Quante sciocchezze su Cipro e la decisione (che sarà
revocata o molto sterilizzata) di tosare i conti correnti. Che dire poi di quel
tipo, un economista della Commerzbank, che ha proposto di fare altrettanto con i conti correnti
italiani? Che cos’è la Commerzbank? Una banca. E allora queste bufale servono
solo ai soliti giochini. Altre sciocchezze che leggo nei blog è di uscire
dall’euro per tenersi poi una lira da scambiare 1:1. Più che una sciocchezza,
se detta da un economista, è una cretinata. Sorvoliamo sul fatto che il tasso
di cambio effettivo lo decide il mercato, ma chiedo: a che serve allora uscire
dall’euro? Ah già, per stampare moneta. Cioè per svalutare!
Invece di dare i numeri al lotto, meglio controllare
quelli reali. Il saldo della bilancia commerciale di gennaio è negativo
(-1,6mld), ma va molto meglio del corrispondente mese del 2012 (-4,6mld). Rispetto allo stesso mese del 2012 (non su base annua
come scrive erroneamente Milano Finanza), a gennaio si registra un incremento
tendenziale delle esportazioni (+8,7%). Non male per un paese in agonia. Se la
Commissione europea si decide di autorizzare i governi a mettere in
circolazione un po’ di denaro, le cose potrebbero andare temporaneamente meglio. Restano i motivi strutturali della crisi, i
quali non possono essere risolti singolarmente né dall’Europa e tantomeno dall’Italia.
Va chiarito che dal lato finanziario sono fondamentali i
rapporti che si stabiliscono a livello mondiale e quindi tra i paesi
nell’ambito della circolazione monetaria. Prima della crisi del 1929, era l’oro
che svolgeva la funzione di “equivalente universale”, perciò i cambi in quella
fase denominata della parità aurea o del gold
standard, fu caratterizzata fondamentalmente da relazioni monetarie
internazionali automatiche. Con lo sconvolgimento
finanziario seguito alla crisi del 1929, si aprì una nuova fase, in cui il
capitale monopolistico, terrorizzato dal crollo, è costretto a prendere atto
delle sue contraddizioni più palesi e comincia a penetrare in profondità nella
sfera della circolazione monetaria per portarvi il suo “ordine”.
Anche in quel caso gli economisti stabilirono che fosse dal
disordine del sistema monetario che nascono le crisi, dalla sua irrazionalità.
Perciò, secondo queste concezioni, intervenendo sull’aspetto finanziario
sarebbe possibile eliminare tutti i fattori delle crisi. Tutte queste
chiacchere portarono infine a uno sbocco concreto negli accordi di Bretton
Woods del 1944. Con tali accordi, l’oro perde la funzione di unico equivalente
universale e al suo livello furono collocate le monete dei paesi più forti, in
particolare il dollaro.
Si capisce quindi come fosse il dollaro, cioè il Tesoro
americano, a stabilire il prezzo internazionale dell’oro. Siccome grazie a
quegli accordi il valore delle monete si rapporta direttamente tra loro,
formalizzandosi tramite periodici accordi tra i governi, il valore della
ricchezza reale dei singoli paesi non è più costretto a misurarsi in oro (che
possiede un valore intrinseco), ma si misura direttamente in carta moneta
(priva di valore intrinseco), saltando la mediazione dell’oro, ridotta così ad
una merce come tutte le altre.
Questa situazione permette ai singoli governi un intervento
immediato relativamente libero nell’economia: stampare carta moneta a piacere,
manovrare sui tassi di cambio, e, quindi fornire loro la base tecnica per
operare in funzione anticiclica. In tal modo, ai primi sintomi di recessione,
possono emettere carta moneta per sostenere i mercati, manovrare i tassi di
cambio per regolare il flusso dei capitali. Si tratta d’illusioni di breve
momento, poiché tali manovre provocano un surplus di banconote che si trasforma
in inflazione (la carta moneta perde valore per “adattarsi” al valore della
ricchezza realmente prodotta).
Pertanto, il sistema, anche in Europa con l’introduzione
dell’euro, si trova a dover far fronte a delle contraddizioni davvero
inconciliabili, aggravate nell’attuale fase storica da un enorme debito
pubblico degli Stati. Tra l’incudine e il martello, si è scelto il martello
degli aggiustamenti strutturali su base fiscale e di taglio della spesa sociale
che però aggravando la crisi producono recessione.
Nell’ambito dell’euro c’è
però chi ha tratto enormi vantaggi come nel caso della Germania che, forte di
una struttura produttiva d’eccellenza e di un cambio alla pari con gli altri
paesi dell’area, ha potuto esportare le proprie merci senza temere concorrenza
sul piano dei prezzi e anzi, attraverso le proprie banche, vendendo a credito.
Ma tutto questo ha rilievo relativo
a fronte di un altro aspetto, decisivo, che è poi quello che vede il capitale
spostare i propri investimenti nelle aree produttive dove è più alto il saggio
del profitto. È questa la principale causa della progressiva
deindustrializzazione europea, specie in paesi nei quali è più alta la
componente variabile del capitale, minori gli investimenti strutturali e
infrastrutturali per accrescere la produttività, maggiore il peso della
fiscalità, eccetera.
Europa
RispondiEliminaIl tasso di cambio effettivo non lo decide il mercato?
RispondiEliminaStefano
appunto, non lo decidono gli economisti
EliminaGli economisti che si improvvisano politici sono simili ai politici che pretendono di essere economisti: fanno danni; ma di recente abbiamo avuto modo di constatare direttamente l'egregio operato tecnico dei primi e sinceramente, ci basta. Sarebbe interessante invece conoscere il tuo parere autentico, se vuoi darlo, sul ripristino, in caso di uscita dall'euro, per nostra o altrui decisione, di un meccanismo atto all'indicizzazione dei salari, su eventuali provvedimenti legislativi finalizzati alla limitazione di acquisizioni estere di aziende strategiche nazionali e sull'imposizione di dazi relativi ad alcune merci d'importazione. Oltre, evidentemente, ad impedire in modo drastico la fuga dei capitali nostrani all'estero. Questi sarebbero, a detta di alcuni esperti, i meccanismi capaci di limitare i danni alle più deboli categorie del lavoro, qualora si rinunciasse alla moneta unica. Niente di rivoluzionario, mi sembra, anche se per azioni squisitamente politiche sarebbero necessari squisiti politici.
RispondiEliminaConscrit
bel tema. proverò a rispondere ...
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