Ieri sera ancora non sapevo che oggi avrei potuto gustare (termine appropriato) il settimo e forse miglior articolo che Alvar González-Palacios dall’agosto scorso sta scrivendo per la Domenica de Il Sole 24 Ore sul tema delle antiche e prestigiose dimore della old England. L’autore, che seguo appassionatamente dagli anni 1970, è il più competente esperto a livello mondiale di arti decorative, argomento che tratta con chiarezza e grazia. L’ultimo articolo ha per oggetto la Ham House, vicino Londra, una dimora ducale che, mi spiace ammetterlo, non ho visitato.
Ham House non fu una delle dimore più vaste del regno ma certamente quella più curata e lussuosa. In origine fu proprietà di William Murray, la cui figlia Elizabeth sposò un Tollemache (pronuncia: tolmash). Rimasta vedova, Elizabeth impalmò il duca di Lauderdale, «grosso, grasso e di pelo rosso; di maniere rozze, chiassoso sempre, non era cortese ma altezzoso, poco degno di un sapere che tutti gli riconoscevano, con un’ottima padronanza delle lingue antiche e, come la duchessa, buon lettore di storia e dotato di impeccabile memoria. Col trascorrere degli anni si dette anche lui alla divinity [teologia] prima di passare a certe ossessioni erotiche. […] Si ricordava come egli fosse andato alla privy chamber per danzare in gonnella riuscendo ad allontanare la malinconia del re con grande successo». We’re british!
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Film gradevole, ottimamente diretto e interpretato (però a tratti la rappresentazione di alcuni personaggi indulge al macchiettismo), mette in luce taluni aspetti, sempre attuali, del potere opaco degli apparati statuali.
Tuttavia, a distanza di oltre un secolo e quando i fatti specifici del caso sono arcinoti, sarebbe stato più interessante se il film avesse dato più spazio allo scontro sociale tra dreyfusardi, sostenuti dal movimento socialista guidato da Jean Jaurès e gli antidreyfusardi guidati dal movimento proto-fascista francese di Charles Maurras (entrambi non citati nel film), e che al culmine dell’affaire portò la Francia sull’orlo della guerra civile.
Tuttavia, a distanza di oltre un secolo e quando i fatti specifici del caso sono arcinoti, sarebbe stato più interessante se il film avesse dato più spazio allo scontro sociale tra dreyfusardi, sostenuti dal movimento socialista guidato da Jean Jaurès e gli antidreyfusardi guidati dal movimento proto-fascista francese di Charles Maurras (entrambi non citati nel film), e che al culmine dell’affaire portò la Francia sull’orlo della guerra civile.
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Valérie Monnier, ex modella con una breve esperienza di attrice, vicina al clan Macron, subito prima dell’uscita del film ha accusato Polanski di averla violentata nel 1975. Il fatto non era mai stato denunciato prima. Il ministro della Cultura, Franck Riester, è intervenuto personalmente alla vigilia della cerimonia di premiazione del César per chiedere a Polanski di non essere nominato miglior regista.
A seguito del linciaggio mediatico al quale è stato sottoposto il regista, l’intero cast e lo staff di produzione di J’Accuse non ha partecipato alla cerimonia di premiazione di Césars. Polanski, il produttore Alain Goldman, gli attori Jean Dujardin, Louis Garrel ed Emmanuelle Seigner, moglie di Polanski che nel film è l’amante del ten. col. Georges Picquart, erano tutti assenti durante la cerimonia di premiazione.
La decisione dell’Accademia di assegnare a Polanski il premio come miglior regista esprime un implicito giudizio nel merito delle accuse isteriche e a scoppio ritardato pervenute da parte di certe attrici.
Attualmente il governo Macron sta riabilitando il dittatore collaborazionista Philippe Pétain.
(*) Va osservato che il titolo del film in italiano non è J'Accuse, bensì L’ufficiale e la spia. E dire che in Italia per i titoli dei film in lingua inglese abbiamo una predilezione. Ma, appunto, in inglese e non in francese. Il titolo originale del film si richiama al celebre articolo di Émile Zola (le origini della sua famiglia, Zolla, erano veneziane).
(*) Va osservato che il titolo del film in italiano non è J'Accuse, bensì L’ufficiale e la spia. E dire che in Italia per i titoli dei film in lingua inglese abbiamo una predilezione. Ma, appunto, in inglese e non in francese. Il titolo originale del film si richiama al celebre articolo di Émile Zola (le origini della sua famiglia, Zolla, erano veneziane).
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