mercoledì 20 marzo 2013

Segno del valore



Marx descrisse in modo impareggiabile la funzione del denaro quale equivalente universale: “Il denaro come misura del valore è la forma fenomenica necessaria della misura immanente del valore delle merci, del tempo del lavoro”. Infatti, le merci sono entità commensurabili fra loro solo in quanto costituiscono una determinata quantità di lavoro oggettivato, e non per mezzo del denaro. Quest’ultimo può agire come equivalente solo perché anch’esso è in sé una merce, “perché materializza – dice Marx – in una data sostanza [oro, argento, ecc.] tempo di lavoro, quindi è esso stesso valore”.

Il denaro – quale più alto prodotto dello sviluppo dello scambio nella produzione mercantile – nasconde e dissimula il carattere sociale del lavoro individuale, il legame sociale tra i singoli produttori legati dal mercato. Pertanto, il denaro, prima di svolgere una funzione materiale, svolge una funzione sociale. Inoltre, il denaro, in quanto mezzo di circolazione, può essere rappresentato da un “segno di se stesso", perciò la cartamoneta è segno del denaro, più generalmente segno dell’oro.

Questo è possibile solo quando si isoli il denaro nella sua funzione di moneta–mezzo di circolazione. Infatti, in un processo dove il denaro passa incessantemente da una mano all’altra per far circolare le merci è sufficiente anche la sua esistenza puramente simbolica. Il segno del denaro, però, “ha bisogno di una sua propria validità oggettivamente sociale”: questa gli è data dallo Stato tramite il corso forzoso della carta moneta statale. E Dio solo sa quanta confusione e fantasie cervellotiche scatena questo fatto.

Una delle tre funzioni del denaro (cioè oltre a essere mezzo di tesaurizzazione e mezzo di pagamento) è la funzione che esso svolge come moneta mondiale negli scambi internazionali. In tale sede soltanto l’oro può agire come moneta mondiale negli scambi che si effettuano tra i paesi, perché la carta moneta, valicati i confini nazionali, perde il proprio valore legale conferitogli dallo Stato. L’oro, invece, viene valutato sulla base del suo peso metallico; non solo rappresenta valore, ma è valore esso stesso.

Scrive Marx che il denaro mondiale svolge tre particolari funzioni: “come mezzo generale di pagamento, mezzo generale d’acquisto e come materializzazione assolutamente sociale della ricchezza in genere”. L’oro ha svolto questa funzione alla luce del sole fino alla crisi degli anni Trenta, cioè fino al momento in cui si arrivò alle svalutazioni competitive da parte degli Stati, all’esaurimento delle riserve per pagare i debiti. Con gli accordi di Bretton Woods del 1944 si pensò di bypassare la funzione dell’oro con strumenti finanziari di altro tipo, soprattutto elevando il dollaro a denaro mondiale, rendendolo convertibile in oro (35 dollari/oncia) e legandogli i tassi di cambio.

Nel 1969, cioè prima che il sistema di gestione monetaria delle relazioni commerciali e finanziarie stabilito a Bretton Woods fosse abbandonato (G-10 del dicembre 1971), e prima ancora dell’agosto 1971 quando fu dichiarata l’inconvertibilità del dollaro in oro facendolo diventare una moneta a corso forzoso, fu creato un nuovo strumento finanziario internazionale come attività di riserva internazionale gestito dal Fondo Monetario Internazionale. Il DSP (Diritto speciale di prelievo, o Special Drawing Rights-SDR) divenne una nuova valuta di riferimento, una moneta di conto, per aumentare la liquidità internazionale e per finanziare l’espansione del commercio mondiale e lo sviluppo economico, laddove l’eccessiva domanda di dollari richiedeva un persistente deficit della bilancia dei pagamenti USA e ciò costituiva una minaccia per il valore stesso del dollaro.

Con ciò, il Fondo Monetario Internazionale, organismo creato a Bretton Woods, venne a trovarsi investito del compito di effettuare prestiti vincolati al rispetto di specifiche condizioni e a piani di rigorosa stabilizzazione economica. Una funzione che il FMI mantiene ancora oggi come dimostrano i suoi interventi collegati alla crisi dell’Euro che vedono il Fondo prestatore di prima istanza insieme all’Ue con i recenti piani di salvataggio di Grecia, Irlanda, Portogallo e da ultimo quello di Cipro.

Per farla breve, queste irrisolte contraddizioni del sistema, dimostrano soprattutto come sia fondamentalmente sbagliato considerare la circolazione come base dell’economia capitalistica. Questa caratteristica è comune a tutte le scuole economiche borghesi moderne, da quella marginalista, a quella keynesiana, per non dire di quella neo-monetarista e via delirando. Come solito, queste teorie tendono a considerare solo il valore di scambio, riducendo l’economia borghese all’analisi delle relazioni tra i prezzi, così come esse sono date sul mercato, e alle relazioni finanziarie e dei cambi.

Naturalmente questa tendenza non è casuale, essa risponde a ben precisi interessi di classe al fine di non imbattersi nel problema della teoria del valore messa in chiaro da Marx, e quindi nelle conseguenze pericolose per l’ordine sociale esistente che essa comporta. In tal modo si evitano di proposito le analisi del processo di produzione capitalistico, limitandosi unicamente a quelle dei fenomeni di mercato.


Per concludere questa breve e necessariamente schematica esposizione che nelle mie intenzioni ha solo lo scopo di offrire alcuni concetti chiave per eventuali approfondimenti, va rilevato come il rapporto tra il valore dell’oro e quello delle principali monete nell’ultimo decennio segnali un deprezzamento di queste ultime di circa il 75%! Il deprezzamento del valore delle monete è soprattutto una tassa sui poveri, sui salari e le pensioni, un trasferimento di ricchezza a favore di chi possiede mezzi per mettersi al riparo da tale fenomeno.

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