Tre
notizie di fila fanno riflettere sul cambio d’epoca e sulla nuova condizione
sociale ed umana che si va delineando. La prima notizia riguarda la
sostituzione dei testi scolastici con il cosiddetto digitale. Dicono che le
famiglie risparmieranno sui costi dei libri cartacei ed è probabile che sarà
così, ma chiuderanno inevitabilmente delle aziende grafiche e anche le cartiere
subiranno dei forti contraccolpi così come altri settori produttivi collaterali.
La seconda notizia riguarda l’apertura di un supermercato nel quale in cambio di
lavoro potrai fare la spesa. Anche in questo caso l’innovazione colpirà
l’occupazione. L’altra notizia ancora, racchiusa in un titolo, dice che “non è
mai stato così facile trovare lavoro in Nuova Zelanda”. Una precisazione necessaria
di questi tempi: la Nuova Zelanda non è posta a nord dell’Inghilterra e, sembra, in nessun altro luogo dell'emisfero nord, per quanto possano esservi in rete anche opinioni discordanti.
In
attesa che i partiti si mettano d’accordo sui nomi e i volti dei nuovi
ministri, tali indizi indicano la tendenza che in alcuni lustri cambierà
radicalmente – almeno per taluni aspetti – i connotati del nostro vivere
quotidiano. Il tasso dei non occupati e dei disoccupati è destinato a crescere
molto in fretta, soprattutto nei settori manifatturieri e della produzione
diretta, confermando in pieno, anche in questo caso, le previsioni marxiane.
L’aumento
sia della componente costante del capitale rispetto a quella variabile, sia
della componente fisica dei mezzi di produzione relativamente alla forza-lavoro
che li attiva, segue una tendenza storica – quale oggettiva tendenza di fondo –
che porta a una diminuzione del saggio generale del profitto, in quanto il
plusvalore – pur tenendo conto delle controtendenze – cresce sempre meno del
capitale complessivo. In altri termini: a un dato livello di accumulazione la
scala della produzione è data tecnicamente, poiché per la sua espansione è
necessaria una quantità definita di
capitale; pertanto la grandezza del plusvalore richiesto per consentire la
valorizzazione non è arbitraria, ma sottoposta a vincoli tecnici.
Le
difficoltà di valorizzazione si manifestano attraverso crisi cicliche. In altre
parole, quando il profitto sociale non è in grado di far compiere al capitale
il necessario salto di composizione organica, si determina la crisi di
sovrapproduzione, la quale è anzitutto sovrapproduzione di capitale prima
ancora che sovrapproduzione di merci. Perciò la teoria marxista della crisi è
anche e soprattutto la teoria della
necessità della crisi capitalistica, la dimostrazione oggettiva e scientifica che nega la possibilità di uno sviluppo illimitato
ed equilibrato dell’accumulazione capitalistica. E ciò dovrebbe bastare per
disperdere le nebbie – assai fitte di questi tempi – delle concezioni che
deducono il superamento del modo di produzione capitalistico dall’ingiustizia e
dalla malvagità del capitalismo, ovvero dalla pura volontà rivoluzionaria del
proletariato (che è uno dei fattori che possono accelerare il corso del
cambiamento), oppure ancora – seguendo le ansie sottoconsumistiche attuali – per
ragioni di sostenibilità in rapporto alle risorse (questione vera ma non
decisiva).
Domanda dell'ignorante.
RispondiEliminaE' assodata - non grazie a particolari doti analitiche, ma perché basta osservare la storia e la realtà delle cose - la fondatezza della dinamica studiata e descritta da Marx. Sembra anche evidente, e anche qui la storia ci soccorre, che alcune delle crisi cicliche generate dalla curva produttiva del capitalismo sono talmente gravi che non bastano i pannicelli caldi (per quanto dolorosi per chi se li sciroppa) della ragioneria bancaria e della repressione sociale, e solo la guerra (imperialista) può fare ripartire la giostra.
Come possiamo essere certi che una qualsiasi di quelle crisi si dimostri fatale al capitalismo? Mi chiedo se potrebbe invece verificarsi un caso analogo alla teoria cosmologica dell'Universo che si espande per poi contrarsi catastroficamente in un punto di densità infinita, solo per poi riesplodere nuovamente e fare ripartire un ciclo di espansione, e così via all'infinito. La capacità delle strutture di creazione della coscienza e di mascheramento della realtà di questo capitalismo ha raggiunto una sofisticazione e un'efficacia tali che c'è da temere che una contro-coscienza collettiva di liberazione non riesca mai a formarsi ed emergere.
meno male un commento, pensavo di aver scritto il post per nulla
Eliminavedi se questa risposta può interessarti:
http://diciottobrumaio.blogspot.it/2013/01/i-penan-non-tagliano-piu.html
Grazie, si tratta infatti di un post splendido. Ma mentre la scienza marxiana ci parla di ineluttabilità del superamento del sistema produttivo e socioeconomico attuale, spinto alla crisi fatale dalle sue inevitabili contraddizioni, tutti vediamo anche lo straordinario potere di creazione di (ir)realtà mentali del capitalismo.
EliminaEsso, nella coscienza dei custodi dell'ideologia, saprà di non potersi opporre alla macchina inesorabile della caduta del saggio di profitto. E allora la reazione a tale consapevolezza si sposta dall'economia, dove è comunque perdente, alla biologia. La forza lavoro deve vivere in una realtà virtuale nella quale la possibilità stessa di un'alternativa radicale non deve essere pensabile. Un po' come nella fiaba celtica nella quale i troll tengono per sempre gli uomini incatenati a lavorare in miniera "eliminando" i giorni della settimana tra mercoledì e domenica. Vivendo sempre tra lunedì e martedì, gli uomini non possono concepire una vita diversa da quella, miserabile, che i troll li costringono a fare. Finché un giorno un uomo osa pronunciare la parola proibita: "mercoledì", l'incantesimo si dissolve e gli uomini tornano liberi. Ma come potrebbe accadere se nessuno conoscesse quella parola, se la possibilità stessa di pensarla fosse inibita?
La raffinatezza e il successo delle tecniche repressive e di manipolazione, direzione e creazione della coscienza oggi sono stupefacenti (e strettamente legate allo svuotamento e alla distruzione del sistema scolastico ed educativo di massa). Una rivoluzione come quelle che in passato hanno scardinato regimi secolari non è più possibile, non solo materialmente inattuabile ma proprio "biologicamente" impossibile. Tanto quanto sperare che i manzi si rivoltino contro il terribile processo industriale che li vede alla fine convertiti in hamburger.
Il dilemma che io vedo, e che ovviamente solo il tempo potrà sciogliere, è: poiché in ultima analisi gli attori del superamento dialettico di un sistema dato sono gli esseri umani, come potranno essi produrlo in una realtà (artificiale, ma ad essi sembra del tutto naturale) nella quale la nozione stessa di superamento viene resa im-pensabile? Le leggi economiche studiate da Marx potranno essere in un certo senso "disinnescate" da una struttura di controllo delle menti e dei corpi che non ha l'eguale nella storia passata? Io ho la sensazione che la partita finale si giochi su quel campo. E solo una delle due squadre ne è pienamente consapevole.
sì, sono d'accordo anche con l'ultima parte del tuo commento. grazie
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