venerdì 16 settembre 2011

Sulle solite bugie


Ci fu un tempo in cui alcuni uomini, che poi si fecero chiamare filosofi, escogitarono il modo di non lavorare e farsi mantenere da altri. Per riconoscenza gratificarono i loro benefattori con il nome di “lavoratori” (*) o anche, più simpaticamente, con quello di “animali domestici” (**).

I filosofi, sollevati dal gravame del lavoro e delle incombenze domestiche, ebbero così modo di porsi delle domande fondamentali, forse la più curiosa delle quali riguarda il cosiddetto rapporto tra il pensiero e l’essere, dello spirito colla natura. Naturalmente per rendere la cosa più interessante si divisero in due scuole di pensiero: gli idealisti e i materialisti. Quelli che affermavano la priorità dello spirito rispetto alla natura, e quindi ammettevano in ultima istanza una creazione del mondo di un genere qualsiasi, – questa creazione è spesso nei filosofi ancora più complicata e assurda che nel cristianesimo, – formavano il campo dell’idealismo. Quelli che affermavano la priorità della natura appartenevano alle diverse scuole del materialismo. Non solo la storia del pensiero filosofico antico e medievale che conosciamo a scuola è attraversata continuamente dalla lotta fra il riconoscimento e la negazione della verità oggettiva, ma anche la storia della filosofia cinese, tanto per non farci mancare niente. I due termini: idealismo e materialismo, non significarono originariamente null’altro che gli idealisti negano l'oggettività della verità e i materialisti la riconoscono, questo dissidio diede luogo a una interminabile disputa fatta soprattutto di sofismi verbali.

Il problema dei rapporti tra il pensiero e l’essere venne ad assumere in seguito anche un altro aspetto. Quale relazione passa tra le nostre idee del mondo e questo mondo stesso? È in grado il nostro pensiero di conoscere il mondo reale; possiamo noi nelle nostre rappresentazioni e nei nostri concetti del mondo reale avere un’immagine fedele della realtà? In altri termini che rapporto c’è tra realtà e verità? Certo, con tutti i cazzi amari che stanno succedendo nel mondo occuparsi oggi queste cose è, per così dire, diventato pleonastico, ma dovete pensare che quanto scrivo potete leggerlo gratis, se volete, perciò bisogna accontentarsi di questa minestra riscaldata che potete consumare in un paio di minuti.

La scienza marxista ha risolto, una volta per tutte, questa faccenda già da oltre un secolo e mezzo. Per esempio Engels ebbe a osservare:

«Se possiamo dimostrare che la nostra comprensione di un dato fenomeno naturale è giusta, creandolo noi stessi, producendolo dalle sue condizioni e, quello che più conta, facendolo servire ai nostri fini, l’inafferrabile «cosa in sé» di Kant è finita. Le sostanze chimiche che si formano negli organismi animali e vegetali restarono «cose in sé» fino a che la chimica organica non si mise a prepararle l’una dopo l’altra; quando ciò avvenne, la «cosa in sé» si trasformò in una cosa per noi, come per esempio l’alizarina, materia colorante della garanza, che noi non ricaviamo più dalle radici della garanza coltivata nei campi, ma molto più a buon mercato e in modo più semplice dal catrame di carbone. Il sistema solare di Copernico fu per tre secoli un’ipotesi, su cui vi era da scommettere cento, mille, diecimila contro uno, ma pur sempre un’ipotesi. Quando però Leverrier, con i dati ottenuti grazie a quel sistema, non solo dimostrò che doveva esistere un altro pianeta [Nettuno], ignoto fino a quel tempo, ma calcolò pure in modo esatto il posto occupato da quel pianeta nello spazio celeste e quando, in seguito, Galle lo scoprì, il sistema copernicano era provato».

Bisogna fare attenzione però, a confondere il materialismo, che è una concezione generale del mondo basata su una determinata interpretazione dei rapporti tra la materia e lo spirito, con la forma speciale in cui questa concezione si è presentata in un determinato momento storico. Questo materialismo basato semplicemente sui risultati della scienza e in particolare della meccanica e della chimica – come osservava Engels – consiste nella sua incapacità di concepire il mondo come un processo, come una sostanza soggetta a un’evoluzione storica.

Il semplice materialismo delle scienze naturali è sì – come sosteneva Feuerbach – la base dell’edificio del sapere umano, ma non l’edificio stesso. «Perché noi non viviamo – come a sua volta scriveva Engels – soltanto nella natura, ma anche nella società umana, e anche questa, non meno che la natura, ha la propria evoluzione storica e la propria scienza. Si tratta quindi di mettere d’accordo la scienza della società, cioè l’assieme delle scienze cosiddette storiche e filosofiche, con la base materialistica, e di ricostruirla sopra di essa» (***).

Il materialismo prima di Marx, benché sostenesse la teoria della verità oggettiva, non considerava il legame essenziale tra la teoria e la pratica sociale, né la dialettica, così come, di conseguenza, considerava il problema della conoscenza senza tenere conto della natura sociale dell'uomo e dello sviluppo storico dell'umanità. Solo quando Marx ebbe introdotto la prassi e la dialettica nella teoria materialista della conoscenza si sviluppò una teoria scientifica e conseguente della verità oggettiva.

Oggi è difficile trovare ancora chi possa sostenere che la verità oggettiva non esiste, anche se il pantheon di questa metafisica – non meno di quella cattolica – annovera ancora dei fedeli. Però, grazie a Marx, siamo consapevoli di un altro fatto, per noi altrettanto importante, e cioè che la verità oggettiva non è al di sopra delle classi e contrapporre in modo assoluto l'oggettività della verità con il suo carattere di classe, conduce necessariamente ad allontanarsi dal materialismo dialettico. Non tutte le classi sociali sono in grado di scoprire la verità oggettiva, riconoscerla e utilizzarla; tantomeno le classi decadenti e reazionarie che vi si oppongono, la disprezzano e le si accaniscono contro. Questo fenomeno lo si riscontra soprattutto nelle scienze sociali, in primis nelle scienze economiche e nella pseudoscienza del freudismo e dei suoi derivati (****). Solo le classi progressiste e rivoluzionarie possono scoprire la verità oggettiva, riconoscerla e utilizzarla anche in questi comparti.

Ecco quindi un altro motivo per sostenere che Marx, quale scopritore del materialismo storico dialettico, e fondatore quindi della scienza marxista, resta il punto di partenza essenziale per la critica dell’ideologia dominante. Ed è senz’altro anche per questo che i menestrelli odierni, per questioni di bottega, non si sono dati per vinti di questi risultati e, anzi, in riferimento al marxismo scrivono ogni giorno sui media cose che per decenza non riferirò.


(*) La parola greca doulos, venne tradotta in schiavo (vocabolo che invece derivò forse da sclavus, prigioniero di guerra, slavo) dovrebbe forse essere interpretata, secondo il senso etimologico della radice (tol = lavoro) come lavoratore. In latino ebbe il corrispondente in servus, da servare, colui che conserva le cose del padrone; oppure da servatus, risparmiato in guerra.
(**) «Gli schiavi e gli animali domestici sono quasi uguali e rendono su per giù gli stessi servizi. La natura stessa vuole la schiavitù, perché fa differenti i corpi degli uomini liberi da quelli degli schiavi: gli schiavi col vigore che richiedono i lavori a cui sono predestinati, gli uomini liberi incapaci di curvare la loro diritta statura a opere servili e adatti, invece, alla vita politica e alle occupazioni guerresche o pacifiche. Dunque gli uomini sono liberi o schiavi per diritto di natura: la cosa è evidente. Utile agli stessi schiavi, la schiavitù è giusta» (Artistotele, Politica, I).
(***) I brani di Engels sono tratti da: Ludovico Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca.
(****) Vedi: Valentin N. Volosinov, Freudismo, Dedalo; Lev S. Vigotskij, Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori, Giunti-Barbera.

3 commenti:

  1. Post da incorniciare, veramente splendido.
    Consiglio ai lettori di questo blog, la lettura di questo link, sperando di fare cosa gradita.

    http://www.filosofico.net/marxfeuerbapolloni.htm

    Notte.

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  2. Ciao, per il discorso verità e bugie, i vari dati che ci propinano, tipo quello del tasso di disoccupazione, sono vicini alla verità?
    Leggo che il tasso di disoccupazione negli USA è un pò al di sopra del 9%, poi leggo i dati ufficiali:
    http://www.bls.gov/news.release/empsit.t10.htm,
    http://www.bls.gov/news.release/empsit.t15.htm
    e mi pare che vada ben al di sopra del 10%. Cioè ci pigliano per il c..o? Ma gli economisti quando parlano con questi famosi dati, ma di che parlano? Mi pare che fanno al massimo un pò di letteratura di evasione...

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  3. 1) grazie. buongiorno

    2) sappiamo che i dati statistici vengono elaborati secondo criteri non proprio neutrali, di regola il tasso di dis. è sempre ufficialmente più basso di quello reale. parlare di 25mln di disoccupati in Usa non mi pare irrealistico

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