domenica 30 settembre 2012

Digressioni notturne sull'arte



Dell’arte anche ciò che appartiene al passato è un segmento del mercato. Ne ho fatto cenno in settimana a proposito delle mostre di Vermeer a Roma (in cui è assente l’opera forse più famosa dell’artista) e di Picasso a Milano. Di quest’ultimo artista sono in apertura in questi giorni almeno altre due personali: al Guggenheim di New York (Picasso in bianco e nero), e al Museo Nazionale Reina Sofia di Madrid (Incontro con gli anni ’30), dove è esposta l’opera più celebre di Picasso, Guernica, considerata il capolavoro assoluto del secolo scorso.

L’arte è morta, non solo perché viviamo nell’epoca della duplicazione, quindi della sua industrializzazione, ma perché non risponde più a nessun bisogno reale e può giustificarsi soltanto in termini puramente estetici, della pura contemplazione da parte di un pubblico pagante. È venuta essa stessa a far parte dell’alienazione, dove l’esclusione è fatta apparire come partecipazione. Possiamo tranquillamente definirla come la merce modello, il cui unico interesse risiede nelle sue astratte trovate tecnico-estetiche. Se no, che altro mi significa la spazzatura messa in mostra come bric-a-brac estetico in una Biennale?

Ma cos’è sta cavolo di alienazione, di cosa mi parli? Breve digressione. Se vediamo un bassorilievo assiro, possiamo vedervi raffigurato un contadino con l’aratro, il manico del quale è ornato d’intagli. Arte o artigianato? Il pittore e lo scultore che nelle loro botteghe utilizzano più e più volte, in serie, il loro motivo preferito, diventano per questo degli artigiani? Michelangelo dedicò il suo genio alla falegnameria: il soffitto della biblioteca laurenziana, della sala di lettura, è una sua creazione. Compresi i banchi per i lettori! E Raffaello, si sporcò le mani con vili (si fa per dire) decorazioni e opere di falegnameria. Cosa non fece per elaborare la decorazione della loggia del Vaticano, ma non si occupò solo dei motivi ornamentali eseguiti dal suo allievo Giovanni da Udine, bensì anche le porte in legno del Basile furono preparate sotto la sua direzione. Per non dire di Leonardo e moltissimi altri.

Chissà se alle scuderie del Quirinale è in programma una mostra dedicata a Lucas Cranach. Potrebbe capitare. Come ci rimarrebbero in tal caso le centinaia di migliaia di “visitatori” se scoprissero che il maestro si recò con i suoi lavoranti da Wittenberg a Torgau per imbiancare una casa e un muro di giardino. Scrive Marx: In genere, la riflessione sulle forme della vita umana, e quindi anche l'analisi scientifica di esse, prende una strada opposta allo svolgimento reale

Ecco il punto dal quale far partire la riflessione: in coda per entrare a una mostra d’arte fingiamo con noi stessi di vivere in un mondo in cui non c’è che la vita e non ci accorgiamo invece che siamo in tutti i modi colpiti nella nostra integrità sociale a cominciare proprio dalle nostre potenzialità creative, dalla nostra possibilità di capire e fruire in modi diversi da quelli nei quali illusoriamente partecipiamo. Ma di questo dirò forse in un’altra occasione.

3 commenti:

  1. In ogni periodo storico mi sembra sia ricorrente cantare il funerale dell'arte e la parallela disquisizione se questa debba essere esclusivamente godimento estetico o risposta a bisogni sociali di altra natura. Paradossalmente quest'ultima affermazione appare un po' come asserire che i rapporti sessuali sono leciti e gratificanti solo se finalizzati alla procreazione. Tralasciando la morale, gli escrementi d'artista ed il nylon degli involucri di Christo, che il tempo, come al solito, impietosamente discriminerà, considero che non esiste solo la pittura: c'è la scultura, la musica, la danza, la poesia, la letteratura, la recitazione, l'interpretazione e tante altre discipline pari solo alla creatività umana ed alla sua relativa evoluzione tecnica e sociale. Penso al cinema, alla fotografia, agli attuali stumenti musicali elettrificati ed amplificati ed ai virtuosi che ne hanno dimestichezza espressiva. A tutte queste manifestazioni creative, vecchie e nuove, non è facile applicare ii parametro esclusione/ partecipazione. L'artista, nonostante la riproducibiltà meccanica della sua opera, è fatalmente unico con il suo talento, la sua insofferenza e le sue capacità; egli interpreta liberamente la realtà con l'acutezza, la sensibilità, che sono proprie dell'essere tanto dotato quanto consapevolmente orfano e la trasmette, ai tanti condividendola, finendo cosi', inevitabilmente, con il dare voce a chi non ne ha. La partecipazione dei fruitori, anche dei piu' edotti, non potrà che essere di passiva meraviglia. Non vedo esclusione, in questo, se non l'alienazione dell'artista medesimo che si immola, consapevolmente o meno, sull'altare della comunicazone emozionale. L'integrità sociale non si dissolve per tale motivo ma si consolida in una nuova maturità e consapevolezza comune. Poi, certo, il genio di Michelangelo è anche figlio della sua epoca e dei suoi interessati e colti mecenati come sempre interessati, se non colti, sono oggi i poteri che proteggono e vendono l'arte. I bassorilievi di Babilonia nascevano per cantare la grandezza del re ma nel contempo ci hanno riportato, insieme all'immagine dell'aratro dal manico intagliato, l'eterna fatica del lavoro e la sofferenza dell'esserne schiavi. Sta a noi, oggi, scovare nell'infima arte commerciale e dannatamente massificata, il lampo di un genio contemporaneo che ci faccia sentire meno soli.
    Conscrit

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    1. Infatti non esiste una cosa chiamata arte e questa parola significa cose diverse in ogni epoca e luogo. Gli antichi, nel considerare le nove muse, escludevano le arti figurative. Tuttavia con il concetto corrente di arte ci si riferisce di solito alle arti figurative e plastiche, includendo a volte anche l’architettura (che lei non cita). In tal senso, il concetto di arte, come concetto di base, come opera della “mano” dell’uomo, è percepito da chiunque se non accompagnato da specificazioni che riguardano invece opere della scrittura, dell’udibile, del corpo, eccetera. Quando Gombrich scrive la sua Storia dell’arte, non include in essa la musica, la danza e la letteratura e non gli serve specificare il perché, tanto più che il lettore comprende subito a cosa si riferisce. Né era mio intento scrivere una storia del concetto di arte, facendone grazia al lettore.

      Che poi io mi riferisca all’arte anche come all’insieme dell’attività creatività umana, lo dico esplicitamente, tanto che cito ad esempio il manico intagliato dell’aratro del contadino antico o i lavori di falegnameria di Michelangelo piuttosto che quelli di Raffaello. Perciò, francamente, non colgo il motivo della sua osservazione.

      Anche intesa nel suo sviluppo l’arte ha trovato indubbiamente un suo limite non solo per la sua duplicabilità ma soprattutto, come dico, perché può ormai giustificarsi soltanto in termini puramente estetici, della pura contemplazione da parte di un pubblico pagante, perché non risponde più a nessun bisogno reale (che non va inteso nel significato sordido corrente).

      Si può confondere per artista chiunque, compreso, come lei stesso osserva, colui che inscatola la propria merda. Lei se la cava scrivendo: Tralasciando gli escrementi d'artista ed il nylon degli involucri di Christo … Eh no, troppo comodo tralasciare, è proprio questo uno dei punti centrali in discussione, quantomeno del post a cui il presente fa seguito e al quale si richiama.

      Né, mi pare, trascuro le varie forme dell’arte sotto l’aspetto ideologico in quanto unità sovrastrutture, cioè nate su di un’unica base comune e condizionate da un unico complesso di leggi socio economiche, anche se ciò ovviamente non cancella le loro caratteristiche specifiche. In tal senso, ho detto cose diverse da come le ha interpretate lei, partendo proprio dal fatto che presento l’arte (e qui se vuole può includervi qualunque disciplina artistica) come la merce modello. Ed è in tale espressione che speravo che il lettore cogliesse la differenza tra ciò che l’arte è stata e ciò che essa è oggi.

      Lei obietta: La partecipazione dei fruitori, anche dei piu' edotti, non potrà che essere di passiva meraviglia.

      In base a cosa lo afferma? Per quanto mi riguarda, ribadisco: in coda per entrare a una mostra d’arte fingiamo con noi stessi di vivere in un mondo in cui non c’è che la vita e non ci accorgiamo invece che siamo in tutti i modi colpiti nella nostra integrità sociale a cominciare proprio dalle nostre potenzialità creative, dalla nostra possibilità di capire e fruire in modi diversi da quelli nei quali illusoriamente partecipiamo.

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