lunedì 1 aprile 2013

Dopo il capitalismo c'è il comunismo (o la barbarie)


Uno degli aspetti più importanti della crisi del modello di sviluppo capitalistico riguarda lo sfruttamento sconsiderato e insaziabile delle risorse naturali e la devastazione del paesaggio naturale e umano. I cosiddetti movimenti e gruppi ambientalisti, nella loro critica allo “sviluppismo”, ritengono di individuare la contraddizione principale di tale stato di cose nel rapporto tra uomo e natura, anziché nelle leggi dell’accumulazione capitalistica. Sfugge a costoro che il rapporto uomo/natura è storicamente determinato dalle condizioni oggettive del suo sviluppo.

I vecchi e nuovi credenti dell’ambientalismo trascurano il nesso essenziale che lega i rapporti di produzione e di scambio capitalistici – ossia i rapporti oggettivi e indipendenti dalla coscienza che si stabiliscono tra gli uomini nella realizzazione del prodotto sociale e della successiva ripartizione di esso – ai problemi dell’inquinamento, sfruttamento e distruzione delle risorse naturali, e quindi evitano di affrontare dal lato politico rivoluzionario il tema vero della questione, ossia l’impossibilità della continuazione del capitalismo.

In altri termini, sul piano ideologico e conseguentemente in quello politico, questi movimenti, pur molto eterogenei, tendono a negare l’evidenza di due processi storici reali, ossia, l’antagonismo tra lo stadio supremo della produzione mercantile e, messo d’un canto ogni altro progetto, la necessità della sua negazione. In tal modo essi accettano quello capitalistico come unico orizzonte possibile della società umana, proponendo vecchie ubbie di compromesso tra progresso tecnologico e medioevo (decrescita).

È il vecchio vizio del pensiero a-dialettico declinato nelle più curiose e controverse teorie, che vanno dal neo-malthusianesimo, all’ecologia vagamente influenzata da un marxismo annacquato, fino ai movimenti di stampo mistico e new age. Nel complesso si tratta di quelle concezioni che restano fondamentalmente prigioniere del pregiudizio economico borghese, della libera concorrenza e della lotta per l’esistenza, ossia di ciò che gli apologeti dell’attuale società esaltano come il più alto prodotto storico, ma dimostra di essere in realtà lo stato normale del regno animale.

Anche quando la critica borghese riesce ad andare oltre un’estetica del capitalismo, ossia a pervenire a una critica radicale degli effetti della produzione e dei modelli di consumo, essa si trova a discutere dei rimedi che potrebbero essere applicati con fermezza e coerenza, tuttavia giudicando possibile risolvere i problemi settorialmente e di volta in volta nella vigenza dell’attuale ordinamento sociale.

In tale ambito “radicale” trovano molto spazio lucidi e pragmatici cantori delle sorti magnifiche e progressive di una “scienza” che però pone obiettivi aderenti anzitutto al processo produttivo, trasformando i temi dell’ambientalismo – come quelli per  esempio delle tecnologie “dolci” – in nuove occasioni di profitto. In certi casi si tratta di approcci tendenti a costruire un’“ecologia umana” per farne una specie di scienza generale, o di approcci parcellizzati e senza una visione globale dei problemi, resi incapaci di comprensione e che sui temi della sostenibilità non discutono se non di rimedi, scadenze e di palliativi atti a ritardare le catastrofi, con previsioni a breve spesso smentite dai fatti.

L’ideologia ambientalista nel considerare non fondamentale la questione dei rapporti di proprietà dei mezzi di produzione, essenziali tra i rapporti di produzione poiché da essi dipende la forma di tutti gli altri, cioè nel negare la questione stessa delle classi e quindi dei soggetti sociali, è condannata a rimanere impotente a fronte della crescita progressiva delle forze produttive alienate della società di classe. Pertanto a questi movimenti non resta altro, di volta in volta, che misurare il rapido degrado delle condizioni stesse della sopravvivenza senza mai porsi il problema d’individuare il soggetto sociale capace di proporsi per un progetto politico rivoluzionario di cambiamento.

Scrive a tale riguardo Karl Marx nel III Libro, cap. 46:

Dal punto di vista di una più elevata formazione economica della società, la proprietà privata del globo terrestre da parte di singoli individui apparirà così assurda come la proprietà di un uomo da parte di un altro uomo. Anche un’intera società, una nazione, e anche tutte le società di una stessa epoca prese complessivamente, non sono proprietarie della terra, sono soltanto i suoi possessori, i suoi usufruttuari e hanno il dovere di tramandarla migliorata, come boni patres familias, alle generazioni successive.

E Friedrich Engels, nella Dialettica della natura, scrive:

Ad ogni passo ci viene ricordato che non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo da essa, ma che noi le apparteniamo […]; tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di adoprarle nel modo più opportuno […]. Questo richiede una completa rivoluzione […] del nostro intero ordine sociale contemporaneo.

Omnis determinatio est negatio, diceva un certo Hegel, e, prima ancora, tal Spinoza. Scrive ancora Engels: Già il solo prendere atto di un proprio limite è il modo per superarlo, per cui anche il solo intuire che la sensazione di opposizione è falsa, è già un primo passo verso il pensiero dialettico. Invece si continuano a scrivere e vendere milioni di libri nei quali c’è scritto: “È importante sancire il divorzio tra produzione materiale di riproduzione della società e logica geometrica che sta al centro della crescita”. Bene, finalmente, e come? “Si tratta, in sostanza, di lavorare per una ‘riappropriazione’ del denaro”.

Soprattutto, e in conclusione, ai teorici dell’ambientalismo e della “decrescita felice”, manca o dissimulano per altri interessi una consapevolezza decisiva, ossia che il capitalismo ha portato la prova, con il proprio movimento contraddittorio e la sua crisi di sistema, di non poter più sviluppare le forze produttive; e questo non quantitativamente, come molti avevano creduto di capire, ma qualitativamente.

Solo un’organizzazione cosciente della produzione sociale – scrive Engels in un altro luogo della Dialettica della natura – , nella quale si produce e ripartisce secondo un piano, può sollevare gli uomini al di sopra del restante mondo animale sotto l’aspetto sociale di tanto quanto la produzione in generale lo ha fatto per l’uomo come specie. L’evoluzione storica rende ogni giorno più indispensabile, ma anche ogni giorno più realizzabile una tale organizzazione. Essa segnerà la data iniziale di una nuova epoca storica nella quale l’umanità stessa, e con essa tutti i rami della sua attività, in particolare la scienza della natura, prenderanno uno slancio tale da lasciare in una fonda ombra tutto ciò che c’era stato prima (MEOC, XXV, p. 332).

Si apre dunque davanti a noi un’epoca di grandi e necessarie trasformazioni, ma tutto sembra restare nel gioco alterno delle influenze imprevedute di forze spesso incontrollate e che potrebbero portarci, anziché verso gli obiettivi auspicati, ad approdi di vera e propria barbarie, come del resto paventato in ipotesi dallo stesso Marx fin dal suo Manifesto.

15 commenti:

  1. Caro Olympe,
    Io citerei anche Mao dicendo che anche il viaggio più lungo inizia con il primo passo e che la storia non fa salti. Tu ovviamente saprai le frasi di mao a cui mi riferisco.
    In sostanza temo che il salto verso il comunismo che tu proponi sia un salto che la gente non comprende.
    Vito Crimi e il M5S na sono la dimostrazione: per mantenere la propria verginità stanno consegnando il paese Italia alle potenze demoplutogiudosocialmassoclericaloligoaristocratiche del capitale. Per non sporcarsi le mani non gli frega nulla che facciano la Tav e che Maroni abbia firmato pre la BREBEMI, potevano fermarle entrambe con un accordo col PD ma si divertono di più a partecipare alle manifastazioni contro.
    Gli ambientalisti fanno quello che possono, quando arriveremo a dieci miliardi le nostre navi dovranno sparare alle navi di migranti, oppure spareranno a noi che tenteremo di raggiungere l'Africa per poter mangiare.

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    1. Carissima,
      il nostro pianeta può sostenere senza alcuna difficoltà e con consumi adeguati decine di miliardi di esseri umani. non siamo topi, noi il nostro ambiente non lo consumiamo semplicemente, ma sappiamo anche crearlo e trasformarlo. le leggi della demografia sono leggi storiche, legate a un determinato sistema economico.

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    2. Il fatto che gli ambientalisti abbiano sbagliato diverse volte i calcoli sui limiti dello sviluppo, e della demografia, non significa che questi limiti non esistano. Significa solo che questi limiti sono stati alzati a spese dell'ambiente naturale e che quando verranno superati le conseguenze saranno sempre più catastrofiche più alto sarà il livello demografico raggiunto.

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    3. http://diciottobrumaio.blogspot.it/2012/12/demografia-e-ideologia.html

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    4. "il nostro pianeta può sostenere senza alcuna difficoltà e con consumi adeguati decine di miliardi di esseri umani."

      Mi spiace Olympe, ma questa è una vera stronzata. Decine (dico, DECINE) di miliardi di umani sarebbe una prospettiva mostruosa per il pianeta, anche sotto la migliore e globale società comunista. Le risorse sono limitate,a meno che non auspichi una bella società felice di milardi di kibbutz che coltivano ravanelli asfittici e milioni di bambini che giocano salendo in testa l'uno sull'altro.
      Guarda caso la stronzata che il pianeta può sostenere decine di miliardi di umani senza problema, la dice anche Latouche. Gli estremi si toccano.
      Dato che le terre coltivabili e anzi, abitabili sono solo il 9% delle terre emerse, nel felice mondo di domani bisognerà pascolare il mare e munirsi di branchie.
      Ma che specie di vita sarebbe un'esistenza in un simile inferno sovraffolato, quand'anche ci fosse la condivisione dei mezzi di produzione?
      Quello che non si vuole capire è che noi per certi versi SIAMO come i topi. Perché dovremmo essere così diversi?
      Non puoi creare e trasformare all'infinito un ambiente sempre più depauperato. Questa è mitologia del progresso umano.
      La sovrappopolazione è un problema, legato essenzialmente allo sviluppo del capitalismo e al colonialismo del 900, che le società comuniste non hanno voluto o potuto risolvere e che adesso si fa finta sia una cosa marginale.
      L'ideologia, qualsiasi ideologia, acceca, è verissimo.

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    5. qualsiasi, anche la tua dunque

      non mi piace il modo come hai affrontato la questione, diversamente avrei argomentato e risposto alle tue obiezioni

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    6. Mi scusi, dottoressa, se ho offeso la sua suscettibilità.
      Se è la parola "stronzata" che l'ha stizzita, essa era naturalmente riferita alla frase e non certo alla sua persona, che non mi permetterei mai di offendere.
      Anche i migliori dicono stronzate, ogni tanto.
      Comincio a notare un certo nervosismo, negli ultimi post. Troppa tendenza a classificare come fessi o ignoranti quelli che, pur tenendo conto della grandezza di Marx, non presumono che con il suo metodo si possa dare contezza dell'universo intero, dalle particelle alla fagiolata di Zio Peppino.
      C'è anche un po' troppa tendenza all'astio nei confronti di Grillo, che a me fa sorridere, perché personalmente non me ne frega nulla, ma che improvvisamente viene visto come Hitler redivivo, a fronte delle carogne che continuano a circolare da decenni.
      Ci sta, lui si sta muovendo, bene o male, utilizzando quello che c'è nel XXI secolo (poca cosa, mi rendo conto) e mentre altri teorizzano, lui ci prova. Questo fa incazzare, per via della cosiddetta natura umana che i marxisti puri tendono a ignorare. Finirà in vacca, Grillo, come al solito, all'italiana.
      Le dirò, dottoressa. Il mio professore di storia e filosofia al liceo era Marco Ferrando, attuale leader indiscusso del PCdL. E' un uomo del quale ho tuttora una stima immensa, grazie a lui ho appreso i misteri della Quarta internazionale e del trozkismo. Un uomo tutto di un pezzo, veramente, lo dico con affetto e ammirazione.
      Lui spiegava ogni cosa in termini marxisti, quindi questa ossessione non mi è nuova e in parte la condividevo, anche se la straordinaria mancanza di conoscenza della natura umana da parte dei marxisti puri mi ha sempre stupefatto, fin da ragazzino.
      Non so se il suo partitino detesta Grillo o no, presumo di sì, Grillo è un servo del capitalismo. Diciamo che il buon Ferrando si è lasciato mettere da parte dalla Storia, militando sull'ordine del 0 virgola qualcosa. Prima o poi, forse in duecento anni, sarà riuscito a sensibilizzare i lavoratori, posto che ne siano rimasti.
      Nel frattempo c'è chi fa qualcosa con quello che c'è. Non sarà la rivoluzione marxista, ma intanto il M5S sta contribuendo a sbloccare i pagamenti dei famosi 40 miliardi in due anni da dare alle imprese, più altre cose che adesso non ho voglia di elencare.
      Insomma la buona volontà ce la mettono, da bravi soldatini telecomandati da Casaleggio e C. Quanto a far finire il capitalismo, boh, aspettiamo che il lavoro di Ferrando dia i suoi frutti.
      La saluto. Non sia così suscettibile. Dicono che anche Marx lo fosse.

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    7. Mi spiace accadano queste cose. Malgrado quello che tu, Massimo, possa pensare, il materialismo dialettico, se ben inteso, è l’unica teoria della conoscenza che spieghi la natura, perciò anche l’universo e tutto ciò che vi è dentro. Se ben inteso, però, se non viene confuso con il materialismo determinista, ecc. Ne parlerò.

      Quanto a grillo e al suo movimento ho scritto diverse cose in proposito, non solo negative, ma anche positive. Il suo movimento non ha nulla di democratico, penso che questo sia evidente. Questo mi preoccupa. Si è persa anche un’occasione, l’ho scritto anche ieri, argomentando. E questo mi amareggia.

      Ti ringrazio per la franchezza. Cordialità sincere.

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  2. Naturalmente i politici ed i padroni non vogliono mollare le ricchezze rubate ed usano sia la forza per zittire gli schiavi che ogni forma di persuasione occulta distraendo il popolo in mille modi. Viene detto loro che non c’è tempo per pensare e decidere il futuro perché bisogna prima spegnere l’incendio che sta bruciando tutto. Prima l’emergenza e poi tutto il resto. Infatti negli ultimi anni si passa da un’emergenza ad un’altra. Prima erano gli extracomunitari, poi la criminalità, poi il terrorismo, poi la guerra, poi la governabilità, poi il debito pubblico, poi lo spread... ogni motivo è buono per farci agire con fretta e paura dando un motivo valido per fare in modo che il nostro voto non conti nulla e debbano decidere “loro” con urgenza.
    Facciamola finita con sto cazzo di popolo!
    Sappiamo tutti che a questo golpe perpetuo ci sarebbe solo un modo di rispondere.
    Invece è solo una mattanza di agnellini da mangiare, un’atomica di pastiere e casatielli, un’esplosione di gite fuori porta, un’invasione di centri commerciali per portare a spasso il nuovo suv bianco e fresco di lavaggio.
    La colpa è solo nostra.

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  3. "...l’impossibilità della continuazione del capitalismo...."

    questa impossibilità si dà sul piano del processo logico (progresso via via inevitabilmente capitalizzato, accertato) , divergente e smentito regolarmente dal processo storico-sociale. è la dialettica di quest' ultimo quella difficile da mettere a nudo.

    da

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    1. se nel 1788 qualcuno in francia avesse detto che la monarchia aveva i mesi contati nessuno gli avrebbe creduto. se agli inizi del secolo scorso qualcuno avesse detto che lo zarismo sarebbe stato sostituito da lì a poco con una rivoluzione comunista, in pochissimi avrebbero dato retta.

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  4. questo non dimostra la necessità storica dei fatti che citi, ma la loro possibilità

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    1. hai hai, non sei attento alle lezioni:

      http://diciottobrumaio.blogspot.it/2013/01/i-penan-non-tagliano-piu.html

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  5. il post non toglie nulla a quello che ho detto, anzi mi fa piacere che non fai parte dei crollisti
    la lettura determinista è in ogni caso una iattura, tanto ci hanno appozzato

    da

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