Come avevo anticipato ieri, Eugenio Scalfari scrive oggi, puntuale, un editoriale sulla fine dell’età dell’innocenza.
Tra l’altro, osserva: «Ma lo scandalo che non ha precedenti nella storia d'Italia è la connivenza del capo dell'esecutivo con una banda che esplicitamente mette le mani nella casse dello Stato, deturpa e stravolge le istituzioni, i pubblici appalti, le pubbliche imprese».
È evidente che i libri di storia sui quali si cimenta l’Eugenio presentano diverse pagine strappate. Invece che scomodare la Storia, sarebbe sufficiente che richiamasse alla memoria la cronaca, con la minuscola. Il caso di quell’uomo che fu sette volete presidente del consiglio e del quale si legge nella sentenza n. 1564 del 2.5.2003, passata in giudicato:
«[…] i fatti che la Corte ha ritenuto provati dicono, comunque, al di là dell’opinione che si voglia coltivare sulla configurabilità nella fattispecie del reato di associazione per delinquere, che il sen. Andreotti ha avuto piena consapevolezza che suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; ha, quindi, a sua volta, coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss; ha palesato agli stessi una disponibilità non meramente fittizia, ancorché non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi; ha loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, a ottenere che le stesse indicazioni venissero seguite; ha indotto i medesimi a fidarsi di lui e a parlargli anche di fatti gravissimi (come l’assassinio del Presidente Mattarella) nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; ha omesso di denunciare le loro responsabilità, in particolare in relazione all’omicidio del Presidente Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza».
Del resto Scalfari non può mordere alla gola Berlusconi con storie fatte solo di scrupoli morali, avendo vissuto lui stesso una vita da bigamo [*] (anche i santi uomini dell’antico testamento vivevano in concubinaggio e nei vangeli non c’è una sola osservazione contraria al riguardo). Scopre quindi che Berlusconi è corrotto e corruttore, ricattabile per giunta (ma dai?), per cui vien fuori che è un gangster mentre nel centrosinistra può succedere di avere a che fare solo con eventuali mariuoli preterintenzionali.
Scalfari non è preoccupato della “salvezza” dell’Italia, ma piuttosto di garantire il regno del valore di scambio, la dittatura ottimale della sua classe, denunciando «il pericolo dei giovani che nella piazza di Montecitorio gridavano "chiudete il Parlamento"». A lui non interessa che siano spariti i beni veramente utili, le mucche, le lumache, i boschi, il paesaggio e le coste. A lui interessa la gestione del fallimento capitalista e i valori di borsa.
Tra i tanti torti di Berlusconi, agli occhi di Scalfari, c'è quello di aver dimenticato che comandare è meglio che fottere.
P.S.: mai giocato a burraco in barca? Quindi non siete mai andati"a pozzetto" con Massimo ... ? Peccato.
[*] Sulla relazione tra Scalfari e Serena Rossetti: «In piena coscienza ho vissuto la fatica della bigamia».
P.S.: mai giocato a burraco in barca? Quindi non siete mai andati"a pozzetto" con Massimo ... ? Peccato.
[*] Sulla relazione tra Scalfari e Serena Rossetti: «In piena coscienza ho vissuto la fatica della bigamia».
Credo, che le sue critiche agli editoriali domenicali di Scalfari, siano quanto di meglio, esprime questo blog, cioè il suo pensiero.
RispondiEliminaI lettori di questo blog, dovrebbero (se non lo fanno) trarre lezioni di metodo, dai suoi processi mentali (analisi materialista) espletati nella critica al "borghese" Scalfari.
Buona domenica.
troppa grazia. saluti
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