Non ci sarà soluzione al di fuori di uno sforzo coordinato a livello internazionale, questo bisognerebbe cominciare non solo a capirlo, ma anche a mettere in pratica misure conseguenti, a livello sanitario ed economico. A livello sanitario prevalentemente ogni paese va per conto suo, in quello economico vi sono ancora miopi resistenze, non si vuol capire che se salta un paese o due va per aria tutta la baracca.
Arrivano in Italia, maggior focolaio, medici dalla Cina, 52 da Cuba e altri dalla Russia, non mi risulta da altri paesi europei. Chi l’avrebbe mai detto solo un mese fa? Maledetti comunisti, prima ci infettano e poi ci mandano aiuti. Il becerismo anticomunista arriva a sostenere questo.
La brutalità del virus non può essere sottovalutata, pur tenendo conto che la stragrande maggioranza dei deceduti ha più di 65 anni e presentano diverse patologie pregresse. Sono persone, sarebbero morte comunque, come tutti, loro probabilmente a breve, ma questo non è un buon motivo per togliere loro tempo e speranza di vita.
Quanti errori evitabili si sono fatti e si continuano a commettere! S’è atteso un mese per far cessare le attività lavorative non indispensabili. Tutti a lavorare, affollando i mezzi pubblici (ridotti), le strade, gli uffici. Il 7 marzo, giorno in cui il “governo dalla mezzanotte” ha annunciato le prime misure di contenimento a livello nazionale, dalla Lombardia è partita un’ondata di gente che, precipitata nelle loro località originarie del sud, ha portato con sé l’infezione in regioni dove vige un sistema sanitario più debole. Speriamo questo esodo non produca conseguenze disastrose, ma non possiamo affidarci solo alla buona stella.
In alcuni pronto soccorso solo il 10 marzo si è iniziato a testare tutti i pazienti in arrivo e non solo quelli con gravi sintomi. In 48 ore s’è scoperto che molti di quei pazienti erano inconsapevolmente positivi. In altri pronto soccorso il test su tutti non avviene ancora! Gran parte delle unità ospedaliere erano e forse sono ancora contaminate; una percentuale non trascurabile di operatori sanitari, specie nei reparti non istituiti per le malattie infettive, avevano contratto il virus e, asintomatici o paucisintomatici, non hanno avuto accesso ai test. La situazione nelle case per anziani è drammatica. La carenza di dispositivi di protezione è ormai ben nota ed è un caso internazionale.
Ciò che succede negli ospedali e nelle case per anziani vale tanto più per i luoghi di lavoro. Le mascherine servono fino a un certo punto e del resto non si trovano per un ricambio frequente, quantomeno giornaliero. Molte altre carenze di strutture, personale e dotazioni sono ben note. La gestione della risposta iniziale è stata a dir poco inadeguata, per non dire delle forme e modalità di comunicazione. Ciò che secondo le prime valutazioni delle autorità dell’Organizzazione mondiale della sanità poteva presentarsi come una brutta influenza, si sta rivelando, specie in Italia (bisogna dire che ogni paese ha risposto con ritardo), come una catastrofe di proporzioni storiche.
Se tra un mese o due l’Italia dovesse trovarsi nelle stesse condizioni della Cina di oggi, che mostra un deciso miglioramento, ciò significherebbe comunque che l’Italia non ha risolto il problema. Una soluzione può essere trovata solo a livello europeo e globale, oppure la miccia si riaccenderà da qualche parte e ricominceremo daccapo, se il virus non ci farà la grazia, come scrivevo settimane or sono, di lasciarci in pace.