A partire dagli anni Settanta la grande borghesia europea e americana è stata costretta dalle lotte sociali e sotto la minaccia della stagnazione a cedere dal lato dei redditi e quindi dei consumi, non certo a proprie spese, ma con i soldi stampati dello Stato, cioè con i debiti, facendo così crescere la platea dei rentier e degli speculatori. È così che il riformismo ha potuto trionfare senza intaccare i profitti che anzi aumentavano assieme agli indici borsistici. Il presidente Reagan [*] poteva ben dire: noi siamo più forti della Russia perché possiamo stampare dollari. E infatti il crollo economico, prima ancora che politico, dell’inefficiente capitalismo di stato non si fece attendere molto.
Ora il debito supera la ricchezza prodotta e non si possono più stampare dollari e euro illimitatamente, a comandare il gioco è la speculazione finanziaria e i banchieri che si sono assunti il ruolo di governo dello sviluppo capitalistico. Sono loro che decidono sul fare e non fare, come dimostra la riunione di ieri a Washington DC tra i grossi animali del Fondo monetario e della Banca mondiale. Il segretario al tesoro Usa, Timothy Geithner, ha detto che bisogna evitare la minaccia di un fallimento a catena, di una corsa agli sportelli bancari. Si grida al lupo per far passare le nuove “riforme”, tagliare spesa sociale, salari e pensioni, svendere il patrimonio, riempire di soldi le banche perché possano ricominciare il solito gioco (prima di natale ci sarà grande euforia in borsa).
Tutte queste misure saranno nero su bianco a Cannes, il prossimo 4 novembre, sotto dettato. Intanto il governo di Angela Merkel ha intensificato i preparativi (127mld) per proteggere le banche tedesche dall'impatto della ristrutturazione del debito greco e il capo del Tesoro britannico, George Osborne, ha affermato che "La zona euro ha sei settimane per risolvere la crisi politica". Le banche sono piene di carta straccia, perciò signori, è il richiamo, bisogna onorare i debiti. La coscienza comune comincia piano piano a prendere atto che non si tratta della solita crisi di ciclo, di una impasse transitoria, ma di una catastrofe di sistema con effetti che si trascineranno per decenni, e soprattutto che la balla riformista del welfare non funziona più (con relativa crisi della rappresentanza politica). Verrà il momento quindi che le classi medio-alte saranno disposte a qualsiasi scambio politico pur di salvare l’apparenza del loro benessere e il conticino in banca.
[*] Nelle sue memorie: «Il grandioso successo dinamico del capitalismo ci ha fornito una potente arma nella battaglia contro il comunismo: il denaro. I russi non potrebbero mai vincere la corsa agli armamenti, mentre noi possiamo sperperare all’infinito». Naturalmente anche l’infinito monetario ha un limite, soprattutto se il debito statale è basato sulla “fiducia” dei cosiddetti investitori. Tanto è vero che Reagan ne era consapevole: «In un certo senso Karl Marx aveva ragione. Siamo testimoni di una grande crisi rivoluzionaria, una crisi in cui le istanze dell’ordine economico cozzano contro quelle dell’ordine politico (Ronald Reagan, discorso alla Camera dei Comuni inglese tenuto in occasione della sua visita dell'8 giugno 1982)»
I potenti fanno paura. La crescita smisurata della popolazione mondiale li ha resi più feroci. Sempre più mi appare come l'inizio della lotta per la sopravvivenza... e loro, i ricchi, ce la faranno!
RispondiEliminanon è che ci sono troppe bocche per troppo poco cibo, ma che è troppo per alcune bocche e, conseguentemente, troppo poco per molte altre
RispondiEliminacmq il problema non è tanto questo visto che ci sarebbe "cibo" per tutti, il fatto è, come scrivo nel post, che a comandare il gioco è la speculazione finanziaria e i banchieri che si sono assunti il ruolo di governo dello sviluppo capitalistico, ovvero, come rilevava Reagan, Siamo testimoni di una grande crisi rivoluzionaria, una crisi in cui le istanze dell’ordine economico cozzano contro quelle dell’ordine politico
marx scriveva: A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive della società e i rapporti di produzione.
In quale libro di Marx, vi è il brano citato?
RispondiEliminaGrazie.
http://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1859/criticaep/prefazione.htm
RispondiEliminaciao
Grazie per la delucidazione. In effetti quanto si sta verificando è l'evidenza di quanto quelle forme di controllo siano state astutamente ridotte al silenzio, o distorte dalla loro reale funzionalità.
RispondiElimina