mercoledì 27 marzo 2013

Precisazioni necessarie



Tre notizie di fila fanno riflettere sul cambio d’epoca e sulla nuova condizione sociale ed umana che si va delineando. La prima notizia riguarda la sostituzione dei testi scolastici con il cosiddetto digitale. Dicono che le famiglie risparmieranno sui costi dei libri cartacei ed è probabile che sarà così, ma chiuderanno inevitabilmente delle aziende grafiche e anche le cartiere subiranno dei forti contraccolpi così come altri settori produttivi collaterali. La seconda notizia riguarda l’apertura di un supermercato nel quale in cambio di lavoro potrai fare la spesa. Anche in questo caso l’innovazione colpirà l’occupazione. L’altra notizia ancora, racchiusa in un titolo, dice che “non è mai stato così facile trovare lavoro in Nuova Zelanda”. Una precisazione necessaria di questi tempi: la Nuova Zelanda non è posta a nord dell’Inghilterra e, sembra, in nessun altro luogo dell'emisfero nord, per quanto possano esservi in rete anche opinioni discordanti.




In attesa che i partiti si mettano d’accordo sui nomi e i volti dei nuovi ministri, tali indizi indicano la tendenza che in alcuni lustri cambierà radicalmente – almeno per taluni aspetti – i connotati del nostro vivere quotidiano. Il tasso dei non occupati e dei disoccupati è destinato a crescere molto in fretta, soprattutto nei settori manifatturieri e della produzione diretta, confermando in pieno, anche in questo caso, le previsioni marxiane.

L’aumento sia della componente costante del capitale rispetto a quella variabile, sia della componente fisica dei mezzi di produzione relativamente alla forza-lavoro che li attiva, segue una tendenza storica – quale oggettiva tendenza di fondo – che porta a una diminuzione del saggio generale del profitto, in quanto il plusvalore – pur tenendo conto delle controtendenze – cresce sempre meno del capitale complessivo. In altri termini: a un dato livello di accumulazione la scala della produzione è data tecnicamente, poiché per la sua espansione è necessaria una quantità definita di capitale; pertanto la grandezza del plusvalore richiesto per consentire la valorizzazione non è arbitraria, ma sottoposta a vincoli tecnici.

Le difficoltà di valorizzazione si manifestano attraverso crisi cicliche. In altre parole, quando il profitto sociale non è in grado di far compiere al capitale il necessario salto di composizione organica, si determina la crisi di sovrapproduzione, la quale è anzitutto sovrapproduzione di capitale prima ancora che sovrapproduzione di merci. Perciò la teoria marxista della crisi è anche e soprattutto la teoria della necessità della crisi capitalistica, la dimostrazione oggettiva e scientifica che nega la possibilità di uno sviluppo illimitato ed equilibrato dell’accumulazione capitalistica. E ciò dovrebbe bastare per disperdere le nebbie – assai fitte di questi tempi – delle concezioni che deducono il superamento del modo di produzione capitalistico dall’ingiustizia e dalla malvagità del capitalismo, ovvero dalla pura volontà rivoluzionaria del proletariato (che è uno dei fattori che possono accelerare il corso del cambiamento), oppure ancora – seguendo le ansie sottoconsumistiche attuali – per ragioni di sostenibilità in rapporto alle risorse (questione vera ma non decisiva).

4 commenti:

  1. Domanda dell'ignorante.

    E' assodata - non grazie a particolari doti analitiche, ma perché basta osservare la storia e la realtà delle cose - la fondatezza della dinamica studiata e descritta da Marx. Sembra anche evidente, e anche qui la storia ci soccorre, che alcune delle crisi cicliche generate dalla curva produttiva del capitalismo sono talmente gravi che non bastano i pannicelli caldi (per quanto dolorosi per chi se li sciroppa) della ragioneria bancaria e della repressione sociale, e solo la guerra (imperialista) può fare ripartire la giostra.

    Come possiamo essere certi che una qualsiasi di quelle crisi si dimostri fatale al capitalismo? Mi chiedo se potrebbe invece verificarsi un caso analogo alla teoria cosmologica dell'Universo che si espande per poi contrarsi catastroficamente in un punto di densità infinita, solo per poi riesplodere nuovamente e fare ripartire un ciclo di espansione, e così via all'infinito. La capacità delle strutture di creazione della coscienza e di mascheramento della realtà di questo capitalismo ha raggiunto una sofisticazione e un'efficacia tali che c'è da temere che una contro-coscienza collettiva di liberazione non riesca mai a formarsi ed emergere.

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    1. meno male un commento, pensavo di aver scritto il post per nulla

      vedi se questa risposta può interessarti:

      http://diciottobrumaio.blogspot.it/2013/01/i-penan-non-tagliano-piu.html

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    2. Grazie, si tratta infatti di un post splendido. Ma mentre la scienza marxiana ci parla di ineluttabilità del superamento del sistema produttivo e socioeconomico attuale, spinto alla crisi fatale dalle sue inevitabili contraddizioni, tutti vediamo anche lo straordinario potere di creazione di (ir)realtà mentali del capitalismo.

      Esso, nella coscienza dei custodi dell'ideologia, saprà di non potersi opporre alla macchina inesorabile della caduta del saggio di profitto. E allora la reazione a tale consapevolezza si sposta dall'economia, dove è comunque perdente, alla biologia. La forza lavoro deve vivere in una realtà virtuale nella quale la possibilità stessa di un'alternativa radicale non deve essere pensabile. Un po' come nella fiaba celtica nella quale i troll tengono per sempre gli uomini incatenati a lavorare in miniera "eliminando" i giorni della settimana tra mercoledì e domenica. Vivendo sempre tra lunedì e martedì, gli uomini non possono concepire una vita diversa da quella, miserabile, che i troll li costringono a fare. Finché un giorno un uomo osa pronunciare la parola proibita: "mercoledì", l'incantesimo si dissolve e gli uomini tornano liberi. Ma come potrebbe accadere se nessuno conoscesse quella parola, se la possibilità stessa di pensarla fosse inibita?

      La raffinatezza e il successo delle tecniche repressive e di manipolazione, direzione e creazione della coscienza oggi sono stupefacenti (e strettamente legate allo svuotamento e alla distruzione del sistema scolastico ed educativo di massa). Una rivoluzione come quelle che in passato hanno scardinato regimi secolari non è più possibile, non solo materialmente inattuabile ma proprio "biologicamente" impossibile. Tanto quanto sperare che i manzi si rivoltino contro il terribile processo industriale che li vede alla fine convertiti in hamburger.

      Il dilemma che io vedo, e che ovviamente solo il tempo potrà sciogliere, è: poiché in ultima analisi gli attori del superamento dialettico di un sistema dato sono gli esseri umani, come potranno essi produrlo in una realtà (artificiale, ma ad essi sembra del tutto naturale) nella quale la nozione stessa di superamento viene resa im-pensabile? Le leggi economiche studiate da Marx potranno essere in un certo senso "disinnescate" da una struttura di controllo delle menti e dei corpi che non ha l'eguale nella storia passata? Io ho la sensazione che la partita finale si giochi su quel campo. E solo una delle due squadre ne è pienamente consapevole.

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    3. sì, sono d'accordo anche con l'ultima parte del tuo commento. grazie

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