tag:blogger.com,1999:blog-25569399136612177522024-03-19T12:01:44.931+01:00diciottobrumaioOlympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.comBlogger5876125tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-48582779879653708142024-03-18T14:38:00.001+01:002024-03-18T14:38:28.362+01:00Quando bruciarono Canzonissima<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Ogni società costruisce le sue verità e coltiva le più grandi bugie perché servono alla sua
leggenda e alla sua memoria collettiva. Nella nostra società, che ci invita alla trasparenza,
alla correttezza, che ci informa in tempo reale su tutto ciò che accade nel mondo, assistiamo,
allo stesso tempo, al più grande sforzo manipolativo della storia, alla diffusione di
menzogne e dell’uso politico dei “misteri”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Esempio di manipolazione molto attuale: consideriamo del tutto lecito e normale che milioni
di coloni emigrino in una terra scacciandone ai margini la popolazione autoctona. Con il
pretesto che quella terra era la loro un paio di millenni prima! E prima ancora di chi era
quella terra? Siamo interessati al passato solo se è favorevole alle nostre tesi.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Lo spettacolo è dato dalla troppa memoria per certi fatti, che significa il troppo dimenticarne
altri. L’influenza delle commemorazioni e degli abusi della memoria (il fenomeno del
“recupero”). In questo gioco del ricordo e dell’oblio, quali sono le parti della verità e quelle
della menzogna? Se non proprio della menzogna, della manipolazione?
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Bisognerebbe poi parlare dell’uso strumentale delle immagini, della loro scelta interessata.
Chi raccoglie le immagini può presentarle come desidera, includendo oppure escludendo.
E commentarle in un modo o in un altro. I documentari storici sono davvero bravi a mentire,
ancora di più oggi, nell’era della tecnologia digitale, delle immagini generate al computer,
degli effetti speciali e dei trucchi di ogni genere.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Anche la distruzione e manipolazione degli archivi è una realtà ben nota. In questo gioco si
sono addirittura superati fino a distruggere degli archivi e di ricreare dei falsi. La Rai di
Ettore Bernabei aveva segretamente distrutto i filmati sull’autunno caldo del 1969. Al
macero erano finite milioni di immagini che documentavano un capitolo di storia dell’Italia
contemporanea: le aspre vertenze per i rinnovi contrattuali, la mobilitazione e le lotte dei
lavoratori del nord industriale e del sud agricolo, la resistenza degli industriali, i primi
sanguinosi successi degli strateghi della tensione, le bombe di Stato, l’arresto di Valpreda,
la recrudescenza tragica e feroce dei fascisti, gli scontri tra dimostranti e polizia, la
criminalizzazione dell’antagonismo sociale.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">È in nel contesto politico e sociale di quel regime, quello delle stragi e delle ombre golpiste,
che la violenza politica, veniva percepita da molti come inevitabile (nessuno dell’area della
nuova sinistra la escludeva a priori) e diventava una risorsa legittima. Lo stesso Pci venne a
convincersi che non si potesse più salire al governo, divenendo maggioranza alle elezioni,
senza prima allearsi con quello stesso partito-regime.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Andarono distrutte perfino le Canzonissima di Dario Fo e Franca Rame, per dire di quel
regime che si paludava come democratico. Era l’ottobre del 1975 quando fu eseguito
l’ordine. Un rogo in piena regola. Il Partito comunista di Berlinguer si accordava con quella
razza di porci, con quel regime corrotto e stragista. In definitiva avevano in comune lo stesso
fine, tacito o esplicito: mantenere perpetuare il potere della borghesia.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span>Ancora una volta, l’ultima, fu Moro a ricomporre le contraddizioni strutturali interne tra
borghesia di Stato e privata, mediandole anche a livello internazionale (checché ne dicano </span></span><span style="font-family: BookAntiqua;">gli idioti, gli storci da birreria e altre bestie interessate). Sotto interrogatorio Moro
dichiarava:</span></span></p></div></div></div><div class="page" title="Page 2"><div class="layoutArea"><div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="color: #db0a1a; font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">«Di fronte a molteplici richieste circa gli assetti economico-sociali dell’Europa di domani, ed
in essa dell’Italia, devo dire onestamente che quello che si ha di mira è il ringiovanimento
su base tecnocratica del modo di produzione capitalistico, ovviamente temperato dalle
moderne tecniche razionalizzatrici e con opportuna consistenza di piccole e medie imprese
e di botteghe artigianali. Ma il nerbo della nuova economia, assunto con convinzione di
efficienza, è l’imprenditorialità privata ed anche pubblica con opportuna divisione del
lavoro. Questo modo di essere dell’Europa strettamente legata all’America e da essa
condizionata, non varia col mutare in generale degli assetti interni dei vari paesi, come si
riscontra nella fiducia parimenti accordata a governi laburisti e conservatori in Inghilterra,
come a governi socialdemocratici o democristiani nella RFT. Anzi, qualche volta il maggior
favore è andato alle forme socialdemocratiche nell’affermarsi di un’idea logica di fondo,
produttivistica e tecnocratica mitteleuropea. È noto come questo indirizzo è questo spirito
siano coltivati da libere organizzazioni para governative come la nota Trilateral.»
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Non deve stupire che il Partito comunista si adoperasse di fare apparire coincidenti gli
interessi della classe che nominalmente diceva di rappresentare con quelli dell’intera
struttura sociale. Fu un vero e proprio salto di qualità, che vide il Pci assumere
progressivamente alla sua funzione di partito della classe lavoratrice quella di effettivo
partito degli imprenditori e della borghesia.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Da quel momento si corresponsabilizza il Pci nella gestione della ristrutturazione
imperialista in atto, affidandogli l’ambizioso compito di controllare le spinte della classe
operaia e di incanalarle all’interno delle istituzioni. Bastò un anno e otto giorni di governo
per far uscire la borghesia e la Democrazia cristiana dall’impasse. Si aprì una nuova fase,
l’ultima stagione della prima repubblica, che durò dieci anni.
</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTCI44aVjtuii-XihfEQpgAelaNamldHHZ4sQ5-ZaLxXxXF2iIpPA5o9B18T9yOHt1t6WNw_MwBYZIKdZH7Mmyc2KM3s3XlddzzKhzdzvvb1jPf__d7BUzNhkS_KzjfpFnN8Ma9yTYyOKv8qTdnU1Bqhu3FCG8lHwk_qaikqVwIegWOpdGoSBLw6OxJKo/s1080/moro.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: large;"><img border="0" data-original-height="861" data-original-width="1080" height="319" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTCI44aVjtuii-XihfEQpgAelaNamldHHZ4sQ5-ZaLxXxXF2iIpPA5o9B18T9yOHt1t6WNw_MwBYZIKdZH7Mmyc2KM3s3XlddzzKhzdzvvb1jPf__d7BUzNhkS_KzjfpFnN8Ma9yTYyOKv8qTdnU1Bqhu3FCG8lHwk_qaikqVwIegWOpdGoSBLw6OxJKo/w400-h319/moro.jpeg" width="400" /></span></a></div><p></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il progetto di Moro è stato il massimo storicamente possibile per la borghesia. Esso teneva
conto di tutto ciò che questa è in grado di capire e controllare, mirando essenzialmente alla
ricomposizione dell’unità della borghesia e del quadro istituzionale.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">A distanza di anni ci ritroviamo con i fascisti al governo, che possono rifarsi una verginità
addossando il “male” al comunismo e al marxismo. La </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">damnatio </span><span style="font-family: BookAntiqua;">serve a questo, a cancellare
dalla memoria gli anni delle bombe e delle stragi. Anche a giustificare i manganelli odierni,
mentre dei responsabili delle stragi dei depistaggi nessuno si ricorda più. Come per esempio
di Franco Freda, il quale vive tranquillamente quello che gli resta della sua esistenza
ignorato, dimenticato, senza che nessuno gli ricordi quello che è stato.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-72662740112641095092024-03-17T15:10:00.007+01:002024-03-18T03:45:58.788+01:00Arte: da Neanderthal a Duchamp<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Nell’inserto culturale del </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Sole 24 ore </span><span style="font-family: BookAntiqua;">di questa domenica è dedicata un’intera pagina
all’uomo di Neanderthal. Senza polemica, mi permetto osservare che quasi mai,
per non dire mai, viene citata negli articoli di questo genere la donna di Neanderthal, che
pure doveva essere un tipino interessante anche se non facile.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Dei due articoli prenderò in esame quello dal titolo: </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Ma io vi dico che Neanderthal aveva una
sua arte</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Leggo che le più celebri pitture parietali sono state tutte realizzate dopo la
scomparsa del Neanderthal, con il quale il Sapiens aveva in comune il nonno africano.
Pertanto, l’autore dell’articolo, Pablo Echaurren, così prosegue: «Se fossero sopravvissuti
avrebbero sviluppato tale tendenza e avrebbero cominciato a decorare grotte anche loro?
Forse la predisposizione all’accumulazione, all’affermazione, tipica di noi Sapiens non era
condivisa dai Neanderthal che preferivano attività fugaci, labili, ineffabili».
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Poi conclude: «Certo, io non sono uno scienziato, non sono abilitato, non mi dovrei
permettere, ma come diceva Mario Tronti in </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Operai e capitale </span><span style="font-family: BookAntiqua;">“nel cielo delle scoperte
teoriche è giusto volare sulle ali di una intelligente fantasia”.»
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">A mio avviso, il pittore Pablo Echaurren elude (non a caso) una domanda fondamentale: che cos’è arte e cosa non
lo è. Si badi, non si tratta di elaborare una teoria estetica che s’interroga sulla natura dell’arte,
se essa parli della realtà o della sua rappresentazione. E nemmeno del bello e del brutto,
discorso che ci porterebbe lontano. Qualcosa di molto più terra-terra, anzi, più merda-
merda.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il Pontormo, al secolo Jacopo Carucci (1494-1557), aveva l’abitudine negli ultimi anni della
sua vita di tenere un diario personale nel quale annotava dettagli riguardanti i lavori in
corso, le commissioni, le spese quotidiane, gli alimenti che consumava e persino le
condizioni di salute. Scendeva anche in dettagli molto più intimi, per esempio scriveva:
“Cacai due stronzoli non liquidi”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Vengo al punto: quei due stronzoli non liquidi, evacuati dal Pontormo, possono essere
considerati come un prodotto artistico? Vorrei ricordare, all’uopo, la famosa “merda
d’artista” prodotta e inscatolata da Piero Manzoni. Non deve stupire che quelle scatolette
siano battute all’asta a prezzi stratosferici, né il semplice fatto che esse vengano considerate
opere d’arte, o quantomeno beni degni di mercato.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Non deve stupire che nell’epoca in cui domina il capitale qualunque oggetto materiale o
immateriale, fosse pure una merda vera e propria o una sua immaginifica rappresentazione
grafica, possa assumere valore sia monetario che artistico. L’unico discrimine semmai è il
prezzo (chi ha la grana per comprarli) e l’autenticità delle “opere”. Gli “artisti” sono
diventati ormai dei marchi di fabbrica, la réclame fa il resto.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Basti pensare all’orinatoio rovesciato e firmato di Duchamp, che nel 2004 i critici d’arte, in
un loro referendum, decisero essere l’opera d’arte più importante del Novecento. Si sostiene
che Duchamp avesse ridefinito cosa può essere un’opera d’arte. Mi pare un’affermazione
un po’ tautologica: in tal modo potrebbe anche aver definito che cosa </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">non </span><span style="font-family: BookAntiqua;">può essere
un’opera d’arte. Se degli archeologi tra mille anni ritrovassero quell’oggetto non ci sarebbe
più nessuno a spiegargli che cosa rappresenta oltre al fatto di essere un orinatoio maschile.
</span></span></p>
</div>
</div>
</div>
<div class="page" title="Page 2">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Racconto al riguardo un episodio illuminante: Constantin Brâncu</span><span style="font-family: Cambria;">ș</span><span style="font-family: BookAntiqua;">i, celebre scultore (?)
romeno naturalizzato francese, quando decise nel 1926 di recarsi negli Stati Uniti, alla
dogana un funzionario, F.J.H. Kracke, gli contestestò l’importazione di un oggetto
commerciale, un “utensile da cucina” (</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">kitchen utensils</span><span style="font-family: BookAntiqua;">), rifiutando di applicare l’esenzione
fiscale. Brâncu</span><span style="font-family: Cambria;">ș</span><span style="font-family: BookAntiqua;">i protestò facendo presente che l’oggetto era una scultura destinata al
Brummer show. Il funzionario fugò ogni suo residuo dubbio quando scoprì che Brâncu</span><span style="font-family: Cambria;">ș</span><span style="font-family: BookAntiqua;">i
aveva venduto degli altri oggetti simili.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Lo scalpellino Brâncu</span><span style="font-family: Cambria;">ș</span><span style="font-family: BookAntiqua;">i dovette pagare la dogana per una cifra non proprio modesta. Adiva poi alle vie
legali, e il processo Brâncu</span><span style="font-family: Cambria;">ș</span><span style="font-family: BookAntiqua;">i vs. United States presso la U.S. Customs Court terminò due
anni dopo, il 26 novembre 1928 (segno che stabilire la natura dell’oggetto non era cosa
pacifica). Quell’oggetto, né opera d’arte né utensile da cucina, è oggi valutato 27,5 milioni
di dollari.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Pertanto, come scrive Pablo Echaurren, non è da escludere che Neanderthal “non ignorasse
il problema” (quello della produzione artistica) e potrebbe “aver condiviso alcune intuizioni
con i primi Sapiens che incontrava”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Sono perfettamente d’accordo con Pablo. La defecazione è senza dubbio un’attività fugace,
labile, ineffabile e, soggiungo, a volte dolorosa, tuttavia essa, ancorché obbligatoria, può
assumere aspetti gioiosi. Che sia anche un processo creativo e artistico, i Neanderthal forse
lo avessero intuito, e dunque non possiamo escludere a priori che alcune loro produzioni
“astratte”, nella descrizione di Pontormo o nello specifico di Piero Manzoni, avessero il reale
intento di rappresentare degli oggetti artistici, come se ne vedono nei musei e nelle mostre
d’arte contemporanei.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-13091458675238176362024-03-16T06:47:00.001+01:002024-03-16T06:47:16.682+01:00Chiagni e fotti<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ7O5J512o3T2wyg1Rfk9Vc4smXQK3zU6y9CWzTfUF-4bTD5BV8OPcQ_tgLTa3rFri-33rJnjUyGkqeYZz8kuItSpYmC5xSjBX6_K8BatRZYRh88vjiTbzZzDdszxaI7gaabnBuHh-ySlJHSAi4A9FMJxBBKpWJJBKUfGW1DI9CMX0aIGK3VKCgJUVUVE/s650/Schermata%202024-03-16%20alle%2006.16.38.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="282" data-original-width="650" height="186" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ7O5J512o3T2wyg1Rfk9Vc4smXQK3zU6y9CWzTfUF-4bTD5BV8OPcQ_tgLTa3rFri-33rJnjUyGkqeYZz8kuItSpYmC5xSjBX6_K8BatRZYRh88vjiTbzZzDdszxaI7gaabnBuHh-ySlJHSAi4A9FMJxBBKpWJJBKUfGW1DI9CMX0aIGK3VKCgJUVUVE/w428-h186/Schermata%202024-03-16%20alle%2006.16.38.png" width="428" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRKd_t1ka8QnipU1rSXTlRd1GAeRHrue9xtGflm8L8Y7r_oJyZ9a6ROZah9nDKYOTqrzbdcDYJFIwh85_KyH95JW8Ln4F9eyfF_xSpllSsMDfpib_I_f4g6IMGNdw1GM8NTqDgUicSWqXHiNFDTPQyMjlCj1g9WucHLGz9kPb6Bri1Jv7Bm10iyRWO8nk/s520/la%20faccia%20come%20il%20culo.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="326" data-original-width="520" height="262" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRKd_t1ka8QnipU1rSXTlRd1GAeRHrue9xtGflm8L8Y7r_oJyZ9a6ROZah9nDKYOTqrzbdcDYJFIwh85_KyH95JW8Ln4F9eyfF_xSpllSsMDfpib_I_f4g6IMGNdw1GM8NTqDgUicSWqXHiNFDTPQyMjlCj1g9WucHLGz9kPb6Bri1Jv7Bm10iyRWO8nk/w417-h262/la%20faccia%20come%20il%20culo.png" width="417" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-32432283945179855872024-03-15T05:14:00.007+01:002024-03-15T08:31:47.816+01:00C’è anche il tuo nome<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Sta diventando sempre più difficile scrivere qualcosa che non rasenti la disperazione e anche
l’allucinazione. Ci raccontano quello che vogliono della guerra della Nato con la Russia, di
riarmo o di minacce nucleari. In Asia, gli Stati Uniti si preparano allo scontro con la Cina e,
in Medio Oriente, il conflitto israelo-palestinese sta raggiungendo un livello di violenza mai
sperimentato prima.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Ve ne dico una: i Comuni, ogni anno, procedono alla formazione delle liste di leva,
finalizzate ad un eventuale ripristino della leva obbligatoria, le quali contengono i
nominativi di tutti i cittadini maschi da 17 a 45 anni. Se rientri in questa fascia d’età, c’è
anche il tuo nome.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Con i giovani bisogna essere chiari: preparatevi a essere chiamati. Il servizio militare è stato
sospeso nel 2005, ma può essere riattivato dall’oggi al domani. Chi ha più di 45 anni ha
superato l’età, ma voi, segaioli degli anni 2000, se continua così, vista la situazione di merda
che c’è in Europa e nel mondo, potreste essere i primi ad avere il culo caldo e trovare un
Vannacci a comandarvi (ce n’è varie versioni).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Trattandosi di una </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">sospensione </span><span style="font-family: BookAntiqua;">e non di una </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">soppressione</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, il servizio di leva rimane
obbligatorio. L’articolo 1929 del Codice dell’ordinamento militare di cui al d.lgs. 15 marzo
2010, n. 66, prevede che «Il servizio di leva è ripristinato con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, se il personale volontario in
servizio è insufficiente e non è possibile colmare le vacanze di organico, in funzione delle
predisposizioni di mobilitazione, [... oppure] nei seguenti casi: se è deliberato lo stato di guerra ai
sensi dell’articolo 78 della Costituzione; </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">se una grave crisi internazionale nella quale
l’Italia è coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una
organizzazione internazionale giustifica un aumento della consistenza numerica delle
Forze armate</span><span style="font-family: BookAntiqua;">».
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Pertanto </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">non serve una formale dichiarazione di guerra</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Basterà che dal comando Nato di
Bruxelles alzino il telefono o una Meloni s’alzi dal letto col bigodino incazzato. Mattarella?
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Possiamo scherzarci su quanto vogliamo, ma abbiamo visto con il Covid-19 (“Bergamo non
ti fermare! ... Sono convinto che un virus non fermerà Bergamo”) quanto poco ci vuole per
mobilitare un intero Paese, il mondo intero. Nel luglio 1914, chi se lo poteva permettere era
in villeggiatura; uguale nell’agosto del 1939. E nell’ottobre 1962, quanto c’è mancato?
Avevano già la baionetta innestata e nel sito Pluto spolveravano le “munizioni speciali”.
</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSArETF3fKnBmpCfK1elFAww24IbNM0h4amOEFvp1f-8yGYCLyjHetCAVo879yeSRIlj-nzdF6Ga-ZS22zkWz3YSye39MeQErq6AEdujM8AKqaExhub-FOvsaUHtjygQlyGAMXY3P1Ln5mrijR9ByhQxCjC1ZokrUPxBpPNwi6Gl5mIBz2oY6SVN6JasE/s347/Schermata%202024-03-15%20alle%2004.35.27.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="123" data-original-width="347" height="141" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSArETF3fKnBmpCfK1elFAww24IbNM0h4amOEFvp1f-8yGYCLyjHetCAVo879yeSRIlj-nzdF6Ga-ZS22zkWz3YSye39MeQErq6AEdujM8AKqaExhub-FOvsaUHtjygQlyGAMXY3P1Ln5mrijR9ByhQxCjC1ZokrUPxBpPNwi6Gl5mIBz2oY6SVN6JasE/w400-h141/Schermata%202024-03-15%20alle%2004.35.27.png" width="400" /></a></span></div><p></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Vedremo nei prossimi mesi e anni, ma quando Macron chiama alla guerra i francesi (“Non
siamo sicuri di farlo, al momento non ci troviamo in questa situazione, ma non escludiamo
questa opzione”), la Germania dibatte tra coscrizione e deterrenza nucleare, altri Paesi europei ripristinano la leva, ma
soprattutto quando uno con la faccia di Tajani dice che </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">non </span><span style="font-family: BookAntiqua;">invierà truppe italiane in
Ucraina, beh, cominciamo a chiederci se questo scenario catastrofico non potrebbe diventare
realtà tra la sera e il mattino.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-24073279719776391392024-03-13T09:41:00.008+01:002024-03-13T19:58:49.086+01:00Bella scoperta<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Dopo anni si sono accorti che l’astensionismo elettorale è un fatto decisivo in un sistema
parlamentare e di stagnazione istituzionale. Non per la destra, perché il reazionario e il
fascista, il padroncino e l’evasore, ma anche il tartassato e il deluso, votano. E anche i
salariati votano, magari a destra. Non tutti. Una buona parte si astiene, disaffezionata e stufa
di farsi prendere per il culo. Una sinistra trasformista, già governativa e senza popolo, che
s’indentifica, come già il Pci del resto, nel modello dello Stato e delle istituzioni, nazionali
ed europee.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Ripercorriamo brevemente la storia recente: la sinistra è arrivata al potere
democraticamente, con il sostegno delle frazioni più “progressiste” della borghesia, dei loro
mezzi finanziari e di propaganda. Il suo obiettivo era quello di restare al potere il più a lungo
possibile. Per consolidare la propria posizione di potere, la sinistra doveva ottenere il
riconoscimento dell’alta borghesia e del mondo padronale (i “capitani coraggiosi”, per
esempio), che ovviamente aveva da ottenere in cambio il proprio elenco delle concessioni.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il personale politico della sinistra era intento a dimostrare il proprio valore come ministri
“liberalizzatori” e a cercare l’appoggio della grande borghesia più spesso di quanto si
preoccupassero di rispettare gli impegni con la loro base. Veniva spontaneo, dato che
avevano sposato in pieno l’ideologia del “mercato”, ossia quella del capitale.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">È venuto anche il momento dei governi “tecnici”, di gente come Monti e Draghi, abili a
nascondere dietro la presunta neutralità tecnica la loro vera missione. Che è certamente
quella di “salvare” il Paese. E la destra, allora? Quella di Monti e Draghi </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">è la vera destra</span><span style="font-family: BookAntiqua;">.
Quanto ai fascisti e leghisti rappresentano solo una variante meno “autorevole” e nel caso
più spregevole (senza virgolette).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Oggi s’invoca l’alternativa e la mobilitazione popolare (solo a scopi elettorali), ma per
decenni s’è liberalizzato tutto e incoraggiati la rassegnazione e l’attendismo. L’alternativa
non c’è nei fatti ed evanescente già nei programmi, inesistente nei personaggi (il fatto che
abbiano bisogno della faccia rassicurante di Bersani, dopo averlo villaneggiato in ogni
modo, la dice lunga). Paradossale (in altri tempi però!) allestire un cartello elettorale con i
liberali con l’obiettivo, non dichiarato esplicitamene, di non spaventare la borghesia.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Si dice che l’astensionismo rafforza la destra. È vero, numericamente indebolisce la sinistra.
Ma destra e sinistra sono due facce della stessa medaglia, intercambiabili. Di autentico a
sinistra non c’è più niente, da molto tempo. Lo sanno molto bene quelli che votano Partito
democratico e non solo chi non lo vota più o lo detesta da sempre (come i grillini).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Quello che invece bisogna dire è che l’astensionismo non ha ancora raggiunto il suo
obiettivo. Nel senso che sfiora la maggioranza, ma non è ancora maggioranza. Quando
diventerà maggioranza in modo netto, allora si aprirà la </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">prospettiva </span><span style="font-family: BookAntiqua;">di una </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">possibile
</span><span style="font-family: BookAntiqua;">alternativa.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Alternativa non parlamentare, ma di contenuto realmente e radicalmente sociale, non
semplicemente “populista-nazionalista” che si accontenta del keynesismo. Inizialmente di
dimensione spontanea e selvaggia, al di fuori dei partiti, una lotta dagli esiti molto incerti.
Tutto dipenderà dai rapporti di forza, dalla reale volontà delle forze contrapposte, dalla </span><span style="font-family: BookAntiqua;">situazione contingente, ossia dal deterioramento della situazione economica e dell’ordine
mondiale, e dunque dalla necessità indotta dalle cose stesse.</span></span></p></div></div></div><div class="page" title="Page 2"><div class="layoutArea"><div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Lo so, le aspettative pronta cassa sono altre, ma la realtà procede a velocità diverse dai
desideri e dai sogni.
</span></span></p>
</div>
</div>
</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-85355426887620949412024-03-12T16:54:00.003+01:002024-03-12T16:55:53.963+01:00Ciò che Oppenheimer non vide <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Ho <a href="https://diciottobrumaio.blogspot.com/2024/01/oppenheimer-e-la-produzione-di-armi-di.html">già espresso</a>, a caldo, la mia impressione sul film </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Oppenheimer </span><span style="font-family: BookAntiqua;">di Christopher Nolan,
vincitore in questi giorni di sette Oscar agli Academy Awards. Racconta la vita e la carriera
del celebre fisico e teorico, noto come il “padre della bomba atomica” per aver diretto il
programma per la realizzazione delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Gli insopportabili schizzinosi come me criticano la narrativa dominante che dipinge la
creazione delle bombe come un progetto moralmente impegnativo ma necessario:
un’invenzione straordinaria da parte di menti eccezionali, un progetto che rappresentava
una questione di vita o di morte per un paese impantanato in un conflitto globale. E che
usare le bombe è stata una decisione drammatica in un momento difficile, ma importante è
ricordare che sono state soprattutto le bombe a salvare la democrazia.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Pertanto, il mio giudizio sulla “narrativa” di </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Oppenheimer </span><span style="font-family: BookAntiqua;">non cambia: resta un prodotto
hollywoodiano e gli Academy Awards sono un barometro notoriamente inaffidabile sia
dell’eccellenza artistica che delle visioni del pubblico, fortemente influenzate dai media. </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">Un
film che in buona sostanza celebra il ruolo della scienza nella potenza militare
statunitense.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Tuttavia il grande pubblico ha colto anche un altro senso del film, e ciò riflette i cambiamenti
nel pensiero e nei sentimenti in risposta al momento storico che stiamo vivendo. Non si
tratta di sentimenti e preoccupazioni politicamente articolati tra la popolazione in generale,
ma senza dubbio il successo del film parla di un’ansia diffusa e di un forte malcontento a
causa di decenni di guerre, di decadimento sociale e indebolimento della democrazia, ma
soprattutto del pericolo di conflitti più ampi e catastrofici, inclusa la conflagrazione
nucleare.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Inoltre, questo dramma ha il merito di aver posto, proprio in un momento storico come il
nostro, in cui l’establishment occidentale si sta lanciando sconsideratamente in uno scontro
geopolitico che implica la pianificazione e i preparativi per una catastrofica guerra nucleare,
il tema che a decidere di una questione così cruciale come l’impiego delle armi nucleari siano
davvero in pochi: militari e politici a Washington, a Mosca, a Pechino.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Nonostante questi meriti, parlo ancora di occasione mancata perché </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">il film evita ciò che
realmente accadde dopo che le bombe furono fatte esplodere</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Soprattutto il pubblico più
giovane non ha in genere ben chiaro che cosa avvenne alla popolazione di Hiroshima e
Nagasaki (nel film non vi sono immagini). </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">Il film descrive gli effetti delle bombe
esclusivamente nel contesto degli Stati Uniti in guerra contro il loro nemico, il Giappone.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="background-color: #fcff01;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span>La stessa cosa di quando sono stati bombardati la Serbia, l’Iran, l’Afghanistan, la
Libia, la Siria e altri luoghi: quasi mai vi sono immagini degli effetti sulla popolazione di tali
attacchi. Tutt’al più si vedono bersagli in bianco e nero che vengono colpiti e tutto si </span></span><span style="font-family: BookAntiqua;">confonde in una nuvola di fumo e detriti. Ed è ciò che è avvenuto per l</span></span><span style="background-color: #fcff01; font-family: BookAntiqua;">’</span><span style="background-color: #fcff01; font-family: BookAntiqua;">Ucraina dal 2014 ad
oggi, salvo eccezioni.</span></span></p></div></div></div><div class="page" title="Page 2"><div class="layoutArea"><div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Dagli anni ’50 agli anni ’80, molti film di Hollywood hanno esplorato la paura di
un’apocalisse nucleare. Mi viene in mente il famoso </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">The Day After</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, ma praticamente nessuno
di quei film mostrava sopravvissuti che assomigliassero a dei veri sopravvissuti. Gli
statunitensi si preparavano ed erano ovviamente nel panico per la bomba lanciata su di loro,
ma le immagini mostravano semplicemente funghi atomici e vedute delle bombe dall’alto
o di lontano.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Rivelo in </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Oppenheimer</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, malgrado un naturale disagio personale nel protagonista per ciò che
avviene con lo sgancio delle bombe, una disconnessione tra i creatori delle bombe e la
distruzione da loro provocata. Rendiamoci conto che con sole due bombe morirono più di
200.000 persone e le vite perse includevano non solo civili giapponesi ma anche coreani (il
10%) che erano in Giappone come lavoratori forzati o coscritti militari.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Inoltre, circa 3.000-4.000 delle persone colpite dalle bombe erano americani di origine
giapponese. La maggior parte di loro erano bambini che vivevano con le loro famiglie o
studenti che si erano iscritti alle scuole in Giappone prima della guerra perché le scuole
statunitensi erano diventate sempre più discriminatorie nei confronti degli studenti nippo-
americani.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Dopo di che non si pone in evidenza che quelle bombe sono ormai dalle armi antidiluviane.
Ho cercato di chiarirlo in un <a href="https://diciottobrumaio.blogspot.com/2024/02/la-piccola-bomba-di-hiroshima.html">recente post</a>, ma non mi faccio illusioni che la gravità del
pericolo a cui andiamo incontro venga colta nella sua effettiva dimensione. Del resto,
sarebbe stato troppo chiedere a questo film, e non perché Christopher Nolan ignori il potere
distruttivo degli ordigni attuali: c’è un cenno quando raffigura Oppenheimer che immagina
un olocausto nucleare mentre tiene un discorso celebrativo ai suoi colleghi dopo che la
bomba è stata sganciata su Hiroshima, ma ciò che Oppenheimer vede in questa
allucinazione è il volto di una giovane donna bianca e non quello dei giapponesi, dei coreani
e degli asiatici americani che hanno effettivamente vissuto l’esperienza delle bombe.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-47610304626749584092024-03-12T05:32:00.001+01:002024-03-12T11:15:17.196+01:00Il realismo di Bergoglio e quello di Stalin<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il realismo di Jorge Mario Bergoglio in riferimento alla guerra in Ucraina non ha provocato
sconcerto per il semplice motivo che la posizione del papa è ben nota. Papa Francesco ha
preso la misura della situazione da tempo, chiedendo una soluzione diplomatica. Secondo
i suoi critici non doveva chiedere agli ucraini “il coraggio della bandiera bianca e
negoziare”. Doveva chiederlo anche ai russi, che com’è noto sono gli aggressori.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Ciò ha dato occasione a della brava gente di preservare gli alti indicatori della civiltà
chiedendo di continuare il massacro. Come se questa guerra non si sapesse com’è nata e
quali siano realmente i contendenti. Se Bergoglio avesse chiesto “il coraggio della bandiera
bianca e negoziare” ai russi, perché non chiederlo agli americani e alla Nato che sono la loro
vera controparte in causa? </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">Ecco il vero errore di papa Francesco, non aver chiesto un
cessate il fuoco ecumenico, ossia a tutte le parti in causa.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">E invece nella stessa intervista se l’è presa con Stalin: “gli ucraini al tempo di Stalin quanto
hanno sofferto ...” (</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;"><a href="https://www.osservatoreromano.va/it/news/2024-03/quo-059/avere-il-coraggio-di-negoziare0.html">L’Osservatore Romano</a></span><span style="font-family: BookAntiqua;">). Un bersaglio facile Iosif Vissarionovi</span><span style="font-family: BookAntiqua;">č</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Bergoglio
avvalora le ricostruzioni storiche interessate a far credere che la grave carestia in certe zone
dell’Ucraina, negli anni Trenta, fosse provocata di proposito da Stalin. Sarebbe troppo lungo
qui dimostrare, documenti alla mano, che tale carestia non fu deliberata e tantomeno da
Stalin. E del resto sarebbe inutile.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Inutile per gente dai punti fermi inconciliabili, che ha pianto a calde lacrime la sorte del
povero Alexei Anatolievich Navalny, anima innocente, ucciso dai sicari di Putin in un
carcere siberiano. Sanno tutto della Siberia, ma restano indifferenti per quanto riguarda il
regime del 41 bis nelle carceri italiane, le pratiche disumanizzanti prossime alla tortura che tutta Europa ci invidia. E del resto è vietato in Costituzione chiedere di dare un’occhiata
anche in casa propria prima di giudicare gli altri.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">«Tutte le istituzioni», scriveva George Orwell, «dovranno portare per sempre la memoria
del proprio passato.»
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Per esempio, che cosa è stata la deportazione in Siberia </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">nei tre secoli precedenti al 1917</span><span style="font-family: BookAntiqua;">?
Deportazione di detenuti con le loro famiglie. Nel solo 1875, 1030 bambini morirono, mentre
si recavano in Siberia, nelle prigioni di Mosca, Ni</span><span style="font-family: BookAntiqua;">ž</span><span style="font-family: BookAntiqua;">nij Novgorod, Kazan’ e Perm’ e nelle tratte
successive. Due anni più tardi, altri 400 non sopravvissero al viaggio. La metà dei bambini
moriva lungo la strada verso il luogo di prigionia ed esilio dei genitori.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Nel febbraio 1894, il </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">New York Times</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, sotto il titolo </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Orrori dalla Russia: all’omicidio segue il
cannibalismo e i prigionieri sono ansiosi di morire</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, scriveva: «Il rapporto della commissione
d’inchiesta sulle condizioni dei prigionieri a Onor, Sachalin, rivela numerosi esempi di
fustigazioni implacabili, e di dita e braccia mozzate con le spade. Indotto dalla fame, il
cannibalismo è ormai una pratica comune. Vengono spesso commessi assassinii, che sono
poi seguiti da cannibalismo, ma il cui vero scopo è porre fine a una vita miserabile» (*).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Nove anni fa, il 16 marzo 2015, <a href="https://diciottobrumaio.blogspot.com/2015/03/gli-stati-uniti-sono-lunico-paese-al.html">scrivevo un post</a> che aveva per titolo: </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">«Gli Stati Uniti sono
l’unico paese al mondo in cui i bambini sono condannati a morire in carcere»</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Il titolo era
tratto da un articolo del </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Juvenile Law Center </span><span style="font-family: BookAntiqua;">(non certo un sito bolscevico).
</span></span></p>
</div>
</div>
</div>
<div class="page" title="Page 2">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Mai una parola su queste e altre questioni da parte di quella brava gente di cui sopra (cento
Aaron Bushnell non valgono un solo Alexei Navalny), quella cerchia di oneste intelligenze
che manderebbero per corriere anche la doppietta del nonno in Ucraina purché si sparasse
contro l’odiato invasore. Solo che in Ucraina sono rimasti a corto di carne umana e adesso
si predispongono ad arruolare i detenuti nelle forze armate.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Ma non voglio insistere e torno sul tema principale. Questa guerra in definitiva non la
vincerà nessuno: le terribili ferite aperte non saranno rimarginate. Sta di fatto, per tornare al
realismo di Bergoglio, che l’Ucraina ha circa un quinto della popolazione (effettiva) rispetto
alla Russia, non ha importanti fabbriche di armi e munizioni, la sua economia è in gran parte
sostenuta dai finanziamenti esteri.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Non è servito bloccare l’accesso delle principali banche russe alla rete di messaggistica Swift
e impedire alla banca centrale russa di utilizzare le sue riserve (“un’arma nucleare
finanziaria” si disse), eccetera. Solo degli sprovveduti che non sanno nulla della Russia,
oppure e più probabilmente gente in malafede, poteva pensare che la Russia potesse essere
sconfitta.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">In una foto ufficiale scattata nel 2011, vediamo Angela Merkel, ridente, che finge di aprire
una valvola all’inaugurazione dei lavori del gasdotto Nord Stream 2. Accanto a lei, il
presidente russo, Dmitri Medvedev, e i primi ministri dei Paesi Bassi, Mark Rutte, e quello
francese, un certo François Fillon. Tutti sono ovviamente molto felici.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">La lezione finale è che c’è qualcosa di leggermente più serio e che ci permette di
comprendere ciò che è in gioco da molto tempo: </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">dividere la Russia dall’Europa è sempre
stato l’obiettivo degli Stati Uniti fin dal 1945. </span><span style="font-family: BookAntiqua;">Non dopo Yalta, compresa la conferenza di
Yalta. Stalin ovviamente era d’accordo.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">L’Ucraina combatte per la propria libertà, si sostiene. Niente di più falso. Vuole diventare
anch’essa un paese satellite sotto l’ombrello Nato e con il sostegno economico della UE,
quando invece poteva svolgere un ruolo di “ponte” e trarre maggiori benefici economici e
di effettiva indipendenza. Montagne di dollari e qualche chilo di cocaina hanno deciso
diversamente.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Del resto gli ucraini sinceri sanno bene come stanno le cose in patria per quanto riguarda la
loro indole nazionale: “giacché sono un ucrainaccio ho già cominciato a impigrire”, scriveva
Anton </span><span style="font-family: BookAntiqua;">Č</span><span style="font-family: BookAntiqua;">echov in una celebre lettera all’amico Aleksej Suvorin (</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Vita attraverso le lettere</span><span style="font-family: BookAntiqua;">,
Einaudi, 1989, p. 99).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">(*) Daniel Beer, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">La casa dei morti. La Siberia sotto gli zar</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, Mondadori, p. 261 e 299. Suggerisco
la lettura del reportage di Anton </span><span style="font-family: BookAntiqua;">Č</span><span style="font-family: BookAntiqua;">echov, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">L’isola di Sachalin</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, Adelphi, 2017.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-63341122625395549112024-03-11T14:55:00.002+01:002024-03-11T14:55:54.224+01:00Bandiera bianca<p style="text-align: center;"> </p><p style="text-align: center;"><span style="color: #990000; font-size: large;">Pur di passare la sconfitta in Abruzzo in cavalleria, la prima notizia diventa questa:</span></p><p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilMBwzbEz5MzP1IYjdSNgxzeTg0H6i9w35uSUjmVdgeAQt74GSTbY1x55eK8LZq8o1nyxvw93wdjLzPReOOzCe3MNX1gGMbY5mLJy3LBq54w1AH0AbXA0qQzgVbZUvI9uzKAYHuUCN3gWaIxnOzpU21fnnUUZzHxHx4VgMtbNOI0iBBPpSVaa_rMZEocM/s747/Schermata%202024-03-11%20alle%2014.47.54.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="556" data-original-width="747" height="307" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilMBwzbEz5MzP1IYjdSNgxzeTg0H6i9w35uSUjmVdgeAQt74GSTbY1x55eK8LZq8o1nyxvw93wdjLzPReOOzCe3MNX1gGMbY5mLJy3LBq54w1AH0AbXA0qQzgVbZUvI9uzKAYHuUCN3gWaIxnOzpU21fnnUUZzHxHx4VgMtbNOI0iBBPpSVaa_rMZEocM/w414-h307/Schermata%202024-03-11%20alle%2014.47.54.png" width="414" /></a></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-90371217041014366792024-03-11T04:55:00.006+01:002024-03-11T14:36:43.344+01:00Non eravamo soli<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Tutt’altro. Fino a un tempo relativamente recente </span><span style="font-family: BookAntiqua;">assieme a noi </span><span style="font-family: BookAntiqua;">vivevano altri individui del genere Homo. In certi casi una promiscuità molto stretta. Così ci raccontano Telmo Pievani e Giuseppe Remuzzi sul </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Corriere della Sera
</span><span style="font-family: BookAntiqua;">del 3 marzo. E fin qui, per dirla con Gianni Morandi, chi se ne importa. Sennonché, oltre al
2-4 per cento del DNA del famoso Neanderthal, pare condividiamo un cincinnino di
quell’acido nucleico fondamentale anche con un’altra (misteriosa) specie del genere Homo.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Possiamo ben dire che le nostre ataviche nonne si sono concesse ampie libertà
sessuali. Del resto, se non vi sono state costrette con la forza, mi pare difficile che potessero negarsi alle profferte di un atletico e
prorompente esemplare di Neanderthal. Il quale ci ha trasmesso la predisposizione al
diabete e un po’ anche a quella dell’infarto. Forse anche schizofrenia e malattie autoimmuni,
scrivono gli autori dell’articolo citando uno studio pubblicato di recente su </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Nature</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Donne e
buoi dei paesi tuoi ammoniva un mio bisavolo con molta ragione.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">E non finisce qui per quanto riguarda i frutti di quegli accoppiamenti. Nell’articolo si legge che “uno
studio condotto in provincia di Bergamo nelle aree più colpite dall’infezione da Covid-19
suggerirebbe che geni che derivano dai Neanderthal possono spiegare come mai certi
individui hanno manifestazioni così gravi di malattia da richiedere ospedalizzazione o
addirittura cure intensive”. E poi, parliamoci chiaro, con quel dialetto che non si capisce
un’ostia ...
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Chi è dunque il terzo incomodo? Tutto è riconducibile a un primo reperto: l’ossicino di un
dito mignolo di una quattordicenne scoperto in Russia, nell’ormai nota grotta di Denisova,
sui Monti Altai. Dunque un’antenata di Putin e una parente stretta, almeno dal punto di
vista filogenetico, di Neanderthal. Insomma, l’Homo sapiens, arrivato in Eurasia dall’Africa
molto tempo dopo i Neanderthal e i Denisoviani, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">è un ibrido</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Altro che radici semitico-ariane, porca puttana.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">A proposito di radici giudaico-cristiane. Paolo Mieli (pare ne esista più di un esemplare) il
4 marzo pubblicava, su un foglio che di solito si occupa di cani e gatti, una recensione a un
libro di Sante Lesti dal titolo accattivante: </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Il mito delle radici cristiane dell’Europa. Dalla
Rivoluzione francese ai giorni nostri </span><span style="font-family: BookAntiqua;">(Einaudi).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Mieli, nel recensire il libro di Lesti, cita imprescindibili volumi di diversi altri autori:
Federico Chabod, Peter Ulike Burke, Pierre-Simon Ballanche, Daniele Menozzi, Edmund
Burke, Louis de Bonald, Giorgio Barberis, il verboso François-René de Chateaubriand,
Claude-Henri de Saint-Simon, Augustin Thierry, Augustin Sénac, l’immancabile Joseph de
Maistre, Félicité de Lamennais, l’inossidabile Vincenzo Gioberti, Jaime Balmes, l’ecumenica
Francesca Perugi, la docente di Christianity and Ecology Valentina Ciciliot, eccetera. Tutti
autori della specie Homo sapiens sapiens, la stessa specie dei Paolo Mieli (Rai 3, Raistoria, La7, ovunque presenti).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il tutto per sottintendere che Bergoglio ha provocato, con certe sue incaute dichiarazioni, un
bel casino e spetterà ai “prossimi Papi lasciare [il mito delle radici giudaico-cristiane
dell’Europa] in soffitta o riportarlo in auge a seconda delle necessità del momento”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Personalmente mi pongo domande molto più semplici, anche grezze se si vuole.
Discendendo la specie dell’Homo sapiens dall’ordine dei primati, dalle famigliole degli </span><span style="font-family: BookAntiqua;">ominidi, facendo parte del variegato genere Homo e condividendo parte del patrimonio genetico con
i Neanderthal, i Denisoviani e probabilmente anche con altre specie dello stesso genere, più
o meno quando la nostra preclara specie è diventata oggetto/soggetto degno di salvezza eterna?</span></span></p></div></div></div><div class="page" title="Page 2"><div class="layoutArea"><div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Eh sì, qualche implicazione teologica salta agli occhi. Tipo, i figli dei neanderthaliani
avuti da donne sapiens hanno goduto delle stesse prerogative soteriologiche delle loro
madri, e nel caso anche i figli avuti con i denisoviani? La progenie frutto di questi
amplessi, dopo quante generazioni si è decontaminata sufficientemente da diventare degna
dell’attenzione di Yahweh e poi dell’amore misericordioso di Gesù Cristo? La Madre di
Costui, pur vergine, era intonsa anche da percentuali di DNA allogene? Urgono a questo
fine analisi molecolari sulle sante reliquie.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com13tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-65554441281167372362024-03-10T09:24:00.002+01:002024-03-10T09:25:17.563+01:00Un eterno ricominciare<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">In attesa degli esiti dell’Operazione Overlord in Abruzzo, qualche riflessione sui successi (pochi) e le
sconfitte (ripetute) della sinistra italiana e francese. Partiamo da una grande vittoria, sia
detto senza ironia, sui “diritti”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Questa settimana è diventato legge un disegno di legge che sancisce il diritto all’aborto nella
Costituzione francese! Chi ha presentato e promosso quel disegno di legge? La France
Insoumise (LFI) e il Partito dei Verdi. LFI, è un movimento fragoroso e dispersivo, come il
suo ideatore, che raduna varie componenti della sinistra e costituisce il più grande blocco
di opposizione in Parlamento, con circa il 26% dei seggi, abbastanza per impedire a Macron
di avere una maggioranza di controllo.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">La France Insoumise è stata fondata nel 2016 da Jean-Luc Mélenchon, 72 anni, al quale è
ampiamente riconosciuto il merito di aver sostenuto la sinistra in Francia e di aver ottenuto
ottimi risultati nelle ultime due elezioni presidenziali. Mélenchon è arrivato terzo alle
elezioni presidenziali del 2022, con il 21,95% dei voti, circa un punto dietro Marine Le Pen,
leader del Raggruppamento Nazionale di estrema destra (ex Fronte Nazionale), che è
arrivata al ballottaggio finale contro Macron.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Grazie ai risultati ottenuti alle elezioni legislative, Mélenchon è riuscito a formare una
coalizione con altri partiti di sinistra – il PCF (o Partito Comunista Francese), i Socialisti e i
Verdi – ciascuno dei quali ha raccolto solo una frazione dei voti. La coalizione, nota come
NUPES, ha ampiamente adottato la piattaforma LFI: domare il caos del libero mercato
prevedendo grandi aumenti delle tasse sui ricchi, aumentare il salario minimo,
rinazionalizzare le società precedentemente pubbliche e combattere il cambiamento
climatico e la disuguaglianza razziale e di genere.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Immagino già che chi sta leggendo storca un po’ il naso, per un motivo o per l’altro. Succede
anche in Francia: i francesi credono che i problemi che la sinistra dice di voler affrontare
siano importanti, ma non credono nelle loro soluzioni. LFI finora non è riuscita a tradurre
la sua pluralità elettorale in quel tipo di consenso e di sostegno ampio che potrebbero
eventualmente portare alla gestione del paese.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Su molte questioni economiche, l’opinione pubblica francese è in gran parte a sinistra, ma
poi vota per il centro e la destra. Ciò ricorda qualcosa anche a noi. Mentre in Francia, come
altrove, la sinistra e l’estrema destra sono spesso viste in competizione per conquistare
l’elettorato “grigio”, le condizioni per vincere non sono affatto le stesse per l’estrema destra
e per la sinistra.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Le politiche di immigrazione e asilo, almeno a parole qui in Italia, le emozioni alimentate
dalla guerra in Ucraina e tra Israele e Hamas (la Francia ha sia la più grande popolazione
ebraica che quella musulmana in Europa) creano un clima favorevole all’estrema destra sul
piano sociale. L’immigrazione è un tema difficile da affrontare per la sinistra, in Francia
perché molti dei suoi elettori sono essi stessi immigrati o discendenti di immigrati, e anche
perché, specie in Italia, l’ideologia di sinistra, è favorevole nelle parole e inevitabilmente nei
fatti ad accogliere tutti.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span>Marine Le Pen e Giorgia Meloni non hanno nemmeno bisogno di parlare, si sa bene come
la pensano. La sinistra appena apre bocca crea sconcerto. L’estrema destra è riuscita ad
essere egemonica nel modo in cui i media interpretano alcune questioni, come la questione </span></span><span style="font-family: BookAntiqua;">dell’Islam in Francia e la questione dell’immigrazione in Italia. La sinistra invece si trova
nella posizione di dover offrire proposte concrete e convincenti su come affrontare il
problema dell’immigrazione e dell’integrazione.</span></span></p></div></div></div><div class="page" title="Page 2"><div class="layoutArea"><div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Dunque la sinistra riformistica tradizionale deve fare politica con proposte concrete e però
difficili da far digerire all’elettorato “grigio” o assente, mentre alla destra bastano gli slogan.
Le tattiche della destra sono mirate all’economia dell’attenzione, poi, quando sono al
governo, come in Italia, gli slogan non bastano più e il bluff viene allo scoperto. Ma ci vuole
tempo perché ciò avvenga, e del resto è gioco facile dare la colpa alla sinistra, all’Europa
matrigna e al fatto che piove.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">LFI invece si è modellato dentro e per l’era dei social media, come il M5S. La sua piattaforma
politica punta sull’effetto mediatico, nell’ottica della protesta, della rabbia e delle iniziative
teatrali, un modo per mobilitare contro il neoliberismo tecnocratico, il primato dei mercati
e dei valori sociali che favoriscono l’individualismo rispetto al bene collettivo. Detta così,
può andare. A ben vedere in definitiva si tratta di un nuovo tipo di populismo di base che
tende a coinvolgere gli elettori che da tempo hanno smesso di votare e interessarsi alla
politica.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Carattere vulcanico, Mélenchon è un sovranista con una vena antiamericana, come ce ne
sono molti anche da noi. Ex apparatchik socialista fino al 2008, quando ha lasciato il partito
per formare un suo partito perché pensava che i socialisti, come i loro omologhi in tutta
Europa, fossero caduti sotto la schiavitù del neoliberismo. “Viviamo attualmente in un
paese, la Francia, la settima economia del mondo, con nove milioni di poveri, sei milioni che
non possono nutrire i propri figli”, sostiene Mélenchon, “questa non è mai stata la Francia”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Forse voleva dire: non è mai stata la Francia </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">recente</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Mélenchon combina il sociale con
l’ecologia (divieto del glifosato, sviluppo dell’eolico offshore), sostiene la fondazione di una
nuova repubblica, la sesta, cambiando la Costituzione per spostare il potere dal presidente
al popolo. Come se bastassero le alchimie lessicali per “rompere con il capitalismo, l’uscita
dai trattati di libero scambio” e scongiurare i venti di guerra.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Dove vuole arrivare la sinistra francese e quella italiana del cosiddetto “campo largo” (Pd
più M5S e chi altri ci sta)? Dicono che vogliono scalzare la destra, in realtà si tratta solo di
sostituirli al potere mobilitando il pollaio socio-ecologico e dei “diritti”. Tutto il loro agitarsi,
così come del resto quello della destra, non porta necessariamente a una maggiore affluenza
alle urne. Sostengono che la destra vince perché in Francia e in Italia c’è il 50% di astensione.
Guardano il dito e non vedono la luna.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">La politica non è sempre un eterno ricominciare, bluff dopo bluff. Sotto il dominio assoluto
del capitale non c’è speranza né di maggiore uguaglianza né di pace. Pertanto l’obiettivo
</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">strategico </span><span style="font-family: BookAntiqua;">non può essere quello di riformare il sistema capitalistico e degli Stati nazionali.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-13804962716894650442024-03-07T04:59:00.002+01:002024-03-07T10:51:31.164+01:00Bruciare nel fuoco.<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br /></span></p>
<div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">L’impoverimento del linguaggio che caratterizza la nostra epoca va di pari passo con
l’ispessimento della sensibilità. Di questo peggioramento si nutre l’infaticabile società
globale. Questa abitudine indotta a non provare altro che emozioni simulate segnala la
liquidazione del nostro rapporto con la realtà come apertura alla verità.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">È in atto un’atrofia del sensibile, senza che nessuno ne sia avvertito in modo particolare.
Presto non avremo più accesso ai nostri sensi poiché saranno stati consapevolmente
indeboliti, fino all’estinzione. La paralisi programmata della sensibilità implica
conseguentemente l’assunzione dell’insensato, del paradossale come norma.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Incatenati come creature platoniche nella caverna del totalitarismo mediatico, è aperta la
strada all’infamia. Se non rispondi appropriatamente, pavlovianamente,
all’addomesticamento delle emozioni, il rischio che corri è grave.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Sto prendendo la cosa in
modo troppo astratto? Ho scritto tre post sulla questione idrica in Palestina, mettendone in
risalto certi aspetti. Troppo astratti anche quelli? Sembra di sì. Avrei potuto riassumerli
ricalcando un titolo antisemita di Céline: bagatelle idriche per un massacro. Dove in tal caso,
ma solo per caso, i semiti sono i palestinesi.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Che cos’è Israele? Uno Stato ebraico santificato la cui politica nei confronti dei palestinesi
non può essere criticata senza essere definiti antisemiti. Un ghetto ebraico auto-scelto e
governato da ebrei, che accoglie realmente o virtualmente ebrei da tutto il mondo, e risolve
così il “problema ebraico” a seconda delle esigenze geopolitiche del momento!
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Criminalizzando l’antisionismo spacciandolo sempre e comunque per antisemitismo si
rendono di fatto e senza il loro consenso tutti gli ebrei del mondo cittadini virtuali dello
Stato di Israele e corresponsabili delle sue politiche; responsabili senza che questi abbiano
la minima influenza sugli orientamenti politici di quel paese. Agli effetti pratici è la strategia
di Netanyahu e dei sionisti come lui, una strategia che fa il paio con quella dei leader più
antisemiti del pianeta.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Da dove sono usciti i Netanyahu, i mullah, gli ayatollah, i talebani e altri simili fanatici, chi
li ha tirati fuori dalla soffitta della Storia? E ciò che vale per questi e altri pazzi, ciò che vale
per Gaza e la Cisgiordania, vale per ciò che è accaduto e continua ad accadere in Ucraina.
Vale per tutto.
</span></span></p>
</div>
</div>
</div><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Le fabbriche di armi funzionano a pieno regime e i progressi tecnologici si stanno
trasformando in armi da guerra. Ci stanno preparando per la conflagrazione generale.
Secondo schemi prefissati fanno di noi quello che vogliono, bestiame indotto a non provare
altro che emozioni simulate. Finché non toccherà a noi bruciare nel fuoco.</span> </span></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-72602699303616409492024-03-06T13:37:00.006+01:002024-03-06T13:46:09.775+01:00Compagna Sara, ciao<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">È stato sufficiente dire, in memoria della signora Barbara Balzerani e nell’emozione di
questo lutto, che a suo tempo si erano condivisi i suoi ideali, pur percorrendo strade diverse,
per scatenare l’universale indignazione (eufemismo) mediatica.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span>Questo e molto altro dà la misura del livello di imbarbarimento sociale ed ideologico </span></span><span style="font-family: BookAntiqua;">raggiunto </span><span style="font-family: BookAntiqua;">(non
dico culturale, che non esiste).</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">La maggior parte di questi giudizi di condanna viene, per imprescindibili ragioni
anagrafiche, da parte di persone che quegli anni non li hanno vissuti o portavano i pantaloni
corti e il grembiulino, che delle dinamiche politiche del conflitto sociale di allora ignorano
tutto o altrimenti se le sono fatte raccontare dai media padronali e governativi.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Ho letto un centinaio di questi commenti, in nessuno dei quali c’è alcun riferimento ad un
fatto storico: allora milioni e milioni di persone sognavano e lottavano per un mondo
diverso, per una società comunista. Spesso mettendo in gioco la propria esistenza.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Non lottavano certo per il “comunismo” sovietico, questo viene concesso, ma ad ogni modo
per il comunismo, che oggi viene vituperato equiparandolo al nazismo. Quasi un secolo di
lotte e ideali seppellito sotto le macerie del muro di Berlino Questi sono i tempi e la
grammatica in cui siamo immersi fino al collo.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Quelli nostri sono stati gli anni di piombo, ci viene raccontato, eludendo il fatto che furono
gli anni in cui gli operai, esprimendo un alto grado di autonomia politica, scardinavano il
sistema disciplinare della fabbrica, strumento di potere di “capi” e “capetti” con il loro
sistema di premi, ricatti, compensi e punizioni. Questo protagonismo operaio, espressione
per altro di una mutata sociologia di classe e di una nuova forma di capitalismo, ebbe come
risposta la repressione, le stragi di Stato, i golpe tentati o simulati. </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">Quelli furono prima di
tutto gli anni delle bombe.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Gli anni di Salvador Allende, di René Schneider e Carlos Prats, del famoso articolo su
</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Rinascita </span><span style="font-family: BookAntiqua;">di Enrico Berlinguer: la sinistra comunista non sarebbe mai andata al governo né
con il voto elettorale né in nessun altro modo. Al massimo avrebbe potuto fornicare con la
Democrazia cristiana, ma anche quello solo con l’avvallo di Washington.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il Pci aveva bisogno di operai consapevoli, ubbidienti e pronti a stringere la cintola per fare
i sacrifici necessari al paese al posto di quella borghesia che accumulava profitti all’estero.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Quindi il sequestro di Aldo Moro. Sembra che in quegli anni sia successo quasi solo questo.
Nuovi ricordi di vecchi testimoni che improvvisamente riaccendono la loro memoria
scivolosa e sopita per decenni, per offrirci una ricca letteratura complottista e inesausti
teoremi dietrologici sulle Br protette da entità indicibili, confidenze originate da persone
oggi defunte, passate di bocca in bocca, scenari suggestivi e congetture iperboliche.
</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjT9LQEuryUIbfyfoAKybYye2vZLLBl8dTtLw1VlznE0mtDzDCvTCFTwv8r8sK71oIokTZG7c0i5cPCj6eucZBNakjgSBar9AZcxJ17lmu6b6e5l28gwQE2Je-uKCNnC32Dsx7vr_hj2p04aOmntJ54IPJ1slZie15sDcr7KqEMKcTFONs3yIozSkbHbCg/s1023/testimoni.webp" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: large;"><img border="0" data-original-height="539" data-original-width="1023" height="211" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjT9LQEuryUIbfyfoAKybYye2vZLLBl8dTtLw1VlznE0mtDzDCvTCFTwv8r8sK71oIokTZG7c0i5cPCj6eucZBNakjgSBar9AZcxJ17lmu6b6e5l28gwQE2Je-uKCNnC32Dsx7vr_hj2p04aOmntJ54IPJ1slZie15sDcr7KqEMKcTFONs3yIozSkbHbCg/w400-h211/testimoni.webp" width="400" /></span></a></div><p></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Le rievocazioni, nella migliore delle ipotesi, sono inevitabilmente influenzate dal contesto
in cui si producono, ma tant’è. Basta un semplice copia-incolla, che come un virus le
affermazioni indimostrate sono propagate, riprese come verità, diventano realtà storica e
politica vidimata con il voto di commissioni e del parlamento (*).
</span></span></p>
</div>
</div>
</div>
<div class="page" title="Page 2">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Oggi, col senno di poi, le cose volgono diversamente. A chi mai verrebbe in mente di
affidarsi a un’ideologia che preclude a priori, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">si racconta</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, la libertà quale siamo abituati? Il
Grande Vecchio aveva già intuito:
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">«Non basta che le condizioni di lavoro si presentino come capitale a un polo e che dall’altro
polo si presentino uomini che non hanno altro da vendere che la propria forza-lavoro. E non
basta neppure costringere questi uomini a vendersi volontariamente. Man mano che la
produzione capitalistica procede, si sviluppa una classe operaia che per educazione,
tradizione, abitudine, riconosce come leggi naturali ovvie le esigenze di quel modo di
produzione (</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Il Capitale</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">critica dell’economia politica</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, I, VII, 3).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il punto è proprio questo: sedotti dal paradigma economico ultraliberale, prigionieri di
forme di lavoro neoschiavile e di sistematiche violazioni delle norme in materia di sicurezza,
in cambio di un relativo e precario benessere, di una libertà più postulata che esercitata e
vissuta realmente, la piccola e media borghesia ha lasciato che una classe di spregevoli
affaristi estorsori e fanatici guerrafondai decida della nostra vita e del destino del mondo
intero.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">(*) Cito solo un caso, quello della giornalista tedesca Birgit Kraatz. <a href="https://contropiano.org/news/politica-news/2024/01/20/la-commissione-moro-2-mi- ha-diffamato-lo-stato-a-giudizio-per-il-caso-birgit-kraatz-0168512">Leggere per stentare a credere</a>. Ma di casi simili ce ne sono stati numerosi.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-19397658222282904802024-03-06T04:47:00.006+01:002024-03-06T04:53:35.073+01:00“At the Brink”<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Le armi non sparano da sole. Un giorno l’intelligenza artificiale potrebbe automatizzare la
guerra senza l’intervento umano e nessuno può prevedere con sicurezza come e se la
deterrenza funzionerà in queste dinamiche o anche quale sarà la stabilità strategica.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Ad oggi, comunque, nelle guerre è necessario l’intervento umano. L’esercito ucraino non
riesce a reclutare rimpiazzi al fronte e, dopo la ritirata da Avdiivka, si sta nuovamente
ritirandosi. Domenica il </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">New York Times </span><span style="font-family: BookAntiqua;">titolava: “Zelenskyj è in difficoltà su come arruolare
più truppe mentre le forze russe avanzano”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">L’esercito ucraino non ha ancora perso la guerra ma la sta perdendo. Nella logica dei
numeri. Le potenze della NATO minacciano pubblicamente una massiccia escalation della
guerra che prevede il dispiegamento diretto di truppe da combattimento sul territorio
ucraino e attacchi alle infrastrutture e alle città russe.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">La settimana scorsa, i membri dei governi di quattro Paesi della NATO – Francia, Canada,
Paesi Bassi e Lituania – hanno dichiarato che stavano valutando la possibilità di inviare
truppe da combattimento per combattere la Russia in Ucraina. Poi, venerdì, i media russi
hanno pubblicato una conversazione telefonica tra due ufficiali della Luftwaffe in vista di
un incontro preparatorio per un briefing per il ministro della Difesa Boris Pistorius,
probabilmente a febbraio. La conversazione è avvenuta attraverso la piattaforma Webex. Il
tema è come l’Ucraina potrebbe utilizzare i missili da crociera tedeschi Taurus nella guerra
contro la Russia se il cancelliere Scholz riconsidererà il suo rifiuto alla fornitura di tali armi.
</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhg7syfx2XoQxK44nD4FJinYxtSSgCEo1KNM8QeXEEcduIkzoyk_tpa4XvdeY1cjclEFbTD6l4p7ADDHmpPEE02RkH0gx0FFad4EGGpUXq_fykstErG4mtQ2-55zOsw_6afnrRKX002gZ3PrkfQWJi3fAPvC0_Jt5QXslme_O0IPJoXvwhqawsN6cafvW8/s1280/taurus.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: large;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhg7syfx2XoQxK44nD4FJinYxtSSgCEo1KNM8QeXEEcduIkzoyk_tpa4XvdeY1cjclEFbTD6l4p7ADDHmpPEE02RkH0gx0FFad4EGGpUXq_fykstErG4mtQ2-55zOsw_6afnrRKX002gZ3PrkfQWJi3fAPvC0_Jt5QXslme_O0IPJoXvwhqawsN6cafvW8/w400-h225/taurus.jpeg" width="400" /></span></a></div><p></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span><span style="font-family: BookAntiqua;">La questione è se i missili da crociera Taurus sarebbero in grado di distruggere il ponte
costruito dalla Russia verso la penisola ucraina di Crimea. Uno dei soggetti coinvolti,
l’ispettore generale dell’aeronautica Ingo Gerhartz, spiega che si può ipotizzare l’invio di
una prima tranche di 50 missili e poi altri 50, ma ciò, riporta la </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Frankfurter Allgemeine Zeitung</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, </span></span><span style="font-family: BookAntiqua;">“</span><span style="font-family: BookAntiqua;">non avrebbe cambiato la guerra</span><span style="font-family: BookAntiqua;">”</span><span style="font-family: BookAntiqua;">.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Nel mezzo di questi sviluppi, il governo britannico ha ammesso di aver schierato un
“piccolo numero” di truppe in Ucraina, in relazione all’uso dei missili da crociera Storm
Shadow consegnati all’Ucraina. Gli inglesi hanno poi affermato che l’uso di Storm Shadow
da parte dell’Ucraina e il processo di selezione degli obiettivi erano una questione di
competenza degli ucraini.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Se non sono stupidi e folli, fanno di tutto per sembrare tali.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Di fronte a queste minacce, Putin la scorsa settimana ha avvertito che un intervento diretto
delle forze NATO in Ucraina potrebbe portare all’uso di armi nucleari. I soliti idioti della
Nato e i loro servi dei media hanno affermato che il presidente russo sta semplicemente
bluffando. Invece è da prendere molto sul serio.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span>Evidentemente dimenticano le loro stesse precedenti dichiarazioni, fatte all’inizio della
guerra nel febbraio 2022, secondo cui un intervento diretto della NATO significherebbe una
nuova guerra mondiale. Mi pare ci sia troppa indifferenza e sufficienza da parte di tutti </span></span><span style="font-family: BookAntiqua;">verso questa realistica prospettiva. Ed è una follia lasciare decidere a personaggi che
insistono sul fatto che la NATO non deve lasciarsi scoraggiare da questo pericolo.</span></span></p></div></div></div><div class="page" title="Page 2"><div class="layoutArea"><div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Sempre domenica, il </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">New York Times </span><span style="font-family: BookAntiqua;">ha iniziato a pubblicare una serie di straordinari articoli
d’opinione sotto il titolo generale <b><a href="https://www.nytimes.com/interactive/2024/03/04/opinion/nuclear-weapons-nytimes.html">“At the Brink”</a></b>, incentrati sulla “minaccia delle armi
nucleari in un mondo instabile”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Ne offro un assaggio ai lettori del blog, perché sennò potrebbe sembrare che la mia
insistenza su tale tema sia dettata da paranoia:
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">«Consider Mr. Putin’s threat at the end of February: “We also have weapons that can strike targets
on their territory,” the Russian leader said during his annual address. </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic; font-weight: 700;">“Do they not understand
this?”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;"><span style="font-size: large;">«Within two years, the last major remaining arms treaty between the United States and Russia is to
expire.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">«In 1982 as many as a million people descended on Central Park calling for the elimination of nuclear
arms in the world. More recently, some isolated voices have tried to raise the alarm — Jamie Dimon,
the chief executive of JPMorgan Chase, said last year that “the most serious thing facing mankind is
nuclear proliferation” — but mostly such activism is inconceivable now. The once again growing
threat of nuclear weapons is simply not part of the public conversation. </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic; font-weight: 700;">And the world is less
secure</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">».</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-75245407349157116972024-03-05T13:59:00.005+01:002024-03-05T13:59:36.258+01:00[...]<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWtK19YLmHarwoWFCMFSwhEkKY7Ghp6ZAt2p8UFe2uDSJBJozkX7G_qBmA0B1ERfIMK9r2tlpAh4Y2kqUhSV6HVZOcI2ZZqpJPDqMf0scNrl05vD7Xf73iUYfgQSRz9frDXuoMvQKvGCyH35dJnScgc6y0uU6cNE0Q2EXrAaFYlu6VF7POE-NkVjb4EU0/s1280/Bushnell%20.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="247" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWtK19YLmHarwoWFCMFSwhEkKY7Ghp6ZAt2p8UFe2uDSJBJozkX7G_qBmA0B1ERfIMK9r2tlpAh4Y2kqUhSV6HVZOcI2ZZqpJPDqMf0scNrl05vD7Xf73iUYfgQSRz9frDXuoMvQKvGCyH35dJnScgc6y0uU6cNE0Q2EXrAaFYlu6VF7POE-NkVjb4EU0/w439-h247/Bushnell%20.jpeg" width="439" /></a></div>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-21302049212957000402024-03-04T00:32:00.005+01:002024-03-05T11:32:54.868+01:00Palestina: il monopolio delle risorse idriche dopo Oslo<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlnhGM5CMu-RTDdHvx9HBv6vwOA4uooL9-XylWkwrU1L_keK_H6oqXYW8af_K0pDX_0sqQUJat_ICa1pGGBKgiVo56-vDDgvkTuxR718Nkkc37K9k9zZBRBY5iUah0SKWESW6aASixCirUno0fD5fQNka4041gDBRZqo-sDEOjEDjOrIbWu7Rv5LigEiM/s1200/capture.webp" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="630" data-original-width="1200" height="221" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlnhGM5CMu-RTDdHvx9HBv6vwOA4uooL9-XylWkwrU1L_keK_H6oqXYW8af_K0pDX_0sqQUJat_ICa1pGGBKgiVo56-vDDgvkTuxR718Nkkc37K9k9zZBRBY5iUah0SKWESW6aASixCirUno0fD5fQNka4041gDBRZqo-sDEOjEDjOrIbWu7Rv5LigEiM/w421-h221/capture.webp" width="421" /></a></span></div><p></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: center;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="color: #990000; font-size: large;">Ipocrisia e cinismo al colmo: aerei Usa paracadutano “aiuti” in modo che gli abitanti di Gaza
siano vivi al momento in cui saranno bombardati e assassinati con le armi fornite dagli Usa
agli israeliani.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Nel 1991 fu avviato un processo di pace con la conferenza di Madrid, che ha consentito nel
1992 la creazione di un gruppo di lavoro per la condivisione dell’acqua. Nel 1993, nella
Dichiarazione di principi per accordi provvisori di autogoverno (a volte chiamata Oslo I),
fu stabilito che “Israele riconosce, ai sensi degli articoli 1-3, il diritto dei palestinesi all’acqua
in Cisgiordania” (una formulazione di un diritto che la dice lunga sulla situazione di fatto).
In seguito agli accordi di Oslo, nel 1995 è stata istituita l’Autorità palestinese per l’acqua
(PWA).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">L’anno prima, nell’ottobre 1994, il trattato di pace giordano-israeliano risolse anche la
questione idrica tra questi due paesi sulla base della cooperazione: veniva riconosciuto alla
Giordania l’accesso alle acque del Giordano – fino ad allora interamente sfruttate da Israele
– che riceverà 50 milioni di m3 ogni anno. Tra il 1996 e il 2001, Israele ha rispettato i suoi
impegni solo per due anni su sei e hanno restituito alla Giordania solo una media di 47
milioni di m3 all’anno, secondo fonte governativa israeliana (vedi in seguito)</span><span style="font-family: TimesNewRomanPSMT;">.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Inoltre, Israele si era impegnato a partecipare ai lavori dello Yarmouk per fornire altri 100
milioni di m3 al regno hascemita, ma nel 2001 lo Stato ebraico non aveva ancora mantenuto
la parola data. Infine, venne regolarizzato il pompaggio nei pressi della confluenza
Giordania-Yarmouk (100 milioni di m3/anno), effettuato illegalmente da Israele dal 1967,
eccetera.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Nel settembre 1995, i cosiddetti Accordi di Oslo II prevedevano una condivisione delle
acque sotterranee che sarebbe rimasta in vigore fino alla firma dell’accordo finale israelo-
palestinese che avrebbe dovuto avvenire prima del 1 maggio 1999!. Questo accordo tratta i
principi della condivisione delle falde acquifere della Cisgiordania e pretende di soddisfare
i bisogni israeliani e palestinesi; infatti, essendo le falde acquifere occidentale e nord-
orientale già completamente utilizzate (principalmente da Israele), la trattativa non poteva
che riguardare la falda orientale, quella di qualità meno buona, di cui erano disponibili 78
milioni di m3, secondo le stime dell’epoca. Le quote idriche assegnate all’Autorità
Palestinese vengono aumentate di poco più di 80 milioni di m3 (di cui 9,5 milioni di m3
provenienti da Israele).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Tuttavia, secondo l’organizzazione israeliana per i diritti umani <a href="https://www.btselem.org/water">B’Tselem</a>, Israele non
rispetta questo accordo (dal 2002, la quantità di acqua ceduta da Israele è quasi un terzo
inferiore a quella ceduta all’inizio degli anni ‘90, quando avrebbe dovuto aumentarla di un
terzo); il problema della condivisione dell’acqua è (come vedremo più avanti) una necessità
imperativa da parte israeliana, motivata dal timore di vedere l’Autorità Palestinese
prendere il controllo di una risorsa strategica.
</span></span></p>
</div>
</div>
</div>
<div class="page" title="Page 2">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Inoltre, Israele impone altri due limiti in materia d’acqua: i palestinesi non hanno accesso
alle acque del Giordano e non è autorizzato alcun trasferimento di acqua dalla Cisgiordania
a Gaza.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">L’Autorità Palestinese per l’Acqua (PWA) ha giurisdizione teorica sulle questioni legate
all’acqua e ai servizi igienico-sanitari, ma non ha alcun potere sui flussi – Mekorot continua
a gestire le quantità di acqua messa a disposizione dei palestinesi – e può intervenire solo
nelle aree A e B (enclavi palestinesi all’interno dell’area C in Cisgiordania), restando l’area
C (60% della Cisgiordania, completamente sotto controllo israeliano) per l’acqua (come per
tutte le altre questioni) di esclusiva competenza delle autorità occupanti israeliane. Questa
situazione limita notevolmente le possibilità di intervento dell’ANP che, molto spesso,
“serve solo come capro espiatorio di fronte al malcontento delle popolazioni palestinesi”</span><span style="font-family: TimesNewRomanPSMT;">.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">L’altra struttura creata, la Joint Water Commission (JWC), non è più efficace: composta in
parti uguali da esperti palestinesi e israeliani, ha giurisdizione solo sulle aree A e B e opera
per consenso, il che, di fatto, dà a Israele un diritto di veto; quindi, solo la metà dei progetti
palestinesi sono stati approvati dalla JWC.</span><span style="font-family: TimesNewRomanPSMT;"> </span><span style="font-family: BookAntiqua;">Nel campo dei servizi igienico-sanitari, degli 8
impianti di trattamento individuati, solo due (Nablus e Hebron) sono stati realizzati.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Nel 2009, Amnesty International ha criticato la JWC per aver “semplicemente
istituzionalizzato il sistema intrinsecamente discriminatorio di controllo israeliano sulle
risorse palestinesi che era già in vigore dall’occupazione israeliana dei territori occupati tre
decenni prima”. La Banca Mondiale ha osservato: “JWC non ha adempiuto al suo ruolo di
fornire un efficace quadro di governance collaborativa per la gestione e gli investimenti
congiunti delle risorse [...]. JWC non funziona come un’istituzione “congiunta” di
governance delle risorse idriche a causa di asimmetrie fondamentali – di potere, di capacità,
di informazioni, di interessi – che impediscono lo sviluppo di un approccio consensuale alla
risoluzione dei conflitti di gestione dell’acqua.” (Wikipedia).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Pertanto, gli accordi di Oslo, nonostante la fornitura di alcune decine di milioni di m3
d’acqua ai palestinesi, hanno comunque confermato </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">il dominio indiviso di Israele sulle
risorse idriche e sulla loro distribuzione</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, dal momento che le strutture palestinesi (PWA,
o fintamente paritetiche come JWC) hanno, di fatto, il più delle volte, solo un ruolo
consultivo senza un reale potere decisionale in una “gestione quotidiana largamente
asimmetrica”.
</span></span></p>
<p style="text-align: center;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">* * *
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Per comprendere uno dei principali motivi del mantenimento dell’occupazione israeliana
dei territori palestinesi è di sicuro interesse quanto si legge, tra l’altro, in uno studio
governativo israeliano:
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">«Se Israele attuasse i ritiri dal Golan, dalla Giudea e dalla Samaria impliciti negli accordi discussi
con Damasco e l’Autorità Palestinese, perderebbe il controllo sul destino di una parte molto
significativa delle riserve idriche da Israele attualmente utilizzate – secondo alcune stime fino al 65%
degli importi attualmente disponibili» </span><span style="font-family: BookAntiqua;">(<a href="https://strategic-israel.org/water-in-israel-the-dry-facts/">Israel Institute for Strategic Studies</a>, marzo </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">2011</span><span style="font-family: BookAntiqua;">).
</span></span></p>
</div>
</div>
</div>
<div class="page" title="Page 3">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Sul fatto che Israele possa accettare l’istituzione di due Stati in Palestina o anche solo il
rispetto degli accordi sottoscritti, è istruttivo il monito contenuto nelle conclusioni dello
stesso documento governativo:
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;"><span style="font-size: large;">«È ovviamente vero che, in ultima analisi, la politica israeliana riguardante il mantenimento o il
trasferimento dell’autorità e del controllo sui territori del Golan e della Giudea, Samaria e Gaza agli
arabi non sarà determinata solo da considerazioni idrologiche, ma da un approccio complesso
ponderato di fattori di sicurezza, strategici, diplomatici, politici ed economici. È tuttavia imperativo
che i policy maker siano consapevoli delle implicazioni idro-strategiche e idro-politiche di qualsiasi
linea d’azione che decidano di adottare, e soppesino con giudizio i relativi rischi implicati in ciascuna
di esse».
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Inoltre, sempre dalla stessa fonte governativa e per comprendere i motivi dell’attuale
strategia israeliana, tendente ad espellere la popolazione palestinese dalla Palestina, è
interessante tener presente quanto segue:
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">«[...] </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">per molti aspetti, la crisi è già così grave da aver superato i limiti di un problema economico,
</span><span style="font-family: BookAntiqua;">[...] </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">e ha assunto le dimensioni di un problema strategico, che incide sulla stessa sopravvivenza fisica
del Paese. </span><span style="font-family: BookAntiqua;">[...] </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">al di là della relativa parsimonia del consumatore non agricolo in Israele, il significato
di fondo dell’analisi precedente è inquietante. Infatti, se la popolazione di Israele, che all’inizio del
1999 superava di poco i 6 milioni (escluse Giudea, Samaria e Gaza), dovesse raggiungere i 7-7,5
milioni e la domanda urbana si avvicinasse ai livelli più bassi di tale domanda nei paesi ricchi
occidentali, l’intera produzione sicura di acqua dolce del paese (comprese le fonti attualmente non
incluse nel sistema nazionale come le falde acquifere di Arava, Beit Shean e la Valle del Giordano)
sarebbe necessaria per soddisfare la sola domanda urbana».
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">A togliere ogni illusione che possa un giorno essere raggiunto un qualunque accordo tra
Israele e Autorità palestinesi è sempre lo stesso documento:
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">«Le autorità israeliane, indipendentemente dall’appartenenza politica al partito, sono da tempo
consapevoli dell’importanza cruciale del controllo delle fonti d’acqua in Giudea e Samaria. Ad
esempio, l’ex ministro dell’Agricoltura del partito laburista Avraham Katz-Oz ha affrontato la
questione in una lettera all’ex premier Yitzhak Shamir, datata 14/5/89, intitolata “La sicurezza
dell’acqua nello stato di Israele oggi e in futuro”. In esso Katz-Oz, allora ministro responsabile per
legge della sorte del sistema idrico, proponeva che il governo israeliano prendesse misure per
“impedire qualsiasi aumento delle operazioni di pompaggio in Giudea, Samaria e Gaza” e lo esortava
a “preparare una base giuridica e politica per garantire il controllo e l’amministrazione israeliani
continui delle fonti d’acqua in Giudea e Samaria, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic; font-weight: 700;">qualunque sia la situazione politica futura</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">».</span></span></p></div></div></div>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-32878800750715417222024-03-03T05:18:00.000+01:002024-03-03T05:18:00.589+01:00Palestina: i sionisti giudaizzano anche l’acqua<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">La Guerra dei Sei Giorni fu un vero vantaggio per lo Stato ebraico, anche nel settore delle
acque. L’occupazione del Golan aveva per Israele un duplice interesse idrostrategico:
permetteva di controllare le sorgenti del Baniyas, che fornisce circa un quarto del corso
dell’Alto Giordano, nonché il corso a valle dello Yarmouk, dove Israele pompava
illegalmente circa cento milioni di m3. Inoltre, Israele bloccava tutti i progetti idraulici
giordano-siriani (trasferimento dell’acqua dal Baniya allo Yarmouk, costruzione della già
citata diga di Maqarrin, monitoraggio delle prese d’acqua giordane per alimentare il canale
Ghor).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">L’occupazione della Cisgiordania ha permesso ad Israele di controllare le falde acquifere di
questa regione e di disporne a suo piacimento: dall’estate del 1967, con l’Ordine militare n.
92 del 15 agosto, l’acqua in Cisgiordania e a Gaza è stata posta sotto controllo militare. Nel
dicembre 1968, l’<a href="http://poica.org/category/military-orders/">Ordine militare n. 291 </a>dichiarava che tutte le risorse idriche in Cisgiordania
e Gaza erano “proprietà dello Stato”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Successivamente, la gestione dell’acqua nei territori occupati venne affidata alla società
Mekorot, poi le autorità militari occupanti cominciarono a mettere in atto severe norme che
vietavano qualsiasi aumento del consumo di acqua (</span><span style="font-family: TimesNewRomanPSMT;">n</span><span style="font-family: BookAntiqua;">el 1975, Israele installò contatori sui
pozzi palestinesi e limitò il consumo di acqua per l’irrigazione). Per ragioni di sicurezza era
vietato il pompaggio nel Giordano, condannando così l’agricoltura irrigua palestinese sulle
rive del fiume, e si regolamentava in maniera draconiana la perforazione di nuovi pozzi
(pochissimi i permessi concessi: solo 37 tra il 1967 e il 1996, di cui 34 domestici e 3 agricoli).
D’altra parte, la profondità dei pozzi palestinesi è limitata a 300 metri mentre gli israeliani
possono scavare fino a 1.500 metri.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Pertanto, indipendentemente dal fatto che la questione idrica sia stata o meno una causa
fondamentale dello scoppio della Guerra dei Sei Giorni, essa ha consentito a Israele di
attuare una vera e propria strategia idraulica articolata attorno a due assi essenziali:
l’imposizione di una legislazione restrittiva che consente di limitare e controllare il consumo
di acqua delle popolazioni dei territori palestinesi; l’occupazione dello spazio geografico da
parte di basi e insediamenti militari.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Gli strumenti della strategia messa in atto da Israele sono riusciti a bloccare il consumo
idrico in Cisgiordania a circa cento milioni di m3 l’anno per un quarto di secolo mentre la
popolazione più che raddoppiava. Non è apartheid, dicono; si tratta di utilizzo oculato delle
risorse e controllo del territorio. Chi dovesse ribellarsi diventa </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">ipso facto </span><span style="font-family: BookAntiqua;">un “terrorista”.
</span></span></p>
</div>
</div>
</div>
<div class="page" title="Page 2">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">L’agricoltura è stata la prima vittima di queste restrizioni: nonostante un miglioramento
delle tecniche e dei metodi di coltivazione che consentono una riduzione del consumo di
acqua per ettaro, in Cisgiordania solo circa 10.000 ettari sono irrigati, mentre oltre 60.000
potrebbero esserlo, ma non lo sono, a causa della mancanza di acqua disponibile. Per i
palestinesi la situazione diventa particolarmente grave nella Valle del Giordano dove, a
causa del clima arido, l’agricoltura dipende totalmente dall’irrigazione.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Per gli occupanti israeliani non ci sono restrizioni, il loro consumo di acqua per l’irrigazione
raddoppia negli anni ‘80, raggiungendo i 60 milioni di m3 nel 1990, ovvero due terzi del
consumo totale! Paradossalmente gli israeliani – che hanno acqua illimitata – possono
coltivare solo una parte della terra che controllano ... per mancanza di risorse, cioè
soprattutto di braccia. Di conseguenza, alcune terre precedentemente sfruttate dai
palestinesi, ma confiscate da Israele, sono tornate all’abbandono, in particolare nella Valle
del Giordano. Questa politica idraulica mostra chiaramente che il razionamento imposto in
Cisgiordania (e Gaza) risponde principalmente a una volontà politica: </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;"><a href="http://poica.org/?s=water">impedire lo sviluppo dell’agricoltura palestinese</a>.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">A questa limitazione dell'uso dell'acqua di pozzo si aggiungerà successivamente il tentativo
di controllare l’acqua dalle sorgenti, in particolare nella Valle del Giordano. È così che la
città di Gerico condivide l’acqua delle sue sorgenti con la colonia di Maale Adoumim. Ma il
caso più eclatante è quello di Aujah, una decina di chilometri a nord di Gerico.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Prima del 1967, <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Al-Auja,_Jericho">Al-Auja</a>, con una popolazione di 8.000 abitanti, era una località giordana e
uno dei principali produttori di limoni, banane e verdure della Cisgiordania. Dopo il 1967
il villaggio contava solo circa 2.000 persone, anche se si coltivavano ancora circa 1.000 ettari
(a metà 2006 gli abitanti erano saliti a 4.000, il 24,7% di rifugiati). Sotto l’occupazione
israeliana 30.147 </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">dunam </span><span style="font-family: BookAntiqua;">(3014,7) ettari sono stati classificati come “area chiusa” interdetta
all’uso palestinese.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Le disgrazie del villaggio, che viene rifornito da una delle fonti più importanti della
Cisgiordania (5 milioni di m3 l’anno), non finirono qui. Nel 1977, nelle immediate vicinanze
della fonte, venivano perforati due “pozzi ebraici”, destinati in particolare a rifornire i vicini
insediamenti illegale, tipo quello di Yitav (secondo l’Istituto di Ricerca Applicata di
Gerusalemme, Israele ha confiscato 499 </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">dunam</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, 49,9 ettari, di terra al villaggio palestinese di
Al-Auja per costruire Yitav, di 296 abitanti).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">A seguito di una siccità persistente nei due anni successivi, la portata della sorgente diminuì
notevolmente, fino a prosciugarsi completamente nel 1979, cosa mai accaduta prima. Gli
abitanti del villaggio hanno allora chiesto di acquistare l’acqua dai due pozzi israeliani,
ricevendone un rifiuto. Rovinati, 1.500 abitanti del villaggio dovettero emigrare e alcuni di
quelli rimasti dovettero cercare lavoro nei vicini insediamenti israeliani.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il caso di Aujah è esemplare di una politica israeliana che cerca di spingere i contadini
palestinesi a lasciare la loro terra, sia confiscandola e sia, più subdolamente, impedendo loro
di coltivarla.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">In un prossimo post l’evoluzione più recente del gigantesco furto d’acqua da parte di Israele.
</span></span></p>
</div>
</div>
</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-36504455784118504932024-03-01T20:00:00.008+01:002024-03-03T04:57:25.842+01:00Palestina: non solo la terra<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Storicamente quale rilievo ha avuto l’approvvigionamento idrico nella contesa israelo-palestinese? Il clima della Palestina è arido e la questione dell’approvvigionamento idrico è
sempre stata rilevante, come dimostra il ruolo delle sorgenti e degli specchi d’acqua nella
fondazione delle città fin dall’antichità, in particolare Nablus, Ramallah, Gerusalemme,
Betlemme, Hebron, dunque città poste sulla dorsale centrale, ma anche per quanto riguarda
Gerico, nell’arida Valle del Giordano.
</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;"></span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Come conferma l’archeologia, l’approvvigionamento idrico di Gerusalemme è stato oggetto
di importanti lavori fin dall’età del bronzo (ben prima dell’arrivo degli ebrei) con il
cosiddetto Canale dell’età del bronzo medio, che risale a quasi quattro millenni or sono e
collega la sorgente di Gihon al pozzo di Siloam (Silwan); un secondo canale, lungo oltre 500
metri e chiamato Tunnel di Ezechia, fu scavato alla fine dell’ottavo secolo dell’evo classico.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">L’importanza della terra (suolo), e delle sue risorse, fu subito compresa dai primi sionisti: la
questione dell’acqua è stata al centro delle preoccupazioni del movimento fin dalla sua
creazione. L’agricoltura era allora e sarà anche in seguito considerata una priorità, il che
implica il controllo dell’approvvigionamento idrico. Alla fine del XIX secolo i primi
immigrati ebrei installarono impianti di pompaggio in quella che era ancora solo una
provincia dell’Impero Ottomano. Successivamente, la questione dell’acqua continuerà ad
essere al centro della strategia sionista prima e durante il mandato britannico in Palestina,
ma ancor più dopo la proclamazione unilaterale dello Stato ebraico.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Theodor Herzl nel suo </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Lo Stato degli ebrei </span><span style="font-family: BookAntiqua;">(1896), chiese che “i primi occupanti” facessero “lo
studio esatto di tutte le terre del paese e delle risorse naturali”. Successivamente, nel
preveggente romanzo del 1902, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Altneuland</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, delinea lo sviluppo agricolo basato
sull’irrigazione e sul controllo dell’acqua del fiume Giordano. Propose inoltre la creazione
di un canale dal Mediterraneo al Mar Morto per produrre energia elettrica grazie al
dislivello tra i due mari. Del resto i sionisti si sono sempre sentiti come i naturali padroni
della Palestina.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Tuttavia le riserve palestinesi erano insufficienti in vista del forte sviluppo
dell’immigrazione ebraica e della modernizzazione dell’agricoltura attraverso l’irrigazione.
Non fu dunque casuale che i rappresentanti del movimento sionista, a seguito della
Dichiarazione Balfour (1917), volessero un’espansione verso nord del “Focolare Nazionale
Ebraico”, ossia oltre i limiti biblici, per integrare tutte le sorgenti del Giordano e l’accesso
alla le acque del fiume Litani. Questa posizione fu ufficializzata nel 1919 da una lettera di
<a href="https://diciottobrumaio.blogspot.com/2019/12/che-centra-lacetone-con-la-questione.html">Chaïm Weizman</a>, futuro presidente dell’organizzazione sionista, al primo ministro
britannico Lloyd George.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span><span style="font-family: BookAntiqua;">Avevano ben compreso che il futuro economico della Palestina, ossia della Grande Israele
(</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Eretz Israel</span><span style="font-family: BookAntiqua;">), dipendeva dal suo approvvigionamento idrico per l’irrigazione e la
produzione di elettricità. L’approvvigionamento idrico doveva provenire dalle pendici del
monte Hermon, dalle sorgenti del Giordano e del fiume Litani. Ritenevano essenziale che il </span></span><span style="font-family: BookAntiqua;">confine settentrionale della Palestina comprendesse la valle del Litani per una quarantina
di chilometri nonché i fianchi occidentali e meridionali del Monte Hermon.</span></span></p></div></div></div><div class="page" title="Page 2"><div class="layoutArea"><div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Anche se il Giordano e lo Yarm</span><span style="font-family: BookAntiqua;">ū</span><span style="font-family: BookAntiqua;">k (il maggior affluente del Giordano) fossero
completamente compresi nella Palestina, non ci sarebbe abbastanza acqua per soddisfare i
bisogni dei nuovi immigrati. Dal Litani dovevano provenire l’irrigazione dell’Alta Galilea e
l’energia necessaria all’attività industriale, anche se limitata. Se la Palestina (la futura
Israele) si fosse trovata tagliata fuori dal Litani, dall’Alto Giordano e dallo Yarmouk, non
avrebbe potuto essere economicamente indipendente.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">I sionisti pensavano in grande! Già questa attenta analisi preventiva delle risorse locali
dovrebbe dar conto del disegno sionista di occupazione della Palestina. La richiesta sionista
non fu accolta, il confine libanese-palestinese fu fissato a circa 25 chilometri a sud del Litani
e solo una delle tre principali sorgenti del Giordano, quella di Dan, fu inclusa nel territorio
del mandato britannico sulla Palestina. Ovvio che la rivendicazione sionista non fu
accantonata.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Con il mandato britannico, l’utilizzo delle acque del Giordano era previsto come mezzo per
lo sviluppo del “focolare nazionale ebraico”; nel 1923, una società ebraica, la Palestine
Electric Corporation, costruì una diga e una centrale idroelettrica alla confluenza del
Giordano e dello Yarmouk. Nel 1936, l’Agenzia Ebraica fondava la società Mekorot per la
realizzazione e la gestione di progetti idraulici.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Alla fine degli anni 1930, l’organizzazione sionista chiese all’agronomo Walter Clay
Lowdermilk sviluppò, nel 1944, un piano idraulico per il futuro Stato ebraico, che prese il
suo nome. Questo piano prevedeva la creazione di una Autorità della Valle del Giordano
sul modello della Autorità della Valle del Tennessee americana, con due obiettivi.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Primo: irrigare la Palestina dalla Galilea al Negev utilizzando le acque del Giordano e dei
suoi affluenti (compresi quelli della sponda orientale, Yarmouk e Zarka), e quelle del Litani,
che permetterebbero di insediare 4 milioni di immigrati ebrei (oltre agli 1,8 milioni di
abitanti della Palestina dell’epoca); fu con il piano Lowdermilk che venne costruita la
conduttura idrica nazionale, dopo la proclamazione dello Stato di Israele.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Secondo: sviluppare l’energia idroelettrica attraverso la costruzione di un canale
Mediterraneo-Mar Morto (sfruttando il dislivello, all’epoca di circa 390 metri). Questo
progetto finora non è stato realizzato.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Nel 1949 Israele nazionalizzò le risorse idriche e decise di amministrare in modo autonomo
sia il potenziale idrico del paese e sia ciò che ricava dai suoi vicini, ampliando il ruolo della
predetta società Mekorot e creando un’altra società, Tahal, responsabile della pianificazione
delle risorse idriche di Israele. Nel 1959, con una legge, rese le risorse idriche proprietà
pubblica soggetta al controllo statale. Nel 1967, questa legislazione fu estesa ai territori
occupati durante la Guerra dei Sei Giorni.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Nel 1953, Israele intraprese la costruzione di un canale di deviazione dal Lago di Tiberiade,
il “National Water Carrier” (CEN), per irrigare la pianura costiera e successivamente il
Negev; questo progetto di trasferire le acque del Giordano fuori dalla sua valle venne
rifiutato dai paesi arabi, aprendo una crisi.
</span></span></p>
</div>
</div>
</div>
<div class="page" title="Page 3">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Gli Stati Uniti inviarono uno dei consiglieri di Eisenhower, Eric Johnston, che stabilì un
primo piano di distribuzione delle acque del Giordano che non soddisfò né Israele né i paesi
arabi. Nel 1954 furono proposti due contropiani, uno dal comitato tecnico arabo, l’altro da
Israele (piano Cotton); quest’ultima prevedeva l’utilizzo di oltre la metà delle acque del
Litani, il fiume del Libano, da parte di Israele (400 milioni di m3 su 700 milioni). Il piano
Johnston, rivisto nel 1955, sarà respinto sia da Israele che dal Consiglio della Lega Araba,
ma rimarrà un riferimento perché era stato accettato dai comitati di esperti.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Come si può notare la questione idrica, assieme a quella dell’occupazione delle terre
palestinesi, è una questione centrale del conflitto israelo-palestinese. Da quel momento in
poi, Israele e gli Stati arabi realizzarono i propri progetti (</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">questi ultimi ci provarono</span><span style="font-family: BookAntiqua;">).
L’acquedotto nazionale (CEN) fu completato nel 1964; fornisce circa 1,15 miliardi di
mq/anno e trasporta l’acqua dal nord al sud del Paese (l’acqua scorre, per gravità, verso il
sud del paese per una distanza di 110 chilometri attraverso un canale aperto e una condotta
di 2,7 metri di diametro), collegando le tre principali fonti d’acqua: Lago di Tiberiade e falde
acquifere montane e costiere (serve anche a ricaricare artificialmente la falda acquifera
costiera, creando una riserva che verrà utilizzata durante la stagione secca), consente il
trasferimento annuale di 400 milioni di m3 di acqua dal bacino del Giordano alla pianura
costiera e al Negev.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Nel 1957, la Giordania iniziò la costruzione del canale Ghor, ma Israele proibì la costruzione
della diga Maqarrin sullo Yarmouk, che fu realizzata solo di recente col nome di diga di Al-
Wehda.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Nel 1964, in reazione all’istituzione del CEN da parte di Israele, gli Stati arabi decisero di
deviare le sorgenti del Giordano situate in territorio libanese (Hasbani) e siriano (Baniyas)
rispettivamente verso il Litani e lo Yarmouk. La tensione aumentò e in particolare nell’aprile
1967 l’aviazione israeliana attaccò i cantieri libanesi e siriani.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">È comunemente accettato che la causa immediata della guerra del 1967 sia stata la
sostituzione delle forze di pace con le forze egiziane all’estremità meridionale del Sinai e il
divieto di accesso alle navi dallo Stretto di Tiran (e quindi l’accesso al porto di Eilat). La
realtà storica è un po’ più complessa.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Come ripeto spesso, il movimento sionista ha sempre avuto come scopo la creazione di una
grande Israele (</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Eretz Israel</span><span style="font-family: BookAntiqua;">) in tutta la Palestina (e oltre!) e, dopo la sua creazione, Israele non
ha mai nascosto il desiderio di realizzare questo progetto e in particolare di occupare
Gerusalemme, cosa che è avvenuta. Inoltre, come detto, la questione del controllo delle fonti
idriche è stata subito una priorità dal movimento sionista. Ed infatti il conflitto per le acque
del Giordano, dello Yarmouk e dell’Oronte fu la causa principale della Guerra dei Sei
Giorni”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Per il momento mi fermo qui ... .
</span></span></p>
</div>
</div>
</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-84133965622485855442024-02-29T20:59:00.008+01:002024-02-29T20:59:55.430+01:00Senza vergogna<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgM4dchko1vkMhMes0jcPHm3K_nH3uJ3MC1gWOywvcVQc-XN80G_gmC9me_6mEl4EuqTu76lFXeJVxEcYz7gYZN-SmCWqFXxjl4rCvY1waUVVqZEo62ExMXRktsEaBpfp4hB-Mg_LSbNpmRrodqFoFu9Px-t_4URUwtgvjbq153t-0AzzLXZSj1incH48I/s648/Schermata%202024-02-29%20alle%2013.36.08.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="329" data-original-width="648" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgM4dchko1vkMhMes0jcPHm3K_nH3uJ3MC1gWOywvcVQc-XN80G_gmC9me_6mEl4EuqTu76lFXeJVxEcYz7gYZN-SmCWqFXxjl4rCvY1waUVVqZEo62ExMXRktsEaBpfp4hB-Mg_LSbNpmRrodqFoFu9Px-t_4URUwtgvjbq153t-0AzzLXZSj1incH48I/w418-h212/Schermata%202024-02-29%20alle%2013.36.08.png" width="418" /></a></span></div><p></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Massimo Colaiacomo, in un articolo sul quotidiano italiano più sionista, il 25 febbraio
scriveva: «Le stesse generazioni sfilano per le vie di Londra, Roma, Parigi, New York
agitando bandiere palestinesi, invocando la fine del conflitto a Gaza e condanna di Israele
per “genocidio”. Confermando così che è la democrazia che si vergogna di se stessa la più
grande minaccia alla democrazia».
</span></span></p>
</div>
</div>
</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-29638771989976998102024-02-29T07:07:00.006+01:002024-02-29T07:07:49.363+01:00La piccola bomba di Hiroshima<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQv7JJd2qt-NQAEdyW_xz70XSdn2oVzGzJhzF1nUkuB0GaYpwZZsEHW-Ea6rbKRIAfHk6gw5SLCNm8e1xj77FRmexpRW2kfbXvKoEcvZHE3ZPZ7V8OIaXXKGkpRLuOruvgbScBlSV39ML-RTMogdzf5fO5KyHLPe-rwXQp5Ecuj9WKXGVYXeLJbrBjYcQ/s700/Schermata%202024-02-29%20alle%2005.34.38.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="139" data-original-width="700" height="89" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQv7JJd2qt-NQAEdyW_xz70XSdn2oVzGzJhzF1nUkuB0GaYpwZZsEHW-Ea6rbKRIAfHk6gw5SLCNm8e1xj77FRmexpRW2kfbXvKoEcvZHE3ZPZ7V8OIaXXKGkpRLuOruvgbScBlSV39ML-RTMogdzf5fO5KyHLPe-rwXQp5Ecuj9WKXGVYXeLJbrBjYcQ/w445-h89/Schermata%202024-02-29%20alle%2005.34.38.png" width="445" /></a></span></div><p></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">«Mosca è pronta a usare armi nucleari tattiche. Secondo quanto rivelato dal </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Financial Times</span><span style="font-family: BookAntiqua;">,
sulla base di documenti top secret, la Russia ha simulato conflitti che prevedono l’uso di
armi nucleari tattiche contro un’altra potenza mondiale e in altre circostanze».
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">I veri documenti top secret sono in cifra e non circolano nelle redazioni dei giornali.
Tantomeno dossier classificati che riguardano l’impiego di armi nucleari. Quanto ai
</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">wargames </span><span style="font-family: BookAntiqua;">militari, questo tipo di simulazioni sono pane comune. E allora perché lanciare
simili “notizie” riprese dai media satellite? Si tratta di veicolare la normalizzazione delle
armi atomiche, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">cominciando a parlare di armi nucleari tattiche</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Se la Russia fa questo, per
quale motivo non dovremmo fare altrettanto in nome della nostra sicurezza?
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Giocano sul fatto che la quasi totalità delle persone, non solo le persone comuni, ma che
molti cosiddetti leader politici, non hanno ben chiaro che cosa siano davvero le armi nucleari
e il loro potenziale distruttivo reale.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">La bomba su Hiroshima aveva una potenza esplosiva di circa 15 kilotoni, ovvero 15mila
tonnellate di TNT. Un singolo missile americano Trident II Trident II D5 può trasportare
fino a 8 testate nucleari (W88), con una potenza di 475 kilotoni ciascuna. In altre parole,
ciascuno di quei missili con 8 testate contiene più di 250 volte la potenza della bomba che
distrusse una grande città e uccise circa 100.000 persone.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Sono missili balistici che hanno un campo d’azione di 7.593 chilometri (fino a 12.000 con un
carico di tre testate) con una precisione stimata di 100 metri (utilizza il posizionamento delle
stelle). Sono trasportati da 14 sottomarini americani di classe Ohio e 4 britannici di classe
Vanguard, con 20 missili su ciascuna classe Ohio e 16 missili su ciascuna classe Vanguard
(testata Holbrook da 100 kt).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Tradotto in immagini: </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">uno solo di quei sottomarini </span><span style="font-family: BookAntiqua;">trasporta un potenziale distruttivo pari
a </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">76.000 bombe di Hiroshima</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, dunque può annientare quantomeno l’intera Europa.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">La Russia, la più grande potenza nucleare del pianeta, possiede ovviamente missili
comparabili a quelli statunitensi e britannici, per esempio RSM-56 Bulava, 100-150 kt, guida
astro-inerziale, progettati per neutralizzare e accecare i sistemi ABM e i radar nemici. È
sufficiente qualche elementare calcolo per rendersi conto di che cosa stiamo parlando in
termini distruttivi e di annientamento. Senza considerare altre migliaia di ordigni nucleari
a disposizione negli arsenali di queste stesse potenze militari e di altre potenze nucleari
ancora (Cina, Pakistan, India, Israele, Francia, ecc.).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">Quanto al discorso sulle armi nucleari tattiche, è quanto di più fuorviante ci possa essere
in tema di armi nucleari e sul loro impiego. </span><span style="font-family: BookAntiqua;">È ovvio che s’inneschi un’escalation.
Rendiamoci conto che si vogliono far passare le armi nucleari tattiche quasi come degli
armamenti ordinari, poco più che convenzionali. Si sta normalizzando l’idea che si possano
impiegare per uccidere decine di migliaia di persone con un colpo solo. Stanno creando
equivalenze morali, false equivalenze, con altri tipi di conflitto, eccetera.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Da entrambi i lati dello spettro geopolitico, dunque non solo da parte di Vladimir Putin,
stanno iniziando ancora una volta a parlare di queste cose come di una sorta di possibilità
accettabile per il nostro mondo.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-89401133499880859302024-02-28T16:41:00.002+01:002024-02-28T17:49:44.136+01:00A Netanyahu non serve appiccicargli i baffetti<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">È indispensabile definire nazista Benjamin Netanyahu per manifestare la nostra
indignazione di fronte al massacro indiscriminato in corso nella Striscia di Gaza? Molte
persone in tutto il mondo, rappresentanti politici, personaggi pubblici o semplici anime
comuni, la pensano così.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Il presidente brasiliano Luis Inácio Lula da Silva è uno di questi. </span><span style="font-family: BookAntiqua;">Lula avrebbe potuto scegliere altri crimini contro l’umanità ancora più recenti. Il massacro
perpetrato in Cambogia dai Khmer rossi tra il 1975 e il 1979 (tra 1,5 e 2 milioni di morti), per
esempio. O, più vicino a noi, il genocidio dei tutsi in Ruanda, commesso tra il 7 aprile e il 17
luglio 1994 (tra 800.000 e 1 milione di morti). I misfatti degli Stati Uniti dal dopoguerra ad
oggi in molte parti del mondo. Dunque, per denunciare i crimini commessi dal governo
israeliano non è necessario invocare il nazismo.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">E allora perché viene tracciato tale parallelismo? Perché nell’inconscio collettivo del secondo
dopoguerra i nazisti sono l’incarnazione del male per eccellenza. Paragonando Netanyahu
a Hitler, Lula usa un paragone comprensibile a tutti. Esagera? Personalmente quando vedo
le immagini di Gaza mi vengono in mente istintivamente quelle di Varsavia. Con tutti i
distinguo del caso, ma questa è precisamente l’immagine evocata.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Certo che Netanyahu non è Hitler, ma anche senza appiccicargli i baffetti </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">il suo progetto è
molto simile a quello del dittatore nazista</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Hitler voleva includere nel Reich tutti coloro
che secondo lui appartenevano alla stirpe germanica, qualunque cosa ciò potesse significare
sul piano sia concettuale e sia concreto. Anche le minoranze ladine del bellunese, per dire.
Il suo progetto era la costruzione del grande Reich germanico.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Netanyahu è pronto a ridurre in polvere la Striscia di Gaza e con essa gran parte della sua
popolazione (e occupare quanto più possibile la Cisgiordania). Vuole trasformare
un’impresa di conquista coloniale e territoriale in uno omicidio di massa della popolazione
palestinese, non in risposta alle uccisioni terroristiche del 7 ottobre, fatto che gli serve come
pretesto, ma perché egli e i suoi sostenitori puntano alla creazione della “Grande Israele”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Come la storia dell’occupazione israeliana della Palestina conferma da quasi un secolo, che
da parte dei sionisti (non solo i più estremisti) tale progetto esista e venga posto in essere
con caparbietà, non è una fola. </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">In Israele lo sanno tutti, favorevoli e contrari. Solo i sionisti
e i filosionisti fuori di Israele fingono di non saperlo oppure lo negano. </span><span style="font-family: BookAntiqua;">Del resto una
opzione basata sulla coesistenza pacifica ed equa di israeliani e palestinesi, nello stesso Stato
o in due Stati separati, è stata sepolta con Rabin e Arafat, che certo non sono morti di
raffreddore.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-80234570534684640762024-02-28T07:50:00.008+01:002024-02-28T07:58:25.418+01:00Una missione di successo (per gli azionisti)<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Del lander Intuitive Machines Nova-C Odysseus non si parla più (non a caso). Che fine ha fatto dopo
essere arrivato sulla Luna? Realizzato da una ditta di Houston, puntava ad esplorare il polo
sud lunare in vista della costruzione di una base permanente. E invece la prima missione privata
sulla superficie della Luna si è conclusa prematuramente ieri a causa di un atterraggio che
ha fatto sì che il lander finisse su un fianco, incapace di utilizzare i pannelli solari per
ricaricare le batterie e con diverse antenne puntate nella direzione sbagliata.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Ciò avviene dopo il fallimento di Peregrine Lunar Lander un mese fa. Poco dopo la
separazione dal lanciatore era avvenuto un guasto al sistema propulsivo che aveva
compromesso la missione principale, ossia l’allunaggio.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Odysseus, il componente principale della missione IM-1, è stato lanciato il 15 febbraio da un
razzo SpaceX Falcon 9 ed è sceso sulla superficie della Luna sette giorni dopo. Il telemetro
laser del lander non ha funzionato perché i tecnici di Intuitive Machine non sono riusciti a
sbloccare un interruttore di sicurezza. Il telemetro misura il
tempo che intercorre tra il momento in cui un impulso luminoso viene emesso da un laser
e il momento in cui viene rilevata la luce riflessa, ed è fondamentale per misurare altitudine
e velocità di avanzamento del veicolo durante l’atterraggio. I telemetri sono un
componente standard della stragrande maggioranza di tutti i moderni sistemi di
atterraggio.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Pertanto la missione era già destinata al fallimento prima ancora d’incominciare. Solo che il
problema del telemetro è stato scoperto quando la navicella era già in viaggio verso la Luna
e nessun software a bordo era in grado di sbloccare l’interruttore da remoto. Complimenti.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Di conseguenza, si è stati costretti a utilizzare il Navigation Doppler Lidar della Nasa per il
rilevamento preciso della velocità e della distanza durante l’atterraggio, ossia uno degli
strumenti sperimentali a bordo. Il sistema secondario, sostituto del telemetro, ha però
funzionato parzialmente, ma già questo ha consentito di evitare che Odysseus precipitasse
sulla Luna come un meteorite. Si stima che Odysseus sia atterrato sulla Luna a circa il
doppio della velocità prevista.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Il responsabile della navigazione della compagnia privata, Mike Hansen, <a href="https://www.reuters.com/technology/space/moon-lander-odysseus-mission-expected-end-tuesday-morning-5-days-after-touchdown-2024-02-26/">ha dichiarato a Reuters</a> che la perdita dei telemetri è derivata dalla decisione della società di rinunciare a
un test di accensione del sistema laser per risparmiare tempo e denaro durante i controlli
pre-volo dell</span><span style="font-family: BookAntiqua;">’</span><span style="font-family: BookAntiqua;">Odysseus presso il Kennedy Space Center della NASA in Florida. “Quello è
stato un rischio come azienda che abbiamo riconosciuto e accettato”. Ancora complimenti.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">La missione privata era stata salutata con toni enfatici dai media: il </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">New York Times </span><span style="font-family: BookAntiqua;">ha
affermato che l’atterraggio avrebbe “inaugurato un’era più rivoluzionaria” di voli spaziali
più “economici”. Il </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Washington Post </span><span style="font-family: BookAntiqua;">lo ha definito “un passo significativo verso il piano della
NASA di riportare gli astronauti” sulla Luna. Il </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Wall Street Journal </span><span style="font-family: BookAntiqua;">ha affermato che
l’atterraggio ha rappresentato una “pietra miliare” per l’industria spaziale. </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Repubblica </span><span style="font-family: BookAntiqua;">può
solo scopiazzare quanto scrivono gli altri.
</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvFM8wCs63BXxpqzoVdPNzyj-7ThVidkBbFxAPoIkLlTZ3layDJJod4WryG_A9vxF2NaYu8jnKwGdgAesEdofznHPKy1sBe2lfuRYdtpdWsJ6dKKDgw8kNfK6x6-egK7esA4HQm28zEciJk9Z-UBByeGQ4chVBEA4M8olUE_uN7T8O_c2GasYjXrxUSSg/s450/Schermata%202024-02-28%20alle%2006.19.17.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="194" data-original-width="450" height="173" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvFM8wCs63BXxpqzoVdPNzyj-7ThVidkBbFxAPoIkLlTZ3layDJJod4WryG_A9vxF2NaYu8jnKwGdgAesEdofznHPKy1sBe2lfuRYdtpdWsJ6dKKDgw8kNfK6x6-egK7esA4HQm28zEciJk9Z-UBByeGQ4chVBEA4M8olUE_uN7T8O_c2GasYjXrxUSSg/w400-h173/Schermata%202024-02-28%20alle%2006.19.17.png" width="400" /></a></span></div><p></p>
</div>
</div>
</div>
<div class="page" title="Page 2">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Odysseus è stato costruito e lanciato da Intuitive Machines, una società aerospaziale co-
fondata da Stephen Altemus, Tim Crain e dal miliardario iraniano-americano Kam
Ghaffarian. Lo scopo? Reinventare la ruota.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il primo atterraggio morbido sulla Luna, tecnicamente molto più impegnativo di quello di
Odysseus, è avvenuto quasi sessanta anni fa, nel 1966, ad opera dei sovietici, al quale ne
sono seguiti altri e il primo ritorno robotico di una navicella è nel 1970. Senza dimenticare
le formidabili imprese della Nasa con i famosi sbarchi dell’Apollo 11, 12, 14, 15, 16 e 17.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Ciò non vuol dire che i progetti Luna o Apollo fossero di per sé impeccabili. Subirono
numerose battute d’arresto, inclusa la tragica perdita degli astronauti dell’Apollo 1 in un
incendio durante una prova di lancio. Tuttavia si trattava di progetti assolutamente
innovativi che hanno avuto, nel loro insieme, il merito di dimostrare le capacità
dell’umanità di sviluppare tecnologie e metodi scientifici. Progetti e missioni che nessuna
società privata, o anche più società private tra loro consorziate, avrebbe potuto realizzare
con successo.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Ciò è stato dimostrato ancora una volta dall’esplosione del lander Astrobotic Technology a
gennaio, poco dopo il suo lancio, dallo schianto del lander SLIM della società giapponese
Ispace nel 2023 e dallo schianto di Beresheet nel 2019, un lander sviluppato privatamente
dalla società israeliana SpaceIL. E poiché la Stazione Spaziale Internazionale non è in grado
di realizzare profitti, è prevista la sua deorbitazione e la sua distruzione entro il 2030.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Tutto ciò che sta succedendo da qualche decennio nei più variegati settori non fa parte di
un complotto. Si è fatta strada l’idea, dunque siamo nella sfera dell’ideologia, che tutti ciò
che è pubblico è inefficiente e inutilmente dispendioso, mentre, viceversa, ciò che è
“privato” sarebbe sinonimo di efficienza, economicità e successo. Su come si sia fatta strada
questa ideologia totalitaria dobbiamo interrogare anzitutto noi stessi. Ma non basta; bisogna
guardare su quali basi materiali, quindi su quali interessi concreti, poggia tale totalitarismo ideologico.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Uno tra i molteplici e infiniti esempi è dato da questo fatto: le azioni di Intuitive Machines
sono quotate al NASDAQ. Gli azionisti sollecitavano un lancio di successo il
più presto possibile per aumentare il prezzo delle azioni. </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">Da questo punto di vista la
missione è stata un successo</span><span style="font-family: BookAntiqua;">. Il valore dell’azienda è più che raddoppiato nel periodo
precedente al lancio e rimane circa il 40% più alto rispetto all’inizio del mese, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">nonostante </span><span style="font-family: BookAntiqua;">i
forti cali dopo che la società ha segnalato i problemi connessi all’atterraggio del lander.
</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBvsFcMHOV8MOb9L8wZt6iPGH7binnyXuBEanbPB8ky_inqrFI979yJrzBtjFGwBJ5t1gGO-xUPD7pPaxdN7UcSr2HxmxTD2ymxoPq7W7MRTg_Ur9KridIDSZtkS5l24GxIo4rn_eYbx4CAd7658n-tUptx9ylZER6fekO5hBZy_BqhKYqRTuzsxbXn9Q/s682/Schermata%202024-02-28%20alle%2007.32.34.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="503" data-original-width="682" height="295" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBvsFcMHOV8MOb9L8wZt6iPGH7binnyXuBEanbPB8ky_inqrFI979yJrzBtjFGwBJ5t1gGO-xUPD7pPaxdN7UcSr2HxmxTD2ymxoPq7W7MRTg_Ur9KridIDSZtkS5l24GxIo4rn_eYbx4CAd7658n-tUptx9ylZER6fekO5hBZy_BqhKYqRTuzsxbXn9Q/w400-h295/Schermata%202024-02-28%20alle%2007.32.34.png" width="400" /></a></span></div><p></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">L’esplorazione spaziale (così come altre questioni che riguardano l’intera umanità)
dovrebbe essere un’impresa intrinsecamente internazionale, che richiede pianificazione,
risorse, ricerca e infrastrutture di tutto il mondo per avere successo. Non può essere
subordinata al profitto privato (o al militarismo) sulla base di società rivali, non importa
quanti soldi possa avere una figura come Elon Musk.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-8287154080342254802024-02-27T11:59:00.001+01:002024-02-27T12:01:12.321+01:00Il titolo di Mario Seminerio<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Mario Seminerio nei suoi ultimi post prende di mira la pubblicità con la quale il MEF
promuove il </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">Btp Valore </span><span style="font-family: BookAntiqua;">in asta in questi giorni. Posso essere d’accordo: sotto il profilo
dell’educazione finanziaria è discutibile che un ministero presenti la cosa con quel
marketing pubblicitario. Sennonché si tratta, per l’appunto, di réclame. Per nulla ingannevole, anche se,
come rileva il nostro Cincinnato finanziario, non menziona il rischio connesso
all’investimento. Ma non avevamo detto e ripetuto a noia che non esiste investimento privo
di rischio?
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Questo rischio sui titoli di Stato c’è da sempre. L’Italia, in particolare, ha una storia quasi
infinita di debito pubblico che inizia proprio quando la Penisola era divisa in Stati e staterelli
tutti comunque più o meno indebitatissimi. Emblematica è infatti la vicenda del debito
pubblico dello “Stato romano”, cioè dello Stato pontificio, collocato in particolare all’estero
con tassi e </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">spread </span><span style="font-family: BookAntiqua;">di molte, molte volte superiori a quelli che oggi spaventerebbero fino a far
cadere i governi.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Ciò avveniva quando nel piccolo Ducato di Parma e Piacenza e nel Regno sardo-piemontese,
prima dell’avvento di Cavour alla presidenza del consiglio, collocavano il debito pubblico
con penalizzazioni (</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">spread</span><span style="font-family: BookAntiqua;">) addirittura di 3.000-3500 punti base. Poi Cavour riuscì a ridurre
il costo del debito pubblico del Regno sardo-piemontese, tuttavia ciò rimase in seguito il
principale problema post risorgimentale, nonostante il rigore di personaggi come Minghetti
e Sella (la loro insistenza nella odiosa tassa sul macinato, come ricorda Giolitti nelle sue
</span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Memorie della mia vita</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, Garzanti 1982, p. 46).
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Va anche notato, di passaggio, che un debito pubblico al 5% rappresentava un titolo
internazionale per eccellenza. E così va anche ricordato che alcuni secoli prima furono
innanzitutto i frati italiani appartenenti agli ordini mendicanti a superare la vecchia
definizione dell’usura e nel definire il 5% come il tasso praticabile senza incorrere nel
peccato religioso e civile dell’usura, ben identificato nell’inferno dantesco.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Lasciamo stare queste facezie storiche e veniamo al dunque attuale. Perché dei soggetti, non
solo quelli che nello spot “sembrano disporre di tempo e risorse per andare in crociera”, non
dovrebbero acquistare, con una parte del proprio patrimonio liquido e nella prospettiva di
un calo dei tassi d’interesse, un Btp che offre, nei sei anni, una tranquilla rendita media del
3,2 per cento, con cedole semestrali e uno 0.7 per cento di premio finale, ossia una pacca
sulla spalla?
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Lo spostamento delle “italiche formichine” verso le obbligazioni statali non può essere visto
di buon occhio da chi lavora nel settore dall’azionario e altre forme d’investimento. E questo
si può comprendere, fermo restando il fatto dell’assoluta onestà intellettuale del collega
blogger, il quale peraltro riconosce che questo spostamento del gregge in altri pascoli
potrebbe “servire a smettere di vendere fondi obbligazionari attivi con commissioni da
taglieggio”. E in ciò ci rivela le opportunità assommate del “mercato”. Tuttavia, quando
scrive di “debito pubblico in mano a giovanili crocieristi in verosimile quiescenza”, cioè a
persone che evidentemente non investono “per arrivare alla quarta settimana del mese”,
ebbene il titolo senza scadenza di rosicone se lo fregia in fronte da solo.</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-23204680194776237222024-02-27T07:39:00.004+01:002024-02-27T07:39:47.685+01:00La dinamica<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br /></span></p>
<div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Del vertice europeo della Nato a Parigi, tenutosi ieri, si parla poco o nulla, ma in tale sede si
è deciso un intervento diretto della Nato nella guerra. Non solo ulteriore invio di armi, ma
anche di soldati. L’Ucraina è a corto di altra carne umana da macellare, perciò dovrà
importarla.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Prima del vertice, il primo ministro slovacco Robert Fico aveva dichiarato: “Gli stati membri
della NATO e dell’UE stanno considerando di inviare le loro truppe in Ucraina su base
bilaterale”. Aggiungendo: “Non posso dire a quale scopo”. Rivelo io a quale scopo: turistico.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Ieri sera, il presidente Macron, chiudendo il vertice, ha affermato: “Faremo tutto il
necessario affinché la Russia non possa vincere questa guerra”, e dunque “non è escluso”
l’invio di truppe in Ucraina da parte di singoli paesi europei. Testualmente: “Oggi non c’è
consenso sull’invio di truppe di terra </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">in modo ufficiale</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, scontato e approvato. Ma </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">nella
dinamica </span><span style="font-family: BookAntiqua;">non è da escludere nulla”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">La dinamica è questa</span><span style="font-family: BookAntiqua;">: la Nato, ossia gli Stati Uniti e i suoi satelliti europei, non possono
permettersi una sconfitta in Ucraina. Non perderebbero solo la faccia e centinaia di miliardi
spesi inutilmente, ma soprattutto crollerebbe il caposaldo della Nato schierato contro la
Russia e il castello di menzogne costruito attorno a questa guerra e a ciò che l’ha preceduta
in fase di istigazione e predisposizione.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Li chiameranno “consiglieri”, “specialisti”, “istruttori” o chissà che altro. Sia chiaro, già sono
in loco, si tratta di creare la “dinamica” per mandarne molti di più e direttamente al fronte.
La guerra si allarga e aumenta d’intensità al pari della propaganda.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Un film già visto. Solo che questa volta, almeno per il momento, al macello saranno mandati
i “volontari”, non in figli della piccola borghesia europea e americana. Dunque, per il
momento, la propaganda avrà gioco facile. Del resto si combatte in nome della democrazia
contro la dittatura, il bene contro il male.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il loro attore comico preferito, Volodymyr Zelenskyj, intervenuto alla conferenza di Parigi
tramite collegamento video, ha dichiarato che finora l’Ucraina ha perduto 31mila soldati.
Essendo un comico di professione non teme il ridicolo e sguazza nel paradosso: “Non
300.000 o 150.000, o qualunque cosa dicano Putin e il suo circolo bugiardo”.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Nel novembre </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">2022</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, il presidente dei capi di stato maggiore congiunti, generale Mark
Milley, aveva dichiarato che 100.000 soldati ucraini erano stati uccisi o feriti, e il </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">New York
Times </span><span style="font-family: BookAntiqua;">scriveva che “i funzionari hanno affermato in privato che i numeri erano più vicini a
120.000”.
</span></span></p>
</div>
</div>
</div><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Zelenskyj è ormai prigioniero del suo ruolo e non gli resta che prefigurare una nuova offensiva, qualche colpo
ad effetto in Crimea o nel Mar Nero. Di essere tra i maggiori responsabili del massacro e
della distruzione dell’Ucraina neanche lo sfiora il pensiero. Quando non servirà più allo
scopo, i suoi padroni troveranno il modo di farne un martire.</span> </span></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-52660260091196916782024-02-26T18:45:00.005+01:002024-02-26T18:45:47.419+01:00In Sardegna si vola<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLuM2xRr-_QSDinUwWaus1eBAFHuxfUYi79G5llZXP646k899o39D3C-s1gg_5ITIPFceQL8V7NzgqV7pg9qPZfLSFTpTBBlz72NQkfEZdIxdq_ykkpNsSM06wR8XsbDDFcQiorMAwhj0Ss4QUlekV53d_I070RWiSKXS5uhlb39_fh5TmeBgsGSSR7dQ/s548/Schermata%202024-02-25%20alle%2020.29.36.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="141" data-original-width="548" height="116" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLuM2xRr-_QSDinUwWaus1eBAFHuxfUYi79G5llZXP646k899o39D3C-s1gg_5ITIPFceQL8V7NzgqV7pg9qPZfLSFTpTBBlz72NQkfEZdIxdq_ykkpNsSM06wR8XsbDDFcQiorMAwhj0Ss4QUlekV53d_I070RWiSKXS5uhlb39_fh5TmeBgsGSSR7dQ/w450-h116/Schermata%202024-02-25%20alle%2020.29.36.png" width="450" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrG0pHbBmwOHSsl5rEZsP1gNjDuFzWMXb12Vnfy_QcZ5lMX2L2QLrZhxAc4cZqs-sxu_8Crv-zXsTFKL596qqRyuKTr9glxiOBpaWRvlW3dmGqrPzqHlQQYmVGSAkNFvpD9uc6uT4hAToe61aBDK53X4O4Mz42KOPYKzq64mDB8Zs00YW_QPwSbDHq-hE/s660/Schermata%202024-02-26%20alle%2007.10.48.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="156" data-original-width="660" height="100" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrG0pHbBmwOHSsl5rEZsP1gNjDuFzWMXb12Vnfy_QcZ5lMX2L2QLrZhxAc4cZqs-sxu_8Crv-zXsTFKL596qqRyuKTr9glxiOBpaWRvlW3dmGqrPzqHlQQYmVGSAkNFvpD9uc6uT4hAToe61aBDK53X4O4Mz42KOPYKzq64mDB8Zs00YW_QPwSbDHq-hE/w422-h100/Schermata%202024-02-26%20alle%2007.10.48.png" width="422" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p></p>
<div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Ieri si è rivelato il miracolo: in Sardegna, alle ore 19, aveva votato il 44,1% degli aventi diritto.
Alla stessa ora, nel 2019, aveva votato solo il 43,3%. Quindi giusto titolare: “l’affluenza vola
in Sardegna”. Più pacato il </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Sole 24 ore, </span><span style="font-family: BookAntiqua;">che sulla base di quei dati, titolava: “Affluenza in
salita”. E infatti si registrava un poderoso più 0,8%.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Oggi s’è scoperto che l’impeto elettorale non è stato poi così deciso come auspicato:
l’affluenza non è stata nemmeno pari a quella del 2019. Inchiodati alle nostre poltrone, ai nostri divani, ai
nostri schermi, prepariamoci al dibattito televisivo su chi avrebbe potuto vincere ma ha
perso e su chi avrebbe dovuto perdere e invece ha vinto.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">In Sardegna resteranno intonsi gli antichi e dialettici rapporti di ... arretratezza, che se avesse vinto
Alessandra Todde sarebbero mutati. E invece ha perso Paolo Truzzu, seppure sul filo di
lana e alle 4 di domani mattina. Medioevo, dai.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Anche stavolta niente rivoluzione e nessuna testa rotolerà nella paglia. Tutto s’è svolto
pacificamente. Non come nel 1921, quando alle elezioni politiche in Italia vi furono 102 morti
e 388 feriti, dal 1° gennaio al 7 aprile. Poi, dall’8 aprile al 14 maggio i morti furono 105 e i
feriti 432. Nella sola giornata elettorale si ebbero 40 morti e 70 feriti gravi.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Due anni prima, nel 1919, si erano svolte le prime elezioni con il sistema della
rappresentanza proporzionale. Da mezzo secolo, tutti volevano questo nuovo sistema, chi
per un motivo e chi per un altro, ideologico o solo di opportunità. Socialisti, cattolici,
combattenti di destra e di sinistra, nonché i liberali. La riforma elettorale passò alla Camera
con 277 voti a favore e 38 contrari. Il Senato approvò con 70 sì e 9 no.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Nel 1923, Mussolini presentò, pel tramite del sottosegretario alla presidenza del consiglio,
Giacomo Acerbo, un disegno di legge per modificare la legge elettorale in senso
sostanzialmente maggioritario. In Commissione, i deputati del partito popolare, cioè quelli
che saranno poi i democristiani, risultarono decisivi: non votarono né a favore né contro la
nuova legge. Si astennero. In tal modo il disegno di legge passò con 10 voti contro 8. Poi,
giunto alla Camera il disegno di legge, i popolari votarono a favore della legge. Ovviamente
anche i liberali.
</span></span></p>
</div>
</div>
</div><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">La legge Acerbo comportò “una modificazione così radicale del regime rappresentativo da
essere ben difficilmente compatibile, pur se onestamente applicata, con le istituzioni
parlamentari così come queste erano state intese in passato” (Adrian Lyttelton, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">La conquista
del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, Laterza, p. 202).</span> </span></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2556939913661217752.post-47859243807815414482024-02-22T20:33:00.002+01:002024-02-24T19:13:32.051+01:00Quanti sono?<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></p><p>
</p><div class="page" title="Page 1">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">Le forze reazionarie </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">[...] </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">si batteranno accanitamente per conservare la loro supremazia.
Nel grave momento sapranno presentarsi ben camuffati, si proclameranno amanti della
libertà, della pace, del benessere generale, delle classi più povere. Già nel passato
abbiamo visto come si siano insinuate dietro i movimenti popolari, e li abbiano
paralizzati, deviati, convertiti nel preciso contrario. Senza dubbio saranno la forza più
pericolosa con cui si dovranno fare i conti.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Il Manifesto di Ventotene</span><span style="font-family: BookAntiqua;">, 1941. Che prosegue:
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il punto sul quale esse cercheranno di far leva sarà la restaurazione dello stato nazionale.
Potranno così far presa sul sentimento popolare più diffuso, più offeso dai recenti
movimenti, più facilmente adoperabile a scopi reazionari: il sentimento patriottico. In tal
modo possono anche sperare di più facilmente confondere le idee degli avversari [...]. Se
questo scopo venisse raggiunto, la reazione avrebbe vinto [...].
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Il problema che in primo luogo va risolto e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è
che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali
sovrani [...].
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">[Gli] Stati Uniti d’Europa, non possono poggiare che sulla costituzione repubblicana di tutti
i paesi federati. E quando, superando l’orizzonte del vecchio continente, si abbraccino in
una visione di insieme tutti i popoli che costituiscono l’umanità, bisogna pur riconoscere
che </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">la Federazione Europea è l’unica concepibile garanzia che i rapporti con i popoli
asiatici e americani si possano svolgere su una base di pacifica cooperazione</span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">, in attesa di
un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Il </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Manifesto </span><span style="font-family: BookAntiqua;">voleva essere una risposta politica allo stato di cose di allora, e si presentava
come un programma da intraprendere in futuro per riformare i sistemi politici e statuali
europei. In esso si sarebbero riconosciuti tutti coloro che, attraverso il cambiamento politico,
miravano a riformare la società rompendo il quadro nazionale.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Il progetto federalista di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi si concretizzerà nella creazione,
infine, dell’Unione Europea. I due estensori del </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Manifesto </span><span style="font-family: BookAntiqua;">non potevano immaginare che
cosa sarebbe diventata in realtà l’Unione Europea! Più un’espressione geografica e
d’interessi particolari che ...
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Spinelli e Rossi scrivevano ancora:
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di
cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era farà riprendere
immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza ed i privilegi sociali
[...].
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè
dovrà proporsi l’emancipazione </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di
condizioni più umane di vita. La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere
in tale direzione non può essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la
proprietà privata dei mezzi materiali di produzione deve essere in linea di principio abolita
e tollerata solo in linea provvisoria, quando non se ne possa proprio fare a meno. La </span></span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">statizzazione generale dell’economia è stata la prima forma utopistica in cui le classi operaie
si sono rappresentate la loro liberazione dal giogo capitalista; ma, una volta realizzata in
pieno, non porta allo scopo sognato, bensì alla costituzione di un regime in cui tutta la
popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell’economia.</span></span></p></div></div></div><div class="page" title="Page 2"><div class="layoutArea"><div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">[...] </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso</span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">, non
dogmaticamente in linea di principio. [...] Volendo indicare in modo più particolareggiato
il contenuto di questa direttiva, [...], mettiamo in rilievo i seguenti punti:
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">a) </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">Non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo un’attività
necessariamente monopolistica, sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori</span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">;
[...] e le imprese che per la grandezza dei capitali investiti e il numero degli operai occupati,
o per l’importanza del settore che dominano, possono ricattare gli organi dello stato,
imponendo la politica per loro più vantaggiosa (es.: industrie minerarie, grandi istituti
bancari, grandi armamenti). </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">È questo il campo in cui si dovrà procedere senz’altro a
nazionalizzazioni su scala vastissima, senza alcun riguardo per i diritti acquisiti.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">b) Le caratteristiche che hanno avuto in passato il diritto di proprietà e il diritto di
successione, hanno permesso di accumulare nelle mani di pochi privilegiati ricchezze che
converrà distribuire </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">durante una crisi rivoluzionaria in senso egualitario, </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">per eliminare i
ceti parassitari e per dare ai lavoratori gli strumenti di produzione di cui abbisognano, onde
migliorare le condizioni economiche e far loro raggiungere una maggiore indipendenza di
vita. [...].
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">c) I giovani vanno assistiti con le provvidenze necessarie per ridurre al minimo le distanze
fra le posizioni di partenza nella lotta per la vita. In particolare la scuola pubblica dovrà dare
le possibilità effettive di proseguire gli studi fino ai gradi superiori ai più idonei, invece che
ai più ricchi; e dovrà preparare in ogni branca di studi, per l’avviamento ai diversi mestieri
e alle diverse attività liberali e scientifiche, un numero di individui corrispondente alla
domanda del mercato, in modo che le rimunerazioni medie risultino poi press’a poco eguali
per tutte le categorie professionali, qualunque possano essere le divergenze fra le
rimunerazioni nell’interno di ciascuna categoria, a seconda delle diverse capacità
individuali.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">d) </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">La potenzialità quasi senza limiti della produzione in massa dei generi di prima
necessità, con la tecnica moderna, permette ormai di assicurare a tutti, con un costo sociale
relativamente piccolo, il vitto, l’alloggio e il vestiario, col minimo di conforto necessario
per conservare il senso della dignità umana. </span><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;">La solidarietà umana verso coloro che
riescono soccombenti nella lotta economica, non dovrà, per ciò, manifestarsi con le forme
caritative sempre avvilenti e produttrici degli stessi mali alle cui conseguenze cercano di
riparare, ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti,
possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente, senza ridurre lo stimolo al lavoro
e al risparmio. Così nessuno sarà più costretto dalla miseria ad accettare contratti di lavoro
iugulatori.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="color: #c00000; font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">e) La liberazione delle classi lavoratrici può aver luogo solo realizzando le condizioni
accennate nei punti precedenti: non lasciandole ricadere in balìa della politica economica
dei sindacati monopolistici, che trasportano semplicemente nel campo operaio i metodi
sopraffattori caratteristici anzitutto del grande capitale.
</span></span></p>
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<div class="column">
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Eccetera (si badi: il resto del </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Manifesto </span><span style="font-family: BookAntiqua;">non è meno interessante, specie riguardo l’Italia).
Insomma, un riformismo illuminato, che però difetta di realismo politico (rivendica
illusoriamente la nozione di “rivoluzione”, anche se, viceversa, coglie il tema della critica
all’organizzazione settaria dove domina solo l’elemento operaio fedele al partito) e
sottovaluta la potenza delle forze totalitarie del capitalismo. Quindi il fatto che a dettare
l’agenda del dopoguerra sarebbe stato il più grande paese capitalista, sotto il cui dominio
imperialista si troverà costretta l’Europa di allora così come è legata e imbavagliata quella
di oggi.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Un imperialismo esplicito sotto il profilo economico ma anche ideologico, forse soprattutto
ideologico, talché gli esponenti politici che presiedono l’unione europea si sono dimenticati
totalmente del </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-style: italic;">Manifesto </span><span style="font-family: BookAntiqua;">di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">semmai si sono presi la briga
di leggerlo</span><span style="font-family: BookAntiqua;">! È noto che preferiscono Milton Friedman e soci.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Per creare un nuovo sistema economico-sociale è necessario distruggere quello vecchio. Per
molto tempo la questione s’è posta relativamente ai rapporti sociali di produzione (e dunque
ai rapporti di classe), che non possono rimanere intonsi come pretenderebbero i riformisti
più o meno illuminati. Si pensava e credeva – Spinelli e Rossi avevano facilmente ragione
nel criticare il punto – che bastasse la socializzazione dei mezzi di produzione e come
d’incanto il problema si sarebbe avviato la soluzione.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: BookAntiqua;"><span style="font-size: large;">Abbiamo visto com’è andata a finire nell’Urss. Invece i “compagni” cinesi hanno pensato
da ultimo che bastasse coniugare Keynes con Taylor (più il secondo che il primo) per uscire
dal tunnel nel quale si erano infilati. A mio modo di vedere si sono dimenticati di leggere
qualche pagina marxiana, forse non è stata neppure tradotta in mandarino.
</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: BookAntiqua;">Tuttavia il problema del capitalismo, nelle sue contraddizioni più nefaste, è il problema
dell’umanità intera, della sua stessa sopravvivenza. Le élite borghesi, illudendosi e
illudendoci, pongono questo problema come fosse una questione <i>green</i> e di tassi di
interesse. E finora hanno avuto buon gioco per un semplice motivo: pur tenendo fermo che
una formazione economico sociale non si supera mettendola ai voti, tra i contrari e
favorevoli, </span><span style="font-family: BookAntiqua; font-weight: 700;">quanti sono </span><span style="font-family: BookAntiqua;">coloro che propendono realmente per il superamento del
capitalismo?</span></span></p></div></div></div><p></p>Olympe de Gougeshttp://www.blogger.com/profile/02390035244628524872noreply@blogger.com4