«La manovra italiana, come del resto anche le altre, è una sorta di medicina omeopatica che a nulla serve per curare una malattia causata dall'ideologia del libero mercato, dalla libertà finanziaria e dalle sue innovazioni studiate per evadere i controlli sui flussi di capitali che si aggirano per il mondo.
[…] l'ideologia della libertà finanziaria innovativa e senza regole, la governance della finanza, [si è] sostituita al governo della legge, l'anarchia contrattuale globalizzata al rigore delle norme. L'aumento intollerabile della disoccupazione, la forbice sempre più aperta fra ricchi e poveri in sistemi politici via via più fragili e ridotti a centri di affarismo, il disprezzo per l'ambiente e per la qualità della vita rappresentano il filo rosso politico».
D’accordo, si tratta di parole forti che la dirigenza liberale e cattolica del Partito democratico denoterebbe come estremiste (D’Alema dice che “prima viene l’ignoranza e poi l’estremismo”, quindi incaricherebbe d’indagare). A pronunciarle, anzi, a scriverle, è un noto passatista, un nostalgico, un ex cane sciolto della sinistra ora simpatizzante degli “indignados”. E dove va a farsele stampare queste frasi sulla malattia causata dall'ideologia del libero mercato? Sfrontatamente sul giornale della Confindustria, al quale collabora regolarmente, dopo essere stato presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, professore ordinario di diritto commerciale presso le Università di Trieste, Venezia, Pavia e successivamente presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano. Quindi professore emerito di diritto commerciale nell'Università Bocconi. Eccetera.
Nessun commento:
Posta un commento