giovedì 22 settembre 2011

Le demi revolution



Che cos’è la rivoluzione? Il movimento sociale verso il cambiamento, verso il futuro (qualche volta il desiderio nostalgico del ritorno al passato). Le rivoluzioni sono segnate comunque dal cambiamento (non indaghiamo quanto reale o illusorio), testimoniato dalla morte del tiranno, dell’autocrate, del re. In epoca moderna, dichiarata più civile o meno barbara, si procede con il taglio della testa. E viene subito in mente Luigi Capeto, anche se il primato spetta alla testa di Carlo I. Ma si sa come sono parsimoniosi gl’inglesi nei ricordi di queste tristi faccende domestiche e soprattutto del fatto che sono stati repubblicani ben prima di altri.

Quindi andiamo alle cose più mitiche, alla rivoluzione francese del 1789, la quale ha il suo antefatto più celebre nella convocazione degli stati generali (*). Per quale motivo si riunirono? Per leggere i cahiers de doléances? Quello era solo colore, propaganda. Erano lì per aumentare le tasse, come proposto dal ministro Tremonty, pardon, de Calonne, con il suo Piano di miglioramento delle finanze, che prevedeva, tra l'altro, l'imposizione di una tassa su tutte le proprietà fondiarie, anche nobiliari ed ecclesiastiche, prima escluse.

Prova a sfiorare con le tasse i ricchi e te li ritrovi subito contro. Non in prima persona, le mani le tengono occupate per altre cose. Mandano avanti i sanculotti, le teste calde, dopo idonea montatura. È così che cominciano le rivoluzioni, tranne che in Italia. Qui s’è appresa la lezione francese: i ricchi conoscono il rischio che la teppa non stia al gioco e ci prenda gusto, perciò preferiscono i ribaltoni di palazzo. E poi tutti a cena.

(*) Vi partecipavano in tutto 1139 membri eletti dai diversi Stati: 291 rappresentanti per il Primo Stato (il Clero), 270 per il Secondo Stato (l'Aristocrazia) ed altri 578 per il Terzo Stato (la popolazione urbana e rurale). Ogni ordine si riuniva in una camera separata dagli altri due Stati, discutevano sulla legge ed emettevano un voto per camera: essendo 3 i voti il sistema non ammetteva il pareggio. Il più delle volte il Terzo Stato era svantaggiato, perché in qualche modo gli interessi dei nobili e del clero coincidevano: era sufficiente che questi emettessero due voti a favore per ottenere la maggioranza. Nell'ultima riunione degli Stati Generali il Terzo Stato chiese altri membri per la propria camera, l’istituzione del voto per testa e la riunione in un’unica camera. Di questi punti solo uno fu concesso, quello di elevare il numero dei propri membri.

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