Il
Movimento di Grillo-Casaleggio è uscito vincente dalle urne e, se manterrà fede
a quanto annunciato, sarà sconfitto in parlamento, avendo perso un’occasione
davvero storica. Come scrissi alcune settimane or sono, le rivoluzioni non si
fanno nel e dal parlamento, però da lì sarebbero potute partire delle riforme.
L’imprenditore, il carrozziere, il macellaio – persone vere che ho citato e che
hanno votato M5S – sono già impazienti di risultati. E, con essi, alcuni di
quei milioni di elettori che hanno votato Grillo, non già per fiducia ma
soprattutto per protesta.
Ha
ragione quella vecchia volpe democristiana di Prodi: quando si sarà depositata
la sabbia, potremmo vedere meglio. Si vedrà allora che il M5S ritornerà a
essere un movimento di protesta e una forza politica di opposizione che vivrà
nell’illusione di una rivoluzione pacifica e imminente. Ciò che manca ai suoi
capi è una capacità d’analisi della situazione reale complessiva, del processo
oggettivo dell’economia e dei rapporti di forza. Da tale incapacità derivano le
loro insulsaggini sulla decrescita felice, tanto per citare, le loro rincorse
basate sull’etica e la giustizia sociale. Perché una cosa è riconoscere una
necessità, altra faccenda è farla vivere e camminare.
L’unica
possibilità è che il sistema si riveli effettivamente incapace di reggere
economicamente un decente welfare – ancorché riformato – e cioè di sopportare
questo modello di democrazia e la sua tenuta sociale. Ma anche in tal caso, non
sarebbero Grillo e Casaleggio a poter gestire il cambiamento di sistema. Come
ho già scritto, si tratta d’intelligenze troppo modeste e troppo poco dialettiche
per dirigere un simile processo.
* * *
La
Chiesa cattolica sta vivendo, per certi aspetti, una crisi che ricorda l’epoca
della Riforma. Lì era la borghesia europea che si divincolava dal centralismo
romano, ora è la perdita di potere del centralismo romano e europeo nei
riguardi degli altri continenti. Si può dire dunque che il centralismo
cattolico soffre le dinamiche della globalizzazione e che si va affermando, sia
pur timidamente, una tendenza alla multipolarità del cattolicesimo. Da qui la
necessità di raggiungere un compromesso che abbia riguardo delle linee più
liberalizzanti e “moderniste”, in accordo con lo sviluppo economico-sociale, e
attento a un diverso modo di concepire la famiglia, la morale sessuale e favorevole
a un allentamento della disciplina di canoni secolari nati nelle epoche nelle
quali predominavano le società agrarie.
La
questione decisiva per una qualsiasi organizzazione, tanto più se così potente
e strutturata come la Chiesa cattolica, è la sua capacità di riprodursi nei
suoi quadri ordinativi, ossia di alimentare costantemente livelli di
reclutamento adeguati al ricambio generazionale. È quello che la Chiesa chiama
il problema delle “vocazioni”. Esse subirono un’impennata in Italia negli anni
Trenta a seguito dei trattati Stato-Chiesa che garantivano un sussidio fisso ad personam ai preti a carico dello
Stato. In quella situazione, in un’economia prevalentemente agraria e segnata
dalla miseria, il balzo delle “vocazioni” per effetto dell’arruolamento di una
massa giovane in cerca di uno status e di reddito stabile, fu cosa ovvia. Oggi
le cose stanno ben diversamente.
Un
esercito di oltre 400mila preti e 700mila suore ha bisogno per il proprio
ricambio di una leva imponente con tassi di reclutamento ben superiori agli
attuali. L’Europa occidentale è ormai un bacino esausto, laddove nella cattolicissima
Irlanda – anche per l’effetto degli scandali sessuali – nel 2010 si sono
registrate solo 10 ordinazioni! In Italia il tasso di reclutamento resta
stabile, ma assai insufficiente, mentre in Spagna è la metà e in Francia un
quarto di quello italiano. Complessivamente in Europa si è passati dagli oltre
2.700 arruolamenti del 1991 agli attuali 1.700. Anche nell’Est, man mano che
queste società escono da condizioni economiche arretrate, la spinta al
reclutamento subisce flessioni. In America Latina sta succedendo la stessa cosa
e anche in Africa e Asia c’è una tendenza alla riduzione degli arruolamenti.
Resta
aperto il problema del celibato, ma su questo punto la Chiesa resta irrigidita
per l’eternità per una molteplicità di motivi. E anche per il resto essa
resterà nei suoi costumi abituali, soprattutto nella sua pratica economica,
nella sua volontà di potenza, invidia, avarizia, misoginia, odio e disprezzo.
La sua lotta per il controllo del mercato spirituale la vede incerta, ma quella
sul terreno del godimento e del consumo la vede già sconfitta. Il mondo è stato
cristiano come i paesi dell’Est sono stati comunisti.
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