domenica 10 marzo 2013

Pensierini domenicali



Il Movimento di Grillo-Casaleggio è uscito vincente dalle urne e, se manterrà fede a quanto annunciato, sarà sconfitto in parlamento, avendo perso un’occasione davvero storica. Come scrissi alcune settimane or sono, le rivoluzioni non si fanno nel e dal parlamento, però da lì sarebbero potute partire delle riforme. L’imprenditore, il carrozziere, il macellaio – persone vere che ho citato e che hanno votato M5S – sono già impazienti di risultati. E, con essi, alcuni di quei milioni di elettori che hanno votato Grillo, non già per fiducia ma soprattutto per protesta.

Ha ragione quella vecchia volpe democristiana di Prodi: quando si sarà depositata la sabbia, potremmo vedere meglio. Si vedrà allora che il M5S ritornerà a essere un movimento di protesta e una forza politica di opposizione che vivrà nell’illusione di una rivoluzione pacifica e imminente. Ciò che manca ai suoi capi è una capacità d’analisi della situazione reale complessiva, del processo oggettivo dell’economia e dei rapporti di forza. Da tale incapacità derivano le loro insulsaggini sulla decrescita felice, tanto per citare, le loro rincorse basate sull’etica e la giustizia sociale. Perché una cosa è riconoscere una necessità, altra faccenda è farla vivere e camminare.


L’unica possibilità è che il sistema si riveli effettivamente incapace di reggere economicamente un decente welfare – ancorché riformato – e cioè di sopportare questo modello di democrazia e la sua tenuta sociale. Ma anche in tal caso, non sarebbero Grillo e Casaleggio a poter gestire il cambiamento di sistema. Come ho già scritto, si tratta d’intelligenze troppo modeste e troppo poco dialettiche per dirigere un simile processo.

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La Chiesa cattolica sta vivendo, per certi aspetti, una crisi che ricorda l’epoca della Riforma. Lì era la borghesia europea che si divincolava dal centralismo romano, ora è la perdita di potere del centralismo romano e europeo nei riguardi degli altri continenti. Si può dire dunque che il centralismo cattolico soffre le dinamiche della globalizzazione e che si va affermando, sia pur timidamente, una tendenza alla multipolarità del cattolicesimo. Da qui la necessità di raggiungere un compromesso che abbia riguardo delle linee più liberalizzanti e “moderniste”, in accordo con lo sviluppo economico-sociale, e attento a un diverso modo di concepire la famiglia, la morale sessuale e favorevole a un allentamento della disciplina di canoni secolari nati nelle epoche nelle quali predominavano le società agrarie.

La questione decisiva per una qualsiasi organizzazione, tanto più se così potente e strutturata come la Chiesa cattolica, è la sua capacità di riprodursi nei suoi quadri ordinativi, ossia di alimentare costantemente livelli di reclutamento adeguati al ricambio generazionale. È quello che la Chiesa chiama il problema delle “vocazioni”. Esse subirono un’impennata in Italia negli anni Trenta a seguito dei trattati Stato-Chiesa che garantivano un sussidio fisso ad personam ai preti a carico dello Stato. In quella situazione, in un’economia prevalentemente agraria e segnata dalla miseria, il balzo delle “vocazioni” per effetto dell’arruolamento di una massa giovane in cerca di uno status e di reddito stabile, fu cosa ovvia. Oggi le cose stanno ben diversamente.

Un esercito di oltre 400mila preti e 700mila suore ha bisogno per il proprio ricambio di una leva imponente con tassi di reclutamento ben superiori agli attuali. L’Europa occidentale è ormai un bacino esausto, laddove nella cattolicissima Irlanda – anche per l’effetto degli scandali sessuali – nel 2010 si sono registrate solo 10 ordinazioni! In Italia il tasso di reclutamento resta stabile, ma assai insufficiente, mentre in Spagna è la metà e in Francia un quarto di quello italiano. Complessivamente in Europa si è passati dagli oltre 2.700 arruolamenti del 1991 agli attuali 1.700. Anche nell’Est, man mano che queste società escono da condizioni economiche arretrate, la spinta al reclutamento subisce flessioni. In America Latina sta succedendo la stessa cosa e anche in Africa e Asia c’è una tendenza alla riduzione degli arruolamenti.

Resta aperto il problema del celibato, ma su questo punto la Chiesa resta irrigidita per l’eternità per una molteplicità di motivi. E anche per il resto essa resterà nei suoi costumi abituali, soprattutto nella sua pratica economica, nella sua volontà di potenza, invidia, avarizia, misoginia, odio e disprezzo. La sua lotta per il controllo del mercato spirituale la vede incerta, ma quella sul terreno del godimento e del consumo la vede già sconfitta. Il mondo è stato cristiano come i paesi dell’Est sono stati comunisti.

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