Approfittando
del bel tempo, prima della pioggia annunciata per i prossimi giorni, sto nel
parco tra mamme che spingono le altalene per la gioia della propria stirpe e
altre che gridano richiami a cautele eccessive. Non do da mangiare ai piccioni
e nemmeno alle carpe o alle trote del laghetto per non alterare l’equilibrio
naturale. E poi gli avanzi di queste distribuzioni attirano le pantegane, che qui non mancano.
Ci
sono anche parecchi giovani, alcuni studenti e altri non affaccendati, ma
nessuno di loro legge il giornale, il che si può anche capire. Ma non ce n’è
uno con un libro, forse li hanno nascosti negli zainetti. Tutti però sono alle
prese con quegli aggeggi che mi ostino a chiamare “cellulari”. Chissà cosa avranno
sempre e incessantemente da comunicare di così urgente o anche solo di essenziale (nemmeno io con il mio blog, per il vero). Il mio telefonino
invece è ancora di quelli a gettoni, di terza generazione, cioè di terza mano. Non
per il vezzo del vintage o per parsimonia, ma perché ha i tasti belli grandi e
poi perché agli oggetti ci si affeziona. Del resto ho un buon rapporto con la
tecnologia, ma non desidero esagerare.
I
ragazzi stanno quasi tutti a coppie o in piccoli gruppi, non parlano di spread
e nemmeno di Marini Franco, per fortuna. Alcune ragazze e un maschietto per una
mezz’ora buona trattano l’argomento diete: smodate libagioni di un solo
alimento, medici, farmaci, psicodrammi. Combattiamo la natura e l’industria con
le armi sbagliate, con quelle finte che lo stesso sistema ci offre impone
a caro prezzo. Ci siamo liberati dalla schiavitù dei bisogni più immediati per
cadere prigionieri delle lusinghe dei mercanti. Ma non è tutta colpa nostra,
perché se così fosse sarebbe come imputare il fascino feticistico della merce ai
singoli individui, ignorando o sottovalutando quindi il duro lavoro dei
volenterosi promotori del condizionamento sociale.
Su
questo argomento ritornerò, di striscio, a breve. Ora devo preparare il pranzo:
asparagi del campo qui vicino e uova del locale pollaio. Olio di quello buono,
anche se non come quello di Gianni: che fine hai fatto?
adoro questo tuo modo di divagare sulle questioni più domestiche e più quotidiane tra- asparagi di campo e uova "ruspanti"- e sorrido di quel tuo modo di sorvolare- solo apparentemente- sulle questioni che ci assillano e che ,rispetto al grande mistero della vita , superano di gran lunga qualsiasi mistero divino ! io invece non riesco a trattenere questa odiosa valanga di sentimenti che mi ha colpita ; sono delusa , incredula e ho tanta amarezza.
RispondiEliminasempre gentile.
Eliminasu su, basta piangere, tiriamoci su come possiamo. magari un buon gelato?!
RispondiEliminaFinalmente sono finite le piogge e sto cercando di recuperare il tempo perso.
Ho piantato centinaia e centinaia di cipole di varie qualità e, oggi, un campo di patate tra cui la famosa - e ottima - patata quarantina, autoctona del levante ligure.
Non ho un solo muscolo che non mi faccia male e le spalle bruciate dal sole, ma, alla sera, prima di stramazzare, non mi privo del piacere di leggerti.
A proposito di asparagi, li conosci quelli selvatici? Fantastici! Spuntano adesso nelle fasce sotto gli ulivi ma ho poco tempo e riesco a coglierne solo qualcuno. Magari, se tiene il tempo, nei prossimi giorni mi applico. Ciao, gianni
proprio poco fa pensavo che eri occupatissimo in questa stagione con i lavori agricoli.
Eliminaa bassano gli asparagi sono una tradizione doc. a dire il vero sono sono delle zona di bassano, in particolare due o tre località a sud est. bianchissimi, più grossi mediamente di quelli verdi e selvatici (conosco quelli sardi, ma anche altri), dolcissimi. ieri si sono cucinati in meno di 8 minuti. naturalmente nella pentola adatta, molto alta, con apposito cestello. io li mangio volentieri, ma non faccio pazzie per l'asparago. per le patate, recentemente ho cucinato, con l'agnello, quelle novelle, piccole e tonde. ne ho fatte anche con la buccia.
buon lavoro dunque