mercoledì 5 settembre 2012

Quanti voti controlla il Corriere?


Prima di cominciare, una domanda: comprereste mai un’attività economiche in perdita e della quale non si può nemmeno per ipotesi sperare non solo di raggiungere un bilancio in attivo, ma nemmeno in pareggio? No? Allora non siete del giro giusto. Ma procediamo con ordine.

Quando si parla di azioni, di scalate in Borsa e cose del genere, d’istinto si tende a cambiare pagina: «Non me ne intendo, non ci capisco nulla».  È quello che vogliono, è ciò che cercano nell’uso di un gergo stereotipato per non far capire un cazzo di ciò che succede. Chi? I succhiasoldi, i magliari, i poteri grandi e forti, compresa ovviamente la cupola politica.

Quando si parla di azioni di una società quotata in Borsa, cos’é il flottante? È quella parte del pacchetto azionario disponibile per il pubblico, quella parte delle azioni della società che chiunque può comprare e vendere. Quant’è il minimo di flottante che una società deve mettere a disposizione del pubblico? Il 25% del capitale per le azioni negoziate nei segmenti di Borsa. Una volta ammessa a quotazione, la società deve mantenere il requisito relativo al flottante, altrimenti la cacciano.

La legge è uguale per tutti salvo che non ci si chiami RCS Media Group, l'azienda quotata a Piazza Affari a cui fa capo il Corriere della Sera e il cui flottante è pari all'11%. Che valore ha questo giornale pieno di debiti (oltre un miliardo di euro e perdite superiori a un terzo del capitale)? Il Gruppo il 3 agosto 2012 prezzava € 0,4550 per azione. Ma come diceva qualcuno, le azioni in certi casi non si contano, si pesano. E il Corriere, caposaldo dei poteri forti, ha un valore e un peso politico indiscutibilmente alto, nonostante la sua tiratura sia scesa a 400mila copie.

Sennonché il 24 agosto quotava già € 0,5570, e lunedì scorso ha chiuso a € 1,70. La variazione è da capogiro, il valore in borsa del gruppo editoriale è triplicato in meno di due settimane, con un rialzo pari a +205,21%. Oggi, alle 11,20, il titolo quotava 2,256 con una variazione del 13,42 rispetto alla chiusura di ieri.

Tutto normale? Col cazzo, in Borsa non si può fare quello che si vuole, ci sono delle leggi che riguardano le scalate e l’offerta pubblica di acquisto (OPA). E l’organo di vigilanza della Borsa, e il governo? Cosa fanno invece di sospendere il titolo e aprire un’indagine? Stanno guardando da un’altra parte, se non stanno addirittura reggendo il sacco. Del resto chi sono gli scalatori (presunti)? L’agenzia Reuters scrive che «I nomi che vengono in mente sono i soci fuori dal patto (di sindacato), Giuseppe Rotelli (primo azionista del gruppo con il 16,5%, ndr) o Diego Della Valle (svincolato dal patto lo scorso 4 aprile e titolare di un 5,4% che non ha mai nascosto di voler aumentare)».

Le altre partecipazioni più importanti in RCS Media Gruop fanno capo a Mediobanca (13,7%) e Fiat (10,3%). Segue poi Italmobiliare di Giampiero Pesenti (7,4%), che è anche il presidente del patto. Della Valle e Pirelli hanno il 5,2%. Mentre Intesa Sanpaolo è a poco più del 4,9%, ma stando agli accordi ha facoltà di salire fino al 5,2%. Generali, rappresentata nel patto dal presidente Cesare Geronzi, ha il 3,7%. Giuseppe Lucchini e Francesco Merloni hanno il 2%. La Mittel di Giovanni Bazoli ha l'1,2%, mentre Roberto Bertazzoni ha l'1,2% (con facoltà di salire al 2%). Edison ha l'1%.

A pensare male si fa peccato ma in questi casi ci si azzecca sempre e presto si potrà dare un volto alle "manone" che vogliono controllare la corazzata editoriale in vista delle prossime elezioni. Votate, votate gente, liberamente.


P.S.: Naturalmente i debiti del Corriere, prima o poi, li pagheranno gli stessi che stanno pagando quelli di Alitalia.

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