Si sa che, in genere, i ragazzi d’oggi sono
refrattari alla burocrazia e quando c’è da produrre un certificato o cose del
genere per un’inscrizione o un concorso, spesso e volentieri devolvono
l’incombenza (termine prettamente burocratico) ai genitori.
Capita che una ragazza chieda al proprio padre di
procurarle il certificato di battesimo. Il genitore, ovviamente stupito, le
chiede a cosa cazzo le serva (non proprio in questi termini, ma quasi). La
fanciulla risponde che le è necessario per iscriversi all’Università Cattolica
(la quale riceve cospicui finanziamenti pubblici, anche se ultimamente ne
lamenta la riduzione). Fino a qualche mese fa il rettore era l’attuale ministro
Ornaghi, tanto per dire.
I cattolici con la costituzione, salvo il sacro frammento
dell’art. 7, ci si sono sempre puliti il sedere. E l’Europa è lontana, lontana,
lontana.
La responsabilità, a mio parere, non è dell'università del Sacro Cuore di Gesù. La responsabilità è di uno Stato che non si limita a finanziare unicamente scuole pubbliche e laiche. L'azienda vaticana cura bene i propri interessi, lo Stato no.
RispondiEliminaLa responsabilità, in ambito squisitamente familiare, è di un papà che ha fallito nell'educare a una certa disciplina morale a-religiosa la figlia. Perché scegliere di frequentare un'università cattolica non è né un bene né un male: è una libera scelta di responsabilità. La figlia di quel signore non oso certo pensare che si limiti ad acquistare un prodotto dell'Azienda Chiesa solo quando torna comodo a calcoli di convenienza personale. Spero avrà la bellezza di non criticare mai, vita natural durante, un'Azienda grazie alla quale otterrà un titolo di studio. Così come, seguendo la propria morale, l'Università Cattolica fa benissimo a esigere certificato di battesimo e sarebbe ancora più veritiera se imponesse, oltre all'esame di teologia, anche la visita ginecologica per certificazione dell'integrità dell'imene.
Non è ipocrisia della Chiesa se la gente ne acquista i prodotti, dal battesimo alla cresima, dal matrimonio alla laurea. Continuando poi a dirne male, per gusto radical-chic. Immancabilmente a cose fatte ed esami dati. È quel modo di fare che fa tanto ggggiovani! (e futuri intellettuali cattolicamente corretti; e laureati; e di sinistra; e amici di Casini; e della Bindi; ma pure di Vendola; a seconda di come far rendere meglio la laurea)
Che l'Europa sia vicina o lontana è ininfluente. Conta chi, pur vicinissimo, per non vedere gira la testa altrove, al momento di fare una scelta che lo riguarda direttamente.
sulla prima parte concordo, non sulle altre considerazioni
Eliminacredo che non vada confusa l’università con il seminario, l’istruzione finanziata con denaro pubblico in un paese democratico con l’istituto dalla madrasa.
non conosco la ragazza e ignoro le motivazioni della sua decisione che possono essere le più varie, oggettive e soggettive, e vanno comunque rispettate. Il diritto allo studio è strettamente legato a quello di scelta ed entrambi non dovrebbero soggiacere all’obbligo di attestazioni come quella di cui si parla.
"Perché questo è il nostro scopo: lavorare per la Chiesa cattolica [...]. Lavorare per il nostro paese, per ridonarlo a Gesù Cristo." (padre Agostino Gemelli, fondatore Università Cattolica del Sacro Cuore, di Milano]
EliminaNel mio commento sono un poco uscito "dal seminario" (scusa il gioco di parole); ognuno è libero di scegliere dove e come esercitare il diritto allo studio, ci mancherebbe altro. Ed il mio sarcastico infierire, rilanciando di ulteriori certificazioni, è legato al fatto che intanto lo Stato sarebbe così "furbo" da continuare a finanziare comunque. Come scrivi tu, il buon senso vorrebbe che non avesse alcun peso al momento dell'immatricolazione il fatto di essere battezzato o meno. Ma qua si parla di un istituto che ha nell'aggettivo "cattolica" la propria legittima connotazione distintiva, dove "i non battezzati dovranno rivolgersi all’assistente ecclesiastico generale" (fonte FAQ immatricolazioni) per chiarire le motivazioni del mancato battesimo. E sul piano del "buon senso cattolico" (detto davvero senza alcuna ironia) la richiesta del certificato non dovrebbe affatto scandalizzare chi è intenzionato a iscriversi all'Università Cattolica. Aiuta a entrare da subito nell'ordine di idee di chi (e anche qua secondo me fa benissimo) impone l'esame di teologia.
Sono anche d'accordo che dare qualche esame di teologia non ricorda nemmeno lontanamente una madrasa (islamica, tradizionalmente intesa). Temo però che alla facoltà di medicina questa distanza si riduca un pochetto, su temi come l'aborto, la bioetica, la fecondazione assistita, la contraccezione. Poi diventa più facile trovare nelle strutture sanitarie pubbliche (statali) medici che obiettano.
Ciao :)