sabato 13 aprile 2013

"La più complessa impresa scientifica e la più sublime opera d’arte"



Come premessa.

In alcuni post di questi giorni do spazio alla fregola di scrivere delle cose immortali, una specie di work in progress che si va via via precisando. Si tratta di questioncelle “teoriche” che ripesco dal deposito della memoria (e imprescindibilmente dagli scaffali più alti della libreria) laddove furono relegate in angolini semibui diversi decenni or sono per occuparmi in prima persona dei destini del mondo (il mio).

L’inizio.

Il lavoro fu inventato quale castigo al tempo in cui i nostri progenitori furono cacciati dal camping di nudisti per aver raccolto frutta fuori stagione. Il padrone del camping s’incazzò come un serpente e punì la discendenza di quei due sventurati con le alluvioni, i terremoti e le brutte malattie. A Venezia mandò l’acqua alta e a Roma Alemanno.

Esattamente così, di quando andavo a catechismo, ricordo la storiella.

Poi, quando gli eredi dei due sciagurati nudisti cominciarono a prendere delle contromisure, furono inviati in missione sulla Terra i filosofi. Il Diluvio giunse quando arrivarono i blogger.

* * *


Parto da domandine semplici, tipo Roberto Giacobbo: a cosa serve la lotta di classe? È tutto determinato dalla cieca necessità come nei processi naturali e noi non ci possiamo far nulla? Ho cercato di porre le questioni al vaglio della dialettica obiettiva, quella che domina su tutta la natura, quella dei nessi reali, cioè del movimento del reale e del possibile, del caso e della necessità. Una pippa enorme, come dimostra il post precedente, eppure importante.

Partiamo dall’inizio, ossia dal fatto che a differenza degli animali che riproducono la loro vita servendosi di ciò che spontaneamente la natura fornisce loro, l'attività dell'uomo non è direttamente determinata dall'ambiente. Produciamo, costruiamo, trasformiamo, teorizziamo? Lo diamo tanto per scontato, ma cos’è il lavoro, il pensiero e tutte quelle robe lì?

Scriveva Marx in quel suo libretto: In primo luogo il lavoro è un processo che si svolge fra l'uomo e la natura, nel quale l'uomo per mezzo della propria azione produce, regola e controlla il ricambio organico fra se stesso e la natura: contrappone se stesso, quale una fra le potenze della natura, alla materialità della natura. Egli mette in moto le forze naturali appartenenti alla sua corporeità, braccia e gambe, mani e testa, per appropriarsi i materiali della natura in forma usabile per la propria vita. Operando mediante tale moto sulla natura fuori di sé e cambiandola, egli cambia allo stesso tempo la natura sua propria. Sviluppa le facoltà che in questa sono assopite e assoggetta il gioco delle loro forze al proprio potere.

[…] Il nostro presupposto è il lavoro in una forma nella quale esso appartiene esclusivamente all'uomo. Il ragno compie operazioni che assomigliano a quelle del tessitore, l'ape fa vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin da principio distingue il peggior architetto dall'ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. Alla fine del processo lavorativo emerge un risultato che era già presente al suo inizio nell'idea del lavoratore, che quindi era già presente idealmente. Non che egli effettui soltanto un cambiamento di forma dell'elemento naturale; egli realizza nell'elemento naturale, allo stesso tempo, il proprio scopo, che egli conosce, che determina come legge il modo del suo operare, e al quale deve subordinare la sua volontà.

Per realizzare i suoi scopi attraverso il processo lavorativo, l’uomo crea i mezzi di lavoro appropriati. L’uomo è “un animale che fabbrica strumenti”. Anche altri animali, la scimmia che con la sua astuzia rompe il guscio di una noce con un sasso, usano strumenti, ma non li creano, non li fabbricano!

L’uomo cioè produce gli strumenti della propria trasformazione, quelli della conoscenza che ci permettono di elevarci sopra le altre creature, quelli che in definitiva stabiliscono il grado effettivo (non assoluto!!) di dominio dell’uomo su tutte le forme della natura. È da queste conoscenze che discende la possibilità stessa di costruire strumenti di lavoro adeguati allo scopo.

Questa capacità di definire gli scopi, di fabbricare strumenti e di operare un cambiamento dell’oggetto di lavoro che fin dal principio era posto come scopo, e di subordinare a essi la propria volontà e attività, viene solitamente trascurata, come se il fatto non costituisse un problema.

Eppure, è proprio in ciò, nella capacità di definire i suoi scopi, che consiste il primo atto specificamente umano! In ciò, l’uomo prende le distanze dall’animale e si produce come “architetto”, rispetto all’ape, al ragno, alla scimmia o a certi blogger.

Se poniamo attenzione su questo punto di rottura con il regno animale, non possiamo non rilevare che anche per un atto semplice e tuttavia straordinario, com’è la definizione dello scopo, servono all’uomo particolari strumenti. Infatti, la trasformazione delle sensazioni in percezioni, di queste ultime in pensieri e quindi in parole e in linguaggi, non è altro che un processo di costruzione di strumenti particolari (*) del tutto sconosciuti agli animali; è il processo storico di formazione di un riflesso del mondo esterno tipicamente umano.

Questo riflesso non si accontenta di ridarci l’immagine di ciò che si svolge fuori e indipendentemente da noi, ma di ordinare gli oggetti e le loro proprietà anche in schemi non dati nella natura; permette, cioè, di stabilire col pensiero nuove connessioni e immaginare sempre nuove relazioni possibili tra tutti gli elementi del reale. In questo risiede – ripeto – l’essenziale del lavoro umano, vale a dire ciò che distingue qualitativamente e radicalmente l’attività umana da ogni altra attività animale.

In ciò consiste, appunto, la fantasia creatrice che sta alla base della definizione degli scopi dell’attività umana.

La capacità di comunicare per mezzo del linguaggio; la capacità di simulare il mondo esterno attraverso immagini adeguate (teorie, concetti, modelli, linguaggi scientifici, …); la capacità di formulare scopi, progetti e piani per l’azione (fantasia creatrice), costituiscono la base dell’agire umano e, perciò questi strumenti della psiche o strumenti psicologici vanno a tutti gli effetti considerati strumenti di produzione e riproduzione della vita.

Come tutti gli strumenti materiali anch’essi hanno una loro storia che sempre meno possiamo trascurare.

Gli uomini si servono per produrre e riprodurre materialmente la loro vita, di un insieme di strumenti: strumenti di lavoro e strumenti psicologici. Attraverso l’attività produttiva, l’uomo emerge dal mondo animale, e si automatizza sempre più dalla natura. Le leggi di questo processo fondato sulla produzione, hanno, dunque, un carattere sociale. Producendo e riproducendo la loro vita immediata, a ogni stadio determinato dello sviluppo sociale, gli uomini producono, in primo luogo, se stessi come individui sociali, si formano come esseri sociali.

Questo post è già troppo lungo, però desidero insistere, perché lo ritengo importante, su un punto, e cioè che sin dalle sue origini il processo lavorativo umano si qualifica ed ha inizio con la produzione di un progetto e di uno scopo. È appunto tale scopo che “determina come legge” il modo di operare del lavoratore, tant’è vero, aggiunge Marx, che a esso quest’ultimo “deve subordinare la sua volontà” (**). Un’ultimissima annotazione: l’individuo sociale è tale proprio in quanto comprende e domina la natura esterna e la sua propria natura, programma la sua riproduzione e progetta consapevolmente il suo futuro (***). Pertanto, quando Marx parla di “individuo sociale”, non intende il singolo individuo, in sé e astratto, perché quel tipo d’individuo nella società semplicemente non esiste.

“La rivoluzione nella metropoli imperialista non è proprio quel che si dice una semplice rivolta nichilista e distruttiva. E neppure è il tardivo inveramento di un sogno centenario. Essa è invece la più complessa impresa scientifica e la più sublime opera d’arte che siano mai state compite su questo pianeta”.


(*) Come il linguaggio, le diverse forme di numerazione e di calcolo, i mezzi mnemotecnici, la simbologia algebrica, le opere d’arte (quelle che rientrano effettivamente in tale categoria), la scrittura, gli schemi, i diagrammi, le carte, i progetti, e tutti i segni possibili e così via.

(**) L'operaio utilizza le proprietà meccaniche, fisiche, chimiche delle cose, per farle operare come mezzi per esercitare il suo potere su altre cose, conformemente al suo scopo (I, cap. V).

(***) Questo concetto è espresso con particolare efficacia nel Capitale nel paragrafo sul carattere feticcio della merce, quando Marx, parlando del riflesso religioso del mondo reale, afferma: Il riflesso religioso del mondo reale può scomparire, in genere, soltanto quando i rapporti della vita pratica quotidiana presentano agli uomini giorno per giorno relazioni chiaramente razionali fra di loro e fra loro e la natura. La figura del processo vitale sociale, cioè del processo materiale di produzione, si toglie il suo mistico velo di nebbie soltanto quando sta, come prodotto di uomini liberamente uniti in società, sotto il loro controllo cosciente e condotto secondo un piano.

7 commenti:

  1. «l’individuo sociale è tale proprio in quanto comprende e domina la natura esterna e la sua propria natura».
    Con l'inizio del processo lavorativo l'uomo "inizia", a poco a poco, a dominare la natura.
    Ma - fatto salvo il dominio di una classe sociale su un'altra - non è che già in sé la produzione scaturita dal processo lavorativo domina l'uomo tanto quanto era dominato dalla natura prima di diventare completamente uomo?

    Domanda ingarbugliata, spero tu riesca a dipanarne il senso ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. in generale è il punto essenziale, esplicito e sottinteso (ne parlerò).

      l'uomo (inteso sempre come essere sociale in quanto come "uomo" non esiste, è un'astrazione. esiste il gatto, il topo ma non ''"uomo": anche di questo dirò in rapporto al caso/necessità, rapporto che subisce un mutamento qualitativo per intervento dell'uomo).

      i rapporti di produzione capitalistici dominano gli uomini perché sono lasciati agire come processi di natura; ma è appunto perciò che, dopo aver fatto il salto dall'animalità pura e semplice all'umanità, il nostro volo deve proseguire nel controllo effettivo di tali processi, cosa che lo sviluppo capitalistico nel suo sviluppo contraddittorio rende necessaria, perciò possibile, quindi realistica. ma si tratta pur sempre di come sapremo affrontare la faccenda. chiaro che se noi la lasciamo decidere alle forze della reazione non potrà che finire male. resta da stabilire se avremo la forza e la capacità di farlo. perciò la teoria è importante ma la pratica più importante ancora. la teoria deve affiancarsi alla pratica, senza di essa la teoria non serve effettivamente a nulla.

      Elimina
  2. io da tutte queste citazioni capisco che l'uomo (astratto) non discende dalla scimmia, senza ovviamente sognarmi di negare che a bisogni dettati dal bios (e non dalla scienza biologica, categoria sussunta interamente dal dominio che oggi non a caso trova nella genetica la spiegazione di ogni comportameno) si affiancano bisogni generati dal proprio tempo storico e sociale

    la vituperata categoria dei filosofi (il cui filosofare è la prassi che continua con altri mezzi) ovviamente si chiedera qual'è allora la natura umana..marx a questo proposito un'ideuzza l'ha avuta

    da

    RispondiElimina
  3. la domanda pertinente che pone Lucas ha la sua risposta nella differenza che passa tra la mediazione necessaria dell' oggettivazione (la natura non si dà direttamente all'uomo) e la perdita (l'alienazione) dell' oggetto stesso (tuttuno con la estraniazione del soggetto produttore)

    buonagiornata

    da

    RispondiElimina
  4. Più chiaro di così!
    Complimenti. Anche per la scelta del tema, centrale per capire il perchè della necessità dei passi successivi: l'analisi delle leggi del capitalismo e la necessità/possibilità del suo superamento.

    Ma la fonte dell'ultima citazione?
    Buona giornata, gianni.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. la citazione l'ho trovata in un quaderno vecchio di più di tren'anni. non importa chi l'abbia detto, ma l'averlo detto così bene

      ciao caro

      Elimina
    2. L'avevo pensato: era troppo vera e perfetta!

      Ciao, al prossimo post, gianni

      Elimina