Marx descrisse in modo impareggiabile la funzione del
denaro quale equivalente universale: “Il denaro come misura del valore è la
forma fenomenica necessaria della misura immanente del valore delle merci, del
tempo del lavoro”. Infatti, le merci sono entità commensurabili fra loro solo
in quanto costituiscono una determinata quantità di lavoro oggettivato, e non
per mezzo del denaro. Quest’ultimo può agire come equivalente solo perché
anch’esso è in sé una merce, “perché materializza – dice Marx – in una data
sostanza [oro, argento, ecc.] tempo di
lavoro, quindi è esso stesso valore”.
Il denaro – quale più alto prodotto dello sviluppo
dello scambio nella produzione mercantile – nasconde e dissimula il carattere
sociale del lavoro individuale, il legame sociale tra i singoli produttori
legati dal mercato. Pertanto, il denaro, prima di svolgere una funzione
materiale, svolge una funzione sociale. Inoltre, il denaro, in quanto mezzo di
circolazione, può essere rappresentato da un “segno di se stesso", perciò
la cartamoneta è segno del denaro,
più generalmente segno dell’oro.
Questo è possibile solo quando si isoli il denaro nella
sua funzione di moneta–mezzo di circolazione. Infatti, in un processo dove il
denaro passa incessantemente da una mano all’altra per far circolare le merci è
sufficiente anche la sua esistenza puramente simbolica. Il segno del denaro,
però, “ha bisogno di una sua propria validità
oggettivamente sociale”: questa gli è data dallo Stato tramite il corso
forzoso della carta moneta statale. E Dio solo sa quanta confusione e fantasie cervellotiche
scatena questo fatto.
Una delle tre funzioni del denaro (cioè oltre a
essere mezzo di tesaurizzazione e mezzo di pagamento) è la funzione che esso
svolge come moneta mondiale negli
scambi internazionali. In tale sede soltanto l’oro può agire come moneta
mondiale negli scambi che si effettuano tra i paesi, perché la carta moneta,
valicati i confini nazionali, perde il proprio valore legale conferitogli dallo
Stato. L’oro, invece, viene valutato sulla base del suo peso metallico; non
solo rappresenta valore, ma è valore esso stesso.
Scrive Marx che il denaro mondiale svolge tre
particolari funzioni: “come mezzo generale di pagamento, mezzo generale
d’acquisto e come materializzazione assolutamente sociale della ricchezza in
genere”. L’oro ha svolto questa funzione alla luce del sole fino alla crisi
degli anni Trenta, cioè fino al momento in cui si arrivò alle svalutazioni
competitive da parte degli Stati, all’esaurimento delle riserve per pagare i
debiti. Con gli accordi di Bretton Woods del 1944 si pensò di bypassare la
funzione dell’oro con strumenti finanziari di altro tipo, soprattutto elevando
il dollaro a denaro mondiale, rendendolo convertibile in oro (35 dollari/oncia) e
legandogli i tassi di cambio.
Nel 1969, cioè prima che il sistema di gestione
monetaria delle relazioni commerciali e finanziarie stabilito a Bretton Woods fosse
abbandonato (G-10 del dicembre 1971), e prima ancora dell’agosto 1971 quando fu
dichiarata l’inconvertibilità del dollaro in oro facendolo diventare una moneta
a corso forzoso, fu creato un nuovo strumento finanziario internazionale come attività di riserva internazionale
gestito dal Fondo Monetario Internazionale. Il DSP (Diritto
speciale di prelievo, o Special Drawing Rights-SDR) divenne
una nuova valuta di
riferimento, una moneta di conto, per
aumentare la liquidità internazionale e per finanziare l’espansione del
commercio mondiale e lo sviluppo economico, laddove l’eccessiva domanda di
dollari richiedeva un persistente deficit della bilancia dei pagamenti USA e
ciò costituiva una minaccia per il valore stesso del dollaro.
Con ciò, il Fondo Monetario Internazionale, organismo
creato a Bretton Woods, venne a trovarsi investito del compito di effettuare
prestiti vincolati al rispetto di specifiche condizioni e a piani di rigorosa
stabilizzazione economica. Una funzione che il FMI mantiene ancora oggi come
dimostrano i suoi interventi collegati alla crisi dell’Euro che vedono il Fondo
prestatore di prima istanza insieme all’Ue con i recenti piani di salvataggio
di Grecia, Irlanda, Portogallo e da ultimo quello di Cipro.
Per farla breve, queste irrisolte
contraddizioni del sistema, dimostrano soprattutto come sia fondamentalmente sbagliato
considerare la circolazione come base dell’economia capitalistica. Questa
caratteristica è comune a tutte le scuole economiche borghesi moderne, da
quella marginalista, a quella keynesiana, per non dire di quella
neo-monetarista e via delirando. Come solito, queste teorie tendono a
considerare solo il valore di scambio, riducendo l’economia borghese
all’analisi delle relazioni tra i prezzi, così come esse sono date sul mercato,
e alle relazioni finanziarie e dei cambi.
Naturalmente questa tendenza non è casuale,
essa risponde a ben precisi interessi di classe al fine di non imbattersi nel
problema della teoria del valore messa in chiaro da Marx, e quindi nelle conseguenze pericolose
per l’ordine sociale esistente che essa comporta. In tal modo si evitano di
proposito le analisi del processo di produzione capitalistico, limitandosi
unicamente a quelle dei fenomeni di mercato.
Per concludere questa breve e
necessariamente schematica esposizione che nelle mie intenzioni ha solo lo
scopo di offrire alcuni concetti chiave per eventuali approfondimenti, va
rilevato come il rapporto tra il valore dell’oro e quello delle principali
monete nell’ultimo decennio segnali un deprezzamento di queste ultime di circa
il 75%! Il deprezzamento del valore delle monete è soprattutto una tassa sui
poveri, sui salari e le pensioni, un trasferimento di ricchezza a favore di chi
possiede mezzi per mettersi al riparo da tale fenomeno.
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