Vediamo
di dire le cose come stanno prima di dare la croce ai grillisti. I quali
peraltro sono un gruppone molto eterogeneo, tanto che – leggo su Repubblica – un loro deputato avrebbe
detto che Grillo nelle decisioni del M5S è ininfluente. Dev’essere uno – tale
deputato – che ha ben chiare le cose. Ebbene, dicevo, Bersani non può
pretendere che gli diano la fiducia in Parlamento se non fa delle proposte in
linea con quello che chiede il M5S. La prima è quella che riguarda il
finanziamento pubblico dei partiti. Bersani cincischia. È evidente che il
vecchio apparato del partito non ci sta. Poi il Tav. L’on. Puppato ha detto
chiaro che il Tav in Val di Susa non è una priorità. Gli ha risposto Fassino,
ribadendo che il tunnel è strategico. Evidentemente da alcune parti del partito
girano interessi diversi. Sono tutti nodi – questi e altri – che stanno venendo al
pettine e Bersani non può eluderli tutti se vuole la fiducia. Da questo punto di vista Grillo – è lui il
padrone – ha ragione a tener duro.
Su un altro versante ci sono le agenzie di rating (piaccia o no) che se declassano ancora il debito pubblico stavolta va a finire male davvero. Checché ne dica Mario Seminerio, mi pare evidente che declassare l’Italia già al primo giro di consultazioni per la formazione del nuovo governo la dica lunga sull’uso un tantino strumentalmente politico di queste agenzie. Poi c’è la situazione effettiva e di attesa del paese, almeno di quella tanta parte che sta peggio. Ma su tutto questo non c’è da farsi illusioni, Grillo ha già detto che l’Italia è fallita. Lo dice da anni, da almeno cinque, cioè da quando giurava che a causa del debito pubblico per l’Italia c’era il default assicurato entro un anno. È evidente che lui, sicuro di tale fatto, ha portato i propri non scarsi averi al coperto e si sta adoperando decisivamente – ora che ne ha la possibilità – perché le sue previsioni si avverino.
Poi
c’è Napolitano, il quale non è, al momento, disposto di mandare Bersani a
verificare la fiducia in parlamento. Lui (e una parte del Pd), il governo con Berlusconi lo vuole
davvero, a costo di spaccare eventualmente il partito. È per un governo forse più stabile ma immobile. E Berlusconi, lo sappiamo, ha in mente solo
i cazzi propri: i processi, il proprio capitale al sole, un partito che si
tiene insieme solo con soldi e poltrone. Altrimenti si va a elezioni. Sia
chiaro, lo dico per i suoi molti estimatori (che sono molti lo confermano i
numeri), lui non è il diavolo, ma nemmeno l’acqua santa. Anzi, non è nemmeno
potabile.
Alla
fine, come si vede, di noi non interessa un cazzo (scusate l’eufemismo) a
nessuno. Ma proprio a niscuno, direbbe Pappagone (passatemi la citazione
colta).
Non credo ci sia un'intenzione da parte "loro" al momento di assumersi responsabilità di governo.Quella che dal punto di vista aziendale è senz'altro un'operazione ben riuscita ed avviata ,impone invece prudenza nel gestire una realtà complessa come quella romana.
RispondiEliminaDal punto di vista dell'organizzazione e dello spessore della proposta politica siamo infatti ad un livello di inconsistenza palese e non è un caso che si cerchi di coprire questa cosa cercando costantemente il "nemico" o tenendo posizioni isolazioniste o comunque antagoniste a prescindere, nel tentativo di creare una base compatta e con sentimenti identitari ,di esclusività ed acritici sempre più forti.
Si vedrà.
Filippo
concordo, anche se nel tempo qualche scazzo tra correnti ci sarà
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