mercoledì 10 aprile 2013

Quelli che .....



Ricevo un commento che segnala quanta confusione vi sia, non solo sotto il cielo, ma in certe teste. L’accusa – di essere piccolo-borghese e di tirare indietro il culo “quando la situazione si fa disperata e il conflitto di classe potrebb’essere esplosivo” – è di quelle che in altri tempi poteva costare la pena capitale. Temeraria l’accusa, certo, e per ciò che vale oggi, cioè nulla, non sarebbe necessario contradirla e nemmeno commentarla. Ma bisogna pur tener conto del clima che va montando, non meno del cazzeggio facile. Ed è perciò, per celia e non per necessità, che rispondo.



Del resto, l’imputazione è mossa senza conoscere nemmeno uno straccio di curriculum vitæ, ma di questo non posso far carico all’accusa. E tuttavia non è mia consuetudine soddisfare certe curiosità, soprattutto se espormi può causarmi – come già avvenuto – a nocumenti vari. Perciò l’anonimato, l’uso dello pseudonimo, in certi casi diventa un valore. Se non per gli altri, sicuramente per me. Questa faccenda dell’anonimato mi offre l’occasione, prima di dire altro nel merito, per una breve considerazione-digressione sull’anonimato e l’uso di pseudonimi. 

In passato l’anonimato, lo pseudonimo, ha avuto innumerevoli e talvolta illustri esempi. Pamphlet anonimi irridevano il potere, e scritti senza firma o sotto pseudonimo erano coscienza critica del monarca assoluto o fastidiose spine nel fianco della dittatura. Per non dire della necessità dell’anonimato nell’ambito della critica religiosa, penso ad esempio al Cymbalum mundi sive symbolum sapientiæ (ne esiste da qualche anno un’eccellente edizione critica). A questi antichi autori anonimi va la nostra simpatia. E poi, a salvare la categoria, c’è Anonimo veneziano, uno pseudonimo che non ho considerato nemmeno per un momento di far mio.

A parte queste eccezioni, l’anonimato ha avuto per molto tempo, nell’immaginario collettivo, un valore generalmente negativo. Oggi non è più tempo di monarchi assoluti e, si spera, di dittature. Ma i pericoli non sono solo questi. Tanto per dire che cosa è cambiato rimanendo quasi sul banale: la rivoluzione informatica ha sconvolto il nostro quieto vivere. Le nostre telefonate spietatamente intercettate, non solo dagli “organi competenti” come si crede; il nostro viaggiare sistematicamente tracciato; le nostre spese indelebilmente elencate e ora minuziosi sono i nostri estratti conto che passano da un ufficio all’altro; il nostro navigare in rete segnalato da subdoli cookie. Nel mio caso si tratta anche di ben altro.

Riservatezza e anonimato diventano strumento di difesa di quel che resta del nostro quieto vivere. È anche vero che la vita protetta nella fortezza Bastiani annoia, ma dipende da quante e quali ferite si hanno in cura. Si potrebbe dire: posizione piccolo-borghese che aggrava l’accusa, ma questa proviene appunto da un anonimo e perciò va respinta da subito. Ma veniamo al merito.

Dunque tirerei indietro il culo “quando la situazione si fa disperata e il conflitto di classe potrebb’essere esplosivo”? Nel dettaglio? Preferirei, si dice, “una sana normalità istituzionale da criticare marxisticamente a furia d’articoli, piuttosto che il pasticciaccio caotico e lo scricchiolio della vecchia Europa ch’è lí lí per tirar le cuoia”. Che la situazione sia disperata, mi pare di scriverlo tutti i giorni, ma che il sistema stia per tirare le cuoia lo sento dire – e pure io l’ho detto e pensato – da mezzo secolo e più, cioè dall’adolescenza. Che sia fallito pure l’ho detto un’infinità di volte, ma che la sua esistenza in vita sia da contare a giorni e a mesi, potrebbe darsi, ma mi pare tutt’altro che pacifico.

E insomma, signor giudice, che cosa c’entra tutto questo con la pietà da me espressa per tre poveracci che si sono uccisi per disperazione? Ah già, eccoli i Robespierre della nuova e definitiva rivoluzione sociale, quelli che vogliono cambiare tutto, radicalmente, magari via internet. Cosa dire ai sei lavoratori morti ieri in vari “incidenti”? Pazientate, il conflitto di classe potrebbe diventare esplosivo, intanto sediamoci nella sala dell’Aventino a controllare le spese della buvette?

Le rivoluzioni, quando agiscono in profondità (altrimenti non sono rivoluzioni), partono dall’economia per arrivare alla politica, non fanno il percorso inverso. Quelle che partono dalla politica sono cambi di regime. Attenzione: è questa una differenza essenziale, non vorrei certa pubblica accusa svegliandosi una mattina fosse presa dal dubbio improvviso di aver sbagliato qualcosa in tal senso. E anche un altro dubbio è bene fugare: economia non significa semplicemente “distribuzione”. L’ho già scritto prima che lo recitasse Crozza: decrescita felice è un ossimoro. Ma su questo punto, purtroppo, dovrò tornare ancora e poi di nuovo.

Come difesa non è granché, ma in questa sede penso possa bastare e spero si compensano tra le parti le spese di giudizio.

5 commenti:

  1. Chiunque rimproveri ad altri di "pararsi il culo" con "l'anonimato in Rete" (e lo fanno in parecchi, spesso giornalisti alle prese con sgradite critiche dei lettori alla loro lesa maestà) è un provocatore. L'anonimato in Rete, in senso stretto, non esiste. Ne esiste una versione light, che consente un ragionevole livello di tutela della propria identità in conversazioni con interlocutori occasionali. Se su questo blog, dove si espongono e si discutono idee ed opinioni, venissero invece fornite istruzioni pratiche su come effettuare, che so, un attacco batteriologico alla sede della BCE a Francoforte, nessun "anonimato" eviterebbe ad Olympe sgradevoli visite alle quattro del mattino.

    Quello che qualcuno non vuole capire, e non parliamo dei provocatori ma delle anime sincere, è che, al di là delle conseguenze pratiche, non avrebbe alcun senso - non in questa parte del mondo e non in questa temperie sociale e culturale, quantomeno - utilizzare un blog per fare agit-prop e diffondere manuali di guerriglia. Anzi, fare una cosa così stupida produrrebbe un'ulteriore compressione della libertà di espressione e di pensiero in questa fasulla democrazia.

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    1. la realtà è un po' più complessa di quel che sembra. non posso dirti di più.

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  2. Beh, signorina de Gouges, lei ha chiaramente un debole per gli uomini di paglia. Tuttavia, non ho riputazione da difendere, né sono abbastanza ozioso, sicché non starò qui a corregger le deformazioni —o le indelicatezze— che le danno man forte a rispondere. Avevo appena bisogno di divagarmi; e poi la seguo sempre con tanto amore! Chiacchierare con lei è stato un piacere.

    À bientôt!

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  3. Leggo il post soltanto ora. Concordo.
    Aggiungo soltanto una riflessione, dopo la premessa che ognuno gestisce il grado di "esposizione sensibile su blogger" come più gli aggrada, per quanto la tracciabilità digitale gli consenta di farlo.

    Se uno afferma "è auspicabile una rivoluzione" e ne argomenta, fa una considerazione "neutra", di merito della questione, senza che ci sia bisogno di sapere "chi" ha detto "cosa", per valutare l'eventuale bontà delle sue asserzioni.
    Se uno invece affermasse "è auspicabile una rivoluzione e voi cazzoni nemmeno ci pensate, mentre io ho le palle per dirlo" ci sarebbe un esplicito dichiararsi "migliori" rispetto agli altri. In tal caso verrebbe da sé che, così facendo, l'anonimato si presterebbe di per sé a elemento di scherno, poiché si direbbero "parole grosse", autocelebrative, e supponenti. Striderebbe tanta baldanza di ergersi coraggiosamente sopra gli altri in chi esplicitamente nemmeno arriva a dichiararsi, mettendoci un nome e una faccia.

    Ma, come ho osservato leggendo da tempo questo blog, qua si verifica la prima ipotesi, senza mai l'arroganza di porsi su un piano di superiorità irrisoria.
    Mancando una manifesta intenzione moralistica e autocelebrativa in tema di "esposizione mediatica", permane anche implicitamente il diritto dell'accusata a manifestare tranquillamente il proprio anonimato, senza che mai ne sia stato messo in discussione il diritto esplicito.
    La Corte del Regno ha deliberato. Il Gran Ciambellano proceda a servire dolci al cucchiaio.
    .....
    Ehm, scusi un attimo... mmm... dal bizzarro e scalcagnato avatar dello scrivente viene avanzata la richiesta di un'aggiunta a pedice di una nota integrativa alla sentenza.
    Ne ha ontologica facoltà!
    "Che poi a me piacciono le spalline e il cappellino retrò di Olympe. Si tenga conto anche delle esigenze emotivo-immaginifiche dentro una realtà sempre più sciapa ed esteticamente imbruttita, perdindirindina!"
    .....
    Bene, il Ciambellano integri la postilla, ignorando il disdicevole "dindirindina". Ora apponiamo la ceralacca e sotto con i dolci.

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    1. ovvio che possa avere anche altre motivazioni, e non desidero esporle poiché non migliorerebbero di un millimetro la situazione ed è possibile anzi che diano adito a supposizioni emotivo-immaginifiche dentro una realtà sempre più sciapa ed esteticamente imbruttita

      grazie e sotto con dolci e spuma. no, spuma proprio no.

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