Un tempo, al ritorno da scuola, negli androni e salendo
le scale dei condomini, si potevano indovinare dagli odori tante cose di
quell’umanità semplice e povera. Non era necessario guardare il calendario per
sapere quale giorno era. Quegli odori e sapori sono rimasti intessuti nei gangli
della memoria di ognuno di noi. Che però è sempre meno memoria collettiva,
poiché va lentamente sfumando come l’aceto nella cipolla
che sfrigola.
Diciamo pure che non tutti quegli odori sapevano di
buono, ma quello dei ragù e dei fritti di pesce colpiva con una fitta lo
stomaco vuoto quasi come il primo bacio. Entravi in casa è scoprivi che quegli
odori tanto appetitosi non s’irradiavano dalla tua cucina e la delusione – che
poi diventava frustrazione – si leggeva nella tua faccia come quella di un Bersani
in uscita dal Quirinale. Inappagato il desiderio, si sviluppava l’attitudine
al sogno.
Però certi giorni salivi le scale più in fretta, con sicurezza, due
scalini alla volta, riconoscevi per esempio l’irresistibile profumo delle
polpette, quelle che, come dice l’immortale Artusi, tutti sanno fare, cominciando dal ciuco, il quale fu
forse il primo a darne il modello al genere umano. Mia madre il venerdì di
pasqua non si sarebbe mai sognata di prepararle, ma ciò non vale per gli atei
impenitenti già sentenziati dalla curia e condannati alla graticola eterna.
Le polpette le preparo leggere, con carne
di vitella, ma anche il manzo è ottimo, anzi, il sapore migliora. Nell’impasto
non metto l’aglio, però il prezzemolo e un po’ di noce moscata, un paio di giri
di pepe e il sale, naturalmente l’uovo, al singolare, perché non ne serve
molto. C’è a chi piace aggiungervi il pane ammollato o pangrattato, ma provate invece
solo con un po’ di parmigiano. Dopo averle impanate, non siate avari con l’olio
dove le friggete. Ma se proprio volete far alla mia maniera, assieme alla
carne fatevi macinare anche una fetta di buona mortadella, quindi, invece
d’impanarle con uovo e pangrattato, passatele su della farina di riso prima di
metterle sulla piastra molto calda o nell’olio bollente.
Nessun commento:
Posta un commento