venerdì 9 settembre 2011

Le vere priorità del capitalismo americano


C’è chi sostiene, facendo finta di saperla lunga, che l’attuale crisi durerà per tutto il decennio. E perché, cosa succederà fra un decennio? Questa crisi non finirà se non con eventi del tutto straordinari. Fra quanto, non si sa. Dipende da tante cose. Le forze che agiscono all’interno di una società, materiali e ideali, sono molto complesse e fare previsioni dettagliate è impossibile. Tuttavia l’orientamento di una fase storica a un certo momento diventa abbastanza chiaro tanto da essere percepito comunemente. Nei primi anni del secolo scorso la guerra europea era nell’aria, il 9 settembre 1911 sembrava proprio che dovesse scoppiare per via della questione del Marocco. Ci vollero altri tre anni, ma alla fine ci si arrivò.

Anche la Grande Depressione sembrava non dovesse finire mai, ma non sfuggiva nemmeno il fatto che prima o poi in Europa si sarebbe scatenata una nuova guerra. Così la grande crisi ebbe termine con una cinquantina di milioni di morti, l’Europa e la Russia distrutte. Un’ottima occasione per ripartire su basi nuove. E ora? Quando il capitale azionario tangibile delle più grandi banche mondiali vale il 2% se non poco più delle masse che compongono l’intero bilancio, può succedere di tutto.

Il segretario al Tesoro americano Timothy Geithner, in un editoriale sul Financial Times, dal titolo What the world must do toboost growth (*), elenca quelle che lui ritiene le tre più importanti mosse da adottare per far fronte alla crisi. In primis, gli Stati Uniti devono potenziare la crescita e ridurre la disoccupazione. Pensiero forte e innovativo il suo. Secondo, che l’Europa deve “agire in modo più deciso per dare rassicurazioni sul fatto che è in grado di risolvere la crisi e lo farà”. E se invece il segretario al Tesoro del paese più indebitatodel mondo ci avesse spiegato dove le banche americane hanno nascosto tutta la merda strutturata legata al mercato immobiliare americano, se cioè avesse fatto anche un serio esame sulla situazione americana e in particolare su Bank of America e Citigroup, non sarebbe stato male. Per ultimo chiede che la Cina e le altre economie emergenti continuino a consolidare la loro domanda interna e permettere ai loro tassi di cambio di essere flessibili. In buona sostanza chiede ai cinesi misure espansive dei consumi interni perché lo zio Sam deve vendere i suoi prodotti. Lo scorso anno le esportazioni Usa verso la Cina sono state di 100mld di dollari, "con una crescita ben maggiore che verso il resto del mondo". Parola del vicepresidente Joe Biden.

Da noi, in Italia, ci son voluti tre mesi per decidere di aumentare l’Iva, ma anche il pensatoio americano non è messo meglio se ha aspettato tre anni per varare misure a sostegno dell’occupazione e dei consumi. Ma quali? Il piano dell’amministrazione Usa prevede soli 100 miliardi di dollari per progetti infrastrutturali, come la riparazione di strade e ponti. Questo è il 50 per cento di quello che il Congresso ha stanziato per finanziare le guerre in corso in Iraq e in Afghanistan per l'anno fiscale 2011. Oppure il programma fallimentare denominato Georgia Work$ che potete leggere qui. Queste sono le vere priorità del capitalismo americano.

(*) Incollando il titolo su google è possibile leggere l'articolo.

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