferma ed andrà in recessione trascinando con se financo Marte a causa di un semplice raffreddore!
    Complimenti, non fa una piega.
    E per mettere una pietosa toppa a questa contraddizione salta fuori dal cappello a cilindro degli esegeti del capitalismo turboliberista universalista ("globalista" non gli basta più, pensano alla Luna e a Marte) l'"untore".
    Egli è il cittadino medio teledipendente, un isterico preso dal panico che blocca il suo shopping compulsivo su Amazon e Aliexpress. Lui è uno sciocco webete in preda ad attacchi epilettici che decide di disdire la sua settimana di vacanze in Italia o la sua prenotazione per una crociera in un lazzaretto galleggiante gemello della Diamond Princess.
    Queste cose non si fanno, suvvia.
    Siccome nessuna mente, per quanto elementare e scarsamente dotata di connessioni neurali, non può non immaginare che nessun processo, specie se di rango altamente esponenziale come il consumismo su cui è basata la nostra ragione di vivere (compro, quindi sono), può avere durata infinita, si deve dedurre che, in piena mala fede e atteggiamento criminale degno di una futura Norimberga, i summenzionati lacché del sistema siano impegnati non alla conservazione della specie umana ma a quella di un super-sistema che ha permesso di concentrare la quasi totalità delle ricchezze del Pianeta nelle mani di una dozzina di persone che continueranno, passata la tempesta, nel loro processo di accumulazione.
    La quantità di schiavi disponibile sarà diminuita, ma anche questo si innesterá alla perfezione nel meccanismo che necessita sempre meno dell'uomo e sempre più della macchina.
    Ci sarebbe da tirare il ballo anche il secondo principio della termodinamica che chiude ogni prospettiva all'area di pensiero negazionista del cambiamento climatico, ma lasciamo perdere.
    La storia non ci racconta di precedenti nei quali la saggezza abbia evitato disastri di proporzioni bibliche ma solo di tragedie immani realizzatesi con il tacito assenso o/e l'inerzia delle vittime.

    RispondiElimina
  2. tutti quei tagli sui tassi in tutto il mondo del anno scorso erano proprio quello. poi il coronavirus è il catalyst che ha fatto precipitare in accelerazione geometrica. e mica ha finito, ci sarà forse solo una pausa, dipende da quanti infetti troveranno in US -il primo morto l' hanno già

    ma i mercati fanno così: quando sono tutti a bordo, parco buoi compreso, finisce la benzina e in discesa non funzionano più i freni

    e comunque " la cosa" si produce e riproduce, e non parlo delcoronavirus

    RispondiElimina