Querbracho è il nome commerciale di un tipo di legno che
nell’uso comune è diventato anche il nome di alcune famiglie di alberi dell’Argentina
settentrionale e del Paraguay. Deriva ovviamente dallo spagnolo, cioè da quiebra hacha (spezza-scure), e ciò
indica la sua caratteristica principale, ossia la durezza. Dalla corteccia del quebracho rosso si ricava un estratto ricco di
tannino un tempo adoperato per la concia delle pelli. Recentemente, ma questo particolare
lo aprendo da Wikipedia, con tale nome si indicò anche una moneta non ufficiale
circolante in Argentina nella provincia del Chaco (da non confondere con quella
del Choco di cui ho detto qualche giorno or sono).
Ha le foglie simili a quelle del faggio,
corteccia grigia striata e, appunto come detto, legno rosso, duro come
l’acciaio e molto pesante. È possibile spezzarlo solo con asce speciali, che i
locali chiamano hacha de tumba. I
braccianti (braceros) addetti al taglio dovevano far fronte al caldo e alle
febbri, si cibavano di ananas selvatici e anche di scimmie urlatrici, e ci
vuole una bella fame per mangiare delle scimmie senza pelo e puzzolenti (*).
Vicino al Tropico del Capricorno, scorre il Rio
Bernejo (che localmente assume diversi nomi) che si divide in due rami, il più
meridionale attraversa la provincia del
Chaco, assumendo un andamento che definire tortuoso è un eufemismo. Lo chiamano
Bermejito, perché è il ramo più piccolo e in alcuni periodi può
essere in secca e perciò non navigabile nemmeno per le piccole imbarcazioni. Ciò
nonostante si provò molto tempo fa a renderlo utile per il trasporto
commerciale, ma il problema principale non fu rappresentato tanto dalla
tortuosità e dalle secche stagionali, quanto dalle enormi quantità di sedimenti
di ogni tipo che il fiume trasporta. Compresi molti rami e tronchi d’albero.
E anche fosse navigabile davvero, chi pensi di
poter trasportare via fiume i tronchi di querbracho, sfruttando la corrente, si sbaglia di
grosso. I tronchi non galleggiano, vanno a fondo, perché il legno di querbracho non è soltanto durissimo, ma anche molto più pesante
dell’acqua. Eh, la natura sembra a portata di mano, ma non si fa dominare così
facilmente.
Sulle rive
del Bermejito si possono ancora vedere i
resti di alcune città un tempo abitate, come Concepciòn de Buena Esperanza,
alias Concepciòn de Bernejo, esistita
a cavallo tra XVI e XVII secolo, il suo nome è stato d’augurio. La sua
posizione fu strategica perché permetteva di collegare attraverso la fitta
foresta (il settore forestale del Chaco era noto ufficialmente come l’Impenetrabile) le zone costiere del
Vicereame del Rio de la Plata con le zone occidentali. Il percorso all’interno
della foresta tra una vegetazione legnosa, secca e spinosa, era detto percorso
macomita (senda de los macomitas), dal nome di una località. La
zona è abitata da tribù indigene di etnia wichí, dette spregiativamente
matacos, forse da matar, uccidere.
Tali tribù,
seppur divise tra loro anche per mancanza di una cultura comune, attaccarono la
città nel 1631, distruggendola. Gli abitanti si rifugiarono a Corrientes (**). Negli
anni successivi ci furono molti tentativi di ripopolare la città, ma nel 1645
essa fu abbandonata definitivamente. Ciò ha
avuto conseguenze disastrose per la linea commerciale tra le province del Nord Ovest
e il Paraguay, basti dire che si dovette attendere oltre due secoli (1878) per
vedere ri-fondata ufficialmente una città, Resistencia, capitale del Chaco, ad opera di emigranti
friulani, considerati i padri fondatori della capitale, detta anche la “città
delle sculture”, ovviamente in legno!
P.S. : che io sappia, non ho parenti friulani o parenti italiani in
Argentina. Anzi, direi che in generale non ho quasi parenti diretti, per fortuna. Però, secondo
la cd teoria dei sei gradi di separazione tutto è possibile. Anche Peron era di
origini friulane e anche lo scrittore statunitense Gore Vidal.
(*) Altamirano, Dellamea, Sbardella, Historia del Chaco, Cosmos Editorial, Resistencia, Chaco, 1994.
(**) Corrientes è la capitale
dell’omonima provincia, al confine con il Paraguay, divisa da un’altra città, Resistencia, capitale del Chaco, dal passaggio
di un’affluente del Paranà, che in quel tratto segna
appunto il confine tra le due province argentine.
Ci sarebbero tutti gli ingredienti per un documentario-film di Herzog.
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