Uno dei più classici fraintendimenti dei felici
cervelli in decrescita riguarda l’incomprensione totale di come funziona il
capitalismo. Quando Latouche scrive: “trasformare
gli aumenti di produttività in riduzione del tempo di lavoro e in creazione di
posti di lavoro”, senza perciò trasformare i rapporti di produzione e di
proprietà, significa che egli vive su un pianeta diverso e del nostro non
conosce nulla. Chi lavora in fabbrica, per esempio, non è un semplice
lavoratore, ma un salariato. La specifica determinazione del lavoro salariato e
del suo impiego è di accrescere il valore delle merci contro cui tale lavoro si
scambia, di produrre plusvalore.
Quando scrive che “i
movimenti di merci e di capitali devono essere limitati all’indispensabile”,
significa affermare una stupidità allo steso grado di Grillo. Cosa significa
limitare all’indispensabile i movimenti di capitale? Il capitale emigra laddove
trova le migliori condizioni per la sua valorizzazione; quanto alle merci
possiamo fare a meno del mango, ma allora anche delle banane e del caffè. E chi
lo dice ai produttori di camembert e di Champagne che non possono più esportare
in Giappone? Si tratta di prodotti non indispensabili in una società che mira all’autoconsumo,
al medioevo, allo sfruttamento antico velato da illusioni come queste.
Questi teorici di matrice francese, sono dei
formidabili passer du coq-à l’âne. Qualunque persona di buon senso, persino il
liberista più sfrenato, è d’accordo che il perseguimento indefinito della crescita è
incompatibile con un pianeta finito, ma il fatto determinante che questi
teorici del banale fingono di dimenticare è il movente della produzione capitalistica ed il fatto che è con il sistema borghese che si devono regolare i conti.
Questi filosofi del troppo pieno, per eludere le reali contraddizioni del sistema, ossia
per abbeverare il proprio orticello della decrescita, astraggono dalla base di tale modo di produzione e ne fanno una
produzione regolata sul consumo immediato dei produttori. In ciò essi non
vogliono ammettere che i produttori non si contrappongono come semplici
possessori di “beni” o “prodotti”, ma come capitalisti. E che la prima ragione del conflitto riguarda il capitale e il lavoro, i borghesi e i loro schiavi.
Sennonché questi teorici si trovano alle prese con
quel diavolo del denaro e nella loro falsa concezione qualcosa in merito devono
pur escogitare. Essi lo concepiscono, conseguentemente, come semplice
intermediario, medium, dello scambio
di prodotti (“beni”), non quindi come una forma di esistenza essenziale e
necessaria della merce, la quale
deve rappresentarsi come valore di
scambio. In tal modo essi possono negare al denaro la sua forma essenziale
nel processo della metamorfosi della produzione capitalistica.
Viene meno anche la possibilità di spiegare le crisi
nelle loro cause effettive, relegandole a fenomeni di “sovrapproduzione” che
troverebbero soluzione nel sottoconsumo, nella decrescita e, udite, nella
produzione di “beni”, “prodotti” di qualità, come se lo scopo della produzione
capitalistica fosse, appunto come detto, quello di produrre “beni” e non
l’appropriazione di valore, di denaro, di ricchezza
astratta.
Pertanto, l’obiettivo che essi prefigurano, di là di certi
puerili deliri, non potrà mai essere raggiunto a latere della trasformazione
complessiva del modo di produzione capitalistico e cioè fintanto che i grandi
mezzi di produzione sono di proprietà privata e l’organizzazione capitalistica
del lavoro rimane inalterata.
Questo genere di babbei non sembra voler capire che
le determinazioni del rapporto capitalistico si espandono a tutta la società
riproducendo in essa i loro effetti distruttivi e che l’esistenza di “isole
felici” dove produrre melanzane e pomodoro può rappresentare solo l’eccezione,
precaria, e non la regola.
Sono babbei in malafede ... la peggior specie di babbeo.
RispondiEliminaCerto la versione della decrescita tipo:
RispondiEliminavoi che siete forza lavoro in eccedenza e servite a tenere bassi i salari dato il vostro grande numero, meglio che vi togliete dai co...ni e andate a coltivare patate e fare piccoli lavori di sussistenza, invece che pretendere sussidi, protestare e chiedere cambiamenti. E soprattutto dai vostri anfratti lasciateci manovrare e aumentare i profitti.
è bella comoda.
Per i loro obiettivi rispetto alla società, invece, non potevi proporre analisi più puntuale.