mercoledì 13 marzo 2013

L'antico e il moderno proprietario di schiavi



La principale fonte della conoscenza umana è la pratica sociale. Essa non si limita alla sola attività produttiva, ma ha molte altre forme: vita politica, attività scientifica e artistica, lotta di classe. Soltanto la pratica sociale degli uomini è il criterio della verità e della conoscenza del mondo esterno. Infatti, solo nel processo della pratica sociale – in quello della produzione materiale, della sperimentazione scientifica e della lotta politica – gli uomini ricevono la conferma della verità della loro conoscenza. Se gli uomini vogliono raggiungere i risultati previsti, devono conformare le loro idee alle leggi del mondo oggettivo esterno. I fallimenti servono a trarre insegnamento.




Il materialismo dialettico – che sta alla base della scienza marxista – afferma che la verità di una conoscenza e di una teoria non è determinata da un giudizio soggettivo ma dai risultati oggettivi della pratica sociale. E allora, a fronte degli innumerevoli fallimenti pratici sia nella sfera economica così come in altre sfere dell’attività sociale, perché gli uomini continuano a non trarre insegnamenti e a non voler cambiare strada? Proprio perché molti aspetti della pratica sociale, anziché formarsi su giudizi oggettivi, si vengono a determinare su teorie e giudizi soggettivi ammantati di una falsa oggettività. Questo non avviene perché gli uomini siano particolarmente idioti ma perché il loro comportamento è determinato da particolari interessi. Ogni individuo, come membro di una determinata classe sociale, porta l’impronta della sua classe e dei relativi interessi.

Un antico proprietario di schiavi – escluso ogni eventuale scrupolo morale – avrebbe mai potuto ammettere che il modo di produzione schiavistico portasse in sé il germe della propria dissoluzione? E il feudatario ecclesiastico – costringendo le plebi a un mero e precario stato di sussistenza – non voleva forse confermare che l’immutabilità del vigente ordine sociale corrispondesse a quanto stabilito dal padreterno? Infine, un moderno proprietario di schiavi salariati potrebbe tollerare che l’aumentata produttività del lavoro possa tradursi in una diminuzione della durata del tempo di lavoro e con ciò alludere alla rimodellazione delle forze produttive, della tecnica e della scienza entro un nuovo quadro di razionalità fondato sulla liberazione del lavoro e il rispetto della natura?

E allora è ben evidente come i pregiudizi di classe deformino costantemente la realtà e la storia, di quanto sia allora necessaria la formazione in ciascun proletario di una coscienza comunista, quindi la necessità di un processo di lotta ideologica contro l’ignoranza, i riti, le superstizioni, le credenze, le false rappresentazioni e i vuoti concetti dell’ideologi borghese, insomma contro la morale filistea della proprietà privata dei grandi mezzi di produzione che – per dirla con A.M. Gorki – “divide gli uomini, li spinge gli uni contro gli altri, crea un inconciliabile antagonismo degli interessi, mente, cercando di nascondere o giustificare questo antagonismo, e corrompe tutti con la menzogna, l’ipocrisia e con la malvagità”.

5 commenti:

  1. Oh no! Guai a toccare il PD agli odierni "comunisti", che di lotte di classe ne hanno fatte tante a fianco di Berlinguer. Oggi "maestri" della profonda conoscenza sul significato dell' essere "comunista". Esempio incarnato dal loro amato Bersani, che sì, ammettono i tapini, ha commesso degli errori, ma mai quanto il berlusca. Il solo provarci mi ha condannata alla negazione della loro dotta "amicizia". Ben mi sta! Non sono all'altezza dei loro insegnamenti.

    Non è facile esprimere pensieri contrari, così come appare inutile esercitare la libertà di opinione, che resta sancito nella Costituzione come un'icona appesa ad un muro ormai fatiscente, e che a fatti ha perso valore davanti alla denigrazione martellante per chi esce fuori dal coro. Tempi bui questi nostri.

    Un caro saluto a Te, Olympe.

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  2. http://it.ibtimes.com/articles/44729/20130313/lavoro-america-crisi-donne.htm

    I "preziosi" pensieri, insegnamenti di vita, di una ricca borghese.
    Donne di tutto il mondo, ascoltatela!

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  3. il materialismo dialettico mi appassiona assai poco, mi pare che la teoria del rispecchiamento depotenzi di molto la comprensione dei rapporti (rapporti inafferrabili con le mani, per loro natura ideali e immateriali) sociali come delineata nel pensiero dialettico hegelo-marxiano. Oltre a definire una priorità, e non più una totalità, tra soggetto e oggetto, il materialismo dialettico volge alla comprensione dei fenomeni sul modello della scienza avalutativa borghese, mettendo sullo stesso piano i fenomeni della fisica con quelli in cui gioca invece un ruolo decisivo la soggettività umana, con quel quid espressivo -trasformativo e trascendentale, poco prevedibile- tipico della prassi umana. La scientificità marxiana la leggo con Aristotele, non con Galileo.

    Ma finisco subito qui di fare della sciocca filosofia, e sa solo dio quanto manca una forte fondazione filosofica al pensiero che si vorrebbe antagonista, per spendere due parole riguardo al individualismo, che leggo essere parecchio condannato sia nei post della gentile Olympe che nei commenti.

    Vabbè daccordo c'è il feticcio del libero imprenditore egoista che muove l'economia per il proprio profitto, e che questo meccanismo estraniato incrocia i bisogni solo come cascame ecc ecc. ma a me pare che si lasci da parte che la critica da esercitare sia non quella sociologista (fondamenalmente illuminista) del dominio del capitale sulla società, ma quella del dominio della società in quanto società (nelle espressioni dell' economia, della politica, della psicologia ecc).

    In questo quadro io vedo un dominio essenzialmente sociale sugli individui, non il contrario, che si esplica sia nell' atomizzazione che nella massificazione. L' individualità, l'unico luogo in cui l'umanità ha sede ella carne, è compressa in questa morsa.

    Credo che anche dal materialismo dialettico discenda il dominio della società-mondo sull' individuo, per questo ritengo che tutta questa parte del pensiero engelsiano (con varie partecipazioni) sia da ripensare.

    da

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    1. io invece ritengo che la dialettica sia alla base di tutti i fenomeni sociali e anche di quelli naturali. quindi che si possa ripensare quello che si vuole ma partendo da questo assunto. le tre leggi della dialettica, così come esposte da engels, non hanno data di scadenza. personalmente non vedo nella concezione materialistica della storia nessun quid trascendentale, ma anzi il suo superamento.
      grazie per l'attenzione

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