Non pochi tra le giovani e i giovanotti che sono
entrati in parlamento, non hanno mai ricevuto uno stipendio in vita loro oppure
si è trattato di qualcosa attorno ai mille euro. A giorni questi proletari che
aspirano a uno status borghese riceveranno per la prima volta gli emolumenti
spettanti, ben oltre 10mila euro. Grillo è lontano, a Genova, e loro – così
giovani e attenti ai richiami – sono a far vita a Roma. Quello dei soldi è un
dettaglio che li indurrà a volerci restare nella capitale, in posizione di
comodità. Il più a lungo possibile. Tempo al tempo, nulla è più nobile e mobile
di un seggio in parlamento, nessun voto è più discreto e segreto di quello
elettronico.
* * *
Galli Ernesto oggi scrive un lungo editoriale: Ciò che il centro non ha capito. Non
l’ho letto tutto, ma posso sintetizzare senza fallo: le élite italiane (questo
il tema), e “il personale di governo quale parte più significativa”, non
prendono l’autobus, non viaggiano in seconda e terza classe, non fanno la fila
alla posta per pagare le bollette e il canone Rai. Perciò il Centro del mondo ha perso le elezioni.
Le parole espresse da Galli non sono proprio queste, ma equipollenti e perciò il
concetto è quello descritto.
Commento: anche Berlusconi non prende l’autobus, non
viaggia in seconda e terza classe, non fa la fila alla posta e tantomeno per
pagare il canone Rai; ma lui, tra i tantissimi suoi difetti pregi, non
ha la spocchia di Mario Monti o di quella cretina della quale ormai ho
dimenticato (rimosso?) il nome.
* * *
Oggi Eugenio Scalfari è nelle vesti dello psicologo,
oltre che in quelle ordinarie di vecchio saggio chiaroveggente.
Qualcuno
s'incomincia ad accorgere che è venuta meno la figura del padre e che questa
lacuna di paternità è una delle cause non marginali della perdita d'identità e
della nevrosi diffusa che da molti anni affligge il nostro Paese e non
soltanto. Se il padre ha dimissionato non ci saranno più neppure i figli, i
fratelli, i cugini; mancano i punti di riferimento. La stessa salutare
dialettica tra le generazioni viene meno e si trasforma in una lotta per il
potere tra vecchi e giovani.
La gerarchia familiare aveva il compito di trasmettere l'identità, la memoria storica e il sapere orale. Ebbene, questo mondo è affondato ma poiché la natura non sopporta il vuoto, al posto del padre, della madre, dei fratelli, si è insediata la cultura del branco.
La gerarchia familiare aveva il compito di trasmettere l'identità, la memoria storica e il sapere orale. Ebbene, questo mondo è affondato ma poiché la natura non sopporta il vuoto, al posto del padre, della madre, dei fratelli, si è insediata la cultura del branco.
Alla fine di questa tirata Scalfari avverte il
lettore che quanto precede non è altro che la ripubblicazione di un suo vecchio
articolo del 1998: “Ho deciso
di ripubblicarlo perché mi sembra che descriva l'attualità che stiamo vivendo
in modo che meglio non avrei saputo fare”. Queste parole, che alludono a “uomini che non
si inchinano dinanzi a nessuna autorità, che non prestano fede a nessun
principio”, si potevano leggere da più parti già nel 1968. In realtà, queste
ultime citate, le ha scritte Ivan Turgenev, in Padri e figli del 1862, non a caso coniatore del termine
“nichilista”.
Ma validi riferimenti del conflitto
generazionale in atto in ogni epoca, Scalfari può rintracciarli nei Viceré di De Roberto, così come in Verga,
fino ad arrivare a Pirandello che nel suo quasi misconosciuto capolavoro, I vecchi e i giovani, intriga con la
faccenda fin dal titolo. Cito tanto per dare una parvenza di erudizione, una
volta tanto, visto che – a parte Marx – non ho l’abitudine d’infarcire i miei
post di testimonianze illustri, pratica che deploro in Ravasi, Cacciari, Riotta
e molti altri che non leggo più da anni. E a proposito dell’argomento e di
Marx, sentiamo cosa aveva da dire il renano a soli 27 anni:
La storia non è altro che la successione delle singole
generazioni, ciascuna delle quali sfrutta i materiali, i capitali, le forze
produttive che le sono stati trasmessi da tutte le generazioni precedenti, e
quindi da una parte continua, in circostanze del tutto cambiate, l’attività che
ha ereditato; d’altra parte modifica le vecchie circostanze con un’attività del
tutto cambiata; è un processo che sul terreno speculativo viene distorto al
punto di fare della storia successiva lo scopo della storia precedente, di assegnare
per esempio alla scoperta dell’America lo scopo di favorire lo scoppio della
Rivoluzione francese; per questa via poi la storia riceve i suoi scopi speciali
e diventa una « persona accanto ad altre persone» (che sono: « autocoscienza,
critica, unico », ecc.), mentre ciò che vien designato come « destinazione », «
scopo », « germe », « idea » della storia anteriore altro non è che
un’astrazione della storia posteriore, un’astrazione dell’influenza attiva che
la storia anteriore esercita sulla successiva […].
Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee
dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante è in pari tempo
la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della
produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione
intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di
coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee
dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali
dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque
l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante,
e dunque sono le idee del suo dominio. Gli individui che compongono la classe
dominante posseggono fra l’altro anche la coscienza, e quindi pensano; in
quanto dominano come classe e determinano l’intero ambito di un’epoca storica,
è evidente che essi lo fanno in tutta la loro estensione, e quindi fra l’altro
dominano anche come pensanti, come produttori di idee che regolano la
produzione e la distribuzione delle idee del loro tempo; è dunque evidente che
le loro idee sono le idee dominanti dell’epoca.
Com’è
croccante la prosa marxiana, altro che Scalfari. Il quale dimentica di citare
la risposta violenta della borghesia alle lotte sociali e la sconfitta operaia,
il dissolvimento delle ideologie e la trasformazione dei partiti di massa in
macchine elettorali, la corruzione diffusa nella gestione del potere,
l’individualizzazione dell’agire sociale e politico, il trionfo del leaderismo
fino alla restaurazione dell’Uebermensch.
Scalfari e Galli e la loro classe sociale non credo proprio possano dichiararsi
intonsi da responsabilità, e prima di sbuffare dovrebbero almeno recitare mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.
Ma non lo faranno mai.
Nessun commento:
Posta un commento