lunedì 24 settembre 2012

"Non baratto la libertà"



A volte può capitare, scrivendo o dirigendo un giornale, ma anche almanaccando su un blog, di venire querelati. Magari senza vero motivo, tanto in Italia i temerari se la cavano con poca spesa. Bisogna, oltretutto, tener conto che in circolazione vi è una certa percentuale, sicura, di psicopatici. E anche una percentuale, notevole, di deficienti.

La vicenda che cercherò di seguito di ricostruire, da elementi frammentari reperiti in internet, non riguarda però né la categoria dei folli e nemmeno quella dei semplici deficienti. Probabilmente attiene – è mia opinione – a un caso di arroganza, di supposta impunità. I protagonisti sono, da un lato, un giornalista, direttore di un quotidiano e perciò responsabile sempre di ciò che vi si pubblica, e dall’altro lato, come controparte, un magistrato nel ruolo di giudice tutelare.

Sul quotidiano nazionale in questione venne pubblicato, a corredo di un articolo, un commento. Esso non apparteneva a un lettore, ma fu scritto da un giornalista e firmato con uno pseudonimo. Il commento trattava della notizia di una adolescente di 13 anni, di aborto e di un giudice tutelare. Questione, si intuisce subito, delicatissima. Il giudice tutelare si sentì diffamato dal contenuto del commento e sporse querela.

In questi casi, il direttore del giornale, se ritiene di voler comunque evitare delle grane, ovvero sussista qualche ragione per la quale il querelante debba sentirsi diffamato, cerca una transazione. Pubblica una bella rettifica, delle scuse, e magari versa all’offeso una cifra da devolvere in beneficienza. Non di rado le questioni si risolvono a questo modo, anche perché affidarsi ai tribunali è sempre un’incognita, sia per l’esito della pronuncia che per i tempi biblici del procedimento.

Nel caso narrato, invece, il direttore decide di affrontare il giudizio del tribunale. Sennonché, pare, l’avvocato dell’azienda editoriale si era distratto e non aveva tutelato l’imputato. Vero o no, il tribunale fa il suo corso e condanna a una pena pecuniaria di 5 mila euro il direttore. Routine. Si paga e buonanotte. Incidenti di percorso. Sennonché la parte lesa, il giudice tutelare, appella la sentenza, la condanna non gli sembra proporzionata al danno patito.

In questo caso, ossia a tal punto, un comune mortale cerca di pararsi il culo. Tenta quantomeno di difendersi al meglio. E invece in udienza del processo di secondo grado, pare, sia assente, ancora una volta, l’avvocato di fiducia del direttore. Il tribunale ne nomina uno d’ufficio. Forse, anche con la presenza dell’avvocato di fiducia, non sarebbe comunque cambiato l’esito del processo, e tuttavia il tribunale condanna il direttore a 14 mesi di reclusione.

Pazienza, c’è pur sempre la condizionale per evitare il carcere e comunque la vicenda serva da lezione. E, invece, no. La copertura della condizionale non c’è, probabilmente a causa di una precedente condanna, magari, chissà, per lo stesso reato di diffamazione a mezzo stampa. Trovare notizie più precise sui giornali è assai difficile, la casta delle grandi firme è tutta solidale col malcapitato direttore, il quale non lesina di fare la vittima e scrive cose come queste:

"Nessun giudice può mandare in carcere qualcuno per le sue idee. Se accettassimo questo sarebbe la fine della democrazia, tutti noi saremmo in balia di pazzi, di uomini di Stato in malafede, di ricattatori". 
A difesa del condannato anche il grande fustigatore nazionale, Marco Travaglio:

«Che cosa pensiamo di Sallusti i lettori lo sanno benissimo perché l'abbiamo scritto e mille volte lo scriveremo. Si dirà: i giornalisti sono cittadini come gli altri (eccetto i politici, si capisce) e non c'è nulla di strano se, in caso di condanna, la scontano. Vero: ma questo dovrebbe valere per delitti dolosi. Cioè per reati gravi e intenzionali. Sallusti è stato condannato per aver diffamato su Libero un giudice tutelare di Torino, Giuseppe Cocilovo, in un articolo del 2007 scritto da un altro sotto pseudonimo, ma di cui gli è stato attribuito l'"omesso controllo" in veste di direttore responsabile. Non so cosa fosse scritto in quell'articolo, ma non dubito che fosse diffamatorio, vista la normale linea Sallusti. Però ora non m'interessa, perché ciò che conta è il principio».

Il reato di diffamazione a mezzo stampa non è una cosetta da niente e assume una particolare connotazione quando, ravvisato, non si rettifica e s’insiste sul diritto e la difesa delle “idee”.

Il principio è, o dovrebbe essere, caro Travaglio, che la legge è uguale per tutti, nessuno escluso.

Scrive oggi Repubblica:

In particolare, i legali di Sallusti hanno chiesto alla controparte di quantificare una richiesta risarcitoria. Il giudice Cocilovo, tramite l'avvocato Monica Senor, si è limitato a ribadire quanto proposto sin dal primo grado di giudizio. "Il dottor Cocilovo - spiega Senor - non intende in alcun modo speculare sulla vicenda" e propone che, fermi restando i danni liquidati dalla Corte d'Appello di Milano, la somma sia devoluta alla onlus Save the Children. "A tutt'oggi - comunica Senor - non è ancora pervenuta alcuna risposta".


PS: nel caso qualcuno mi segnalasse notizie di merito più precise, sarà mia solerte cura integrare o rettificare.

12 commenti:

  1. Non so se ci siano parti da integrare o correggere nella tua ricostruzione. Qua eventualmente (nello specifico al punto 5 finale) c'è un estratto pertinente dal sito dell'Ordine dei Giornalisti.
    Per quel che posso capirne Travaglio accorso in soccorso al collega mi ha stupito e non mi è piaciuto (oggi ti aiuto io, quando sarò io a farla fuori dal vaso mi ricambierai il favore?).
    Intanto perché in un giornale possono esistere differenti direttori, e quello che si fregia della specifica di "responsabile" di certe faccende deve appunto assumersi la responsabilità all'evenienza (altrimenti com'è?! uno fa lo sbruffone spacciando "coraggio di penna", intanto sa che le penne non ce le lascerà mai?).
    Poi perché se passasse la linea che, anche fottendosene di correre ai ripari nei precedenti passaggi dell'iter processuale che hai ricostruito, un giornalista in carcere non debba mai andarci, che facciamo? Ratifichiamo che un giornalista può calunniare e sparare offese gratuite e diffamare come gli pare e piace e al massimo se la cava con una pena pecuniaria dal fondo cassa dell'editore? A quel punto che differenza c'è tra essere direttore di una testata o sproloquiare ubriaco al bar? A quel punto a che serve l'Ordine se non sa tutelare la qualità del proprio prodotto (informazione) e i propri clienti (lettori) prima ancora che i propri "dipendenti"?
    Infine, essendo io un pubblicista, non ne faccio affatto una questione di antipatia verso la categoria, anzi! Anche per me "ciò che conta è il principio". La dignità dei giornalisti merita una presa di distanza da chiunque svolga la professione calunniando o diffamando; stagista o direttore che siano. Si può avere simpatia o antipatia per Grillo, ma lo slogan che ha usato di recente, purtroppo contiene una amara verità: un certo tipo di politica può esistere solo grazie a un certo tipo di informazione.
    Un caro saluto :)

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    1. un certo tipo di politica può esistere solo grazie a un certo tipo di informazione

      e viceversa, ovviamente, dato che è il business e la politica che la controllano
      non è una scoperta di oggi, non è una scoperta di grillo, il quale, per certi versi, mi è pure simpatico e ne apprezzo l'energia e l'impegno, ma purtroppo non ha la caratura per affrontare certe questioni. ce lo immaginiamo tenere un comizio dei suoi durante un incontro con la merkel? è un elemento di rottura, di polemica e di scontro, e ciò sta bene. ma nulla di più. nulla.
      ricambio saluti carissimi

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    2. Ovviamente ;) (su ciò che Grillo è, pregi e limiti, straconcordo).
      Tra poco ti linko in un post, in merito a un accadimento oltremodo oscuro. Nervi saldi!

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    3. Tutto risolto, ti puoi rilassare. Almeno a Gotham, il bene ha nuovamente trionfato! E ora Bat-Clem ronfa il sonno dei giusti ;)

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    4. ricevuto. nessun problema (rileggendo alle 13 il post ho anche corretto un erroraccio: scrivo troppo in fretta). ciao

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  2. ...la neolingua tracima.
    dopo che mi hanno spiegato "irresponsabile", nel caso del presidente della repubblica, mi piacerebbe se mi spiegassero bene cosa significa in realtà "responsabile".
    no, che la settimana enigmistica quaggiù non arriva :)

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  3. "perché affidarsi ai tribunali è sempre un’incognita"...

    Ma non per un magistrato.E' da quando ho imparato a leggere che non ho mai visto perdere una causa ad alcun membro di siffatta casta.

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    1. io sì.
      anche se è vero, in generale, che cane non mangia cane

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  4. Aggiungo a pedice, a beneficio di differenti punti di vista, un articolo di oggi, nel quale Massimo Fini replica a Marco Travaglio.

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    1. ho letto. fini parla in generale e ha ragione nel dire (anche se in modo non proprio chiaro) quel che andava detto (a parte il riferimento ad alfredo rocco, evidentemente non sa bene cosa ha combinato costui).

      ciò che resta, è che sallusti voleva farla franca fin dal primo minuto. e insiste.

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