Un lettore del blog mi ha fatto osservare che l’Italia e l’Europa (e gli Usa) vivono di debito. È vero in generale, ma le cose nel dettaglio sono un po' diverse. Nel senso che in Italia e in Europa, così come in qualsiasi altro paese, gli individui vivono condizioni sociali diverse, laddove i ricchi il debito lo vivono bene, anzi ne traggono profitto, e invece i salariati sono costretti a pagalo.
È l’ideologia borghese che ha interesse a complicare le faccende economiche, in realtà molto semplici e alla portata di chiunque, di renderle oscure con l’impiego di un gergo tecnico stereotipato. Del resto solo il marxismo ha fatto chiarezza circa gli arcani economici che invece i padroni di schiavi e i loro lacchè hanno cura che restino tali per la coscienza comune della buona gente. È noto da secoli che l’ideologia della schiavitù trasforma le masse in trogloditi.
La questione del debito è presto detta: gli Stati hanno la necessità di imporre alla popolazione una tassazione per far fronte ai compiti e ai costi di riproduzione generale delle classi, così come per sostenere direttamente o indirettamente l’accumulazione capitalistica. Naturalmente il gettito fiscale ha a che fare con la base imponibile e cioè con la capacità produttiva di un paese, più o meno quello che chiamano Pil. Tale gettito non dovrebbe essere insufficiente nel caso dei paesi della UE, un’area economica prospera e che possiede una capacità produttiva quasi illimitata. Invece sappiamo bene che così non è.
Non produciamo abbastanza? Stiamo ai fatti: impianti sottoutilizzati, agricoltura con eccedenze, manodopera in esubero, conoscenza dissipata, sovrapproduzione assoluta di capitale come caso eclatante. Pertanto la crisi economica sulla quale s’avvita quella fiscale e del debito pubblico non è conseguenza di scarsa capacità produttiva effettiva e potenziale (non va dimenticato che gli oggetti d’uso, e quindi le merci che li incorporano, dipendono dal capitale, il cui scopo è il valore e non il valore d’uso), ma è causa delle contraddizioni di sistema, e la dialettica entrate-uscite è connessa alle strategie e alle fasi del ciclo capitalistico.
Perché lo Stato spende più di quanto riesce a incassare? Almeno per due motivi. Da un lato, a causa di scelte politiche che riguardano la selezione della spesa. Dall’altro, per il motivo che i ricchi, anzitutto la speculazione e la rendita, evadono o pagano troppo poco d’imposte. In entrambi i casi, scelte di spesa ed evasione, finiscono per agire concretamente sulla distribuzione del reddito. È chiaro, a fronte d’interessi cospicui come questi, che la propaganda in mano alle classi dirigenti ha tutto l’interesse a dire che la colpa è di quel farabutto del vecchietto del terzo piano andato in pensione troppo presto e che ora pretende di campare a lungo.
Nella realtà, somme enormi sono destinate per spese come il mantenimento di giganteschi apparati repressivi e burocratici, oppure per alimentare sotto copertura politica i lavori pubblici in mano alla criminalità organizzata o per sprechi come la TAV e l’Expo. È evidente che in tal modo si alimenta uno squilibrio travolgente tra entrate e uscite a copertura del quale sono costretti soprattutto i soliti con nuove imposte e balzelli e tagli alle prestazioni sociali.
Poi bisogna considerare che il debito pubblico è un potente volano, non da oggi, della speculazione e della rendita, quindi uno strumento politico di ricatto, per vari motivi. Chiudo con una citazione: «Se le crisi hanno rivelato l'incapacità della borghesia a dirigere ulteriormente le moderne forze produttive, la trasformazione dei grandi organismi di produzione e di traffico in società anonime ed in proprietà statale, mostra che la borghesia non è indispensabile per il raggiungimento di questo fine. Tutte le funzioni sociali del capitalista sono oggi compiute da impiegati salariati. Il capitalista non ha più nessuna attività sociale che non sia l'intascare rendite, il tagliare cedole ed il giocare in borsa, dove i capitalisti si spogliano a vicenda dei loro capitali [*]».
Parole scritte un po’ di tempo fa, nel 1851!
[*] Il diciotto brumaio di Luigi Bonaparte, cap. XII.
"la trasformazione dei grandi organismi di produzione e di traffico in società anonime ed in proprietà statale"
RispondiEliminaChe significa?
Faccia qualche esempio.
Confido nella sua pazienza.
Grazie.
multinazionali, come la nestlé; o partecipate come l'Enel
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