domenica 24 marzo 2013

Com'è lontana Genova



Non pochi tra le giovani e i giovanotti che sono entrati in parlamento, non hanno mai ricevuto uno stipendio in vita loro oppure si è trattato di qualcosa attorno ai mille euro. A giorni questi proletari che aspirano a uno status borghese riceveranno per la prima volta gli emolumenti spettanti, ben oltre 10mila euro. Grillo è lontano, a Genova, e loro – così giovani e attenti ai richiami – sono a far vita a Roma. Quello dei soldi è un dettaglio che li indurrà a volerci restare nella capitale, in posizione di comodità. Il più a lungo possibile. Tempo al tempo, nulla è più nobile e mobile di un seggio in parlamento, nessun voto è più discreto e segreto di quello elettronico.

* * *



Galli Ernesto oggi scrive un lungo editoriale: Ciò che il centro non ha capito. Non l’ho letto tutto, ma posso sintetizzare senza fallo: le élite italiane (questo il tema), e “il personale di governo quale parte più significativa”, non prendono l’autobus, non viaggiano in seconda e terza classe, non fanno la fila alla posta per pagare le bollette e il canone Rai. Perciò il Centro del mondo ha perso le elezioni. Le parole espresse da Galli non sono proprio queste, ma equipollenti e perciò il concetto è quello descritto.

Commento: anche Berlusconi non prende l’autobus, non viaggia in seconda e terza classe, non fa la fila alla posta e tantomeno per pagare il canone Rai; ma lui, tra i tantissimi suoi difetti pregi, non ha la spocchia di Mario Monti o di quella cretina della quale ormai ho dimenticato (rimosso?) il nome.

* * *

Oggi Eugenio Scalfari è nelle vesti dello psicologo, oltre che in quelle ordinarie di vecchio saggio chiaroveggente.

Qualcuno s'incomincia ad accorgere che è venuta meno la figura del padre e che questa lacuna di paternità è una delle cause non marginali della perdita d'identità e della nevrosi diffusa che da molti anni affligge il nostro Paese e non soltanto. Se il padre ha dimissionato non ci saranno più neppure i figli, i fratelli, i cugini; mancano i punti di riferimento. La stessa salutare dialettica tra le generazioni viene meno e si trasforma in una lotta per il potere tra vecchi e giovani.

La gerarchia familiare aveva il compito di trasmettere l'identità, la memoria storica e il sapere orale. Ebbene, questo mondo è affondato ma poiché la natura non sopporta il vuoto, al posto del padre, della madre, dei fratelli, si è insediata la cultura del branco.

Alla fine di questa tirata Scalfari avverte il lettore che quanto precede non è altro che la ripubblicazione di un suo vecchio articolo del 1998: “Ho deciso di ripubblicarlo perché mi sembra che descriva l'attualità che stiamo vivendo in modo che meglio non avrei saputo fare”. Queste parole, che alludono a “uomini che non si inchinano dinanzi a nessuna autorità, che non prestano fede a nessun principio”, si potevano leggere da più parti già nel 1968. In realtà, queste ultime citate, le ha scritte Ivan Turgenev, in Padri e figli del 1862, non a caso coniatore del termine “nichilista”.

Ma validi riferimenti del conflitto generazionale in atto in ogni epoca, Scalfari può rintracciarli nei Viceré di De Roberto, così come in Verga, fino ad arrivare a Pirandello che nel suo quasi misconosciuto capolavoro, I vecchi e i giovani, intriga con la faccenda fin dal titolo. Cito tanto per dare una parvenza di erudizione, una volta tanto, visto che – a parte Marx – non ho l’abitudine d’infarcire i miei post di testimonianze illustri, pratica che deploro in Ravasi, Cacciari, Riotta e molti altri che non leggo più da anni. E a proposito dell’argomento e di Marx, sentiamo cosa aveva da dire il renano a soli 27 anni:

La storia non è altro che la successione delle singole generazioni, ciascuna delle quali sfrutta i materiali, i capitali, le forze produttive che le sono stati trasmessi da tutte le generazioni precedenti, e quindi da una parte continua, in circostanze del tutto cambiate, l’attività che ha ereditato; d’altra parte modifica le vecchie circostanze con un’attività del tutto cambiata; è un processo che sul terreno speculativo viene distorto al punto di fare della storia successiva lo scopo della storia precedente, di assegnare per esempio alla scoperta dell’America lo scopo di favorire lo scoppio della Rivoluzione francese; per questa via poi la storia riceve i suoi scopi speciali e diventa una « persona accanto ad altre persone» (che sono: « autocoscienza, critica, unico », ecc.), mentre ciò che vien designato come « destinazione », « scopo », « germe », « idea » della storia anteriore altro non è che un’astrazione della storia posteriore, un’astrazione dell’influenza attiva che la storia anteriore esercita sulla successiva […].

Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio. Gli individui che compongono la classe dominante posseggono fra l’altro anche la coscienza, e quindi pensano; in quanto dominano come classe e determinano l’intero ambito di un’epoca storica, è evidente che essi lo fanno in tutta la loro estensione, e quindi fra l’altro dominano anche come pensanti, come produttori di idee che regolano la produzione e la distribuzione delle idee del loro tempo; è dunque evidente che le loro idee sono le idee dominanti dell’epoca.

Com’è croccante la prosa marxiana, altro che Scalfari. Il quale dimentica di citare la risposta violenta della borghesia alle lotte sociali e la sconfitta operaia, il dissolvimento delle ideologie e la trasformazione dei partiti di massa in macchine elettorali, la corruzione diffusa nella gestione del potere, l’individualizzazione dell’agire sociale e politico, il trionfo del leaderismo fino alla restaurazione dell’Uebermensch. Scalfari e Galli e la loro classe sociale non credo proprio possano dichiararsi intonsi da responsabilità, e prima di sbuffare dovrebbero almeno recitare mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. Ma non lo faranno mai.

Nessun commento:

Posta un commento