Il taglio di emergenza della Federal Reserve di 0,5 punti era nell’aria come avevo facilmente previsto nel post dello stesso lunedì scorso. Annunciando la decisione, il presidente della Fed, Jerome Powell, ha detto di credere che l’azione della Fed fornirà “una spinta significativa all’economia”. Non è vero, ma che altro avrebbe dovuto dire?
Sono passate poche ore e già ieri Wall Street era di nuovo in caduta con quasi un meno 3 per cento del Dow Jones dopo aver aperto con un guadagno di 300 punti. A un certo punto l’indice era sceso fino quasi di 1000 punti. Oggi pomeriggio vedremo come aprirà, ma già gli “asiatici” non promettono bene.
L’indice S&P 500 ha chiuso ieri in calo del 2,8 per cento dopo aver registrato lunedì il suo massimo rialzo di un giorno da due anni, e il Nasdaq è diminuito anch’esso di quasi il tre per cento.
C’è da osservare che la decisione della Fed ha un impatto notevole sulle banche, i cui margini di profitto con il taglio si riducono ulteriormente con un tasso d’interesse di riferimento inferiore. Non per nulla le azioni bancarie, insieme all’alta tecnologia, hanno spinto il mercato verso il basso.
Le preoccupazioni a più lungo termine sull’economia Usa e su quella globale si sono riflesse nella caduta del rendimento dei titoli del Tesoro americano a 10 anni, sceso al di sotto dell’uno per cento per poi finire la giornata poco sopra, un minimo da record.
Certo, l’impatto da coronavirus sull’economia è evidente, il circolo vizioso tra calo della domanda e quello della produzione s’è già innescato a tale riguardo, ma bisogna tener conto che il rendimento delle obbligazioni a 10 anni è diminuito drasticamente dall’inizio dell’anno, prima che gli effetti del virus iniziassero a colpire e spaventare, quando cioè gli investitori già cercavano un rifugio sicuro, spinti dai dati di un’economia globale che annunciavano recessione.
Nelle previsioni di Goldman Sachs la crescita degli Stati Uniti è data a un tasso annuo dello 0,9 per cento nel primo trimestre e zero nel secondo. In Italia si farebbe festa con questi dati, ma non negli Usa. Secondo l’OCSE, la crescita degli investimenti nelle economie del G20 (esclusa la Cina) è scesa da un tasso di crescita annuale del 5 per cento all’inizio del 2018 a solo l’1 per cento dell’anno scorso. Anche questo dato dimostra che l’epidemia virale sta solo aggravando una situazione già in logoramento e che di per sé non prometteva bene.
Come ho già segnalato in precedenti post, c’è un dato che soprattutto dovrebbe far riflettere sulla fase attuale del capitalismo: l’anno scorso, oltre la metà di tutte le nuove obbligazioni globali è stata classificata con un rating BBB, e un quarto di esse era inferiore al livello d’investment grade.
Il proliferare di questo genere di spazzatura, poiché di ciò si tratta effettivamente quando il rating è tripla B e anzi sotto, non riguarda solo il debito pubblico degli Stati, che in un modo o nell’altro si barcamenano, ma una galassia di aziende che sopravvivono sul credito. Se arriverà la gelata, come tutto fa supporre anche in forza dell’epidemia virale, e le banche dovessero stringere ancor più i rubinetti del credito, gli ordinativi latitare (ecco perché insistevo nel post di lunedì sui dati cinesi relativi all’indice dei responsabili degli acquisti), con quali “conferme d’ordine” queste aziende si presenteranno in banca per chiedere anticipi sui fidi?
Non si tratta solo di aziende decotte che meritano di sparire, bensì di un capillare tessuto produttivo su cui regge l’intero sistema economico, specie in paesi come l’Italia ma non solo. Quando i fallimenti di queste aziende supereranno una certa soglia, quando i disoccupati e cassaintegrati diventeranno legioni, allora tutti i grandi discorsi e le misure per tamponare la situazione dimostreranno, dio non voglia, la loro totale fatuità.
Questa mattina su radio rai 3 qualcuno parlava proprio di questo, quindi potrebbe essere vero che il sistema venga "affondato" da una simile circostanza sanitaria? Marx aveva predetto qualcosa di simile?
RispondiEliminaAl contrario di Marx, mi disinteresso, mi annoio presto nello studio di quegli ordinamenti statuali che pongono il capitale al centro della tutela costituzionale, sicuramente è un male, almeno in parte, visto che per cambiare qualcosa il sistema impone di farlo dall'interno, cioè con i mezzi preposti dal sistema stesso. Eppure e nonostante sia evidente il futuro disfacimento dello stesso attraverso l'immenso depauperamento non solo ambientale costituzionalmente prodotto.
Per quanto sia molto difficile, preferisco restare mentalmente il più incontaminato possibile, ma è sempre più arduo, non capisco proprio niente di calcio, ad esempio, e non solo, dello sport in generale, una rarità oggi, un difetto.
Detto ciò, ogni tanto mi sento in dovere di ringraziarla per quello che scrive, per le idee e la conoscenza che condivide
Se tu avessi potere sull'economia mondiale cosa faresti?
RispondiElimina(A parte la rivoluzione, chiaro :))
non è questione di che cosa farei o non farei, dobbiamo inquadrare le questioni nell'ambito del processo storico agendo sul possibile, consci che è necessaria una completa rivoluzione del nostro intero ordine sociale contemporaneo
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