Il fatto che in questo paese il 27% delle
dichiarazioni dei redditi con modello 730 non versi un euro d’imposte, è più
eloquente di qualsiasi editoriale e spiega l’orientamento elettorale meglio di
qualsiasi analisi politica.
Non deve perciò meravigliare che per fare una riforma
delle pensioni sia stato necessario un governo “tecnico” guidato dal capo
europeo della Trilaterale (e ciò detto senza entrare nel merito dei
provvedimenti legislativi votati a larga maggioranza dal parlamento).
Non è casuale che alla formazione di un governo dopo
le elezioni non sia stato possibile giungere per una serie di veti incrociati,
molto pretestuosi come nel caso di Grillo.
Non è un caso che non si sia riusciti a trovare un
accordo per l’elezione di un presidente della repubblica appena decente (Rodotà
o altri) e che a formare un nuovo governo ci si appresti a riconvocare tal
Giuliano Amato (o un suo equivalente), già eminenza grigissima di Craxi e
saccheggiatore dei conti correnti dei poveracci.
La delusione è tanta, si può toccare con mano, e
tuttavia anche la soddisfazione non manca ed è palpabile (la Borsa è indice).
Infatti, gli umori (e molto altro) dipendono dagli ambienti sociali: in un loft
centralissimo o in un appartamento sotto mutuo, si vive e si pensa in modi un
pochetto differenti.
La società civile, così come intesa da sociologi e politici, e da tutti i ben intenzionati, non esiste. Essa è un’illusione ben
alimentata per far credere alla favola degli interessi comuni, al “bene del paese”. Il
potere dà solo la falsa carta d’identità delle parole; impone loro un
lasciapassare, determina il loro posto nella scala dei “valori” sociali. Ecco
perché alcune espressioni fanno gli straordinari e altri concetti sono reietti.
“È un bel colpo dare un significato a una parola
– disse Alice pensierosa. “Quando faccio fare così tanto lavoro a una parola –
disse Humpty Dumpty – poi le pago sempre lo straordinario”.
“Ma… un nome deve significare qualcosa?” chiese
Alice dubbiosa.
“Quando io uso una parola – disse Humpty Dumpty
sdegnoso – essa significa solo ciò che io voglio che significhi”.
“Il problema è – soggiunse Alice – se sia
possibile far sì che le parole abbiano significati diversi” (ecco la logica).
“Il problema è – concluse Humpty Dumpty –
chi è che comanda” (ecco il sociale, cioè il politico).
Chi è il padrone sociale in questa
materia? Facciamoci un pensierino quando sentiamo parole ed espressioni come
“crisi”, “bene comune”, “decrescita”, “responsabilità”, “paese”. Sotto il
controllo del potere, il linguaggio designa sempre altro dal vissuto autentico.
È precisamente in questo punto che risiede la possibilità di una confusione
completa, è nell’organizzazione del linguaggio, del discorso pubblico, della
comunicazione imposta dal potere, che si cela l’impostura e l’imbroglio.
È in questo modo che il linguaggio del
potere diventa l’unica comunicazione possibile. Chi pensa che su questo terreno
le nuove tecnologie si prestino a chissà quali possibilità, sottrazioni e
fughe, s’illude. Come diceva quel tale un sacco di tempo fa? L’ideologia
dominante è sempre stata l’ideologia della classe dominante.
La presa di possesso del linguaggio da
parte del potere è assimilabile al suo impadronirsi della totalità. Fottuti in
partenza, caro Beppe, e tu lo sai.
Gilioli sul suo blog sull'Espresso fa un veloce ma carino ritrattino di alcune delle abitudini sociali del "nuovo" "Presidente" del "Consiglio".
RispondiEliminaGli interessi comuni, il “bene del paese”... e poi c'è la famosa frase "siamo tutti sulla stessa barca". Però i lavoratori sono ai remi e i padroni al timone, rispondo sempre io.
RispondiEliminaPotere dell'ideologia borghese. Un mix di paraocchi, ronzii nelle orecchie, sirene di Ulisse, supercazzole alla Tognazzi e bau bau.
Io non credo che Beppe lo sappia. Beppe è molto più ingenuo di quello che sembra. Dopotutto, mica è un politico.
RispondiEliminaE in ogni caso, sì, siamo fottuti.
Tutto un giro di valzer di settimane per passare a Enrico Letta, tanto per rimanere alle piccole miserie di questo paese.